TOLFA

   

Arroccata sul fianco occidentale dei monti omonimi, prospicienti il litorale tirrenico tra Roma e Civitavecchia, si trova Tolfa, dominata dai resti dell'antica torre dei Frangipane.

Il territorio tolfetano è stato interessato da insediamenti umani fin dall'età neolitica e nel periodo previllanoviano e villanoviano. Marcatissima è la presenza degli etruschi come testimoniano le varie necropoli che accertano l'esistenza di centri abitati. La sua importanza aumentò durante il periodo etrusco, poiché riforniva di prodotti agricoli Pyrgi, porto arsenale di Caere, e Gravisca, importante scalo marittimo di Corneto (oggi Tarquinia). Molta confusione è dovuta all'esistenza di un vicino centro denominato Tolfa Nova, che si trovava a sud dei monti, nella zona della Tolfaccia. Agli Etruschi subentrarono i Romani che ugualmente hanno lasciato varie tracce. Per buona parte del Medioevo furono signori del luogo i Frangipane che sfruttarono le miniere di ferro e alluminio di cui il territorio era ricco. Intorno all'XI sec. la popolazione di Tolfa Vecchia oscilla intorno ai 500 abitanti mentre Tolfa Nuova è più popolata (circa un migliaio di abitanti). Il Museo Civico di Tolfa era ubicato  fino ad epoca recente in piazza Vittorio Veneto, all'interno del Palazzo Comunale. Il Museo è organizzato in due sezioni principali: la prima di inquadramento topografico del territorio e la seconda di conoscenza delle testimonianze archeologiche a partire dalla preistoria fino all'età medievale. Il nucleo più importante del Museo è costituito dai materiali provenienti dalle numerose necropoli etrusche della zona. Non trovano spazio nel Museo le testimonianze relative all'età moderna e contemporanea e agli aspetti di carattere etno antropologico.

 

Gli Etruschi nei Monti Tolfetani

 

Dall'entità dei ritrovamenti archeologici si capisce che l' area dei Monti della Tolta o Monti Ceriti (altezza massima 635 metri), a ridosso della costa tirrenica, tra Civitavecchia e Santa Marinella, deve essere stata popolata assai più intensamente nell'antichità di quanto non lo sia oggi. Al presente, infatti, i due soli centri di una certa rilevanza sono Tolfa ( a 480 metri sul livello del mare) e Allumiere (a 497 metri), i cui Antiquaria custodiscono gran parte dei reperti emersi dagli scavi e dalle esplorazioni del territorio circostante. Le antiche fonti storiche e letterarie che sono ci pervenute sono purtroppo completamente mute in rapporto alla zona in questione. D'altra parte l'interpretazione degli abbondanti dati archeologici fornisce una serie di rimarchevoli notizie sulla storia dell'occupazione del comprensorio dei Monti della Tolfa, delle attività di sfruttamento delle risorse naturali e dei rapporti culturali con le aree di influenza delle città etrusche limitrofe.

 

Gli Insediamenti

Il territorio risulta essere stato popolato fin dall' epoca Paleolitica e Neolitica; tracce più significative dei primitivi insediamenti sono però databili all’età del Bronzo, come il sito di Codata delle Macine (cultura Preappenninica o Appenninica), che sembra fosse fortificato con mura a grandi blocchi, o il villaggio "megalitico" di tufarelle, con resti di varie capanne, aree circolari, tombe a tumulo monumentali e muraglioni a secco. La cultura Protovillanoviana, cosiddetta, è caratteristica dell'età intermedia tra il Bronzo e il Ferro (inizi del primo millennio a.C.) e risulta ben rappresentata in varie località e abitati dei Monti della Tolfa, specialmente in quelli distribuiti attorno al bacino minerario, come Tolfaccia, Elceto e Monte Rovello.

In quest'ultimo sito, a nord-ovest di Allumiere, si trovano i resti di un insediamento protovillanoviano tra i più importanti di quelli finora scavati in Italia.

Resti del rudimentale muro difensivo dell'abitato, costruito con grandi blocchi non squadrati di pietra locale, sono visibili a mezza costa (dov'è riemerso anche un ripostiglio con asce e scuri bronzee); appoggiato al muro c'era un deposito di rifìuti (ceneri, ossa, fornelli, vasi) parzialmente smottato. Sulla cima di Monte Rovello, poi, è stata portata alla luce una porzione dell'abitato; si sono cioè riconosciuti fondi di capanne (appartenenti alle fasi Subappenninica e Protovillanoviana) a pianta rettangolare, con focolari, piccoli fornelli, mole, utensili domestici e residui di fusione. Uno di questi ambienti (di circa metri 7,65 x 15,25), sottoposto a minuziosa esplorazione, ha rivelato ben dieci strati; un frammento ceramico (attribuito al Miceneo III C2) appartenente al nono strato consente di datare la prima occupazione all'XI secolo a.C. Nonostante le tracce di incendi, ricostruzioni e abbandoni più o meno prolungati, il luogo venne sempre (ri)occupato da un'abitazione, in modo abbastanza continuativo, dalla capanna protostorica fino alla casa con tetto di tegole e muro centrale di sostegno del IV-III secolo a.C., di cui pure sono riemersi i chiari resti.

Passando, più strettamente, agli insediamenti del periodo storico, va detto che la posizione del principale centro etrusco sui Monti della Tolfa non si è ancora potuta determinare con sicurezza; è possibile che si trattasse del sito della Tolfa moderna, oppure di Grotta Pinza (dove sono visibili pochi blocchi di tufo, forse pertinenti a un muro di cinta).

E, d'altronde, acclarato che nell'area dovettero esistere numerosi piccoli centri abitati, la cui economia doveva essere fondata, oltre che sull'industria mineraria (allume, pirite, rame, ferro, piombo), anche sull'allevamento, la lavorazione del legno e la produzione di ceramica, con un circuito di commercio interno. Alcuni di questi centri si possono eventualmente individuare sulle alture di Pian Conserva, Pantanelle, Ferrone, Monte Sant' Angelo, Casalone, Tor Cimina, Rota e Stigliano. Sembra probabile che, fino all'inizio del VII secolo a.C. sia stata Tarquinia a esercitare il controllo sulla zona e sui suoi ricchi giacimenti.

La sostituzione di Tarquinia con Caere (i Monti della Tolfa vennero, detti Monti Ceriti, appunto) dovrebbe collocarsi durante la prima metà del VII secolo, riflettendosi anche nel contemporaneo impoverimento delle tombe tarquiniesi in rapporto all'arricchimento di quelle ceretane. Dalle numerosissime necropoli del periodo, che conosciamo certo meglio degli abitati, si ricavano inoltre prove inconfutabili (architettura funeraria e materiali) dell'influenza culturale (e politica) ceretana per tutti i secoli VII, VI e V a.C.

L'abbandono delle necropoli stesse e il ridimensionamento delle deposizioni nel V secolo fu ovviamente proporzionale al diradamento demografico della zona dei Monti della Tolfa, da mettere verosimilmente in relazione; con la crisi sociale che colpì Cere proprio in qttelmomento storico. Nel periodo ellenistico-romano nella zona si trovavano alcune ville e un certo numero di poderi. Nel 273 a.C. Roma tolse definitivamente a Caere il possesso della ricca regione metallifera dei Monti della Tolfa, assieme a quello della zona costiera e portuale.

 

Le Necropoli

La necropoli protovillanoviana più importante è quella di Poggio La Pozza presso Allumiere, su un colle prospiciente Monte Rovello, al cui abitato doveva essere senz'altro pertinente, mentre altre dello stesso periodo sono situate a Cimona, Fontanaccia, Campanaccio, Tolficciola, Trincere e Coste del Marano. Le tombe di questi cimiteri, costruite a pozzetto, come custodie di tufo o con lastre di pietra, contenevano urne cirierarie biconiche d'impasto (salvo un caso, unico per tutto il Protovillanoviano, di urna capanniforme), assieme a corredi costituiti da altri recipienti (in genere vasi miniaturistici) e gioielli di bronzo; sembra accertato che accumuli di pietrame indicassero l'ubicazione delle sepolture. Rispetto alle precedenti le deposizioni trovate a Forchette di Palano (tombe a pozzetto) e a Poggio Ombricolo (tombe a fossa) sembrano databili a un periodo di poco posteriore. Si sono altresì identificate, soprattutto tra Tolfa e Monterano, molte necropoli pertinenti agli abitati etruschi e cronologicamente collocabili tra il VII e il V secolo a.C., anche se una gran parte delle tombe risulta oggi difficilmente visibile o raggiungibile. Sepolcri a pianta quasi squadrata e costruiti con lastre di trachi: te con soffitto piano o obliquo si osservano, per esempio, a Colle di Mezzo, Monte Falarese o Fontanile della Nocchia est. In maggioranza, comunque, nella regione della Tolfa le tombe di questo periodo sono scavate nel tufo (tombe con copertura a tumulo, ipogel e talora tombe rupestri). Come detto, le caratteristiche dell'architettura funeraria sono fortemente influenzate da modelli di Caere, quantunque, com'è abbastanza ovvio, le realizzazioni locali siano più semplici e meno elaborate.

La struttura è costituita da un dromos con da una a quattro camere; si riscontrano porte ad arco, a lunetta o rettangolari e soffitti piani, a tetto di travi o a due spioventi.

Negli ambienti tombali si trovano letti a sarcofago, klinai con gambe rotonde o sagomate, per la deposizione, nonche letti miniaturistici e piccoli troni circolari.

Trai resti dei corredi si sono trovate fibbie bronzee di cinture, fibule, qualche oreficeria, pithoi con costolature e motivi stampigliati, molti oggetti di ceramica (impasti e buccheri, recipienti italo-geometrici ed etrusco-corinzi, vasi etruschi a figure neree rosse) e alcuni prodotti di importazione (ceramiche attiche e ioniche). Tra le parecchie necropoli con tombe a camera di questo genere citiamo Capannone, Freddone, Pian Li Santi, Pian Conserva, Grottini di Rota, Ara del Frassino, Pian di Stigliano e Le Sbalze. In particolare meritano di essere visitate Pian Conserva (notevoli tombe a tumulo, talora con rampe d'accesso, e una strada sepolcrale simile alla via degli Inferi di Cerveteri) e Grottini di Rota (tombe a camera, soprattutto del VI secolo, e tracce di altri monumenti rupestri presso la necropoli), entrambe situate a est di Tolfa, sulla strada per Manziana. Nel V secolo a.C. si registra un generale abbandono di questi luoghi di sepoltura, evidentemente connesso con una drastica riduzione degli insediamenti abitativi, riflettente la contemporanea crisi economico-sociale di Caere, cui si è già accennato. È un dato di fatto che le sepolture databili al IV-III secolo a.C. sono molto più rare di quelle del periodo arcaico.

 

Il Santuario di Valico di Grasceta dei Cavallari

 

Circa cinque chilometri a nord-est di Tolfa, nella zona di confine verso il territorio di Tarquinia, si sono riscoperti i resti di un santuario di valico. Esso si trova in un luogo isolato, precisamente sul poggio Mazza, in località Grasceta dei Cavallari. Sono ancor oggi ben visibili le fondazioni monolitiche di un recinto colonnato (temenos, di circa metri 18x10), al cui centro sorgeva un tempietto. Accanto al temenos erano collocate un'edicola, orientata parallelamente, con base di statua e banchine ai lati e un altro edificio, obliquo rispetto ai precedenti e a forma di U, cioè aperto sulla facciata.

I muri di questi due edifici erano costruiti in legno e mattoni d'argilla e, a quanto pare, i tetti erano privi di ornamentazione fittile.

La citata edicola sembra databile all'età arcaica, mentre, anche in base ai materiali votivi reperiti, per il temenos e il suo sacello si è proposto il IV-III secolo a.C.

Planimetria del santuario

Le offerte votive rinvenute in una stipe appena fuori dal recinto colonnato sono ex voto, di età ellenistica e di fattura non eccelsa, raffiguranti, per lo più, parti del corpo, il che fa supporre che nel santuario la popolazione locale (soprattutto agricoltori) venerasse una divinità salutare.

 

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