Anche questo sito ha ricevuto le attenzioni degli archeologi svedesi che vi hanno portato alla luce una notevole quantità di informazioni scientifiche, legate soprattutto alla conoscenza del periodo preistorico e protostorico dell’Etruria meridionale, delle età del Bronzo e del Ferro (dalla metà del II millennio ai primi secoli del I a.C.). Sulla rupe tufacea di Luni, delimitata dal corso del torrente Vesca e dal fiume Mignone, sono infatti le fondamenta di abitazioni risalenti alla Civiltà Appenninica (età del Bronzo), delle lunghe capanne quadrangolari, con il tetto di frasche a doppio spiovente e con il fondo parzialmente scavato nel tufo, in antico abitate da più nuclei familiari. Esse sorgevano al centro del pianoro, questo delimitato da lunghi e profondi fossati difensivi. Diversi frammenti di ceramica micenea, testimoniano il contatto con le genti egee, forse in quest’area alla ricerca delle risorse metallifere dei vicini Monti della Tolfa.
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All’estremità orientale del pianoro sono i resti di una abitazione dell’età del Bronzo, poi ampliata nell’età del Ferro, detta “Casa del Capo”: si tratta di una grande fossa quadrangolare, profonda diversi metri, che costituiva parte della struttura di una grossa capanna villanoviana: l’ambiente scavato nel tufo costituiva probabilmente una sorta di vano in cui erano conservate le derrate alimentari di tutta la comunità, controllate e custodite, appunto, dal capo della comunità: sia il grande scavo di questo ambiente, che l’ammasso delle derrate alimentari comuni, denotano un’organizzazione sociale assai importante per questo periodo (IX - VIII secolo a.C.). Il sito, circondato da fortificazioni in blocchi quadrangolari di tufo etrusche, è abbandonato sin dal periodo tardo-etrusco; in età romana diviene parte dei possedimenti di diversi latifondisti, per assumere nuova importanza nell’alto medioevo, quando vi vengono edificate abitazioni, un piccolo castello ed una Cappella. Il nome di Luni è sicuramente di origine altomedievale ed è riportato dagli antichi documenti.
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