SORANO

 

Le prime documentazioni storiche attinenti al centro di Sorano risalgono al III sec. a.C., periodo in cui comincia la conquista romana dell’Etruria. Per ciò che concerne le epoche anteriori non si hanno notizie ben precise, anche se i rilevamenti di origine villenoviana nella vicina Pitigliano lasciano intendere un probabile insediamento anche nell’area soranese.

La fase etrusca di questo paese, come indicano gli scarsi e poveri ritrovamenti archeologici, si deve essere consumata all’ombra della vicina Sovana, città ben più fiorente e politicamente più importante. Della fase romana di Sorano, alla quale dovrebbe risalire lo stesso nome, non si hanno grandi tracce, tranne il ritrovamento di numerosissimi "colombari", che inducono comunque a pensare ad un primo e basilare insediamento ancora una volta sotto la giurisdizione di Sovana eretta a "municipium".

Sorano – una tomba

L’ingresso definitivo di Sorano nella storia arriva comunque molti secoli più tardi, quando il 9 ottobre dell’anno 862 viene stipulata dall’imperatore Ludovico II la costituzione della Contea Aldobrandesca ed il borgo conquista sempre maggiore importanza, tanto da diventare, per un certo periodo di tempo, l’artefice non solo della storia locale ma anche di una parte considerevole dell’Italia centrale.

Dall’862 al 1312 la contea soranese seguì le sorti della famiglia Aldobrandeschi, impegnandosi in sanguinose lotte di supremazia e non di rado di difesa; vide i fasti di questi conti, che nel 1221 potevano vantare ben ventidue vassalli (cioè tutti i conti e visconti di Maremma) e vide la fine della dinastia Aldobrandesca che con la morte di Margherita, avvenuta nel 1312, si estinse dopo ben 450 anni di dominio feudale. La contessa Margherita, unica figlia di Ildebrandino di Guglielmo sposò in prime nozze Guido di Montfort conte di Leicester, vicario di una parte guelfa del re Carlo d’Angiò in Toscana, ma a causa della caduta in disgrazia di quest’ultimo fece annullare il matrimonio risposandosi ben cinque volte. I cinque matrimoni, in parte legittimi ed in parte morganatici (cioè quei matrimoni tra un nobile ed un plebeo in cui i figli non erano considerati discendenti legittimi), le dettero una sola figlia legalmente riconsciuta, Anastasia, che il 25 ottobre del 1293 sposò Romano di Gentile Orsini portandogli in dote l’antico feudo. La prosperità degli Orsini, antica e nobile famiglia romana, ebbe inizio dal nepotismo di papa Niccoloò III, al secolo Giovanni Gaetano Orsini, che provvide ad arricchire i suoi congiunti tanto da farne la più potente famiglia romana di parte guelfa. Sorano divenne il baluardo difensivo di questa famiglia svolgendo un ruolo importante nelle lotte contro la Repubblica di Siena dalle quali gli Orsini ed i loro sudditi non sempre uscirono vittoriosi. Nell’anno 1417, infatti, la contea di Sorano e Pitigliano insieme al feudo limitrofo di Castell’Ottieri fu costretta a firmare un trattato dove dichiarava di piegarsi alla indiretta sovranità dello stato senese. Passata sotto la reggenza del Granducato di Toscana, nel 1700, L’ispettore dei Lorena proponeva l’installazione a Sorano di una fabbrica di cera, "essendovi copia di tale genere e di ottima qualità" mentre mancava "in tutta la Maremma una fabbrica di cera". Sotto la reggenza del Granducato, Sorano conobbe il suo periodo d’oro, infatti vi fu un notevole incremento demografico e un miglioramento della situazione econmica generale. Fu probabilmente per questo che nessun soranese risultò volontario nelle guerre di indipendenza; e nessuno partecipò alla guerra per l’Unità d’Italia, anche se nel Plebiscito del 20 Marzo 1869 i soranesi votarono compatti per l’Unione; così Sorano venne a far parte dei venti comuni della provincia di Grosseto, alla quale tutt’ora appartiene.

 

Il Territorio

Il territorio di Sorano è ricchissimo di tracce del passato: dalle caverne preistoriche alle necropoli etrusche, sino agli abitati e monumenti di epoca medievale e rinascimentale. E' questa presenza ancora preponderante del passato che caratterizza la zona e affascina il visitatore. Sorano è sede di numerosi ed imponenti ritrovamenti etruschi: famosa in particolare la necropoli rupestre di Sovana. Altri importanti centri etruschi si trovano tutt'attorno e sono raggiungibili rapidamente (Saturnia con le cascate termali, Vulci, Chiusi, Bolsena, Roselle, Tarquinia, Orvieto).

Un po' dovunque dentro e attorno a Sorano si trovano grotte artificiali utilizzate sin dall'antichità come abitazioni rupestri o per custodirvi le urne cinerarie (i famosi "colombari" di cui parleremo).

Il tufo qui è stato si può dire plasmato in ogni modo: dalle "vie cave" etrusche alle cantine che ogni viticultore (e qui lo sono ancora in molti) si scava a picconate per poter conservare il vino (si arriva frequentemente a "gole" profonde 50 metri!), alle cave di tufo, ai numerosissimi fregi e stemmi dei portali ed ai particolari architettonici collocati nei luoghi più impensati, sino alle opere più importanti come le imponenti fortezze di Sorano e Pitigliano, od intere montagne squadrate come fossero castelli di sabbia (il cosiddetto Masso Leopoldino attorno a cui è aggrappato il borgo di Sorano).

 

Le vie cave

 

Meritano una visita anche le tipiche "cave" di Sorano, quelle singolari vie lunghe, buie e strette, profondamente incassate nella roccia tufacea che dai Pianetti scendono a lambire le sponde del fiume Lente. La folta vegetazione che spontaneamente cresce alle sommità delle alte pareti ne occulta l’ ubicazione da qualunque parte si osservino. A percorrerle a piedi danno l’impressione di trovarsi dentro a viscere di un immenso serpente in movimento, tante sono le curve, ora strette ora ampie, che si presentano agli occhi. Il percorso, anche se molto tortuoso, non ha pendenze eccessive, mentre l’altezza delle pareti raggiunge in certi casi anche venti metri. Per millenni hanno visto passare genti di ogni linguaggio e condizione sociale, fino a che il progresso, con le strade asfaltate, non le ha gettate nell’ abbandonno totale. Oggi soltanto qualche coraggioso turista si avventura, a suo rischio e pericolo, alla loro esplorazione ; sempre che si riesca a indovinare l’ ingresso dato che nemmeno un cartello ne indica l’ esistenza.  Sono in molti ad affermare che originariamente le "cave" non erano altro che una specie di ruscelletti che portavano acqua al fiume Lente. Ma chi conosce bene questi posti, e ha indagato per anni sul passato, sostiene che immani precipizi, ben celati dalla vegetazione, orlano di continuo le profonde gole vallive, dove sarebbe quasi arduo, anche ai nostri giorni, costruire qualsiasi tipo di strada. Esse sono state scavate esclusivamente per farne "percorsi" ; all’inizio potevano essere soltanto semplici sentieri appena accennati sul terreno, che poi pastori e mandriani, conducendo i loro armenti ai fiumi sottostanti, resero più simili a classiche mulattiere. Con l’arrivo degli etruschi le cave, da umidi e scoscesi diverticoli, si trasformarono in strade di grande comunicazione.

Da abili ingegneri in idraulica essi resero efficenti le cave ; regolarono, uniformandola, la tendenza stradale ; allargarono i punti più stretti e provvidero a canalizzare le acque piovane, che impetuose vi scorrevano durante violenti temporali, cause maggiori dello continua erosione. Sistemate queste strade e rese percorribili ai carriaggi, il traffico comincioò a svolgersi tra Saturnia e Sovana da una parte, Statonia, Vulci, Chiusi e Velsena (Orvieto) dall’altra.

 

Che queste "cave" di Sorano, per intenderci quelle di San Rocco, San Vanlentano e Case Rocchi, siano state "costruite" lo dimostra il fatto che, nonostante partano da zone distanti tra loro, sboccano assai vicine l’una all’altra alla triplice confluenza dei tre fiumi del Cercone, Castelsereno e Lente, nell’unico punto della valle piatto e assai spazioso, da cui si può accedere agevolmente a Sorano attraverso l’antica porta dei Merli o del Lente.Anche le vie cave cotribuivano, secondo molti studiosi, a rendere più difficile e pericoloso l’accesso ai nemici che volevano tentare di avvicinarsi in armi all’abitato. Nei punti di confluenza di queste "vie" nella stretta vallata del Lente, sorgevano poi vecchi mulini ad acqua a cui i contadini della zona conducevano gli asini carichi di grano da macinare.

Insomma, anche le cave e i colombari dimostrano che la zona di Sorano è etrusca, pur mancando testimonianze più dirette. Sorano, come già descritto, dispone indubbiamente di un ricco patrimonio archelogico e monumentale. Non si possono inotre ignorare le rocche medioevali di Vitozza, Montorio, Montevitozzo e Castell’Ottieri, le chiese rurali di San Rocco su poggio omonimo e di Santa Maria dell’Aquila nelle vicinanze del cosiddetto "Bagno di Filetta" alle acque termali nonchè numerose e suggestive necropoli etrusco - romane. E’ senz’altro utile suggerire al visitatore un mini escursione turistica. Si può iniziare il viaggio ai colombari, ma è necessario andare sempre a piedi anche per poter osservare meglio il panorama pittoresco e suggestivo. Dopo il ponte sul Lente, lungo la strada per Sovana, ci si dirige verso la chiesa di San Rocco da dove si può ammirare uno scenario naturale forse fra i più belli e singolari d’Italia. Intorno si potranno visitare alcune tombe etrusche di varie epoche. Attraverso stradette antichissime che portano fino ai torrenti Cercone e Castelsereno, si arriva alla Rocca soranese. Si rientra quindi in paese, passando dalla singolare porta "dei Merli". E fra un continuo sali e scendi, la mini visita potrà dirsi conclusa, dopo aver naturalmente curiosato attentamente in ogni angolo del "magico paese d’Etruria". Nella sua quiete profonda, con i ricordi di un ricco passato, Sorano aspetta con fiducia il turista e l’amante dei tesori dell’arte antica, sicuro di non deluderlo. Un autentico ritorno al passato.

Visitare questo singolare angolo della Toscana del sud più sconosciuta, ignorato dal grande turismo, sarà come fare un grande salto nel passato. Al tempo stesso potremo gustare ciò che la vita moderna e stressante delle città ci nega sempre di più.Un soggiorno, un week end, una gita in questo suggestivo luogo è il minimo che qualsiasi cronista potrebbe consigliare ai suoi lettori. E noi, che abbiamo avuto il piacere di girovagare ripetutamente per lungo e per largo in questo angolo di terra leggendaria, suggeriamo di farlo appena possibile.Sorano merita sicuramente l’attenzione del grande turismo, un’attenta escursione degli amanti dell’ arte e delle "cose" del passato.

 

Insediamento di S. Rocco ed i colombari

 

Questa necropoli (III-II sec. a.C.), situata lungo il costone tufaceo che delimita la valle del fiume Lente, è raggiungibile seguendo la strada provinciale che congiunge Sorano a Sovana. Superato il ponte sul fiume Lente, risalendo i tornanti scavati nel tufo, si raggiunge sulla destra un agevole sentiero, lungo il quale possiamo trovare la chiesetta romanica di S. Rocco, oggi completamente abbandonata e semicoperta dalla vegetazione.

 Tuttavia all’interno, sopra l’altare maggiore, possiamo ancora ammirare un affresco databile fine ‘600 inizi ‘700 rappresentante la Madonna con il Bambino tra Santi. Proseguendo il sentiero si raggiunge la necropoli, costtituita soprattutto da tombe a camera scavate nelle pareti verticali dei terrazzamenti tufacei.

Oltre alle tombe a camera. Si possono notare moltissimi colombari romani che si afacciano numerosi lungo la valle del fiume.Scendendo dall’abitato di Sorano alla "Porta dei Merli", nelle adiacenze di un’ampia radura si dipartono i tracciati di antichi percors scavati direttamente nel tufo: sono le cosiddette "Vie Cave", che univano Sorano con i circostanti centri etruschi e da lì con tutti i più importanti centri dell’Etruria.

 

I colombari

 

Una caratteristica tipica di Sorano è rappresentata dai "colombari", chiamati anche le colombaie. Sono enormi buche scavate nel tufo nel primo secolo avanti Cristo. Si trovano all’ inizio del paese, pare che un tempo servissero come abitazioni per i primitivi ed erano indubbiamente un sicuro rifugio. Rappresentano una delle maggiori caratteristiche di Sorano ; purtroppo però oggi sono pressochè inaccessibili e il turista deve accontentarsi di osservarli a distanza o dalla strada. Le interpretazioni che vengono date a questi colombari sono diverse. Secondo lo studioso Gino Agostini essi fanno parte integrante di un panorama scenografico di bellezza unica da oltre duemila anni. Questo complesso monumentale è senz’ altro uno dei più belli e interessanti in senso assoluto fra tutti quelli simili che sorgono numerosi nel territorio che fu un tempo dell’ antica Tuscia. E dove il dirupo degrada verso l’ ansa del fiume, vi era qualche decennio fa un arco neturale di tufo, che fu assurdamente fatto saltare in aria con l’ esplosivo, per far posto a un viadotto.

"Quei colombari non sono altro che grandi locali simili a stanzoni cubici, interamente scavati nella roccia, con pareti bucherellate dalla cima al fondo da nicchie quadrangolari, somiglianti, parte la grandezza, a nidi di vespa, in cui venivano depositati talvolta le ceneri dei defunti".

"E’ molto difficile stabilire se gli etruschi, afferma Agostini, scavarono queste enormi stanze con il preciso intento di farvi un enorme sepolcreto oppure se colsero l’ occasione di utilizzare precedenti caverne o tane rupestri fatte dai popoli che li precedettero in queste zone. Ma, osservando bene l’ ubicazione, appare chiaro che essi risistemarono, adattandole poi alle loro esigenze, queste tane rupestri". Un sentiero scavato nel tufo attraversa diagonalmente tutta la faccia del dirupo e a lato si affacciano quasi tutte le entrate dei colombari, ma alcune - che poi sono le più grandi e più belle - sono raggiungibili soltanto per mezzo di scale. Questa posizione così insolita per una necropoli fa pensare che fosse un luogo scelto appositamente per la difesa e la sicurezza dei suoi abitanti. A Sorano e nei dintorni certamente visse un popolo antichissimk prima ancora che vi giungessero gli etruschi, forse i Villanoviani ; tracce non ne sono mai state trovate, ma probabilmente in questa zona essi esistettero davvero anche perchè essa è ben dotata di tutte le necessità occorrenti e ideali per ospitare un popolo abbastanza numeroso. Sotto i colombari scorre il fiume Lente alimentato da acque sorgive, fresche e abbastanza pescose.

Lungo la stretta valle, un tempo, i boschi di querce, cerri e corbezzoli fornivano legna da ardere e frutti in abbondanza, nonchè animali selvatici da cacciare, mentre nelle piane sovrastanti cresceva l’erba per il bestiame domestico e brado. In tempi lontani, la roccia tufacea cadde sgretolata sotto i colpi vibranti da mano umana armata di pietra dura e ben affilata ricavata dalle molte che giacciono lungo il greto del Lente. Il villaggio rupestre, se così si può definire, era collegato al terreno sottostante da lunghe scale di corda che ogni sera venivano accuratamente ritirate per evitare spiacevoli sorprese da parte di eventuali nemici. La posizione naturale rendeva gli abitanti sicuri e tranquilli : ogni attacco che avessero subito era certamente destinato a fallire. E’ convinzione diffusa che gli etruschi sfruttassero le tane rupestri perchè non avrebbero avuto alcuna convenienza a operare in quella infelicissima quanto assurda posizione, dal momento che avevano a portata di mano tutte le tufaie che circondano Sorano, ammesso che l’attuale paese fosse abitato allora da quel popolo. Per convinversi che gli Etruschi costruirono o scavarono tombe in luoghi relativamente facili da raggiungere, basta fare pochi passi e recarsi nelle vicine località di San Rocco e Sovana. Si ritiene che le primitive tane rupestri, nate come dimore dei vivi, si trasformarono con l’ arrivo della gente etrusca in dimore dei morti, funo a che i nuovi dominatori, i Romani, cultori accaniti di colombi viaggiatori, le adattarono, come oggi le vediamo, per ospitare migliaia di questi pennuti per i lore svaghi preferiti.

Da essi, probabilmente, derivò il nome colombari. Ma, ripetiamo per un certo scrupolo, sono queste soltanto delle ipotesi avanzate da qualche studioso e da alcuni esperti. I colombari attendono da molto tempo dalle autorità competenti di offrire la possibilità di essere visitati dai turisti ; basterebbe intanto ripristinare l’ antico sentiero in modo da non mettere in pericolo il visitatore. Rivalorizzare questi rari e singolari "resti del passato" è un dovere sacrosanto.

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