Quella notte, come ogni altra, il cimitero di Sunnydale era illuminato
solo dalla luce chiara della luna. A parte rari suoni di vita, che giungevano
ovattati da oltre il muro di cinta, il silenzio pervadeva ogni cosa.
Un occasionale osservatore si sarebbe forse fermato ad ammirare la statua
dell'angelo, seduto sulla lapide, posto a custodire il sonno di un caro
estinto. La sagoma protetta dalle ombre non era però una statua,
nonostante la sua immobilità potesse trarre in inganno, e Buffy,
quella sera si sentiva veramente molto poco angelica.
Il capo reclinato sulle ginocchia strette intorno al petto, Buffy meditava
sulle innocenti bugie che aveva dovuto raccontare agli amici e a Riley,
per uscire a caccia da sola.
- Tempo, ho bisogno di tempo per riflettere con calma, per mettere ordine
nei miei pensieri.-
Da quando aveva saputo di essere la Cacciatrice, nei momenti difficili,
l'affetto rassicurante delle persone che costituivano il suo piccolo mondo
era sempre stato per lei un valido appoggio.
Certo non erano Angel. Lui era stato il centro di gravità della
sua esistenza. Nel suo equilibrio, la sua pazienza, la sua infinita comprensione
Buffy aveva trovato un'ancora nel vortice in cui si era trasformata la
realtà in torno a lei quando era venuta a conoscenza di tutto ciò
che si nasconde nelle tenebre.
Angel, il misterioso, criptico vampiro con un'anima, non era sempre stato
semplice da capire, ma pur senza conoscerlo veramente, fin dal principio,
non aveva potuto fare a meno di fidarsi di lui e di trarre sicurezza e
conforto dalla sua sola presenza, spesso inaspettata, ma sempre gradita.
Solo il fatto che Angel esistesse aveva dato significato alla sua vita,
alla sua missione e al mondo che la circondava, di cui fino a quel momento
era stata inconsapevole.
Essere amati, accettati, considerati, appartenere a una famiglia, un gruppo,
essere importanti per altre persone per lei era sempre stato scontato.
Fino a quando
Angel
. A quindici anni aveva scoperto che l'amore,
in tutte le sue forme, non è un diritto acquisito e che esistono
persone sole, terribilmente sole. Persone che attraversano il mondo come
fantasmi, senza che nessuno ne percepisca la presenza. Persone che amano,
soffrono, ridono, piangono senza che nessuno lo sappia.
Era stata un'esperienza sconvolgente per Buffy uscire dal suo mondo di
luce e sicurezza per entrare nelle tenebre e conoscere la paura e il dolore
che nasce dalla solitudine.
Un'esperienza che l'aveva resa più matura e consapevole dell'universo
intorno a lei fatto di mostri, ma anche di persone con un'anima che chiede
di essere amata.
- Le menti si incontrano, i corpi si accarezzano, ma sono le anime
che si amano! Angel
-
Ogni parola sembrava uscire a fatica dalle sue labbra, quasi avesse perso
l'abitudine, dopo un'eternità di solitudine, a sentire il suono
della sua voce. Eppure quante cose le aveva insegnato!
Le sue erano state lezioni spesso dure, a volte crudeli, ma mai inutili.
La sofferenza non è mai inutile, perché è una parte
della vita, come la gioia, e senza di essa nell'animo umano regnerebbe
solo il silenzio della non vita.
Negli ultimi tempi si concedeva sempre più spesso di pensare a
lui.
Riley riempiva le sue giornate, ma la notte
solo i ricordi riuscivano
a darle quel senso di sicurezza di cui sentiva disperatamente il bisogno.
Non capiva cosa stesse accadendo nella sua mente e il non capire le incuteva
paura. La ragione le diceva che ora Riley era il suo ragazzo e che avrebbe
dovuto ricorrere a lui ma, come le era sempre successo, da quando lo aveva
conosciuto, il suo istinto la portava a correre da lui, con il pensiero
se non con il corpo, nella irrazionale certezza che lui avrebbe rimesso
ogni cosa al suo posto nel caos in cui era piombata la sua mente.
Aveva pensato di parlare con Riley e con gli amici, dell'indefinito senso
di irrequietezza che recentemente si era fatto strada dentro di lei, ma
non aveva trovato le parole per esprimere quello che provava.
Non si trattava del consueto timore di non essere all'altezza del compito
affidatole, del terrore di veder finire in un istante la sua giovane vita,
del senso di colpa per ogni vita che si perdeva nel nulla perché
lei non era là, in quel preciso luogo nell'esatto momento in cui
il male agiva. Conosceva bene questi sentimenti. Aveva imparato da anni
a conviverci Facevano parte del suo destino, della sua natura: lei era
la Prescelta.
Questa volta però era qualcosa di diverso.
All'inizio gli attacchi si erano manifestati solo come un vago e sporadico
senso di disagio. Ora si stavano trasformando in un'ansia sempre più
angosciante che ogni notte che passava diventava più difficile
controllare.
Ultimamente anche di giorno occasionalmente all'improvviso sentiva mancarle
il respiro, il cuore accelerare i battiti e i muscoli contrarsi come presi
da volontà propria, ma erano solo pochi istanti.
Il peggio veniva la sera, con il calare del sole.
Allora sentiva un malessere diffuso avvolgerla, come una tenebra. Un senso
di ansia la travolgeva, come se avesse bisogno, per vivere, respirare,
esistere di qualche cosa che non possedeva.
A volte sentiva la realtà sfuggirle fra le dita mentre lei cercava
disperatamente di aggrapparsi al nulla che la circondava e si ritrovava
a correre per le strade o per il parco, fino a sentirsi mancare le forze,
quasi volesse afferrare qualcosa o qualcuno che però continuava
a sfuggirle.
Alla fine si ritrovava inginocchiata a terra, il colpo agonizzante per
lo sforzo sostenuto, la mente confusa e gli occhi pieni di lacrime.
Altre notti scopriva di essere rimasta per ore immobile, seduta o coricata
nel letto, a fissare le pareti della stanza, nella attesa di un motivo
per muoversi, agire, fare un'azione qualsiasi. Un motivo che non veniva
mai.
Giaceva, inerte come un oggetto, la mente vuota, i sensi appannati, completamente
immemore della realtà intorno a lei.
La coscienza poi lentamente tornava e lei riprendeva a vivere cercando
disperatamente di nascondere agli altri quello che non era in grado di
spiegare.
Neppure nel sonno trovava sollievo. Non ricordava i sogni che la perseguitavano,
ma il mattino la trovava indolenzita, stanca, e impaurita.
"Ciao, ho finito presto gli allenamenti e ho pensato di raggiungerti."
Prima di realizzare di chi si trattasse Buffy era già balzata in
piedi pronta all'attacco. Per fortuna sua, e soprattutto di Riley, gli
stessi riflessi ipersviluppati da Cacciatrice, che l'avevano spinta alla
difesa le impedirono di infierire contro quel viso pulito, onesto, da
tipico bravo ragazzo americano.
"Riley, lo sai che non mi devi avvicinare così, avrei potuto
colpirti! Come è andato l'incontro con il nuovo istruttore?"
La figura solida e concreta di Riley normalmente avrebbe dato un sano
senso di conforto a Buffy, ma quella sera lo sentiva lontano, estraneo
come avrebbe potuto esserlo un grattacielo in mezzo a una foresta.
"Benissimo, l'ho abbattuto in sole otto mosse!"
Riley come sempre sembrava vivere su un altro piano rispetto al suo. Un
piano più stabile, concreto, ma anche lontano da lei e soprattutto
lontano da quello che lei provava.
"Hey, sei veramente in forma!" Buffy non fece fatica a sorridergli
e abbracciarlo scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Un sorriso e un abbraccio ed ecco davanti a lei un ragazzo felice.
Riley era una persona veramente semplice: semplice da amare, semplice
da capire, semplice da tenere lontana dai propri pensieri più intimi,
dalle proprie paure.
"Vuoi venire da me o ti riaccompagno a casa?" Riley sembrava
riluttante a liberarla dal suo abbraccio e il desiderio era evidente nei
suoi occhi, ma Buffy questa volta proprio non se la sentiva di farlo contento.
"Questa sera no Riley, domani ho un esame e voglio alzarmi presto
per ripassare. Ti dispiace?"
**********
Dato un casto bacio sulle labbra a Riley Buffy entrò silenziosamente
nella stanza che divideva con Willow trovando con sorpresa la luce ancora
accesa.
"Willow, sei ancora sveglia?" Il letto con i vestiti in disordine,
sparpagliati sulla scrivania i libri che da tempo non riusciva più
ad aprire, gli esami
.ogni cosa lontana, estranea, insignificante.
Sarebbe mai tornata quella che era stata? La sua vita le sarebbe di nuovo
appartenuta?
"Sì, voglio finire il capitolo. Come è andata la caccia?"
La famigliare immagine dell'amica, sommersa da un enorme vecchio libro
nel letto, sostenuta da un cumulo di cuscini, trasmise a Buffy una certa
sensazione di sicurezza.
"Nulla di interessante. Cacciatrice zero, Vampiri zero: pareggio!"
Spogliarsi per andare a letto: gesti famigliari, consueti, un rituale
che Buffy trovava da sempre rilassante. Un'altra giornata era finita,
un'altra caccia si era conclusa e lei ora avrebbe potuto chiudere gli
occhi e
forse quella sarebbe stata una notte tranquilla.
Willow aveva però ben altre intenzioni. Willow aveva condiviso
con Buffy troppe crisi per non presagirne unimminente. Aveva percepito
chiaramente da tempo che qualcosa non stava andando nel verso giusto e
il fatto che Buffy non si confidasse e anzi, si sforzasse con penosa evidenza
di dare al suo comportamento una parvenza di normalità, non faceva
che aumentare la preoccupazione della giovane strega per l'amica.
"Pensavo che ritornando ti saresti fermata da Riley"
Sedendosi sul letto Buffy stancamente di preparò a giocare a nascondersi
dagli amici, come era diventata sua abitudine recentemente.
"Lui è venuto al cimitero e mi ha accompagnato, ma questa
sera ero troppo stanca per restare con lui."
-Accidenti, non è giusto che mi debba giustificare! Si tratta
della mia vita privata in fondo!-
Potersi sedere sul proprio letto la sera per confidarsi con Willow era
stato per Buffy uno dei principali vantaggi della vita universitaria,
ma quella sera non trovava le parole per esprime quello che sentiva e
non era neppure sicura di volerlo fare.
"Willow io non lo so. Non capisco cosa mi stia succedendo. Lui era
contento per come era andato l'allenamento e io
.. io avrei voluto
solo urlargli in faccia che il suo avversario era un uomo, un solo, semplice,
dannatissimo uomo! Superdotato forse e addestrato all'inverosimile, ma
pur sempre un uomo e noi non cacciamo gli uomini!"
Messo da parte il libro, seduta dritta sul letto, la razionale, pacata,
ragionevole Willow si preparò ad affrontare un'altra lotta contro
le insicurezze, le paure, i dubbi, le sofferenze di Buffy, la Cacciatrice.
Buffy, come altre volte in passato, ora le appariva, non come il terrore
di demoni e vampiri, per la sua forza e il suo coraggio fuori del comune,
ma come una ragazza fragile e indifesa.
Willow credeva, nel ragionamento, nella logica, nella scienza, più
o meno occulta, e solo raramente prendeva decisioni mossa solo dal sentimento.
Questo la rendeva preziosa per l'impulsiva Buffy.
"Mio Dio Buffy, non mi sembra una cosa così grave. Avresti
potuto dirglielo. Magari un po più gentilmente. Sono certa
che lui avrebbe capito."
"Capito cosa Will ? Che la sua ragazza è ancora più
strana di quello che pensava?
Lui è un soldato, fa la guerra, non va a caccia. Le sue sofisticate
armi colpiscono a distanza. Lui non conosce il suo nemico, no lo tocca
neppure. Per tutti loro gli "ostili" non sono altro che comunisti
particolarmente brutti!"
Ad ogni parola che le usciva dalle labbra Buffy sentiva l'angoscia crescerle
dentro aumentata dallo sguardo perplesso dell'amica di fronte a tanta
veemenza.
- Mio Dio, fa che non avvenga adesso! Non di fronte a Willow! Lei non
capirebbe, neppure io capisco, ma non so cosa lei potrebbe fare
.-
Willow percepì la tensione nella voce di Buffy e l'irrigidirsi
del corpo della compagna, senza però comprenderne il motivo. Buffy
e Riley si volevano sicuramente molto bene e qualsiasi fosse il problema
fra loro non poteva essere così grave da sconvolgere Buffy in quel
modo.
"Non mi sembra una cosa così grave Buffy. Hai sempre saputo
come era fatto ed è per questo che ti sei innamorata di lui. Non
è così?"
Buffy sentiva che le emozioni iniziavano a travolgerla.
"Sì, cioè no.. non lo so! Quello di cui sono certa
è che Riley è molto distante da me a volte.
Non sa che cosa vuole dire sentirsi i brividi di terrore lungo la schiena
alla vista di zanne, artigli e quant'altro, o avere la mente invasa da
immagini su quello che l'essere che hai di fronte potrebbe essere o fare
e che tu non conosci, o essere paralizzati dal panico cieco generato da
occhi alieni che guardano con avidità dentro la tua anima.
Lui non sente crescergli dentro la rabbia e la voglia di distruggere tutto
per la paura dell'ignoto che si nasconde nel buio della mia mente, la
stessa paura che ti fa desiderare soltanto un letto sotto il quale nascondersi
dall'Uomo Nero.
Lui non sente NIENTE di tutto questo.
Ordini, rapporti e protocolli : ecco quello che conosce molto bene!"
La perplessità di Willow si stava rapidamente trasformando in timore.
Non si era mai resa pienamente conto dei sentimenti che stava esternandole
Buffy. Era la Cacciatrice, lo era sempre stata, da quando la conosceva:
trova il mostro, se non è il mostro che trova te. Uccidilo: paletto,
coltello, spada o ascia non fa una gran differenza. Poi passa al prossimo.
Era il suo destino, va bene. Ma forse non era così semplice come
fino a quel momento le era sembrato.
Meglio ricorrere ad un aiuto più competente.
"Forse hai ragione, potresti parlarne con il Signor Giles
.."
Il tono di voce di Buffy passò bruscamente dall'angoscia all'impazienza.
"Sii sincera Willow. Per Giles i mostri non sono altro che immagini
sfocate di vecchi testi, particolarmente realistiche. Lui comprende istintivamente
che c'è altro dietro il foglio ingiallito da cui trae il suo sapere,
ma agli manca il quotidiano contatto con le tenebre per poterle comprendere
fino in fondo."
Ora il timore di Willow stava assumendo i colori della paura. Il Signor
Giles era la sua estrema risorsa!
"A volte il Signor Giles è un po perso nei suoi studi,
è vero, ma
.."
"Lo so che mi volete tutti bene e cercate di capirmi e aiutarmi.
Credimi, siete stati molto bravi a farlo! Credo siano stati proprio la
vostra presenza, i vostri scherzi, il vostro continuo tentativo di capire
ad ancorarmi alla realtà quotidiana a salvaguardare la mia sanità
mentale. Faith non è stata altrettanto fortunata!"
La preoccupazione per l'amica in Willow era cresciuta sentendola parlare,
dopo tanto tempo di Faith, ma per la prima volta, lei che era sempre stata
la più matura e responsabile del loro gruppo, si sentiva anche
giovane e insicura nel parlare alla compagna.
Era come se gli anni in cui erano cresciute insieme per Buffy fossero
stati decenni. Forse la differenza era che Buffy aveva navigato nella
tempesta mentre lei era rimasta sempre sulla spiaggia, con gli altri,
ad osservare il tumulto delle onde.
"Forse a quest'ora sei solo stanca Buffy. Domani vedrai le cose in
modo diverso."
Buffy decise di considerarlo un invito a dormire e scivolò sotto
le coperte pregando perché il suo cuore la smettesse di far le
capriole abbastanza da permetterle di prendere sonno, possibilmente un
sonno senza sogni.
- Perché me la prendo con loro, non sono loro il problema! Sono
io che sto impazzendo!
Fra qualche ora sorgerà il sole e le tenebre scompariranno, ma
torneranno presto, troppo presto.-
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