STENDHAL ( 1783 - 1842 )

 

Pseudonimo di Henry Beyle, nacque a Grenoble nel 1783, da una ricca famiglia; morì a Parigi nel 1842. Da giovane si trasferì a Parigi e nel 1800 raggiunse l'armata napoleonica in Italia. Dal 1806 al 1814 fece parte dell'amministrazione imperale. Alla caduta di Napoleone si trasferì a Milano, che fu costretto ad abbandonare nel 1821 poiché sospettato di attività cospirative dalle autorità austriache.

Dopo la rivoluzione del 1830, ritornò in Italia come console francese a Civitavecchia: questo incarico gli lasciò il tempo di viaggiare e di scrivere Nello stesso anno uscì infatti il suo primo romanzo: Il rosso e il nero, cui seguì, nel 1839, La certosa di Parma. I due romanzi trattano della sconfitta di individui ad opera della società.

Le opere di Stendhal si distaccano dalla corrente stilistica romantica e, per il loro stile che si avvicina quasi a quello della cronaca, si avvicinano alla corrente naturalistica. All'inizio, per questa sua diversità non ebbe successo: esso arrivò più tardi, alla fine del XIX secolo.

 

 

Il Rosso e il Nero (1830)

 

Tutto ha origine a Verrieres, un paesino della Francia, dove Julien Sorel, figlio di un legnaiolo viene assunto come precettore dall'allora sindaco signor De Renal. Giunto in casa di questi il giovane entra subito nelle simpatie dei familiari, infatuandosi della consorte del sindaco, che a sua volta, dopo un periodo di tremende titubanze ricambia l'amore, fino ad arrivare ad amare più Julien che il marito. Il rapporto inizia ad incrinarsi con la malattia di Stanislas, figlio dei coniugi, a causa della quale la signora de Renal ha forti rimorsi di coscienza. La relazione fra i due giunge alle orecchie del signor de Renal a causa di ciò che nel paesino si vocifera e di una lettera anonima. Così Julien parte alla volta di Besançon per studiare in seminario: qui, però, viene notato dal marchese de la Mole perché sa ripetere a memoria qualsiasi passo della Bibbia. Così viene assunto come segretario, ma ben presto in lui sboccia l'amore per Mathilde, la figlia del marchese. Non subito questi è ricambiato, ma Julien, seguendo i consigli di un suo amico russo, di nome Korasov, conosciuto durante un viaggio d'affari, la fa ingelosire scrivendo lettere d'amore alla marescialla de Fervaques. Questa tattica funziona e ben presto Mathilde si concede a Julien. Qualche tempo dopo scopre che era rimasta incinta. Così ella dice al padre di voler sposare il suo amato: il marchese de la Mole non è affatto felice, ma concesse ugualmente ai due una cospicua rendita per il loro matrimonio. A turbare ulteriormente il tutto è una lettera scritta dalla signora de Renal, la quale comunica che Julien è un senza scrupoli che per avere più importanza nella società approfitta della debolezza delle donne di famiglie ricche, che da lui sono sedotte. Così il giovane ritorna a Verrieres e, munendosi di due pistole, ferisce con due colpi la signora de Renal: per questo viene arrestato e condannato a morte. Durante la sua prigionia riceve le quasi sgradite visite di Mathilde e quelle gradite della signora de Renal. Julien viene ghigliottinato. Mathilde bacia la testa mozzata e senza vita di Julien e fa celebrare un sontuoso rito funebre, nel quale distribuisce ingenti quantità di denaro in monete da cinque franchi, e durante il quale seppellisce personalmente il capo dell'amato. La signora de Renal muore alcuni giorni dopo, abbracciando i suoi figli.

 

 

La Certosa di Parma (1839)

 

Il tempo della storia della Certosa di Parma è di 33 anni: dal 1796 fino al 1829, anno in cui Fabrizio Del Dongo, protagonista del romanzo, si ritira nella Certosa di Parma.

 

Il romanzo si apre con l'entrata dei Francesi in Milano capeggiati da Napoleone, durante la campagna d'Italia. Si inquadra subito la famiglia Del Dongo, e vengono scorti velocemente i diciassette anni che separano la nascita di Fabrizio dalla sua partenza per Waterloo, dove Fabrizio oscilla tra Milano e Grianta, la tenuta del padre sul lago di Como. Da lì ci si sposta a raggiungere l'esercito francese nella battaglia di Waterloo, alla quale partecipa: è il 1815. Fabrizio rientra in Italia ma non a Milano, dove è stato denunciato dal fratello. Si rifugia a Romagnano. Le vicende ora si accentrano sulla zia, la contessa Pietranera, che si risposa e diventa duchessa Sanseverina, che va a vivere a Parma insieme all'amante conte Mosca. La storia prosegue a Parma, anche quando Fabrizio va a studiare teologia a Napoli; si saltano alcuni anni, ed è il 1819 quando Fabrizio torna a Parma. Le vicende si susseguono qui, fino a quando Fabrizio è costretto a fuggire per un assassinio in alcune grandi città dell'Italia centrale (Bologna e Firenze), ritornando anche di nascosto a Milano. In seguito viene arrestato e le vicende si spostano nella Torre Farnese di Parma, dove vengono trattati in sommario i nove mesi della sua permanenza; dopo di che le vicende si spostano in una tenuta della Sanseverina. Fabrizio evade e si rifugia in un'altra tenuta all'interno del Lombardo, in territorio austriaco. Nel ***, in seguito alla morte del principe di Parma, Fabrizio, la zia e l'amante ritornano nella città. Le vicende si snodano lì per altri *** anni, fino a quando, dopo la riconciliazione tra Fabrizio e la marchesa Clelia Crescenzi, vengono trattati in un velocissimo sommario gli ultimi anni di vita del protagonista, fino al 1829.

 

Il primo grande riferimento storico reale del romanzo è la campagna d'Italia e la discesa di Napoleone in Italia. La campagna d'Italia (1796-97) si svolse mentre la Francia era ancora agitata dalle furie dilanianti della rivoluzione. Napoleone, allora solo generale, nella campagna d'Italia dimostrò le sue enormi abilità di comando. Attraversando le Alpi, l'esercito francese riuscì a sconfiggere i Piemontesi che furono costretti a stipulare una pace cedendo Nizza e la Savoia. Dopo aver occupato Milano entrò nei territori della Repubblica Veneta e firmarono nel 1797 la pace di Campoformio con l'Austria, che cedette il Belgio e la Lombardia in cambio dei territori della ex repubblica veneta. L'arrivo del tenente Roberto coincide con l'entrata dei francesi in Milano, e viene quindi descritto lo stato pietoso dei soldati francesi prendendo come esempio Roberto. Poco dopo, durante l'infanzia di Fabrizio ("Egli [Ascanio Del Dongo] aveva otto anni, e Fabrizio due", quindi nel 1800), viene nominato il trionfo di Napoleone a Marengo e l'entusiasmo dei milanesi. Ma il fatto storico reale più importante è rappresentato dalla battaglia di Waterloo (1815), alla quale Fabrizio prende parte. Dopo che Napoleone riuscì a scappare dall'isola d'Elba fu accolto trionfalmente a Parigi e riconquistò il potere, ma solo per cento giorni, poiché si dovette scontrare con le potenze della settima coalizione, che già avevano cominciato a provare a cancellare nella coscienza comune d'Europa l'esperienza napoleonica con il congresso di Vienna secondo un anacronistico tentativo di repressione ideologica chiamato Restaurazione. La battaglia di Waterloo rappresentò quindi lo scontro tra le ideologie liberali, rappresentate da Napoleone e dalla Francia, e le vecchie idee conservatrici degli Asburgo e dei Romanov, ma che inevitabilmente saranno destinate a soccombere. L'animo della Restaurazione è rappresentato in tutto e per tutto dalla figura del marchese Del Dongo, che prova un ingiustificato ribrezzo nelle idee illuministiche, dicendo "- che rovinan l'Italia".

 

Sono parecchi, tuttavia, i tratti storici non reali, ma tuttavia verosimili. Stendhal inventò l'organizzazione dello stato parmense: il principato di Parma del romanzo, all'epoca in cui avvennero i fatti narrati nel romanzo, non era un principato, ma era il Ducato di Parma e Piacenza, e non lo governavano i Farnese, ma la seconda moglie di Napoleone, Maria Luisa d'Asburgo-Lorena. D'altronde, non sono mai esititi né Ranuccio Ernesto IV né il figlio Ranuccio Ernesto V. Anzi, la famiglia Farnese si era estinta nel 1731. Secondo Balzac, la figura di Ranuccio Ernesto IV sarebbe stata ripresa dalla figura di Francesco IV d'Asburgo-Este, che regnò come duca di Modena, Reggio e Mirandola durante il periodo delle vicende, entrambi crudeli e proprietari di un patrimonio immenso. Inoltre a Parma non esiste alcuna Certosa, nell'accezione di monastero di certosini. Ma il problema più grande è rappresentato dalla Cittadella. A Parma esiste una cittadella, oggi semidiroccata, ma non ha niente in comune con quella descritta nel romanzo, che ricorda piuttosto Castel Sant'Angelo a Roma. Questo perché, nel suo consolato a Civitavecchia, Stendhal trovò un manoscritto, per certi versi fantasioso, sull' Origine delle grandezze della famiglia Farnese, che raccontava la "storia" di come questa famiglia, grazie ai facili costumi di una sua componente, divenne così importante. Ranuccio Farnese il Vecchio, capostipite della famiglia, avrebbe avuto tre figli, Pierluigi, Giulio e la bella Vannozza, che divenne amante di Rodrigo Lenzuoli, in seguito Rodrigo Borgia, imparentanto con Alonso Borgia, allora papa Callisto III. Rodrigo fu fatto cardinale ma contintuò la relazione con Vannozza, che divenne di dominio pubblico. Vannozza adorava il nipote, figlio di Pierluigi, Alessandro Farnese. Ma lui rapì e sedusse una nobile romana, e fu per questo imprigionato in Castel Sant'Angelo. Dopo molto tempo, riuscì ad evadere con l'aiuto della zia e del cardinale Rodrigo. Visse nascosto per alcuni anni, poi, quando Rodrigo divenne papa Alessandro VI, ritornò alla luce e divene cardinale. Intraprese una relazione con una giovane aristocratica, Cleria, dalla quale ebbe due figli. Ad uno di questi, Pierluigi, Alessandro Farnese, divenuto papa col nome di Paolo III, nel 1534 donò il ducato di Parma e Piacenza. Si può facilmente riconoscere la vicenda di Fabrizio del Dongo. Stendhal fece slittare questa vicenda, accaduta a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, nell'Ottocento, esaltandone alcuni aspetti e ponendo come sfondo generale l'ambiente dell'Italia della Restaurazione.

 

In Fabrizio si trovano poche caratteristiche del marchese Del Dongo: entrambi i personaggi si vantano della loro condizione nobile ed esaltano i loro antenati. Il marchese Del Dongo aveva un difficile rapporto con la sorella, marchesina Del Dongo, futura contessa Pietranera, duchessa Sanseverina e infine contessa Mosca, perché rappresentava le idee liberali, in contrapposizione con le sue vecchie idee conservatrici. Fabrizio non ha questo problema perché anche lui riprende per alcuni versi le ideologie liberali della zia. In Fabrizio possiamo trovare anche alcune caratteristiche del suo padre naturale tenente Roberto, come per esempio il suo spirito guerriero, il desiderio di eroismo e la sua grandiosa voglia di avventura, che hanno culmine nella partecipazione alla battaglia di Waterloo.


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