Necropoli dei Monterozzi e tombe dipinte
La collina dei Monterozzi, lunga circa 6 km e sede della principale necropoli di Tarquinia, si estende parallela alla costa, tra questa e l'altura della Civita dove sorgeva la città etrusca. L'estremità occidentale del colle è oggi occupata dall' abitato medioevale (Cometo) e moderno. Dei due fianchi lunghi, quello sud-occidentale degrada dolcemente verso il mare, mentre quello rivolto verso la valle del S. Savino e la Civita presenta alti dirupi interrotti da profonde spaccature attraverso cui passavano gli antichi percorsi viari di collegamento tra l' abitato e la necropoli. Ciascuna di queste spaccature è oggi attraversata dalle arcate dell' acquedotto settecentesco che prendono in questi tratti i nomi di Primi Archi, Arcatelle e Secondi Archi. Le tombe coprono praticamente tutto il colle; se ne conoscono più di seimila, per la maggior parte camere scavate nella roccia e sormontate da tumuli. Sono proprio questi ultimi, oggi ormai appena visibili sul terreno perche spianati dai lavori agricoli (ma solo un secolo fa il Dennis ne contava più di 600), che hanno dato al colle il suo nome popolare ed espressivo.
La serie straordinaria di tombe dipinte (ne conosciamo circa 200) rappresenta il nucleo più prestigioso della necropoli che resta, per questo aspetto, la più importante del Mediterraneo. Il fenomeno della pittura funeraria, anche se nella quasi totalità è documentato sui Monterozzi, la principale necropoli cittadina, non è però sconosciuto negli altri sepolcreti minori. Al '700 risale la notizia della scoperta di una tomba dipinta sul colle del Pisciarello, una sorta di propaggine orientale della necropoli dei Monterozzi.
Necropoli di Monterozzi - Pianta
Sul Poggio del Cavalluccio, uno dei sepolcreti suburbani a nord della città, negli anni '50 la Sovrintendenza ha scavato due tombe gentili zie di età ellenistica appartenenti alla nobile famiglia Camna: una di queste, che ha restituito numerosi sarcofagi ora esposti al museo, aveva una banchina addossata alla parete e affrescata con festoni e nastri. Sul vicino colle della Perazzeta è stato infine individuato, nel 1989, un ipogeo decorato con esili alberelli e corone floreali.
Necropoli di Monterozzi – fotografia attuale e ricostruzione ottocentesca
(dalle mura medioevali ai Primi Archi) Il sepolcro, scoperto nel 1865, deve il suo nome alla figura di una giovane ancella dipinta sulla parete sinistra. Preceduta da un lungo corridoio in discesa che si affaccia sul ripido fianco settentrionale del colle in direzione della Civita, la tomba consiste in una piccola camera quadrangolare con tetto a doppio spiovente e ampio loculo sepolcrale ricavato nella parete di fondo.
Sul
soffitto grossi fascioni colorati imitano le travi lignee del tetto. Sulla
parete di fondo due suonatori (di flauto e di cetra) fiancheggiano illoculo
tagliato e decorato ad imitazione di un edificio reale: inquadrato da due
colonne "tuscaniche" esso è sormontato da un tetto con una maschera
di Gorgone situata sulla testata del trave principale. Sul fondo delloculo due
genii alati stendono un velo sul corpo del defunto. Sulle pareti laterali del
sepolcro scene di banchetto con quattro coppie di commensali sdraiate su
altrettante klinai (letti conviviali) riccamente addobbate e servite da
giovani inservienti. Sulla parete di ingresso, con pitture molto svanite, a
sinistra della porta si riconoscono una giovane donna con torcia e un fan-
ciullo, mentre a destra si intravvedono i resti della tavola imbandita per il
banchetto ed un alto sostegno con appese delle brocche. Seconda metà del V sec.
a.C. Di particolare interesse la presenza dei due genii alati dipinti sul fondo
del loculo e della donna con torcia sulla parete di ingresso che denunciano
l'affiorare di quella concezione ellenizzante dell'oltretomba esplicita nei più
recenti sepolcri del IV secolo.
La tomba
fu devastata nell'estate del 1963 da ignoti vandali che ne danneggiarono
irreparabilmente la parete sinistra distruggendo il volto della
"pulcella" e asportando le figure di una commensale e di un piccolo
servitore. La testa di quest'ultimo, apparsa successivamente in un museo
tedesco, è stata recentemente restituita all'Italia ed è ora esposta nel Museo
Nazionale.
La decorazione delle pareti consiste, in basso, in un fregio continuo con uccelli in volo e delfini guizzanti al di sopra della incrèspata superficie marina, coronato da una teoria di palmette e fiori di loto. Al di sopra immagini di vita aristocratica legate al simposio: sulle pareti laterali due coppie maschili banchettano sdraiate in terra su cuscini; sulla parete sinistra, ai piedi di uno dei banchettanti, c'è un piccolo servo con flauto su uno sgabello.
Sulla parete di fondo, al di sotto delle due leonesse che danno il nome al sepolcro, sono raffigurati i danzatori ed i musicisti che allietano il simposio, ai lati di un grande cratere metallico destinato a contenere il vino. Il cratere doveva mostrarsi, per chi entrava nella tomba, in suggestiva assialità con il sottostante vaso cinerario posto nella nicchia. Sotto quest'ultima un'ulteriore scena di banchetto in chiave miniaturistica. La tomba, che può datarsi intorno al 530-520 a.C., fu dipinta da artisti immigrati dalla Grecia orientale.
Scoperta
nel 1961, la camera, con soffitto a doppio spiovente, è caratterizzata da tre
grandi loculi scavati nelle pareti laterali e in quella di fondo e destinati ad
accogliere i corpi dei defunti. Il columen del soffitto è decorato con
fascioni imitanti travi lignee, fascioni che continuano anche sul columen della
nicchia della parete di fondo. Il frontoncino di questa nicchia è dipinto con
un motivo a palmette e volute. Sulle pareti del sepolcro e all'interno dei
loculi sono dipinti danzatori, danzatrici e musici in un paesaggio
contraddistinto da alberelli rossi. Tra i danzatori si distingue, sulla parete
di fondo, a destra della nicchia, un pirrichista con scudo e lancia (da pirrica
= danza armata), Le pitture sono mal conservate. Fine V - inizi IV sec. a.C.
Tomba
del Guerriero
Scoperto
nel 1961, l'ipogeo, con soffitto a doppio spiòvente, è fornito di banchine
lungo le pareti. Il trave del soffitto è dipinto a fascioni longitudinali
mentre gli spioventi mostrano un motivo a cerchielli. Sul frontoncino della
parete di fondo, al centro, due galli in lotta fiancheggiati da due pantere; su
quello della parete di ingresso, ai lati della mensola di sostegno del columen,
un genio nudo alato e una pantera.
Tomba
dei Loculi e del Guerriero
Sulle
pareti sono dipinte scene di banchetto e giochi celebrati in onore del defunto
(gare atletiche, musicali, guerresche e acrobatiche). Sulla parete di fondo due
coppie banchettano, sdraiate sui letti conviviali, allietate da illusici e
accudite da giovani inservienti. Di seguito, sulla parete sinistra, è dipinta
la tavola con il vasellame per il convivio; seguono i giochi funebri, con un
discobolo, un lanciatore di giavellotto, due pugili con un piccolo flauti sta ed
un secondo flautista che accompagna con la sua musica la danza di un atleta in
armi (che ha dato il nome al sepolcro) dipinto sulla parete di ingresso, a
destra della porta. Dall'altro lato della porta una biga, un piccolo acrobata
nudo, un felino ed un piccolo cavaliere. Sulla parete destra, molto rovinata,
tracce di un cavaliere armato e di un fante.
Decenni finali del V sec. a.C.
Tomba
della Caccia e della Pesca
Rinvenuto nel 1873, il sepolcro si compone di due ambienti in asse, con soffitto a doppio spiovente. Sul frontone della parete di fondo della prima camera è dipinta una scena con due cavalieri che tornano dalla caccia accompagnati dai servi con le prede. Sul frontone della parete di ingresso scena di banchetto. Sulle pareti, sotto una serie di strette fasce colorate da cui pendono melograni e boccioli di loto, personaggi maschili, nudi o vestiti di corti perizomi, suo nano e danzano in un paesaggio scandito da alberelli ai cui rami sono appese bende, corone, ,pecchi e ciste. La seconda camera, la vera camera sepolcrale come attestano le impronte di un letto funebre sul pavimento e la nicchia scavata sulla parete di fondo per accogliere un cinerario, mostra sul timpano della parete di fondo la coppia di marito e moglie, senz'altro i proprietari della tomba, a banchetto e circondati da servitori ed ancelle.
Le pareti sono decorate da vivacissime scene di
caccia e di pesca, ambientate in un paesaggio marino popolato di pesci e di
uccelli acquatici: sulla parete di sinistra una barca con tre pescatori accanto
ad un grande scoglio da cui si tuffa con slancio acrobatico un giovane nudo. Al
centro della parete di fondo c'è una barca con quattro uomini, quello a prua
intento a pescare con la lenza, mentre a destra, su uno scoglio, un cacciatore
è in atto di colpire un uccello con la fionda. Sulla parete destra una terza
barca con tre personaggi, il timoniere, il rematore ed un pescatore munito di
arpione, ed ancora un cacciatore armato di fionda su uno scoglio.
Le pitture
di questa celeberrima tomba, che riassumono gli ideali di vita aristocratica dei
committenti, si distinguono per la speciale predilezione del gusto narrativo e
per la particolare attenzione nel riprodurre un paesaggio in cui l'uomo sembra
assumere lo stesso valore degli altri elementi naturali. È lo stesso gusto
mostrato da alcuni artigiani della Grecia orientale cui si deve una particolare
classe ceramica nota col nome di "Piccoli Maestri ionici": ad un
pittore greco operante in questa tradizione va dunque attribuita la decorazione
dell'ipogeo negli anni intorno al 520-510 a.C.
Così denominato dal soggetto della decorazione dipinta, intesa a celebrare i giochi e le danze in onore del defunto, questo sepolcro, scavato nel 1961, consta di un unico vano con soffitto a doppio spiovente. Sulla parete di fondo, al di sotto del frontoncino decorato con una pantera ed un leone fiancheggianti la mensola che sostiene il trave centrale del soffitto, una giovane equilibrista, al suono di un flauto suonato da un auleta, tiene in bilico sulla testa un candelabro al cospetto di un anziano personaggio - forse il defunto - seduto su uno sgabello pieghevole. Accanto all'acrobata è un giovane in atto di prendere da due grandi ceste due oggetti circolari.
A
sinistra un altro giovane nudo e due fanciulli disegnati con una semplice linea
di contorno. Sulla parete destra quattro danzatrici si esibiscono al suono di
una siringa impugnata da un suonatore posto al centro della scena. Sulla parete
sinistra, al centro, un vecchio appoggiato ad un bastone nodoso avanza sorretto
da un giovane schiavo e preceduto da un giovane in corsa che impugna un bastone
ricurvo e da un altro schiavetto; chiude la scena, sulla destra, un uomo curvo
in avanti in atto di defecare, contraddistinto dall'iscrizione aranthheracanasa,
traducibile con Aranth (servo) di Heracanas e che, secondo alcuni
studiosi, indicherebbe il nome del pittore. Sulla parete d'ingresso, a destra
della porta, un curioso quadrupede.
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Alla scuola di questo pittore operante nei decenni finali del VI sec. a.C., anch'esso probabilmente un greco orientale immigrato, più propriamente un "focese", si deve la decorazione di numerose altre tombe: la tomba degli Auguri, delle Olimpiadi, delle Iscrizioni, ecc. |
Scoperta
nel 1960, costituisce un bell'esempio di ipogeo ellenistico del tipo "a due
livelli e con vestibolo", con il vano superiore (vestibolo) utilizzato per
le cerimonie di culto e fornito di banchine, e due camere funerarie - poste ad
un livello più basso - accessibili con scale che partono dal pavimento del
vestibolo stesso. Sulle pareti di fondo e di destra del vestibolo, in asse con
il sottostante ingresso alle camere funerarie, sono scolpite due finte porte -
simbolico ingresso all'aldilà - dipinte con l'indicazione dell'intelaiatura
lignea e delle borchie metalliche.
Le porte sono inquadrate da coppie di Caronti alati, i demoni etruschi della morte custodi dell'Ade, indossanti corti gonnellini e forniti di diversi attributi: martelli, asce e serpenti. Accanto ad ogni figura un'iscrizione dipinta indica il nome del demone Caronte accompagnato da un diverso appellativo che evidentemente ne distingueva la particolare funzione, purtroppo a noi incomprensibile. |
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Prima metà del III sec. a.C. Lo stile delle pitture, contraddistinto da un sapiente uso del chiaroscuro, mostra come ormai pittori tarquiniesi hanno fatto proprie le conquiste della pittura greca del primo ellenismo.
Scoperta
nel 1959 e dedicata al celebre poeta tarquiniese Vincenzo Cardarelli, la tomba
è costituita da una camera con tetto a doppio spiovente e trave centrale
dipinto con rosoni e foglie d'edera. Sui frontoncini delle pareti corte i
consueti gruppi animalistici ai lati della mensola di sostegno del columen. Il
grande fregio figurato continuo sulle pareti è ambientato in un paesaggio
contraddistinto da esili alberelli. Al centro della parete di fondo una grande
porta, chiaro riferimento all'ingresso dell'Ade, ai lati della quale stanno due
suonatori (di cetra e doppio flauto) con i piedi i vasi del banchetto: un
cratere e un'anfora. Sulla destra un danzatore, un suonatore di cetra ed un
piccolo inserviente precedono un giocatore di k6ttabos, in atto di
lanciare il vino dalla coppa. Il gioco del k6ttabos prevedeva infatti che
i partecipanti lanciassero il vino contenuto in una coppa tenuta con l'indice
della mano destra infilato in un'ansa, con l'intento di colpire un piattello in
bilico su un' asta metallica; vinceva chi lo faceva cadere.
Sulla parete sinistra un personaggio, preceduto da un suonatore di doppio flauto, incede verso una danzatrice riccamente abbigliata (la defunta?), preceduta a sua volta da uno schiavetto con flabello e seguita da una ancella con attingitoio e specchio. Sulla parete di ingresso due pugili, in atto di combattere, dalle fattezze quasi caricaturali. |
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La tomba,
databile agli anni finali del VI sec. a.C., è forse da attribuire alla stessa
bottega responsabile degli affreschi delle tombe della Fustigazione e dei
Baccanti. Il pittore, per sottolineare la distanza tra mondo dei vivi e
mondo dei morti, ha voluto esaltare la cerimonia del simposio, cioè il momento
in cui dopo il pasto si beve, si canta, si balla e si gioca. Il simposio è qui
simboleggiato dai vasi per contenere il vino dipinti sulla parete di fondo.
Il
sepolcro, ampio e con soffitto a doppio spiovente, fu scoperto nel 1960. La
sintassi decorativa richiama quella della vicina tomba Cardarelli, attribuita
allo stesso pittore: stessa decorazione del columen (rosoni e foglie d'edera),
analoghi gruppi animalistici (felini che aggrediscono cervi) sui timpani delle
pareti corte, pugili che si fronteggiano ai lati della porta d'ingresso. Anche
qui, infine, dal grande fregio figurato dipinto sulle pareti traspira
l'esaltazione delle virtù vitalistiche, intesa a sottolineare la distanza tra
mondo dei vivi e mondo dei morti. Al centro della parete di fondo e di quelle
laterali è dipinta la finta porta simbolo del trapasso tra vita e morte; la
fiancheggiano, sulla parete di fondo, un citarista e un danzatore con due grossi
vasi per il vino allusivi al simposio. Sulla parete sinistra un danzatore e un
flautista. Su quella destra due gruppi erotici, ciascuno con una donna e due
comasti; nel gruppo a destra della falsa porta un comasta fustiga la fanciulla
con un gesto che ha ispirato il nome del sepolcro. Anni finali del VI sec. a.C.
Tomba
della Fustigazione e dei Fiorellini
Scoperta nel 1960, la camera ha un soffitto a spioventi sul cui trave centrale è dipinto un motivo a rosoni e foglie d'edera, mentre sugli spioventi cerchielli rossi si alternano ai fiorel- lini a tre petali che hanno ispirato il nome del sepolcro. Sul frontone della parete di fondo due galli, pronti al combattimento, si affrontano ai lati della mensola di sostegno del columen. Il grande fregio dipinto sulle pareti mostra il consueto soggetto del banchetto allietato da danze e musica e ambientato in un paesaggio contraddistinto da alberelli cui sono appese bende colorate. Sulla parete di fondo una coppia, semidistesa su un letto conviviale riccamente addobbato, banchetta servita da due giovinetti nudi. Sulle pareti laterali uomini e donne ballano accompagnati da un flautista. Secondo quarto del V sec. a.C.
Lo scavo della tomba, una vasta camera con tetto a doppio spiovente individuata nel 1985, deve ancora essere completato con lo svuotamento del lungo e profondo corridoio di accesso che attraversa perpendicolarmente la strada provinciale. La decorazione dipinta si configura come un grande fregio figurato continuo su tutte le pareti. Sulla parete sinistra è rappresentato il defunto nel suo estremo viaggio verso l'oltretomba: in piedi sulla sua biga tirata da una coppia di cavallini mirabilmente disegnati, avanza seguito da due danzatori e preceduto da un personaggio che impugna un ramo frondoso e da due musici. Davanti al corteo, un giovane coppiere nudo accanto ad una tavola imbandita introduce la scena di banchetto dipinta sulla parete di fondo. Quattro sono 1e coppie di convitati sdraiati sulle klinai, tutti di sesso maschile ad eccezione della coppia centrale, il proprietario del sepolcro e sua moglie, ritratti mentre si scambiano una carezza affettuosa.
Sulla parete destra una grandiosa scena
ambientata nell' aldilà: la introduce da sinistra la suggestiva immagine di
Caronte, non l'orrido demone etrusco raffigurato nei sepolcri di età più
recente, ma il Caronte greco che traghetta le anime governando con un lungo remo
la sua barchetta rossa sulle acque azzurre dell' Acheronte: Appena approdati
sulle sponde dell' Ade, due defunti, una donna ammantata e un giovinetto,
avanzano nell' aldilà accolti da tre personaggi: una donna (una parente
premorta?) preceduta da un demone delle carni azzurre e seguita da un giovane
demone alato dall' incarnato bruno che la afferra alla vita. Chiudono la scena,
sulla destra, due ultime figure infernali: un demone blu dal volto grottesco e
con serpenti barbati avvolti alle braccia, seduto su una roccia, ed un ultimo
essere mostruoso, alato, dall'incarnato nerastro e dalla bocca sanguinolenta,
che si avventa con le braccia protese e le mani fornite di artigli verso i nuovi
arrivati. Le pitture della parete di ingresso (scene di caccia?) sono quasi
totalmente svanite. La tomba, databile agli anni finali del V sec. a.C. o agli
inizi di quello successivo, mostra la più antica scena relativa
all’oltretomba della pittura funeraria tarquiniese, rivelatrice delle nuove
dottrine sulla morte introdotte in Etruria dal mondo greco.
Piccola camera sepolcrale con soffitto a doppio spiovente, scoperta nel 1874. Il soffitto è dipinto con rosoni e toglie d'edera sul columen e con fiorellini a quattro petali sugli spioventi. Nel triangolo frontonale della parete di fondo, ai lati della mensola di sostegno del columen, due gruppi di animali in lotta. Sul frontoncino della parete di ingresso tracce di due felini. Il fregio sulle pareti, incorniciato da fasce colorate, rappresenta una scena di danza orgiastica da alcuni collegata ai culti dionisiaci, da cui il nome della tomba, ambientata nel consueto boschetto. I comasti, uomini e donne, danzano e suonano stringendo nelle mani le coppe per il vino. Dall'alto delle pareti pendono corone floreali. La coppia di danzatori dipinta sulla parete di fondo raffigura forse il proprietario della tomba e sua moglie. Il sepolcro, databile ai decenni finali del VI sec. a.C., è stato probabilmente affrescato da artisti greco-orientali immigrati, cui si deve anche la decorazione delle tombe Cardarelli, Fustigazione e Morto.
Tomba dei Baccanti e dei Leopardi
Ai lati della porta di ingresso un'anfora ed un cratere. Da notare le abbondanti tracce del disegno preparatorio eseguito a graffito, con numerosi ripensamenti. La qualità delle pitture, nonostante la fama di questo sepolcro, è alquanto modesta, con personaggi dalla coiporatura rigida e sproporzionata, mascherata tuttavia dalla vivacità dovuta alla ricca policromia. 470 a.C. circa.
La tomba del Tifone, scoperta nel 1832, è una tra le più grandi tombe gentilizie di età ellenistica. Vi si accede tramite un lungo corridoio a gradini con celle laterali e consta di una vasta camera con tetto piano e grande pilastro centrale preceduto da un altare per il culto funerario. Lungo tutte le pareti coqono tre ordini di gradini su cui poggiano i sarcofagi, un certo numero dei quali ancora conservati in posto. La decorazione dipinta consiste in un fregio continuo sulle pareti, con delfini guizzanti sulla superficie ondosa del mare, rosette e dentelli. Sulla parete destra è raffigurata la partenza del defunto verso gli Inferi, nelle vesti di alto magistrato, accompagnato da un mesto corteo: musici, littori con le insegnemagistratuali (fasci di verghe, bipenne, lituo etc.) e demoni.
Su ciascuna faccia laterale del pilastro centrale un personaggio anguipede (Tifone) in funzione di telamone; sulla faccia anteriore e posteriore due cariatidi a figura femminile desinenti in volute. Anche l'altare davanti al pilastro presenta i resti di un corteo, al momento purtroppo quasi illeggibili. Il grande sepolcro appartiene alla nobile famiglia Pumpu ed il fondatore della tomba, Laris Pumpu, alto magistrato della città di Tarquinia, è raffigurato ben due volte, come attestano le iscrizioni, nel corteo dipinto sulla parete destra, contraddistinto da termini indicanti due diverse cariche pubbliche. Le pitture, che denotano un buon livello artistico con effetti prospettici e chiaroscurali, generalmente datate alla metà del il sec. a.C., sono state recentemente rialzate alla seconda metà del III. Visitiamo ora quel settore della necropoli, sempre compreso tra la città moderna ed i Primi Archi, ma disposto sulla destra della strada provinciale, corrispondente alla Villa Tarantola e ai Fondi Maggi e Scataglini. In questa zona si addensano soprattutto sepolture di età ellenistica.
Un centinaio di metri a sud di Villa Tarantola, il cui viale di accesso è ornato di coperchi di sarcofagi, vi è la Tomba dei Festoni, individuata nel 1919 e consistente in una camera dal soffitto piano con banchine a gradoni lungo le pareti, sul cui piano sono scavate fosse sepolcrali o su cui poggiano sarcofagi. La decorazione del soffitto imita le travature lignee con sovraddipinti fregi vegetali e figurine di eroti. Sulle pareti, sopra le banchine, sono raffigurati con forti effetti chiaroscurali, festoni vegetali e scudi appesi a lunghi chiodi resi prospetticamente. Ai lati della porta di ingresso due figure infernali (Caronti). La tomba, databile alla prima metà del III sec. a.C., apparteneva forse alla famiglia Curunas.
Grande e complesso ipogeo ellenistico rinvenuto nel 1870 e formato da quattro vani, uno centrale collegato ad un ambiente di fondo e a due laterali mediante porte e finestrelle. soffitti sono a doppio spiovente, con travi in rilievo nel vano principale. La decorazione figurata è limitata alla camera principale dove sono rappresentati i membri dell'aristocratica famiglia Velcha, proprietaria del sepolcro. Le immagini sono accompagnate da lunghe iscrizioni secondo un uso diffuso in età ellenistica. Sulla parete di fondo, a destra della porta, Larth Velcha, il fondatore della tomba, è raffigurato a banchetto, semisdraiato sul letto conviviale davanti al quale è la tavola imbandita. Gli siede accanto, porgendogli un uovo, la moglie Velia Seitithi, riccamente abbigliata secondc quanto conviene al suo rango. Ai piedi della kline una giovane ancella con flabello. A sinistra della porta due altri membri della famiglia, Vel e Amth, sono rappresentati in piedi vestiti di ampi mantelli. Sopra le finestre geni alati. Tra la porta e la finestra di sinistra un giovane servo nudo.
Anche sulla parete destra, a sinistra della porta, è raffigurato un banchetto funebre, questa volta allietato dalla musica di un flauti sta e di un citaredo. La coppia di banchettanti, in atteggiamento analogo alla precedente (ma stavolta lui tiene in mano una patera), è costituita da un uomo barbato (Velthur Velcha, il capostipite della gens, forse padre di Larth) e sua moglie (Ravnthu Aprthnai). A destra della porta un servo nudo, un uomo e due donne stanti (Velchai e Velia Seitithi). Sulla parete sinistra, a destra della porta, ancora Velthur e Ravnthu, ma stavolta seduti su sga- belli pieghevoli e lui impugnante un lungo scettro; a sinistra della porta resti di tre figure stanti. Sulla parete di ingresso si svolge invece il corteo funebre di Larth Velcha, raffigurato nella sua qualità di alto magistrato accompagnato da un seguito di littori, suonatori e familiari. La camera di fondo, decorata da una teoria di grossi scudi dorati dipinti sulla parete e da iscnzioni, è quella che ha dato il nome al sepolcro. La decorazione della tomba, esemplificativa dei programmi figurativi dei grandi sepolcri gentilizi di età ellenistica, è tesa a celebrare le virtù ed il rango della famiglia Velcha, immortalando il momento della partenza del defunto verso l'oltretomba (parete d'ingresso), il banchetto funebre cui partecipano idealmente tutti i membri della famiglia e forse l'apoteosi di Velthur, il capostipite della famiglia (parete sinistra). Le pitture, fortemente espressive con ricerche chiaroscurali e sapienti scorci, si collocano nel terzo quarto del IV sec. a.C.
Scoperta ne11699, poi perduta e riscoperta nel 1780 dal Cardinal Garampi, vescovo di Tarquinia, cui deve il nome, la tomba, derivante forse dall'unione di due camere sepolcrali più antiche, consiste in una grandiosa sala quadrangolare con quattro grossi pilastri centrali, soffitto piano, a travi in rilievo (nel settore destro), a cassettoni (nel settore centrale) e liscio (nel settore sinistro), e banchina lungo le pareti. Le pitture, mal conservate, ci sono tramandate, come per la tomba della Mercareccia, dai disegni del Byres.
disegno
del Byres 1872
La decorazione interessa la modanatura dei capitelli dei pilastri (dall'alto: fregio a squame e rosette; fregio figurato con figurine di combattenti su sfondo scuro; fregio vegetale) e le pareti della metà destra del sepolcro (lungo fregio con circa 200 figure su fondo ocra con viaggi di defunti nell'oltretomba alla presenza di demoni, di cortei di personaggi, ecc). Numerose iscrizioni fanno ipotizzare l'appartenenza del sepolcro alla nobile famiglia Vestarcnie, imparentata con l'importante gens Spurinna e di cui un discendente, Vestricius Spurinna, sarà per ben due volte console di Roma in età flavia. III sec. a.C.
(dai Primi Archi alle Arcatelle) In corrispondenza della recinzione del moderno Cimitero si trova l' accesso della Tomba dell'Orco, lo straordinario sepolcro di età ellenistica rinvenuto nel 1868 e così celebrato dalla stesso Cardarelli:
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"Alto su rupe, battuto dai venti, un cimitero frondeggia: cristiana oasi nel Tartaro etrusco. Là sotto è la fanciulla bellissima dei Velcha, che vive ancora nella tomba dell'Orco” Con il nome convenzionale di tomba dell'Orco si indica un imponente complesso funerario costituito da due sepolcri distinti (Orco I e Orco II) collegati da una vano di passaggio (Orco III). |
Orco I. Camera quadrangolare con tetto a doppio spiovente e travi in rilievo, originariamente con tre loculi alle pareti. Tutto il settore sinistro del vano fu ristrutturato al momento del collegamento con l'Orco II. Scarse sono le tracce leggibili della decorazione dipinta. Nel loculo della parete di fondo scena di banchetto: tre figure (una coppia maritale ed un uomo) sono adagiate su una kline, davanti alla quale stanno due giovani.
Le lunghe iscrizioni riportano fra l'altro il gentilizio dei personaggi a banchetto, lacunoso delle prime lettere [...]urinas. Fiancheggiano il loculo due mostruosi demoni atati. Anche sulla parete destra del sepolcro era dipinto un banch con adagiati su una kline Arnth Velcha e sua moglie Velia dal bellissimo profilo. |
Kharun |
Orco II. Ampia camera quadrangolare con pilastro centrale e tetto a spiove con intelaiatura di travi in rilievo. La decorazione dipinta consiste in un grandioso fregio ambientato nell'oltretomba, popol da personaggi mitologici e arricchito da numerose iscrizioni. Sulla parete di fondo l'antro roccioso dell'Ade con il guardiano Gerione (Cerun) dalle teste e la coppia regale di Ade e Persefone (Aita e Phersipnei) sul trono.
Gerione,
Ade e Persefone
Tuchulcha e Teseo |
Sulla parete di ingresso tracce appena leggibili di figure infernali e della scena con la pe di Sisifo (Sispes). Sulla parete destra Teseo (These), seduto su una roccia, è custodito da Tuchulcha, il demone etrusco della morte. |
Orco
III. Con Orco III si indica convenzionalmente il corridoio collegante Orco I e
Orco con banchine lungo le pareti e soffitto parzialmente a travi e parzialmente
a cassettoni. Su parete corta adiacente all'Orco II è dipinta, accanto ad un
giovane coppiere e ad un ger alato, una tavola imbandita con prezioso vasellame
dorato; sul lato corto opposto, presso passaggio con l'Orco III, è scavata una
nicchia con la scena dell'accecamento del Ciclope (cuclu) Polifemo da
parte di Ulisse (Uthuste).
(dalle Arcatelle ai Secondi Archi) Scoperta nel 1971 e reinterrata subito dopo, è stata "riscavata" nel 1987. Le operazioni finalizzate alla riapertura del sepolcro dipinto hanno portato in luce un settore di necropoli particolarmente interessante con tombe a camera contraddistinte in superficie da tumuli monumentali realizzati con tecniche differenti quasi ad esemplificarne la molteplice tipologia: con crepidine costruita in opera quadrata, scavata nel banco roccioso, realizzata con blocchi modanati in nenfro, etc. Anche la tomba delle Pantere è contraddistinta da un tumulo: la terra che lo costituisce è contenuta da una sorta di massicciata costruita con pietre piccole e irregolari. L'ipogeo consta di una stretta camera rettangolare con soffitto a doppio spiovente e due alte banchine alle pareti, ed è accessibile tramite un breve e ripido dromos a gradini sulla cui parete sinistra - in prossimità della camera - si apre una rozza celletta. La decorazione pitto- rica è limitata essenzialmente alla parete di fondo e a quella di ingresso. Sulla parete di fondo sono raffigurati due grandi felini di profilo - quello di sinistra con la testa di prospetto - in schema araldico e con le zampe anteriori poggiate sulla protome di un altro felino, una sorta di mascherone. Sulla parete di ingresso, ai lati della porta, due felini accosciati. I corpi degli animali sono resi, in bicromia rosso-nera, a linea di còntorno ed il manto è schematizzato con un motivo a cerchielli e puntini. Il sepolcro, databile agli anni finali del VII sec. a.C., costituisce il più antico ipogeo tarquiniese dipinto con una decorazione figurata. La tomba delle Pantere è al momento l'unica importante testimonianza tarquiniese di quella più antica fase della pittura funeraria anteriore alla fase "ionica" e nota con il nome di "orientalizzante", finora documentata solo in altri centri quali Veio e Cerveteri. Lo stile della sintassi decorativa della pittura con grandi figure che non tengono conto della partizione architettonica delle pareti, sembra tradire la mano di un pittore di vasi non abituato a lavorare su vaste superfici e documenta il ruolo che i ceramisti devono aver svolto nell'elaborazione delle fasi più antiche della pittura tombale.
Tombe
delle Pantere e Francesca Giustiniani
Dedicata alla principessa Francesca Giustiniani, che nel 1830 assistette alla sua apertura. La camera ha un soffitto a doppio spiovente dipinto con travi rossi e alle pareti una banchina costruita con blocchi riportati. Sui frontoni delle pareti corte due pantere si affrontano ai lati della mensola. Il fregio della parete di fondo presenta il viaggio del defunto verso l'aldilà: egli è alla guida di una biga trainata da cavallini rossi e blu ed è accompagnato da musici e danzatori. Sulla parete destra ancora danze, a sinistra invece gare atletiche in onore del morto. Accanto alla porta di ingresso, a destra, un cavallino rosso. Metà circa del V sec. a.C.
La Tomba Giglioli, individuata nel 1959 e dedicata alla memoria dell'archeologo Giulio Quirino Giglioli. Essa consiste in una grande camera con soffitto a travi in rilievo, banchine e pseudosarcofagi (sarcofagi la cui cassa è scavata direttamente nella banchina) lungo le pareti. Il sarcofago, posto in posizione enfatica al centro della parete di fondo, munito di coperchio raffigurante il defunto, costituisce il monumento funebre del fondatore della tomba, Vel, capostipite della gens Pinies. Lungo le pareti del sepolcro corre un fregio dipinto, con armi immaginate appese alle pareti mediante lunghi chiodi: elmi, spade, schinieri e grossi scudi con contrassegno (episema) figurato di diverso tipo: teste di cinghiale, anfore e grosse A. Sulla parete di fondo, in corrispondenza del sarcofago di Vel, sono dipinte le insegne magistratuali che sottolineano il ruolo che il defunto ha avuto nella gestione del governo cittadino: a sinistra la sella curulis, sopra i flagella intervallati all'elmo e al mantello, e a destra, dietro gli schinieri, la toga praetexta. Anche le casse dei sarcofagi sono dipinte con cortei funebri e iscrizioni, oggi pùftroppo gra vemente danneggiati. La decorazione del sepolcro tende ad esaltare le glorie militari e l'alto rango della famiglia Pinies. Gli episemata degli scudi ripropongono simboli riprodotti nelle monete emesse dalla zecca, di Tarquinia nella seconda metà del IV sec. a.C.; si è supposto, pertanto, che la famiglia Pinies fosse coinvolta nell'attività monetaria e che Vel sia stato il responsabile politico dell'emissione Tarquiniese. Lo stile delle pitture, ricco di sapienti effetti chiaroscurali e di ricerche prospettiche, si può datare al 300 a.C. circa.
Tombe Giglioli e del Barone
Composta da una camera sepolcrale piuttosto ampia, con tetto a doppio spiovente, dedicata al Barone Kestner che la scoprì nel 1827. Sul frontoncino della parete di fondo, ai lati della testata del trave del soffitto, ippocampi, delfini e crostacei. Un fregio figurato corre, delimitato da fasce colorate, sulla metà superiore delle pareti. Sulla parete di fondo, tra due cavalieri affrontati, un uomo con in mano una coppa si appoggia ad un giovane flautista e avanza verso una figura femminile con le braccia alzate in segno di saluto, riccamente vestita. Sulla parete destra due giovani affrontati, accanto ai propri cavalli e con il braccio destro alzato in segno di saluto, sorreggono corone di fiori. Sulla parete sinistra una scena analoga con una figura femminile velata tra i due giovani.
Le pitture di questa tomba, giustamente tra le più famose per la loro sobrietà, compostezza ed eleganza, con lo spazio ritmicamente scandito dalle figure, hanno dato adito a diverse letture. Accanto ad una lettura "semplice" delle scene interpretate come commiato tra i vari membri della famiglia, sul fondo la moglie che si accomiata dal marito in vista del viaggio verso l'oltretomba e alla presenza dei figli, a sinistra commiato della madre dai figli e a destra commiato di uno dei figli dall'altro fratello, alcuni studiosi hanno preferito leggere il fregio in chiave mitologica, con scene di culto alla presenza di divinità e con la ricorrente iden- tificazione dei Dioscuri nelle figure dei due giovani cavalieri dipinti su tutte e tre le pareti. Lo stile delle pitture mostra legami con le espressioni artistiche greco-orientali, in particolare della Ionia del nord; anche questo ipogeo, databile verso il 510 a.C., è stato attribuito quindi ad un artista immigrato.
Rinvenuta nel 1892 e che si distingue per la complessità dell'impianto: attraverso un corridoio a gradini si accede ad un'ampia camera sul cui fondo si aprono due celle secondarie. Tutte le stanze hanno soffitto a doppio spiovente e banchine lungo le pareti. Mentre la decorazione delle camere minori è limitata a fasce colorate lungo le pareti e ai consueti gruppi animalistici sui frontoncini delle pareti di ingresso e di fondo (ippocampi, anatre, pantere, leoni, tori, stambecchi), complessa e articolata è la decorazione dell'ambiente principale.
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Sul frontone della parete di fondo, rispettivamente a sinistra e a destra del trave di sostegno del columen, una sfinge con un leone alato e un cavaliere con un toro. Al di sotto, un basso fregio figurato corre sopra l'architrave delle porte, con due gruppi erotici, uno dei quali subisce la carica di un toro a testa umana (Acheloo); sulla estrema sinistra un toro accucciato. |
Al centro il nome del fondatore della tomba: Arath Spuriana, forse antenato di quei nobili Spurinna le cui imprese ci sono narrate dagli elogia e forse lo stesso personaggio che donò, per devozione, un leoncino in avorio nel santuario romano di S. Omobono al foro Boario, dedicato al culto di Fortuna e Mater Matuta. Nella parte inferiore della parete, tra le due porte di accesso alle camere minori, quasi un quadro collocato al posto d'onore, è dipinta la scena principale riferita ad un episodio della guerra di Troia: l'agguato di Achille a Troilo, il giovane figlio di Priamo. L'eroe greco, armato di tutto punto e nascosto dietro una fontana coronata da due leoni, dalla cui bocca zampilla l'acqua, attende il giovane troiano che, nudo e con una lunga chioma, avanza tranquillo su un enorme cavallo. Una fitta e lussureggiante vegetazione contraddistingue sia il paesaggio in cui si svolge l'agguato che il sottostante fregio vegetale. Le altre pareti della camera sono scandite da fasce colorate bordate con catene di melograni e boccioli di Loto.
Sul frontoncino della parete d'ingresso, ai lati della mensola, ippocampi e anatre in un paesaggio marino. La tomba dei Tori è, al momento, l'unico sepolcro di età arcaica con una scena di carattere sicuramente mitologico. L'episodio dell'agguato di Achille a Troilo, ben noto agli artisti etruschi e da essi prediletto come sembra dimostrare la sua frequenza sulla ceramica greca importata e su quella locale di imitazione, potrebbe essere stato scelto dal pittore perche ben adatto ad esaltare il ruolo sociale del defunto e le sue virtù aristocratiche, il suo valore militare e la sua astuzia.
L'allusione alla morte sempre in agguato è impersonata da Achille ma è anche la sfera erotica che viene celebrata, esplicitamente nel fregio minore sopra le porte, allusivamente nella scena mitologica perche, secondo alcune fonti, Achille, alla vista del giovane eroe troiano, ne sarebbe stato preso da grande amore. Il sepolcro, per gli stretti confronti delle pitture con alcune classi ceramiche etrusche a figure nere (i cosiddetti vasi pontici) è stato probabilmente decorato nel 540/530 a.C. da un artigiano locale il cui stile è però strettamente influenzato da esperienze greco-orientali.
Scoperta nel 1961, con tetto a doppio spiovente e loculo sepolcrale scavato nella parete sinistra. Il sepolcro deve il nome ai due galli dipinti sul frontone della parete d'ingresso, mentre sul frontone della parete di fondo restano solo tracce di una pantera. Fine del V sec a.C.
Il tema del fregio che decora le pareti è quello consueto nei sepolcri di V secolo: banchetto (parete destra) e scene di danza e musica. Interessante è la scena sulla parete sinistra con il danzatore vestito con un giubbetto di pelle e col volto coperto da una maschera, in modo analogo al phersu della tomba degli Auguri, e con la danzatrice riccamente abbigliata che agita i crotali. |
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Scoperta nel 1878, è una piccola camera rettangolare con soffitto a doppio spiovente; sul pavimento le impronte delle zampe di due letti funebri.
Al centro della parete di fondo, sotto il frontone decorato con un leone ed una pantera che aggrediscono uno stambecco, è dipinta una porta (la porta dell' Ade) fiancheggiata da due personaggi con le braccia atteggiate in gesto di saluto e di cordoglio, interpretati al momento della scoperta come auguri e a cui si deve il nome del sepolcro. Designati da due iscrizioni, di incerto significato, è possibile invece che si tratti di personaggi incaricati della cerimonia funebre e del compianto. Le altre pareti mostrano giochi funebri in onore del defunto. A destra, dopo due piccoli servitori, uno accucciato e l'altro con sulle spalle uno sgabello pieghevole, e dopo due personaggi di cui uno, con bastone ricurvo, è forse il giudice di gara, sono dipinti due possenti lottatori ai cui piedi sono impilati tre grossi bacini metallici, premio per il vincitore.
Segue il crudele gioco del phersu, più volte rappresentato nelle tombe tarquiniesi (tombe "del Pulcinella" e "delle Olimpiadi") che ha come protagonisti un uomo mascherato e con berretto appuntito (il phersu) che tiene al guinzaglio un cane e lo aizza contro un individua incappucciato e armato di una grossa clava nodosa.
Anche i personaggi della parete destra sono contraddistinti da iscrizioni che ne indicano il nome o la funzione. Il gioco del phersu, il cui nome è stato messo in relazione con il latino persona=maschera, testimonia l'origine etrusca dei cruenti giochi di tipo gladiatorio che avranno molta fortuna nel mondo romano e campano. Sulla parete sinistra della tomba, molto rovinata, si intravedono un danzatore, un flautista, due pugili e, meglio conservato, ancora il phersu in fuga o in atteggiamento di danza. Ai lati della porta di ingresso due personaggi intenti al tiro della fune (?). Anche questo ipogeo, databile al 530-520 a.C., è stato dipinto da un artista greco-orientale, più precisamente della Ionia settentrionale, irnrnigratoin Etruria.
Prende il nome dal proprietario del terreno, scoperta nel 1960, è una camera con soffitto a doppio spiovente e con tre grandi loculi sepolcrali scavati nella parete di fondo e in quelle laterali, secondo uno schema analogo a quello della tomba dei Loculi, al Calvario. Le pitture, in parte svanite, in parte danneggiate dai clandestini, sono poco leggibili. Sul frontone della parete di fondo era forse dipinta una scena di caccia con figure miniaturistiche. La decorazione delle pareti laterali del sepolcro e delle pareti dei loculi (il cui soffitto è dipinto a scacchiera) consisteva nel consueto banchetto in onore dei defunti, allietato da canti e balli. Fine del V sec. a.C. - inizi del IV .
Tombe Bertazzoni e del Pulcinella
Le pitture - specie sulla parete di ingresso - sono state danneggiate dai clandestini, fu scoperta nel 1872 e consiste in una camera con soffitto a doppio spiovente. Sul frontone della parete di fondo due leoni fronteggiano la mensola di sostegno del columen. Sulle pareti laterali, dalla cui sommità pendono corone floreali, si svolgono danze, musiche, gare atletiche e corse a cavallo in onore del defunto. Da notare la lira fornita di plettro dipinta al centro della parete di fondo ed il phersu danzante sulla parete sinistra. Anni finali del VI sec. a.C.
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