LA SECONDA GUERRA SANNITICA

 

In questo periodo a Roma le plebe comincia ad avere maggior potere, basti pensare che un console veniva eletto dalla plebe. Si forma dunque una nuova classe politica che ha sempre più maggiori ambizioni. Roma era uscita molto più forte dalla guerra con i latini ed aveva circondato i sanniti in una morsa, alleandosi con l’invasore spartano. Tuttavia ancora non era riuscita ad aprirsi un varco negli Appennini.

Nel 326 a.C. i sanniti entrarono a Neapolis, per proteggere una fazione politica a loro favorevole. Capua, colonia romana, si sentiva minacciata, per cui l’esercito romano corse in difesa, non rispettando di nuovo gli accordi di pace siglati in precedenza. Questo venne fatto entrare nella città di Neapolis, dove, con l’inganno, erano state allontanate le truppe sannite.

Per quattro anni non avviene molto dal punto di vista militare tra i due eserciti.

Nel 321 a.C. i due consoli romani riunirono gli eserciti ed invasero il Sannio, muovendo dalla Campania e dirigendosi verso i Caudini, attraversando una zona montuosa impervia adatta per le imboscate nemiche.  

Le legioni romane rimasero intrappolate all’interno di una gola circondata dai sanniti: è la disfatta delle Forche Caudine, nella zona tra Santa Maria a Vico ed Arpaia, ad opera dell’eroe Gavio Ponzio Telesino , figlio di Didimia ed Erennio, altro valoroso generale. Ai romani venne imposto di rispettare i patti siglati in precedenza ed i circa 15.000 soldati subirono l’onta di essere spogliati e passare sotto il giogo.

Questo aveva una simbologia particolare, in quanto, in questo modo i sanniti credevano di annientare completamente l’avversario. Molti generali sanniti successivi prenderanno il nome dell’eroe della famosa vittoria.

La pace venne rispettata per 5 anni, il tempo necessario ai romani per organizzarsi. Essi ripresero Fregellae e Satricum, passate per un breve periodo ai sanniti, strinsero accordi con gli Apuli , al fine di circondare il Sannio, soffocarono una rivolta dei Volsci. I sanniti, dal canto loro, si rafforzarono in Campania.

Nel 315 a.C. l’esercito romano si divide in tre fronti: il console L. Papirio Cursore attacca i sanniti a Luceria, mentre Q. Publilio Filone assedia Saticula, inoltre Q. Fabio Rulliano combatte a Satricum. Il secondo fronte si rivela disastroso per i romani ed i sanniti penetrarono nel Lazio. Presso Lautulae, fra i monti Ausoni ed Aurunci, le milizie di Aulio Cerretano ottennero un'epica vittoria. Successivamente i sanniti si fecero strada fino ad Ardea, devastando i territori che appartenevano ai cittadini romani. Rulliano si preparava a difendere Roma con le riserve, dove scoppiò il panico. I sanniti cercarono alleati negli etruschi che non scesero in guerra. Inoltre, non poterono impegnare tutte le loro forze, perché si videro minacciati in Apulia, ove, tra l’altro, c’era ancora un esercito romano, dall’invasione di un altro re spartano Acrotato, diretto verso la Sicilia, ove regnava Agatocle.

I romani vinsero i sanniti presso Terracina e li respinsero nel loro territorio. Lentamente furono ripresi tutti i territori romani nella valle del Liri ed in Campania.

Nel 312 a.C. furono gli etruschi a scendere in guerra, senza successo. Dal 309 a.C. al 307 a.C. i sanniti compiono incursioni in Apulia allo scopo di riprendere Luceria, senza riuscirci. Verso il 306 a.C. i sanniti ripresero territori verso Sora, in Apulia ed in Campania, approfittando anche di una rivolta in territorio romano da parte degli Equi . L’anno successivo i romani ristabilirono l’ordine e, attraversando il massiccio del Matese, espugnarono Bovianum, capitale dei Pentri, uccidendo il valoroso generale Gellio. Nel 304 a.C., dopo circa 20 anni, ci fu la resa dei sanniti. Gavio Ponzio fu fatto prigioniero e decapitato nel carcere Mamertino.

Roma controllava tutta la valle del Liri, l’Apulia e la maggior parte della Campania. Tutti questi territori divennero subito province. Attraverso la costruzione della via Valeria che penetrava nell’Italia centrale e l’alleanza con i Peligni, Marsi, Marrucini, Vestini e Piceni, i Romani stavano isolando e chiudendo in una morsa i sanniti. Con il dittatore C. Giunio Bruto, nel 303 a.C., il territorio situato lungo l’Aniene degli Equi entrò a fare parte di quello romano, e vennero fondate le città di Alba Fucens e Carseoli. Nello stesso periodo ci furono incursioni in Umbria, al fine di prevenire un’eventuale avanzata celtica, e nel Salento, per correre in soccorso dei lucani, minacciati dal principe spartano Cleonimo.

 

Torna all'indice