di Guido Barroero

A Sampierdarena, nell'area della Fiumara, stanno sparendo gli ultimi capannoni dell'ex stabilimento Ansaldo Meccanico. Un enorme piazzale in mezzo al quale troneggia, a memoria, una vecchia pressa, prende forma lungo l'argine del torrente Polcevera, facendo pendant con l'area di Campi (quella della vecchia SIAC, il primo grande stabilimento siderurgico genovese). Ma torniamo al Meccanico e seguiamone un po' la storia. Nel 1846 nasce lo stabilimento Meccanico ad opera di Taylor e Prandi. Nel 1853 Giovanni Ansaldo, insieme ad altri tre industriali genovesi (Bombrini, Rubattino e Penco) rilevano lo stabilimento assumendone il controllo. All'inizio secolo Ferdinando Maria Perrone entra nel consiglio d'amministrazione della fabbrica che viene orientata alla produzione militare. L'Ansaldo-Armstrong & C. diventa la maggiore industria meccanica italiana: locomotive, navi e cannoni la sua produzione, indispensabile allo sviluppo del capitalismo italiano nell'era sabauda. L'Ansaldo diventa anche il cuore industriale di Genova, oltreché un modello di sviluppo dell'industria pesante una potente concentrazione operaia. Nel 1911 sei sono gli stabilimenti del complesso industriale (Meccanico, Cantieri Navali, Delta, Fonderie, Elettrotecnico e Allestimento Navi) concentrati nel ponente genovese (Sampierdarena, Campi, Sestri Ponente e Multedo) che complessivamente occupano quasi 5.000 operai. Il complesso industriale cresce, aumentano i rami produttivi, cresce la massa operaia che vi è impiegata e, inevitabilmente, crescono e si acuiscono le lotte operaie. Alibrando Giovannetti, che fu segretario del Sindacato Nazionale Metallurgici aderente all'Unione Sindacale Italiana dà un ritratto accurato (nel movimento sindacalista rivoluzionario in Italia, una raccolta di articoli apparsi su il giornale in lingua italiana dell'IWW Il Proletario, tra il '25 e il '26) degli scioperi e delle vertenze in cui furono impegnati i proletari genovesi negli anni dall'inizio secolo all'avvento del fascismo. In queste cronache gli operai dell'Ansaldo sono spesso in primo piano. Lotta per le otto ore, lotte per miglioramenti salariali, scioperi generali di solidarietà con altre categorie di lavoratori, lotta contro il liberticida "Regolamento d'officina" imposto dai confederali in combutta con il patronato, costellano la vita in fabbrica degli "ansaldini" e degli altri proletari genovesi. Citiamo ad esempio lo sciopero generale del 1904 che ebbe grande adesione tra le masse lavoratrici di Sestri Ponente; lo sciopero allo Stabilimento Artiglierie del novembre 1912; lo sciopero al Meccanico del febbraio-marzo 1913; lo sciopero all'Allestimento Navi dell'aprile 1913, che poi si estende a tutta Genova fino all'agosto; le lotte per migliorie salariali al Cantiere Navale Ansaldo di Sestri Ponente e al Cantiere Allestimento Navi di Genova del gennaio 1914; la lotta alle Grandi Fucine Fossati di Sestri Ponente per aumento salariali e l'erogazione di una percentuale di maggiorazione per lavoro straordinario, del marzo-maggio 1914; gli scioperi per la Settimana rossa del giugno 1914 e lo sciopero alla Piaggio Materiale Mobile di Sestri Ponente, del secondo semestre 1914. Si tratta spesso di rivendicazioni aziendali, normative o salariali, che provocano una dura opposizione da parte del padronato, un'altrettanto dura risposta da parte degli operai, l'intervento del governo con le Guardie regie e l'estendersi a macchia d'olio della mobilitazione operaia che spesso si trasforma in scioperi generali (cittadini, regionali o anche nazionali) di solidarietà. Cresce ancora, numericamente come fabbriche e dipendenti e come importanza il complesso Ansaldo. Nel 1913 gli stabilimenti del gruppo sono dieci: il Meccanico (Sampierdarena): Caldaie e turbine Parsons; la Fabbrica locomotive (Sampierdarena); lo Stabilimento Artiglierie; le Fonderie e Acciaierie (Cornigliano); la Fabbrica di corazze (Cornigliano); lo Stabilimento Delta (Cornigliano): industria navale, meccanica, artiglieria; lo Stabilimento elettrotecnico (Cornigliano): impianti elettrogeni; il Cantiere navale (Sestri Ponente); le Officine Allestimento Navi (Sestri Ponente); con quasi novemila operai. Crescono anche i quartieri operai intorno alla grande industria genovese. Sampierdarena, Cornigliano, Campi, Sestri Ponente, tutta la Val Polcevera diventano roccaforti proletarie e rivoluzionarie: il quartiere diventa tutt'uno con la fabbrica. Sampierdarena arroccata intorno al Meccanico e alle numerose piccole e medie fabbriche metallurgiche viene chiamata la "piccola Manchester". Persino negli svaghi, nello sport, il ponente operaio cittadino si differenzia dalla città borghese: Sampierdarenese, Corniglianese, Rivarolese sono il calcio dei proletari, il Genoa, fondato da gentlemen inglesi, è la squadra dei ricchi. La Grande guerra imprime un formidabile processo di accelerazione a questo processo di concentrazione industriale. Nel 1915 si aggiungono altri due stabilimenti al gruppo: lo Stabilimento Costruzione Motori (Sampierdarena) e il Proiettificio Ansaldo (Sestri Ponente). Nel 1916 altri cinque tra stabilimenti e aziende: la Società Nazionale di Navigazione; la Motori Aviazione (Sampierdarena); il Tubificio (Fegino); il Cantiere Aeronautico (Borzoli) e la Fonderia di Ghisa (Multedo). Nel 1917, lo Stabilimento Ossigeno e Idrogeno (Cornigliano) e i tre Cantieri Aeronautici (Bolzaneto). Nel 1918 l'Ansaldo è ormai un colosso che impiega 36.314 operai. Nonostante lo stato d'emergenza le lotte del proletariato nel genovesato non si fermano neppure negli anni della guerra: ricordiamo solo il grande sciopero generale metallurgico di Sestri Ponente che parte da una vertenza salariale al Cantiere Navale Odero e le lotte operaie a Sampierdarena, Sestri Ponente, Bolzaneto della fine del 1917. Finita la guerra iniziano i grandi processi di riconversione dell'industria bellica e il gruppo Ansaldo vi è pesantemente coinvolto. La difesa dei posti di lavoro si aggiunge dunque ai tradizionali temi rivendicativi della riduzione d'orario, degli incrementi salariali e del miglioramento delle condizioni di lavoro. Ma ormai il proletariato genovese è all'attacco, si avvicinano il Biennio rosso e il grande movimento dell'occupazione delle fabbriche. La Camera del Lavoro di Sestri Ponente (circa 14.000 iscritti e in quel periodo diretta da Angelo Faggi) è controllata dai militanti dell'Unione Sindacale, quella di Sampierdarena è a maggioranza confederale ma influenzata dall'attivismo degli anarcosindacalisti. L'organo di stampa della Camera del Lavoro di Sestri "Lotta operaia" non cessa di incitare gli operai alla lotta decisiva. Lo stesso fanno i dirigenti e i militanti più attivi dell'U.S.I. e dei sindacati (come il Sindacato Nazionale Metallurgici) ad essa affiliati. Il prologo è la lotta per le sei ore dei lavoratori della latta di Sampierdarena che si prolunga dal giugno al settembre del 1919. Il 1920 è una data epocale; nel febbraio c'è una prima occupazione di fabbriche nel genovesato, a settembre si sviluppa in tutta la sua ampiezza il movimento per "la presa di possesso delle fabbriche" come tendono a precisare dirigenti e militanti anarcosindacalisti. Sentiamo Giovannetti: "A Genova, durante l'invasione degli stabilimenti, in uno di questi le guardie regie si avventano contro gli operai e fanno fuoco facendo varie vittime. Ma i lavoratori occupano egualmente lo stabilimento e ne cacciano i feroci difensori del disordine capitalistico. Oltre gli stabilimenti, vengono pure occupati tre piroscafi in costruzione sui quali vengono issate le bandiere proletarie. Tutti gli stabilimenti dei centri industriali del genovesato vengono occupati adottando le stesse misure e i provvedimenti per la continuazione del lavoro e per la difesa del possesso: Sampierdarena, Cornigliano, Rivarolo, Bolzaneto, Borzoli, Pontedecimo, Pegli, ecc." (da Il movimento sindacalista rivoluzionario in Italia, cit.). Poi arriverà, con il tradimento dei socialisti e l'acquiescenza dei confederali, la dura sconfitta e la repressione padronale si scatenerà contro gli operai, i loro salari e le condizioni di lavoro. Ancora forte il movimento operaio genovese, o almeno la sua parte più combattiva organizzata nell'U.S.I., respingerà inizialmente questi attacchi. Ricordiamo ad esempio le lotte di difesa operaia nel 1921 contro la diminuzione delle paghe. Una significativa vittoria otterranno gli operai dell'Ansaldo nell'autunno 1921. L'avvento del fascismo (seppur fortemente contrastato come a Sestri Ponente dove operai armati difenderanno la locale Camera del Lavoro) darà il colpo finale al movimento operaio genovese, ma continueranno, almeno fino al '26, frammentate eppur significative, le lotte all'Ansaldo e nelle altre fabbriche cittadine. Dal tunnel del fascismo la classe operaia genovese esce con i grandi scioperi dell'inverno 1943 che partono proprio dall'Ansaldo, dallo stabilimento Ansaldo-Fossati di Sestri Ponente, dove l'influenza dei militanti anarcosindacalisti è ancora forte, per estendersi in breve agli altri stabilimenti. Si apre la confusa e magmatica stagione resistenziale. Si costituiscono negli stabilimenti Comitati di Agitazione Sindacale clandestini e, dove possibile, squadre operaie armate. E' cambiata la geografia politica, le nuove generazioni operaie sono egemonizzate dal Partito comunista staliniano ma relativamente forte rimane l'influenza anarchica e anarcosindacalista (Giovanni Mariani, anarchico, è uno dei membri del triumvirato che dirige le lotte sindacali in clandestinità); al Meccanico militanti anarchici come Lorenzo Parodi, Vero Grassini e Lovarino operano per costituire un nucleo anarchico aziendale. Nel dopoguerra e per tutti gli anni '50, nuove ristrutturazioni e riconversioni. Si sviluppano forti lotte difensive contro i licenziamenti, le chiusure di fabbriche, i ritmi crescenti di lavoro, i tagli al cottimo e a i salari. La classe operaia genovese pur organizzata in sindacati per nulla battaglieri (alla storica FIOM si sono affiancate la FIM e la UILM, nasceranno poi anche sindacati gialli - dichiaratamente filo padronali; non c'è più spazio per il sindacalismo rivoluzionario) non ha perso la voglia di lottare: scioperi durissimi, scontri con la Celere di Scelba, licenziamenti politici, ecc. Per chi come me abitava a due passi dal Meccanico, era impressionante vedere come Sampierdarena vivesse le lotte degli operai dell'Ansaldo: mogli, figli, le intere famiglie degli operai partecipavano ai picchetti e gli sputi, gli insulti ai crumiri si sprecavano. E poi ancora scontri con la polizia, un vagone ferroviario saldato ai binari che attraversano l'Aurelia per bloccare il traffico, scioperi, manifestazioni. Arrivano poi gli anni '70, le lotte studentesche, poi quelle operaie, l'autunno caldo. Grandi scioperi e manifestazioni. La vecchia struttura rappresentativa di fabbrica (le commissioni interne) si sgonfia come un palloncino bucato. Nascono i Consigli di fabbrica, cresce la richiesta di unità sindacale, nuove parole d'ordine come l'egualitarismo salariale, il mito della professionalità. Un gruppo di operai del Meccanico che insieme ad altri dell'Italsider di Cornigliano si incontra con noi universitari e costituisce la Lega degli Operai e degli Studenti. Una fiammata, poi la lotta armata, le BR, le delazioni del PCI, la repressione. Tutto si spegne nel modo peggiore. Arriviamo all'ultimo atto. Gli anni '90: la crisi industriale ed economica di Genova è pesantissima, ristrutturazioni, scorpori, dismissioni e tagli di personale riducono all'osso quello che fu il complesso Ansaldo. Di lotte ormai non si parla quasi più, la classe operaia è sfiduciata, il sindacato confederale è sempre più preso nella concertazione e nell'intrallazzo di bassa lega, gli scioperi sono vissuti come un peso, la sfiducia dilaga. L'Ansaldo Meccanico (diventato negli anni '70, Meccanico-Nucleare e poi Ansaldo Industria e poi...) diventa piccola azienda nei meandri della Finmeccanica, lo stabilimento di Sampierdarena è abbandonato. Tra i capannoni cresce l'erba, un deposito di container (della signora compagna Nilde Iotti) e un'azienduncola di un ex sindacalista mafioso che è diventato padroncino sfruttatore (ma quanti altri suoi soci sono diventati manager o direttori del personale, buon sangue non mente). Oggi siamo all'epilogo: dopo mille chiacchiere, dopo aver ipotizzato di trasferire alla Fiumara la facoltà di Ingegneria (ma gli ingegneri non vogliono, sono troppo ben abituati alla loro villa d'Albaro), inizia la demolizione. Che cosa sorgerà alla Fiumara (il vecchio quartiere operaio, vicino alla fabbrica non c'è più, distrutto dal delirio urbanistico degli anni '60)? Ma che importanza ha? Ci facciano un po' quello che vogliono. Quello che conta è che non abbiano imbalsamato quei vecchi capannoni in una sorta di museo, come è avvenuto al Lingotto di Torino, in ossequio ai dettami di una perversione quale che è l'archeologia industriale. Era l'affronto peggiore che si potesse fare al luogo dove per 150 anni generazioni di lavoratori hanno faticato, sudato, lottato per condizioni di vita migliori e sperato in una società diversa. Museo = Celebrazioni, curiosi, scolaresche e turisti in visita, storia finta e finta cultura. Il filo rosso della memoria della lotta di classe passa per altre vie che non sono il culto di reliquie di un mondo che non esiste più. Meglio così, meglio un piazzale polveroso a simbolo di un capitalismo che divora e consuma tutto, anche se stesso.

Nota: Le fonti principali utilizzate per questo articolo (comparso in versione ridotta su Umanità Nova, n.29 del 26/9/1999) sono oltre ai già citati articoli di Alibrando Giovannetti, la tesi di laurea di Marco Genzone "Composizione di classe e disciplina industriale all'Ansaldo 1911-1922. Le lotte operaie sotto i Perrone", materiali dell'Archivio Storico Ansaldo e i miei ricordi personali.