La città di Cosa sorge sulla costa del Mar Tirreno su un promontorio roccioso (114 m s.l.m.) che il Tombolo di Feniglia aveva legato, in epoca remota, alla primitiva isola dell 'Argentario. L 'antica città comprendeva due alture, a est e a sud, divise da un'ampia sella. La colonia di Cosa, di diritto latino, fu fondata dai Romani nel 273 a.C. dopo la sconfitta delle forze alleate delle città etrusche di Volsinii e di Vulci (280 a.C.) e la cessione di buona parte del territorio vulcente,compresa la fascia litoranea. La nuova colonia latina di Cosa venne così a controllare un' area geografica ampia circa 550 kmq.
Il nome derivò da quello più antico di Cusi o
Cusia, relativo a un piccolo centro etrusco disposto sul luogo
dell'attuale Orbetello. La posizione strategica e il carattere di fortezza,
derivante dalla presenza di un possente circuito murario, vanno messe in
rapporto sia con la minaccia che negli anni intorno alla data di deduzione delle
colonie la potenza navale cartaginese costituiva per i Romani (la prima guerra
Punica cominciò nel 264 a.C.) sia con la necessità di tener sotto controllo i
territori etruschi di recente conquista, ancora non definitivamente sottomessi.
Il centro urbano presentò, fin dalla fondazione, un impianto costituito da una fitta griglia di strade che si incrociavano ad angolo retto determinando sia lunghi isolati rettangolari per le case dei coloni sia aree più ampie destinate ad ospitare edifici pubblici. Due erano le aree pubbliche della città: l' acropoli con funzione sacrale e il fòro sede dell'attività politica della comunità. La colonia di Cosa costituisce anche un esempio di come la colonizzazione facesse risentire i suoi effetti non solo sul centro urbano ma sull 'intero territorio, con infrastrutture quali ponti, strade, porti e la centuriazione: a Cosa è evidente che il territorio controllato fu ristrutturato in base un progetto unitario e coerente.
La centuriazione serviva anche per determinare gli appezzamenti di terreno coltivabile da distribuire ai coloni: a ciascuno di essi fu attribuito un podere di circa 8 o 16 iugeri (1 o 2 ettari). Bisogna comunque considerare anche la possibilità che i coloni fossero divisi in due o tre classi e che avessero quindi diritto ad assegnazioni diverse di terra. Per risolvere le difficoltà di drenaggio della pianura costiera fu creata una rete di canali perpendicolari, aventi l'inclinazione del tratto terminale del fiume Albegna. L'attuale presenza di viottoli e canali di scolo, soprattutto nella valle di Capalbio, muniti della medesima inclinazione, mostra l'efficienza e la validità del controllo del regime idrografico, che fu in questa zona sempre problematico.
Ansedonia
- il Porto
Ai piedi del promontorio in cui sorgeva la colonia fu costruito il porto della città: Portus Cosanus alle spalle dell ' approdo portuale era un' ampia laguna costiera di cui oggi si conserva solo un residuo: il lago di Burano. Tutta l'area circostante il porto fu attrezzata con imponenti infrastrutture, finalizzate sia alla creazione sotto il promontorio di un ricovero sicuro per le imbarcazioni, realizzato con moli e frangiflutti in blocchi di calcare, sia ad evitare l'insabbiamento del porto stesso e della laguna restrostante. Per quest'ultimo scopo, in una prima fase (primi decenni II sec. a.C.) fu sfruttata la forza delle correnti di un emissario della laguna e di una grande fenditura naturale della roccia, oggi denominata Spacco della Regina. Questi canali venivano aperti o chiusi, a seconda delle stagioni, mediante paratie di legno che scorrevano in apposite scanalature, in modo che la corrente forzata spazzasse i detriti accumulati nel bacino del porto. In una seconda fase (inizi I sec. a.C.) lo Spacco della Regina, forse reso inagibile da frana, fu sostituito da un'opera artificiale, oggi denominata La Tagliata: si tratta di un canale interamente scavato nella roccia, il quale si estendeva per un percorso di circa 80 m dal mare alla laguna.
Contemporaneamente nella laguna fu costruita una peschiera di forma rettangolare e divisa in due scomparti. Isolata dalla laguna nella parte nord orientale mediante una diga, dipendeva, per la circolazione delle acque e per il controllo della sua salinità, dalla Tagliata e da una sorgente d'acqua situata ai piedi del promontorio. La sorgente approvvigionava anche l'area del porto mediante l'acquedotto.
Nel I sec. a.C. i profondi mutamenti politici e sociali che investirono tutta la Penisola italica, si ripercossero anche su Cosa: la colonia si alleò, come la maggior parte dell'Etruria, con Mario contro Silla, ma alle sconfitte mariane seguirono le ritorsioni sillane. A Cosa non è documentata nessuna :listruzione attribuibile a questo periodo, quali quelle riscontrabili in altri centri (Talamone, Vetulonia, Populonia, Volterra, Fiesole), ma tesoretti rinvenuti nel territorio della Colonia (Capalbio, Montieri) fanno dedurre uno stato di emergenza latente.
Nel 90 a.C. con la Lex Iulia, Cosa diventò municipium ed i suoi abitanti ottennero la cittadinanza romana. Intorno al 71 a.C. la Città fu saccheggiata ed incendiata in circostanze fino a oggi rimaste ignc e restò pressoche abbandonata fino alI' età augustea (20 a.C.), quando fu ricostruita ma parzialmente limitatamente alle aree di interesse pubblico (foro e acropoli), riducendosi comunque a centro di culto. Tra il I sec a.C. e il I sec d.C. si concluse un processo economico già iniziato nel secolo precedente: scomparvero le piccole proprietà dei coloni a favore di grandi aziende agricole, le villae: che, sfruttando con schiavi e con il sussidio di liberi ampie porzioni di terreno, si sovrapposero ai campi centuriati della colonia, riutilizzandone i drenaggi fondamentali. Il processo di separazione tra il centro urbano di Cosa e il suo territorio era ormai avvenuto: mentre la campagna vive, grazie alle villae, un periodo floridi la città inizia un lento declino da cui non si risollevò più. All'inizio del Il sec. d.C. si verificò un progressivo spostamento dell 'abitato della collina alla vali sottostante di Succosa (da Subcosa), nei pressi del porto: un'iscrizione del 236 d.C. segnala, infatti, la fatiscenza degli edifici del foro dovuta all'abbandono della Città.
resti
delle mura di Cosa |
Il centro amministrativo, istituito nel III sec. a.C. grazie al diretto intervento statale e definito nell iscrizioni superstiti Res Publica Cosanorum, ebbe vita effimera se alla fine di tale secolo il Centro era nuovamente abbandonato: restavano in vita, nell'area del fòro, solo una casa e un tempio dedicato a Bacco, da interpretarsi probabilmente come santuario rurale. |
Agli inizi del VI secolo gli antichi edifici romani vennero ulteriormente danneggiati: l'acropoli fu oggetto di una completa ristrutturazione per accogliere una guarnigione militare fortificata, mentrl nell'area del foro si concentrò un abitato di povere case isolate e sparse che avevano come punto d riferimento comune una chiesa cristiana che sorgeva sulle rovine dell'antica basilica civile romana. Il questo periodo Cosa potrebbe essere quindi stata una fortezza bizantina posta a contrastare l'avanzata dei Longobardi. Risale forse a questo tempo il cambiamento del nome in Ansedonia.
Ma dai dati delle recenti indagini di scavo sembra che l' organizzazione militare bizantina non sopravvivesse all 'invasione longobarda: nel primo periodo longobardo è infatti attestato solo un poverc abitato di tipo rurale, costituito da capanne sparse nell'area della Città, mentre sull'acropoli manca qualsiasi traccia di frequentazione. In seguito Cosa-Ansedonia passò ai Franchi e, per volere di Carlo Magno, fu poi donata come feudo alI' Abbazia delle Tre Fontane di Roma (805). A partire dal X secolo Ansedonia fu occupata da un nuovo insediamento fortificato (castello) posto sull ' altura alI' estremità orientale dell ' antica città romana. Si tratta, appunto, del castello che nei jocumenti è nominato tra i possessi della potente Abbazia delle Tre Fontane. Tra il XII e XIV secolo tutta l' area passò attraverso le alterne dominazioni degli Aldobrandeschi, iella Repubblica di Orvieto e infine della Repubblica di Siena, che la distrusse nel 1329.
Le rovine dell'antica porta di nord-ovest, detta anche "Fiorentina" per la sua ubicazione, fanno da ingresso agli scavi della città romana. Varcato il cancello, si scorge sulla destra un basamento a pianta rettangolare costruito in opera poligonale e interpretato come un horreum, la cui posizione permetteva il tempestivo immagazzinaggio di merci provenienti da Porto Ercole, porto della colonia prima della realizzazione dell'approdo marittimo situato ai piedi del promontorio, in località la Tagliata.
Davanti alla porta di nord-est si nota un tratto della pavimentazione in calcare locale della via che conduceva al fòro. Infatti dalle tre porte di accesso alla Città avevano inizio le principali strade costituenti la base della rete viaria interna, organizzata secondo uno schema di strade che si interseca. vano ad angolo retto delimitando le varie insulae della città. Proseguendo verso destra lungo un sentiero sterrato si costeggia un'ampia zona non scavata della Città. Qui sorgevano quartieri di abitazione come si desume dalle piccole volte semisotterranee che affiorano dal terreno e che costituiscono i resti delle cisterne sotto stanti a tutte le case. Queste abitazioni risalenti alla prima fase di vita della Colonia (III-II secc. a.C.) e disposte longitudinalmente nei lungh isolati rettangolari, erano modulari e standardizzate: la planimetria era pressoche identica (ingresso aperto sulla strada, atrium privo di impluvium, hortus sul fondo) e la tecnica costruttiva estremamente semplice (pavimenti in opus signinum, muri in mattoni crudi e tetti coperti con embrici e coppi).
Seguendo ancora la strada sterrata si arriva ad un moderno edificio, sede del locale Antiquario che fu costruito dall'Accademia Americana di Roma sopra le fondamenta di un' abitazione, quella di Quintus Fulvius, ripetendone in parte la pianta. La casa di Q. Fulvius, il cui nome era inciso su un vasc fittile ritrovato all'interno, risale al I sec. a.C. e sembra essere il frutto di accorpamenti di alcune dellt case più piccole di età precedente. Continuando a salire lungo la strada sterrata si può vedere, sulla destra, la "Casa dello Scheletro" il cui nome deriva appunto da uno scheletro rinvenuto nella cisterna (v. fig. 3).
Fulcro di questa abitazione, risultato della fusione avvenuta all'inizio del I sec. a.C. delle aree dei giardini di cinque piccole case precedenti, risulta l' atrium con impluvium su cui si affacciano una serie di eleganti ambienti contraddistinti da fini decorazioni pavimentali e parietali. Nella parte posteriore della Casa si estende un'area scoperta, l'hortus, fornita di dimensioni rilevanti. Nella Casa dello Scheletro degni di nota risultano pure i concreti segni di agiatezza del suo ignoto proprietario: oltre alla sicura presenza di un piano superiore, forse destinato alle camere per il personale, devono essere messe in rilievo le numerose stanze di soggiorno di questa abitazione e la presenza di un portico colonnato che fungeva da ambiente di passaggio verso il giardino. Salendo ancora il colle sulla sinistra, quasi al centro della città e vicino all 'arco di accesso al fòro, si trova l'area non ancora esplorata delle terme. Il rifornimento d'acqua avveniva per mezzo di un efficiente sistema di cisterne, di cui una è visibile di fronte a quest' area, dall'altra parte del viottolo: ha forma quadrangolare, quattro pilastri al centro, che sorreggevano la copertura ed è munita di un rivestimento ad intonaco, necessario per impermeabilizzare le pareti.
Continuando lungo la via su cui si vedono i resti dell ' impianto termale, si raggiunge la porta nord-est detta Porta Romana. Questa, tra le tre porte di accesso alla città di Cosa, è la meglio conservata: si presenta come una porta doppia ad arco, con vano interno, chiusa a saracinesca (sono ancora visibili i solchi per lo scorrimento delle saracinesche di chiusura). Da questa visuale è possibile scorgere anche parte dell'imponente cinta murarla, che costituisce forse il maggiore monumento di Cosa. Le mura, realizzate in opera poligonale con blocchi calcarei, si sviluppano per circa l500 m, hanno diciassette torri quadrate e una rotonda riempite in terra o di materiale di scarto; solo alcune di esse racchiudevano una camera interna. Le torri costituiscono un'innovazione per l'architettura militare romana dell'epoca e Cosa rappresenta la prima colonia romana munita di un sistema difensivo così evoluto.
Tornando indietro, sul medesimo viottolo per cui
siamo arrivati, si raggiunge l'arco di accesso al fòro: si tratta di un
monumentale arco a tre fornici, còstruito nel 170 a.C. in opus caementicium e
paramenti a blocchetti. Oggi rimangono solo il basamento e parti delle volte
laterali .
Procedendo sullato lungo a sinistra si giunge ai
resti della basilica, eretta intorno al 150 a.C. La pianta della basilica aveva
forma rettangolare, presentava sedici colonne a due ordini sovrapposti disposte
parallelamente ai lati dell'edificio, in modo da formare un ambulacro, ed era
aperta con un altro colonnato di sei colonne sulla piazza del fòro. Uno stretto
tribunal, sopraelevato al centro della
parete di fondo della basilica e racchiuso entro una nicchia tuttora visibile,
era destinato ad accogliere i magistrati incaricati dell'amministrazione della
giustizia (v. fig. 5).
Dalla
pianta descritta, individuata sul terreno, e dai frammenti dei colonnati a due
ordini sovrapposti è stata proposta una ricostruzione dell'alzato: corridoio
periferico coperto a terrazza e tetto a lucernario al di sopra della navata
centrale (v. fig. 6). Nel VI sec. d.C. entro la basilica fu costruita una
piccola chiesa cristiana a unica navata con abside sul fondo. Annesso era anche
un piccolo cimitero. L 'edificio successivo è il complesso Curia-Comitium (v.
fig. 7), che fu edificato durante i primi anni di vita della Colonia e
successivamente ampliato. La Curia era costituita da un ambiente rettangolare
sopraelevato a cui, alla fine del III sec. a.C., furono aggiunti ai lati altri
due ambienti destinati a uffici dei magistrati e a sede del' archivio.
Lo spazio recintato antistante accoglieva la gradinata circolare del comitium, che, destinato all'assemblea degli abitanti della Colonia, si presentava come un edificio scoperto e contraddistinto da gradinate concen- triche. Il complesso curia-comitium è orientato come un templum (nord-sud): questo attesta l'importanza attribuita dai fondatori a questi monumenti, che erano emblematici delle istituzioni. Accanto al complesso Comitum-Curia si trovano i resti di un tempio (150 a.C.) forse dedicato, come documentano una iscrizione e alcune statuette votive, alla Concordia (v. fig. 7). Attualmente si conserva solo un basamento, su cui si innalzavano una cella e un pronao con quattro colonne. Anche questo tempio mel Medioevo subì una trasformazione in chiesa cristiana. In fondo, all'estremità sud-orientale della piazza, era un carcere (fine III sec. a.C.), la cui planimetria era costituita da due stanze di forma rettangolare e da un ambiente sotterraneo coperto a volta, che andrà identificato con la cella carceraria vera a propria.
Sul lato lungo sudorientale erano, oltre ai quattro atria prima descritti, il Fòrum Piscàrium (mercato del pesce), risalente alla fine del III sec. a.C. (v. fig. 4). Attualmente non è visibile più nulla di questa struttura: solo gli avvallamenti coperti dalla folta vegetazione, che si scorgono al di là del recinto, segnano il luogo in cui erano collocate queste grandi vasche del mercato del pesce. Oltre l'area del Forum Piscàrium è stata messa in luce una parte della via sacra che dal fòro, seguendo un andamento rettilineo, raggiungeva la porta della cinta interna dell'acropoli. Salendo lungo questa via, il cui tracciato è attualmente percorribile, si giunge alI' acropoli, che accoglieva i principali luoghi di culto della città. L'acropoli aveva una propria cinta muraria, in parte ancora visibile, fornita di due porte: una, in cui sboccava la via sacra proveniente dal fòro; l' altra aperta verso l'esterno delle mura della Città (v. fig. 8). Il primo edificio che sorse in ordine di tempo fu l' Auguràculum. La sua struttura era costituita da una piattaforma quadrata intagliata nella roccia, successivamente reimpiegata nelle fondazioni del Capitolium. Da qui gli auguri progettarono l'intero impianto urbano e la centuriazione delle campagne basata sull'orientamento dell'Auguràculum. Accanto è stata trovata anche la favissa contenente le offerte sacrificali bruciate, ancora visibile all'interno della cella centrale del Capitolium. Successivamente furono costruiti due piccoli templi del tipo a singola cella e podio di calcare. Il primo fu costruito nel 240 a.C. circa e fu dedicato al culto di Giove. Per il secondo, innalzato nel primo quarto del II sec. a.C. (tempio D), è stato suggerito, in base ad alcuni elementi della sua decorazione fittile, il culto di Mater Matuta, divinità della fecondità. Mentre del Tempio di Giove nulla più rimane perche sulle sue rovine si innalzò il Capitolium, il cosiddetto tempio di Mater Matuta è tuttora visibile sull'acropoli (v. fig. 8). Si presenta con un basso podio in opera poligonale, sopra cui si innalzano i resti dei muri della cella. Il podio è pavimentato e poco profondo. Sono ancora visibili le tracce della fila di quattro colonne che stavano sulla fronte. L' altare, di forma trapezoidale, era posto di fronte alla facciata del tempio. Il Capitolium, innalzato intorno al 170-150 a.C. sull’area del primitivo Auguraculum e del tempio di Giove, acquisì il ruolo di tempio principale perché dedicato alla Triade Capitolina e modellato sulla falsariga del Capitoluim di Roma. Il tempio era caratterizzato da tre celle, da un profondo pronao a quattro colonne sulla fronte, e da un alto podio rivestito di lastroni sagomati. Una grande cisterna di forma oblunga, scavata nella roccia, era destinata ad accogliere le acque piovane raccolte attraverso una cavità ricavata nel tetto del pronao.
All'inizio del VI sec. a. C. l'acropoli fu oggetto di una completa ristrutturazione per accogliere una guarnigione militare e le alte mura del Capitolium furono quindi riutilizzate in funzione della nuova destinazione militare dell ' area. Terminata la visita all'acropoli si scende fino alI' Antiquario e quindi si raggiunge la porta di nord- ovest. All'uscita dell'area archeologica si gira a sinistra in via delle Ginestre, e, dopo circa 1 krn, ancora a sinistra in via delle Mimose. Giunti ai piedi del promontorio, di fronte ad un quadrivio si imbocca la traversa sulla destra, che conduce direttamente in loc. La Tagliata. Il percorso dall 'area archeologica di Cosa fino a questa località è di circa 4 krn. Qui sono visibili resti antichi riferibili al porto di Cosa e a una grande villa romana che fu costruita negli ultimi decenni del I sec. d.C. e che rimase in uso fino al III sec. L’edificio della villa si estendeva lungo la spiaggia e sulla duna retrostante, al di là delle strada attuale.
Fig.
9 -Loc. La Tagliata, il porto di Cosa: planimetria dei resti
Una parte della struttura è inglobata nella torre, databile al XV sec., detta della Tagliata o anche Torre Puccini per aver ospitato il compositore. Della grande villa romana oggi è possibile vedere solo pochi resti localizzati sulla spiaggia, tra la torre e una baracca in legno: si tratta di muri e di parte di un ambiente pavimentato a mosaico di pietra grigia, probabilmente riferibile a piccole terme annesse alla villa (v. fig. 9). È probabile che la villa della Tagliata, come altre ville marittime abbia avuto anche funzioni produttive (piscicoltura) e che la laguna retrostante, che c' era un tempo, sia stata usata come peschiera per l'allevamento del pesce; non è escluso comunque che la villa disponesse anche di una peschiera in mare.
Si può quindi proseguire in direzione della rupe, situata a pochi metri di distanza, entro cui nei primi decenni del I sec. d.C. fu scavato un lungo canale artificiale, attualmente denominato La Tagliata. Sulla destra scorre il canale di scolo del Lago di Burano, residuo dell'ampia laguna un tempo retrostante il porto, canale che sfocia nella Tagliata romana. A pochi metri dalla rupe emergono dal mare e sulla spiaggia i grandi piloni del porto di Cosa. Un ponticello situato sul moderno canale permette di vedere l'interno della Tagliata scavata nella roccia, in parte a cielo aperto e in parte in galleria. Attraversato il ponticello, è visibile sulla destra, a un ' estremità di un ' antica cava, l' imboccatura dello Spacco della Regina. T ornati indietro si può salire sulla scogliera attraverso una scalinata; poco dopo vi è una biforcazione: a destra si raggiunge la sommità dello Spacco della Regina; a sinistra si costeggia il tratto esterno della Tagliata (v. fig. 9). Non resta purtroppo alcuna traccia degli impianti per l’allevamento del pesce messi in opera nella laguna.
All'interno dell'area archeologica di Cosa, al di sopra delle strutture perimetrali d'una casa d'età romana, è stato costruito nel 1981 il Museo Nazionale di Cosa, frutto di una collaborazione tra lo Stato Italiano e l’American Academy in Rome, che ha eletto l'antica colonia latina di Cosa quale luogo privilegiato delle proprie attività di ricerca. All’inizio il museo possedeva un'unica sala dedicata ai reperti più significativi, provenienti principalmente dell’Arce, dal Foro, e dalle abitazioni private.
Cosa
- Ansedonia, GR. La cosiddetta "Casa dello Scheletro" nella
ricostruzione della missione americana (I sec. a.C.)
Di particolare interesse le decorazioni fittili dei templi sull’Arce, oltre alle esemplificazioni di ceramiche, vetri e oggetti in metallo e in avorio relativi all’instrumentum domesticum. Con l’ampliamento del 1997 la superficie espositiva è stata raddoppiata, con l’aggiunta di due nuove sale: la prima è dedicata all’area del porto e ai commerci , oltre che ai rinvenimenti nella necropoli circostante la città; la seconda accoglie invece le testimonianze relative alle fasi di vita più tarde, che documentano la frequentazione di Cosa almeno fino al XV secolo. Completano il percorso espositivo alcuni materiali riferibili ai secoli successivi all’abbandono della città (I secolo a.C., abbandono contemporaneo alla nascita di grandi ville collegate a estesi latifondi), fino alla trasformazione dell’area dell'Arce in guarnigione militare (V-VI sec. d.C.) e al successivo castello, che compare tra i possedimenti dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma (X secolo d.C.), per arrivare a testimonianze del XIII-XIV secolo.
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