Importante centro agricolo della valle del Fiora, è ricco di monumenti e resti di antiche vestigia che testimoniano la presenza dell'uomo in questo territorio fin dalla preistoria.
Tra i vari piccoli centri circostanti, che hanno lasciato tracce di una certa importanza, vanno menzionati: Poggio Buco (l'antica Statonia), Marsiliana (agli inizi del 1900 vi fu scoperta una lavagnetta d'avorio con inciso un alfabeto greco-calcidese) e Pian di Palma, da identificare presumibilmente con l'antica Caletra.
Situata nel cuore dell'Etruria interna grossetana, Poggio Buco sorgeva nella media valle del Fiora, sulla riva destra del fiume. Sul finire dell' Ottocento acquistò credito l'ipotesi, suffragata da prove di natura archeologica ed epigrafica, che nell'abitato cui afferiva la necropoli di Poggio Buco si dovesse riconoscere l'antica Statonia ricordata dalle fonti storiche: infatti, nei pressi dell'altura ove sorgeva l'insediamento, nel 1897 furono rinvenute alcune ghiande-missile con l'iscrizione statnes, restituite anche dall'area prossima al perimetro delle mura di Sovana e Ischia di Castro (è assai verosimile, tuttavia, che statnes indicasse semplicemente un nome personale). Accanto a questa proposta di identificazione, condivisa in tempi recenti ancora da alcuni studiosi, si è tuttavia fatta strada la possibilità che Statonia fosse piuttosto da riconoscere nella non lontana Castro, ove si sono susseguiti gli scavi della missione archeologica belga.
L'
Abitato
Il pianoro Le Spame (toponimo che nel
dialetto della zona allude , alle alture, anche create dalla mano dell'uomo, in
zone collinari), i racchiuso tra le anse dei corsi d' acqua Bavoso e Rubbiano,
fu scelto per insediarvi l' abitato, intorno al quale si andarono nel tempo
distribuendo le aree sepolcrali. La zona aveva già precedenti di frequentazione
che risalgono all'età del Bronzo (XI-X secolo a.C.), periodo
cui si riferiscono i sepolcreti ad incinerazione. Al medesimo orizzonte facevano
capo una serie di insediamenti sparsi nel territorio, dei quali i più
conosciuti sono quelli di Pitigliano, Sorgenti della Nova e, Sovana, questi due
ultimi frutto di recenti ricerche sistematiche. E con la piena età del Ferro
villanoviana, nella seconda metà dell'VIII secolo a.C., che Le Sparne mostra
una continuità di occupazione. Fra il 1896 e il 1897 il pianoro fu interessato
dalle indagini di Riccardo Mancinelli, che aveva proceduto, su incarico del
sindaco di Pitigliano Bernardino Martinucci, Ispettore Onorario alle Antichità,
ad esplorare anche le necropoli. Si addivenne alla scoperta di terrecotte
architettoniche di epoca arcaica, nonche di una tarda stipe votiva (II-I secolo
a.C.) che restituì ex voto fittili con statue di terracotta anche di notevoli
dimensioni, figure divine, figure ammantate, parti anatomiche, animali ecc.
indizio dell'originaria esistenza di un tempio. Sul lato orientale dell' altura
si rinvennero effettivamente le fondazioni di un edificio che affacciava su uno
spiazzo lastricato, per il quale resta in predicato la funzione (tempio o
residenza aristocratica sul genere di Murlo?). Esso doveva essere decorato con
lastre fittili a bassorilievo con motivi animali, personaggi su biga, cavalieri,
scene di danza ecc., espressione di un repertorio iconografico già altrove
conosciuto in questa stessa epoca (prima metà del VI secolo a.C.). L'abitato
era certamente provvisto di un sistema difensivo, probabilmente dal VII secolo
a.C., del quale sono testimonianza i tratti della cinta muranea costruita in opus
quadratum scoperti e il fossato con rinforzi di blocchi in tufo. Dopo la
fioritura del VII e VI secolo a.C., durante il v secolo a.C. i centri che
gravitavano sulla valle del Fiora andarono incontro a una sorta di
ridimensionamento che ridusse oppida e castella, risultato di
precise dinamiche nella distribuzione del popolamento, al rango di insediamenti
minori a carattere rurale, cui anche l'abitato de Le Sparne non si sottrasse.
Cosicche in località Poggio La Piazza, a nord-ovest rispetto al pianoro di Le
Sparne, nacque un piccolo insediamento agreste la cui vita sembrò proseguire
almeno sino alla metà del v secolo a.C. La rivitalizzazione del territorio del
quale Poggio Buco era parte si porrà in epoca ellenistica, stando anche a quel
che emerge dalla necropoli, sino al periodo imperiale.
Le
Necropoli
Anche
George Dennis, nel suo celebre resoconto di viaggio sui luoghi d 'Etruria,
ricordava l'interesse archeologico della zona nei dintorni di Pitigliano, e
menzionava gli scavi ivi compiuti nel 1848 dai fratelli Carlo e Vincenzo
Campanari, celebri nel mondo anglosassone grazie all'esposizione londinese del
1837 in occasione delle quale furono mostrate alcune tombe di Tuscania. Scavi
archeologici nella necropoli furono peraltro praticati sin dal 1894, a seguito
della casuale scoperta di una tomba a camera con dado soprastante, parte del
corredo della quale fu trasportato al Museo Archeologico di Firenze, in seguito
peraltro destinato a patire i danni causati dalla disastrosa alluvione.
Le
scoperte successive non si fecero attendere, con la messa in luce di altri
sepolcri a fossa e a camera, mentre, in parallelo l'autore delle indagini, il
pittore e archeologo dilettante orvietano Riccardo Mancinelli che aveva ricevuto
l'autorizzazione a scavare, scopriva sulla collina Le Sparne, poco distante, i
resti dell' antico abitato. Più di recente, ulteriori scavi furono effettuati
negli anni Cinquanta, ma purtroppo in quello stesso periodo si contano anche
recuperi di couedi funebri da parte di clandestini. Dei nuclei cemeteriali
distribuiti intorno alle Sparne quello di Poggio Buco (o Poggio Bucato, a
indicare la fitta disposizione dei sepolcri) è certamente il più consistente,
mentre altri complessi funerari minori sono stati individuati nelle località
Caravone e Valle Vergara, Insuglietti e Selva Miccia, anch'essi parzialmente
esplorati dal Mancinelli. Ancora una volta i corredi funebri subirono l'amara
sorte di essere smembrati e, venduti dal loro stesso scopritore, presero la via
del Museo di Berlino e della California. La necropoli di Poggio Buco mostra due
principali fasi di utilizzo, l'una in epoca Orientalizzante (VII-VI secolo a.C.)
e l'altra tarda, relativa al periodo etrusco-romano. Un vuoto documen- tale
riguarda invece le fasi di ve IV secolo a.C., parimenti affiancato dalla coeva
assenza di materiali riguardanti questo arco di tempo anche nell' abitato,
localizzato sull'altura delle Sparne.
Caratteristica
del periodo più antico è la tomba a fossa ricavata a notevole profondità
direttamente nel banco roccioso, che nei tipi più tardi evolverà nella fossa
provvista di uno o due loculi ricavati lateralmente alla base della fossa
stessa, chiusa con lastroni tufacei. Dalla metà del VII secolo non mancano le
sepolture a camera, delle quali una delle prime esemplificazioni contempla una
camera chiusa da lastroni tufacei preceduta da una sorta di vestibolo, cui si
giungeva attraverso una scala. Egualmente nel corso dell'Orientalizzante Recente
(terzo venticinquennio del VII-primo ventennio del VI secolo a.C.) compare la
tomba a camera a pianta cruciforme costituita di più ambienti all'interno dei
quali i defunti venivano adagiati in fosse ricavate nel pavimento o su banconi
tufacei. Solo in alcuni casi la camera funeraria mostra le realistiche
partizioni architettoniche, in primo luogo la carpenteria del tetto, che emulano
la struttura interna degli ambienti domestici, assai diffusa invece nel
comprensorio di Cerveteri. I corredi funebri sono in massima parte costituiti da
ceramiche di bucchero e di imitazione greca (ceramica di Corinto).
Nelle
tombe a fossa i couedi contemplavano invece vasellame in impasto, anche con
elementi decorativi a lamelle metalliche applicate sulla superficie con
l'ausilio di un mastice, di derivazione villanoviana, ceramica a ornati di
tradizione geometrica (spirali, aironi stilizzati ecc.), e di imitazione greca
(ceramica protocorinzia), nonche meno frequentemente manufatti in metallo, quali
armi e oggetti di ornamento. La ceramica importata dalla Grecia, in particolare
da Corinto, dalla quale deri varono! gli esemplari prodotti localmente, appare
invece alquanto rara. Il quadro offerto dalle necropoli di Poggio Buco mostra un
panorama qua litativo e sociale ove le sepolture con oggetti di lusso sono
praticamente assenti e illustra che il piccolo centro di Le Sparne ebbe rapporti
culturali soprattutto con la vicina e importante Vulci, che nella valle del
Fiora allungò le sue propaggini territoriali. Specialmente a partire dall'
Orientalizzante Recente Vulci palesò i segni tangibili di una vitalità
culturale, economica e politica che ebbe come esito la sua influenza nei piccoli
e medi centri dell ' entroterra, col- legato anche alle città dell'area che
volgeva a Chiusi e al lago di Bolsena, come si coglie attraverso i casi di
Pitigliano e Sovana.
Pianta della zona di Poggio Buco
Attorno alla zona di Manciano vi è anche la necropoli di Pian di Palma. Caratteristici di questa necropoli sono i vasi cinerari con il coperchio sormontato da una sfera, da interpretare come un tentativo di dare al vaso una forma antropomorfa. Alla fine dell'VIII secolo a.C. le necropoli aumentano di numero e di estensione sulle due rive dell'Albegna (Poggio Pancotta, Prato Grande, Sterpeti, Campo delle Caldane, Pian di Palma, Puntone, Casali, Crostoli). Non si sa se questo fenomeno sia legato solo ad uno sviluppo del centro urbano o anche ad un abitato sparso nel territorio circostante. Le tombe tardo-villanoviane sono a pozzetto. Con il VII compaiono le tombe a tumulo, costruite con grandi blocchi e lastroni monolitici (Pian di Palma, Puntone).
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