Il SUFISMO

 

Introduzione

La Storia e le Origini

Le Caratteristiche

Samà

 

L'Essenza del Sufismo

 

I Dervisci

La Perfezione

Ascetismo e Astinenza 

La Via Spirituale (Tariqat)

La Manifestazione del Divino (Mazhariat)

La Santità (Welayat)

La Purificazione e i suoi stadi


 

Introduzione

É la corrente più esoterica e mistica della religione islamica. Vivendo in una perfetta adesione all'istante presente e in un accettazione incondizionata della realtà intesa come manifestazione di Dio, i santi e i saggi sufi arrivano a conoscere la più alta realizzazione spirituale, accedono alla coscienza della realtà ultima fino ad annullarsi in essa. 

Il sufismo è la via che conduce dall'individuale all'universale, dal mondo delle apparenze all'Unità, alla Verità.  

I filosofi hanno scritto innumerevoli volumi e parlato senza fine della Verità, ma senza essere esaurienti. Per cui vedono solo una parte dell'Assoluto e non l'Infinito nella sua globalità. E' infatti vero che i filosofi vedono è giusto; ma non è che una parte dell'insieme. Unanimemente sappiamo che la parte corrisponde al tutto.

A tale proposito ricordo la famosa storia, raccontata da Rumi, di un gruppo di Indù che non avevano mai visto un elefante. Un giorno, giunsero in un luogo in cui ce n'era uno. Nell'oscurità completa si avvicinarono all'animale e ognuno, dopo averlo toccato, descrisse ciò che pensava di aver percepito. Naturalmente le descrizioni erano diverse. Coloro che avevano toccato la zampa dell'animale, pensavano fosse una colonna. Altri, che avevano toccato l'orecchio, dissero che era un ventaglio, altri ancora lo definirono dalla proboscide e così via.

Ciascuna delle descrizioni corrispondeva esattamente alle diverse parti che ognuno aveva toccato, ma la realtà dell'insieme era ben lontana dai singoli concetti. Se avessero avuto una candela, le divergenza di opinioni non sarebbero emerse. La luce avrebbe rivelato nel suo insieme l'elefante. E' soltanto con la luce della Via spirituale e della Via mistica, che la Verità può realmente essere conosciuta. L'individuo deve divenire testimonianza della Perfezione dell'Assoluto, perché possa vedere con la vista interiore di chi percepisce la Realtà nella sua interezza.

Questa testimonianza si manifesta quando si diventa perfetti, cioè quando si perde la propria esistenza parziale nel Globale. Se il tutto può essere paragonato all'Oceano, e la parte a una goccia, il sufi dice che è impossibile vedere l'Oceano con l'occhio della goccia. Tuttavia, quando la goccia si confonde con l'Oceano, può vedere l'Oceano con l'occhio dell'Oceano.


 

La Storia e le Origini

 

Sufismo, Movimento religioso di carattere mistico e ascetico sorto nel mondo islamico a partire dall'XI secolo, in prevalenza fra i sunniti – benché comprenda anche confraternite e membri sciiti – che non assunse mai le caratteristiche settarie di altri gruppi, come, ad esempio, quello degli ismailiti.  

Per quanto gli adepti riconducano le origini del loro movimento all'epoca di Maometto, il termine che lo denota (Tasawwuf) comparve a Kufa, in Iraq, soltanto nel IX secolo, al tempo degli abbasidi. Esso sembra derivare dal termine arabo suf (da cui "sufismo"), che indica l'abito di lana grezza indossato dagli asceti musulmani. Alla fine del X secolo questa corrente aveva già diffuso confraternite di seguaci da Bassora e da Baghdad, capitale abbaside, in tutto l'Iraq e nel resto del mondo islamico, dove rappresentava un tentativo di interpretazione mistico-esoterica della religione di Maometto. Da principio oggetto dell'ostilità delle correnti islamiche più tradizionaliste, il movimento ottenne dal XII secolo un riconoscimento formale nell'ambito dell'ortodossia, soprattutto grazie all'operato e agli scritti di alcuni membri illustri provenienti dai ceti colti del sunnismo, come il pensatore al-Ghazali.  


 

Le Caratteristiche

 

Il sufismo non prevede un sistema dottrinale omogeneo che lo caratterizzi precisamente rispetto alle altre correnti dell'Islam, e gli studiosi hanno attribuito ai diversi settori del movimento prospettive teologiche tendenti al monismo, al teismo o al panteismo. Un motivo unificante tra le varie dottrine dei sufi è forse la convinzione di godere di una speciale relazione di elezione (walaya) con la divinità, grazie alla quale sarebbe possibile stabilire una forma di comunicazione con Dio al fine di ottenere la comunione spirituale e la conoscenza della verità divina (haqiqa). Fonte di questa potenzialità è lo stato di grazia riservato da Dio stesso agli iniziati, che ne entrano in possesso mediante un lungo cammino di ascesi spirituale (maqamat) in varie tappe, da compiersi sotto la guida di un maestro (shaykh o pir) ritenuto capace di trasmettere al suo discepolo uno stato di benedizione soprannaturale (baraka). Tale benedizione sarebbe concessa alle generazioni future da Alì e dallo stesso Maometto per mezzo della successione autorevole (silsisla) di maestri illustri. L'esistenza del mondo, secondo i sufi, sarebbe garantita, in ciascuna generazione, dalla nascita di un maestro dotato della natura di "uomo perfetto" (qutb), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato del distacco da sé (fana), della dipendenza da Dio (baqa), e della conoscenza (marifa). A differenza dell'imam degli sciiti, con il quale pure condivide alcuni aspetti essenziali, come i poteri soprannaturali e il ruolo di garante dell'esistenza dell'universo, l'"uomo perfetto" del sufismo non dipende da una particolare linea di discendenza familiare e non appare come figura isolata nella sua epoca; rappresenta, al contrario, il vertice di una gerarchia di maestri venerabili, dotati in qualche misura delle sue stesse facoltà. I sufi, infatti, venerano come santi, accanto agli uomini perfetti, innumerevoli maestri del passato, fra i quali personaggi estranei alla loro dottrina e gli stessi imam sciiti. Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia; per quanto riguarda l'amore profano e il vino, tendenzialmente demonizzati dalla tradizione islamica, essi vengono considerati esperienze simboliche dell'amore divino e dell'estasi mistica. Fra le principali confraternite attive dal XII secolo si possono citare quelle dei marabutti e dei senussi (Sanusiya), tuttora presenti in Africa settentrionale, quelle dei dervisci, e quelle che, nel XV e XVI secolo, si avvicinarono al movimento sciita, assumendo talora anche il carattere di ordine militare, come nel caso dei safavidi, dominatori di vasti territori nell'Iran dell'inizio del XVI secolo.  


 

Samà

La città santa di Konya, in Turchia, è teatro di un rito che affonda le sue radici nel mistero: il sama estatico dei dervisci mevlevi, la confraternita sufi fondata da Gialal-ud-Din Rumi (Maulana Rumi) nel XIII secolo dell'era cristiana. Accanto al mausoleo che ospita il sepolcro di Rumi, i dervisci si esibiscono, davanti a un pubblico attonito, nella loro danza folle e vertiginosa. 

Mentre il flauto e i tamburi cominciano a suonare, essi depongono la sopravveste nera, simbolo del basso, oscuro mondo in cui l'anima è prigioniera e, canditi come aironi migranti verso una patria lontana, cominciano a ruotare senza posa sul perno di un piede. La mano destra, aperta verso il cielo, è la coppa del cuore che accoglie la grazia divina. La sinistra, aperta verso terra, è la sorgente di vita che comunica il divino influsso al mondo corruttibile di noi poveri mortali. 

L'alto copricapo a cilindro, nero o marrone, è la pietra tombale che l'Iniziato pone sulle sue passioni terrene.Il cerchio dell'ampia gonna che, roteando, si schiude come una corolla, è la sfera del cosmo che si avvolge all'infinito intorno al centro dell'universo. Lo scopo della danza (dhikr) è generare uno stato di estasi rituale e accelerare il contatto tra la mente del Sufi e la Mente Cosmica di cui egli si considera parte.    

Se non sei con il Beneamato,
perché non lo cerchi?
E se arrivi al tuo Beneamato,
perché non ne gioisci?

L'aspetto musicale ed estatico del sufismo si chiama samà. Il Sufi durante il suo rapimento spirituale, rivolge l'attenzione del suo cuore al Beneamato attraverso movimenti particolari, spesso con una musica speciale e ritmica ripetendo lo zekr. In questo stato di ebbrezza spirituale, il sufi è paragonabile all'innamorato per eccellenza che non ha niente altro nella sua mente fuorché Dio. Con tutte le sue facoltà è attento al Beneamato ed è totalmente distratto per tutto il resto e dimentico di sé. Non tutti i discepoli sono autorizzati ad impegnarsi nel Samà. Soltanto la guida spirituale decide dell'opportunità di tale pratica.

Può perciò prescrivere il Samà come un vero e proprio rimedio o talvolta proibirlo.

 


  

I Dervisci

 

Dervisci (dal persiano darwish, "mendicante", parola simile all'arabo faqir, "fachiro"), membri di alcune confraternite del sufismo, diffuse soprattutto in Turchia e in Iran e note per le pratiche mistiche. Alcuni dervisci sono itineranti e vivono di elemosina, mentre altri vivono in monasteri dedicandosi alla preghiera e all'ascesi; non mancano infine confraternite di laici, che celebrano i loro riti in occasioni particolari. Durante le cerimonie, spesso pubbliche, gli adepti raggiungono l'estasi mistica con tecniche suggestive (ad esempio infilandosi aghi nel corpo o camminando sulle braci).
Per quanto si richiamino direttamente a
Maometto, le confraternite dei dervisci si svilupparono in epoche successive: al 1165 risale la fondazione della scuola dei "dervisci urlanti" così detta per le invocazioni rivolte a Dio in stato di esaltazione; al XIII secolo quello dei "dervisci rotanti", fondato dal poeta mistico persiano Rumi, i cui membri cercano l'estasi mistica disponendosi in cerchio e ruotando freneticamente su se stessi.


 

La Perfezione

 

L'uomo è dominato dai sensi e, se permane imprigionato dagli istinti abituali, si allontana dall'armonia e dunque si ammala.

La sua malattia, causa alterazione dei sentimenti e, di conseguenza, pensieri e percezioni diventano incerti.

Così sia la fede che la conoscenza individuale della verità si allontanano dalla realtà.

Per poter progredire verso Perfezione, l'individuo deve, prima di tutto, cambiare il suo modo negativo di pensare e tramutare le sue passioni in virtù. Perché ciò avvenga bisogna armonizzarsi con la Natura Divina. Questa via d'Armonia (la Via Spirituale), consiste nella povertà spirituale; nella devozione e nel ricordo constante di Dio; totalmente dimentico si sé. In questo modo, l'individuo percepisce la Verità quale essa è veramente.


 

Ascetismo e Astinenza 

 

Per poter percorrere la via, il sufi ha bisogno di energia che trae da una buona alimentazione.

E' stato detto che tutto ciò che il sufi mangia è trasformato in qualità e luce. Mentere il nutrimento di coloro che sono schiavi dei propri desideri e turbamenti non farà che aumentare le pulsioni egoistiche, allontanandoli ancora di più dalla Verità.

A questo proposito, Rumi ha scritto:

Costui mangia e solamente avarizia e invidia ne risultano,
invece costui si nutre e il risultato è la luce dell'Unico.
Quest'altro mangia e gliene viene solo impurità,
mentere quello nutrendosi
diventa luce di Dio.

E' allora chiaro che il Sufismo non è fondato su pratiche ascetiche come l'astinenza dal cibo. Nella nostra scoula, al viaggiatore sulla via di Dio; viene consigliato di astenersi dal mangiare soltanto quando è malato o preda delle passioni. In questo caso, il Maestro o la Guida Spirituale, lo autorizza ad astenersi dal mangiare per un certo lasso di tempo, consigliandogli di concentrarsi piuttosto su pratiche spirituali.

In questo modo, l'eccesso è trasmutato e l'essere interiore del viaggiatore diventa armonioso. Il darvisc potrà così continuare la sua difficoltosa ascesa verso l'Infinito.

I filosofi che praticano l'induismo, credono che nel digiuno si trovi la forza necessaria per la purificazione dell'individuo.

Nel sufismo, invece, la sola astinenza non basta a purificare l'individuo. E' vero che l'ascetismo e l'astinenza danno uno stato spirituale particolare, nel quale la percezione dell'individuo potrebbe essere acuita. Ma le nostre passioni potrebbero essere paragonate ad un drago, che diventa meno potente durante il digiuno, ma appena sazio, si rianima, diventa più forte che mai e cerca di soddisfare i suoi desideri.

Nel Sufismo è per mezzo della Tariqat (la Via Spirituale) che le passioni vengono progressivamente purificate e trasformate in Attributi Divini, finché tutto ciò che è coercitivo dell'io individuale, scompare. Allora, tutto ciò che resta è il Perfetto, I'Io Divino. Ascetismo e astinenza, al confronto di un impresa così precisa, sono praticamente senza valore.


 

La Via Spirituale (Tariqat)

 

La Tarigat è il cammino, la Via attraverso la quale il sufi si pone in armonia con la Natura Divina. Come abbiamo detto, questa via comprende il "fagr", cioé la povertà spirituale, la devozione, e il ricordo continuo e disinteressato di Dio, che sono rappresentati dal Kherqe, investitura onorifica del discepolo.

 

    La Poverta Spirituale (Faqr)

E' contemporaneamente il sentimento di essere imperfetto e bisognoso e l'aspirazione alla Perfezione. Il Profeta Maometto diceva: " La povertà spirituale è il mio orgoglio ". E Dio rivelò al Profeta: " Di, o Dio, accresci la mia vera conoscenza di Te "(Corano: Ta Ha; 144).

Come indica quest'ultima frase, benché il Profeta avesse il compito onorifico della Profezia, era necessario che si sentisse povero e quindi desideroso di essere più vicino all'Essenza di Dio.

 

     L'Investitura Onorifica (Kherqe)

Il Kherqe è il mantello d'onore del darviscio. Esso simbolizza la Natura Divina e i Suoi Attributi. Alcuni hanno erroneamente pensato che il mantello possieda, di per sé le proprietà relativa agli Attributi Divini e hanno ritenuto che portandolo si divenga santi. Al contrario il fatto di portare un " abito spirituale ", non rende necessariamente spirituali.

I sufi indossano ciò che vogliono o ciò che piace a loro, ma restando in armonia con ciò che è socialmente accettato. Ali, il primo Imam, diceva: " Il tuo abito non deve essere tale da provocare disprezzo, ammirazione o invidia" . perciò non è l'abito che fa il sufi, sono piuttosto i suoi atti e il suo stato interiore.

" Riposa sul trono del cuore,
sei un Sufi
nella purezza delle tue maniere".
(di Sa'di)

Il mantello è tessuto con l'ago della devozione e col filo del Ricordo Permanente di Dio. Colui o colei che voglia essere onorato di questo mantello di povertà deve, con devozione, sottomettersi ad una Guida Spirituale.

La vera devozione attira il cuore dell'individuo verso il Beneamato. Ciò implica un' attenzione continua alla Verità Reale e uno sforzo costante nel distogliere l'attenzione dal "sé".

L'indiscutibile sottomissione alla guida spirituale è indispensabile.

La guida, con mezzi spirituali, penetra nelle profondità dell'anima del discepolo, trasmutando le sue qualità negative liberandolo dalle impurità del mondo della pluralità. In altri termini, la guida prende l'ago della devozione dalle mani del discepolo e tesse per lui il mantello del sufi, con il filo del Ricordo Permanente di Dio. Solo allora per mezzo della Grazia del mantello dei Nomi e degli Attributi divini, il discepolo diventerà un Uomo Perfetto.

 

      Il Ricordo Perpetuo di Dio (Zekr)

Le forze dell'Unicità Assoluta, attraverso il canale della Divinità, possono manifestarsi negli esseri.

Ogni essere secondo la sua capacità, beneficia di queste Forze Divine.

Nell'ambito del linguaggio, le manifestazioni di queste forze o verità sono espresse dai Nomi Divini. Così, per esempio: il Vivente (al-Hayy), che significa che la vita universale gli è subordinata, e il Trascendente (al-Ali), che significa che la forza dell'universo gli appartiene.

I Nomi Divini, nel ricordo continuo e permanente di Dio (zekr), sono prescritti dal Maestro della Via Spirituale, allo scopo di preservare i discepoli dal dominio dell'ego, dalle pulsioni naturali. Ma questo ricordo ha valore solo se tutti i sensi dell'individuo vengono a centrarsi totalmente sul Significato Reale di questi diversi Nomi. E' solamente per mezzo di una perfetta conoscenza del significato e della Verità di questi Nomi Divini che l'attenzione sull'io sparisce. Allora l'ego si purifica e si orna dagli Attributi Divini. Il poeta Maghrebi ha detto:

" Il Beneamato si manifestò così lungamente
al mio cuore predisposto
che dei suoi Attributi e della sua Natura
completamente si impregnò ".

E' soltanto così che la ripetizione dei Nomi Divini (litania o zekr) poù essere definita ricordo disinteressato di Dio. Il discepolo è simile ad una macchina la cui energia proviene dalla devozione. questa macchina, con l'aiuto prezioso dello zekr, trasforma tutte le passioni in Attributi Divini.

Gradualmente, l'io del discepolo sparisce e lascia il posto alla Natura Divina; solo allora il discepolo può ricevere l'investitura del sufi. Il suo cuorre e la sua anima si illuminano della grazia degli Attributi Divini. In questo stato, il discepolo è pronto a partecipare alla festa spirituale dei sufi che ha luogo nella " Taverna della Rovina " (Kharabàt). Questo è lo stato spirituale del totale annullamento in Dio (fana). Ora il sufi percepisce direttamente i segreti della Verità. Come è detto nel Corano (al-waqe'a, L'Avvenimento; LVI: 79): " Solo i puri possono provarla ". Puri, nel sufismo, sono chiamati gli esseri perfetti.

Per poter dimostrare come si pratica il ricordo di Dio (zekr), prediamo l'esempio del " la elàha ella' llàh " che significa " non c'è alcuna divinità oltre a Dio Unico ".

I sufi si siedono, con le gambe incrociate o sui talloni, la mano destra posta al di sopra del ginocchio sinistro, e la mano sinistra sul polso destro. In questa posizione le mani e le gambe dell'individuo formano un "la" (no in arabo) che simbolizza la non esistenza del sufi di fronte al suo Beneamato. In questa posizione il sufi deve rinunciare a questo mondo, all'altro mondo e a sé medesimo. Il "la" delle braccia comincia dall'ombelico e continua su sino al collo del discepolo. E' come un paio di cesoie, che simbolizzano il distacco; l'assenza della testa, del sé, e la rinuncia della fede e dell'attaccamento all'esistenza limitata dell'individuo.

Con la elàha (Dio), il sufi inclina la testa e la gira verso destra in un semicerchio. Questo è chiamato arco dell'esistenza possibile (emkàn). Questa parola simbolizza la negazione o piuttosto la rinuncia alla credenza di tutto ciò che non è Dio o il mondo di emkàn. " Altro all'infuori di Dio " nel sufismo significa ogni esistenze effimra, limitata e possibile; gli esseri umani si preoccupano di queste esistenze possibili al posto dell'Eternità che comprende il Necessario e l'Assoluto Reale di Dio. Allora, con ella llàh, inclina e volge la testa a sinistra. Questo è chiamato arco della necessità (l'arco del vogiube) e simbolizza la realtà del Necessario, la Realtà Assoluta.


 

La Manifestazione del Divino (Mazhariat)

 

Poiché le parole simbolizzano oggetti, conceti e realtà, i sufi credono che coloro che iniziano a percorrere la Via (i discepoli) con l'aiuto del ricordo costante e con la completa attenzione al significato del ricordo do Dio, diventano la vera manifestazione del ricordo stesso; in altri termini ricordando costantemente e disintressatamente Dio, il sufi diviene Superiore e questo è uno degli Attributi Divini.

I sufi credono che ci sia un attributo Divino particolare che domina l'essere di ogni profeta e di ogni santo (wali), per cui si potrebbe dire che ciascuno di loro è la manifestazione di una teofania particolare. Per esempio, i sufi considerano Mosè come il simbolo di oluwyàt (superiorità o aspetto trascedente della realtà), grazie alla capacità che aveva di indirizzarsi direttamente a Dio senza alcun intermediario. Nel Corano, Dio dice a Mosè: " non temere nulla perché sei il Superiore " (Il Corano: Ta Ha; XX: 68).

Gesù è la manifestazione della Profezia. In effetti, ancora bambino, esclamò: " Dio mi diede il Libro e mi nominò suo inviato " (Il Corano: Maria; XIX: 30).

Tutti i profeti incarnano l'Unita Divina e la Perfezione, ma il profeta Maometto ne è la manifestazione suprema. E' il simbolo del Nome Superiore (al-A'zam). Il Suo Nome è il più glorificato di tutti i Nomi Divini, poiché li comprende tutti. Perciò Maometto è l'incarnazione spirituale e la manifestazione dei Nomi Divini.

Maometto stesso diceva: " La prima cosa che Dio ha creato era la mia Luce ".

Inoltre, ogni profeta è la manifestazione di un solo Attributo Divino, mentre tutti gli Attributi si ritrovano nel nome più glorificato: il nome al-A'zam di cui Maometto era il simbolo.

In altri termini, Maometto è la manifestazione del Grande Nome.

Così, per il fatto che la sua manifestazione include tutti i Nomi, egli viene gerarchicamente prima di tutte le creature. per questa ragione ha detto: " Ero l'inviato di dio, quando Adamo era ancora fra acqua e fango ".


 

La Santità (Welayat)

 

Abbiamo detto sopra che il fine del Sufismo è formare Uomini Perfetti che riflettano i Nomi e gli Attributi Divini.

Nell Sufismo, l'Uomo Perfetto è chiamato anche "Wali" (santo), parola che significa letteralmente "amico sincero"; tutti i profeti sono stati anche santi. Il grado spirituale di santità è uno stadio che indica lo stato interiore dell'individuo, mentere il rango di profeta riflette la missione dell'individuo come inviato di Dio.

La missine profetica di Maometto era contemporaneamente la Santità Assoluta e la Profezia. Ali pur non essendo un profeta ha raggiunto la stessa Sanitità Assoluta.

Maometto diceva: " Ali ed io siamo della stessa luce " e Ali diceva: "Spiritualmente, sono sato con tutti i profeti".

Per i grandi sufi, i santi comprendono i successori di Ali, nel suo ruolo politico-spirituale, come primo Imam sciita. Tra i santi ci sono anche i Grandi Maestri degli Ordini Sufi che hanno seguito la via esoterica tracciata da Ali.

Questi Esseri di luce, ciascuno secondo la propria capacità, si sono dissetati alla fontana della Verità.

Solo Dio conosce veramente i loro diversi livelli spirituali. In una delle tradizioni del profeta, (hadith), Dio dice: " I miei amici sono sotto il mio vessillo, nessun altro all'infuori di Me li conosce ".

La maggior parte della gente non ha l'attitudine necessaria per conoscere i santi. Inolte, bisogna aggiungere e sottolineare che il contenuto non poù mai conoscere il contenente. La vera conoscenza dei santi, che non è una facoltà facile o comune, proviene dall'essere consapevoli di avere una realtà interiore.

Un errore comune a molta gente è credere che vivendo da eremita, si diventi santi. Mentere nella via del sufi, di Maometto e di Ali, si deve vivere in società. Restare in isolamente, lontano dal contatto col mondo, non ha valore spirituale duraturo.

Maometto diceva: " La fede di un credente non è perfetta fino a che mille uomini di irreprensibile rettitudine non lo abbiano incolpato di ateismo ". Quello che voleva dire è che la conoscenza divina di un credente perfetto è al di là del livello della capacità di intendere della maggior parte della gente. Coloro che sentono parlare un tale Uomo Perfetto, premesso che non possono percepire la verità di ciò che dice, lo tacciano di miscredenza. Un vero credente, un sufi, deve vivere nella società, servirla e guidarla, deve essere il veicolo attraverso il quale la società riceve la Grazia Divina. E' per questa ragione che l'accordarsi, l'adattarsi, e l'armonizzarsi con l'ambiente, l'essere in pace con il tutto sono requisiti basilari dell'Uomo perfetto.


 

La Purificazione e i suoi stadi

 

Gli stadi della Purificazione sono i seguenti:

1. L'io svuotato da sé stesso (L'eliminazione o takliyà).
2. L'io illuminato (L'illuminazione o tajliyà).
3. L'io ornato (L'ornamento o tahliyà).
4. L'io scomparso (L'annichilimento o fanà).

Questi stadi si manifestano nel corso del ricordo disinteressato di Dio (zekr).

Il primo stadio, l'essere svuotato di sé stesso, implica il rigetto delle qualità negative, delle passioni che vengono dall'io egoista.

Il secondo stadio, quello dell'io illuminato, implica svuotare il cuore e l'anima dalle impurità.

Nel terzo stadio, l'essere interiore dell'individuo si adorna degli Attributi Divini.

Finalmente l'essere interiore del discepolo diventa completamente colmo degli Attributi della Verità-Reale, nella misura in cui non c'è più alcun segno della propria esistenza limitata. Questo quarto stadio è chiamato " l'io scomparsa " (fanà). Un poeta sufi ha detto:

Ho pensato a Te così spesso
che sono diventato Te.
A poco a poco Tu sei avvicinato
e a poco a poco io sono scomparso.

Il discepolo attraverso questi gradi di purificazione, viaggia sulla Via interiore, la Via spirituale (Tariqat). Ma egli (o ella) può fare questo viaggio solo seguendo i doveri e gli obblighi della religione. Dopo aver percorso questa via, il discepolo diventa un Uomo Perfetto e arriva alla soglia della Verità (Haqiqat).

Maometto ha detto: " La shari'at è la mia parola, la tariqat le mie azioni e l'haqiqat è il mio stato ".

Si potrebbe considerare il viaggio attraverso l'haqiqat, attraverso la Verità come una formazione nell'Università Divina, la " Taverna della rovina " (Kharabat). In questo reale centro di studi superiori non ci sono professori, la sola guida dello studente è l'Amore Assoluto. Qui L'Amore è il solo maestro, il solo programma di studi, ma anche l'essere interiore dell'individuo. Prima del suo ingresso in questa Universita, un individuo perfetto potrebbe essere ancora definito. Ma una volta entrato nella Realtà, egli diventa indefinibile, al di là mondo delle parole.

Fino alla riva dell'Oceano del fanà
si intravendono le orme
che spariscono poi
nell'Oceano del " la" (non).
(di Rumi)

Se gli domandate il suo nome, come Bayazid, risponderà: " E' da molto tempo che l' ho perduto. Più lo cerco, meno lo trovo ".

Se gli chiedete della sua religione, come Rumi, risponderà:

"La via di un innamorato
non è fra le religioni.
La chiesa e lo stato degli amanti
è Dio ".

Se gli domandate come sta, come Bayazid risponde: " Non c'è che Dio sotto il mio mantello ".

Se parlasse come Hallaj, potreste sentirlo cantare: " Sono la Verità " (Ana'l-Haqq).

Tali parole veramente non possono venire che da Uomini Perfetti che hanno perduto il loro "io" e sono divenuti la manifestazione della Natura dei Misteri Divini. Il loro io ha preso il volo e solo Dio è rimasto.


 

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