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COMMENTO: compiere una scelta significa sempre rinunciare a qualcosa. L'importante è, qualunque scelta si affronti, non rinunciare mai a se stessi.

NOTA: questa storia è appunto una storia, non un trattato di etica o morale. Il comportamento e le parole dei protagonisti riflettono il loro personaggio. Le idee qui espresse e le scelte compiute sono le "loro" idee e le "loro" scelte, che non coincidono necessariamente con le idee e le scelte dell'autrice.
Non è mia intenzione esprimere qui giudizi morali di nessun tipo.

 

 

 

Oltre i confini del mondo

Capitolo n.1

Scelte

 


"Buffy, ne sei proprio sicura?" Willow era sconvolta.
"Sì, ne sono certa." rispose Buffy, fissando un punto imprecisato alle spalle dell'amica.
Erano nella cucina di casa sua, un luogo che avrebbe dovuto essere famigliare per lei. In quel momento invece le appariva del tutto estraneo.
Questa volta non si trattava di una folle magia di Willow, o dell'intervento di qualche oscura entità, che avrebbe potuto sconfiggere con una formula magica o un paletto. Questa volta era qualcosa che sarebbe potuto accadere a qualsiasi ragazza troppo idiota per stare attenta o troppo sfortunata per sfuggire al proprio destino.

Willow la osservava con lo stesso stupore con cui avrebbe osservato un ectoplasma che si fosse materializzato in mezzo alla stanza.
"Hai deciso che cosa vuoi fare?" le chiese titubante, gli occhi ancora sgranati per la sorpresa.
"Dannazione NO! Non riesco neppure ancora a crederci...figuriamoci se so quello che devo fare!" esplose Buffy con impazienza. Le dispiaceva prendersela con Willow, che non aveva nessuna colpa, ma il panico dentro di lei stava prendendo il sopravvento.
Confidarsi con l'amica le era sembrata una buona idea, ma ora era pentita di averlo fatto.
Willow era ancora più impreparata di lei ad affrontare quello che le stava succedendo e parlandone il suo incubo era divenuto tremendamente reale.
"Lui lo sa?" trovò il coraggio di chiedere la giovane strega, dopo lunghi istanti di silenzio.
"No. Sei stata la prima a cui l'ho detto...e per un pò anche l'ultima. Ho bisogno di tempo per ...rendermi conto di quello che mi sta succedendo."
Willow sospirò. Odiava i segreti. Non sapeva mentire e detestava non avere il conforto delle persone di cui si fidava, come il Signor Giles. In quel caso però Buffy aveva il diritto di prendersi tutto il tempo di cui aveva bisogno, anche se di tempo non gliene restava molto.

Giles li aveva riuniti a casa sua d'urgenza a causa di un vecchio manoscritto, contenente antichi rituali. Il libro, chissà come, era finito fra le spire di un demone, con le sembianze di un serpente, che si nascondeva nel sottosuolo della Bocca dell'Inferno.
Da chi il Signor Giles avesse avuto la notizia Buffy poteva facilmente immaginarlo. Sapeva bene delle frequenti telefonate del suo Osservatore a Los Angeles, ma preferiva ignorarle. La faceva soffrire l'idea che altri potessero godere del privilegio, a lei negato, di poter intrattenere liberamente rapporti con il suo ex ragazzo.
A volte si chiedeva se parlassero mai di lei, se Angel fosse a conoscenza dell'esistenza di Riley nella sua vita. Poi ricordava le parole terribili che lei stessa gli aveva urlato in faccia, prima di colpirlo.

In quel momento era soprattutto una donna abbandonata e gelosa. Faith, la loro comune nemica, non solo era nella sua casa, ma fra le sue braccia. Se avesse avuto un paletto probabilmente in quel momento lo avrebbe ucciso. Invece lo aveva colpito con le parole, conoscendo bene i punti dove lui era più sensibile. L'aveva definito un animale, un mostro succhiasangue gettandogli in faccia il suo nuovo, perfetto e affidabile amore: Riley!
Infine, sentendo che le sue parole non erano state sufficienti a dar sfogo a tutto il suo dolore, e non trovandone altre di adeguate lo aveva colpito al volto e lui...l'aveva a sua volta colpita. Non lo aveva mai fatto prima!

Durante il suo ritorno a casa aveva pianto, questa volta però non per se stessa, ma per il dolore che aveva letto nei profondi occhi scuri dell'uomo che amava.
Entrambi avevano permesso che il loro comune dolore si trasformasse in rabbia, una rabbia che avevano rivolto l'uno contro l'altra, invece che contro il destino che li aveva divisi.
Certamente i due uomini più importanti della sua vita quando comunicavano, parlavano di tutto, tranne che di lei. Uno per discrezione, l'altro forse perchè preferiva dimenticare.

Anche lei avrebbe dovuto dimenticare, soprattutto ora che il suo futuro era cambiato inesorabilmente.
Se mai era esistita una vaga speranza per loro ormai si era dissolta. Non aveva più diritto di pensare a lui. Il suo passato, le sue speranze i suoi desideri: era ormai tutto cancellato. Esisteva solo un domani su cui lei non aveva più nessun controllo.
Con uno sforzo di volontà Buffy tornò a concentrarsi su quello che il Signor Giles stava dicendo.
"I riti descritti nel libro sono molto potenti e quindi pericolosi, se utilizzati nel modo sbagliato. Potrebbero distruggere non solo questa città, ma tutta la realtà come la conosciamo."
A Buffy quella eventualità non pareva poi una catastrofe così immane al confronto della catastrofe che rischiava di diventare in breve tempo la sua vita.
"Non mi sembra un problema poi così grave Giles." Interruppe con un atteggiamento quasi di noia. "Andrò nelle fogne, taglierò la testa a quel lombrico, prenderò il libro e te lo porterò. A questo punto sarà compito tuo e di Willow distruggerlo. Dopo di che potremo andare a mangiare una pizza per festeggiare."

"Non sono d'accordo!" esclamò Willow, con una decisione che sorprese tutti i presenti.
Buffy la fulminò con un'occhiata. "Se non hai voglia di pizza, vorrà dire che mangeremo hamburger!" esclamò, con un tono più duro del necessario.
"Non credo che si riferisse alla pizza." tentò di intromettersi Riley per placare gli animi, pur senza comprendere che cosa avesse generato la tensione evidente fra le ragazze.
"Infatti!" confermò Willow determinata. Poi, improvvisamente, sembrò perdere tutto il suo coraggio. Gli amici però sembravano attendere una spiegazione. Buffy, con le labbra serrate, la fissava intensamente.
Willow, evidentemente a disagio, distolse lo sguardo da lei per fissarlo sul Signor Giles. Il gentiluomo inglese corrugò la fronte, comprendendo la sua disperata richiesta di aiuto. Non sapendone però la causa tutto quello che poté fare fu togliersi gli occhiali e concentrarsi nello sfregare con meticolosa cura le lenti con un fazzoletto candido.

"Io credo" mormorò alla fine Willow, rassegnata all'idea che nessuno poteva soccorrerla "che sia troppo pericoloso per Buffy. Se le succedesse qualcosa là sotto noi non potremmo aiutarla e ..."
Xander, fino a quel momento concentrato sulla gonna molto corta che indossava Anya, non aveva colto nulla di strano nella conversazione fra le due amiche. "Di che cosa parli Willow?" chiese perplesso. "Buffy ha affrontato situazioni molto più pericolose. Se non può andare lei a riprendere il libro chi potrebbe farlo? Esiste proprio per eventualità di questo genere. E' la Cacciatrice in fondo!"
Willow si voltò verso di lui con irritazione. "Sì, ma lei è anche..."
"Willow!" esclamò Buffy con forza. Il viso pallido e tirato sembrava prossima a raggiungere l'amica per strangolarla.
A questo punto era palese per tutti che esisteva qualcosa che doveva essere chiarito.

Riley scrutava i visi dei compagni spaesato, cercando in essi risposte che loro evidentemente ignoravano.
Anya e Xander parevano più curiosi che preoccupati.
Il Signor Giles invece aveva lo sguardo serio di chi vede avvicinarsi un tornado e si chiede se sopravviverà per raccontarlo. Conscio delle proprie responsabilità prese, senza preavviso, il controllo della situazione.
"Buffy, se c'è qualcosa che interferisce nei tuoi doveri devi dirlo, qui e adesso." Il suo tono non ammetteva repliche. Aveva abbandonato le vesti dell'amico e del padre per assumere quelle di Osservatore.
Fra i presenti era forse il solo veramente consapevole dei rischi che Buffy doveva affrontare e il legame di affetto che aveva con la Cacciatrice lo rendeva solo più determinato a proteggerla, anche da se stessa, se necessario.
"Non c'è nulla che interferisca," rispose Buffy, con una sicurezza che non provava. "E' solo un'idea di Willow."

"Benissimo!" esclamò Giles. Il sollievo di Buffy fu però di breve durata. "Allora sentiamo l'idea di Willow." concluse l'osservatore, voltandosi verso l'interessata. "Perchè secondo te Buffy non può svolgere questa missione?"
Il colorito di Willow era diventato paonazzo. Sapeva di non poter mentire al Signor Giles: "Potrebbe fare male..."
"Non mi farà alcun male!" la interruppe energicamente Buffy. Willow si era però ormai arresa.
"Potrebbe fare male al bambino." Concluse con tono tranquillo.
"Quale bambino?" domandò Riley interdetto.

"Avresti dovuto dirmelo subito, Buffy!". Riley appariva costernato e confuso.
Gli amici, superata la sorpresa, li avevano lasciati soli.
A Buffy la loro uscita di scena era sembrata molto una fuga. Poteva comprenderli benissimo. Nessuno di loro era preparato ad affrontare un simile problema. Neppure lei lo era e anche lei avrebbe voluto fuggire, ma non poteva.
"Lo so." Assentì stancamente, fissando con ostinazione un punto imprecisato fuori dalla finestra. Aveva paura di affrontare lo sguardo del ragazzo a cui ora era legata da un vincolo ben più concreto di una promessa pronunciata davanti ad un altare.
"Avevo bisogno di tempo per riflettere su cosa fare. Mi dispiace." Continuò con tono assente.
In realtà il suo bisogno di scusarsi aveva radici più profonde di quanto appariva. La parte razionale ed emancipata della sua mente protestava che erano stati in due a commettere quell'atto che avrebbe sconvolto le loro vite. Il bambino stava però crescendo nel suo ventre, era suo, e quindi se ne sentiva responsabile.

"Non mi sembra ci sia molto da riflettere." commentò Riley solennemente. "Innanzi tutto ci sposeremo il più presto possibile, troveremo una casa, un lavoro e formeremo una famiglia. I miei genitori ci aiuteranno e sono certo che anche tua madre capirà. Mi occuperò io di tutto. Tu dovrai solo pensare alla nascita del piccolo."
Buffy socchiuse le labbra, ma non riuscì a parlare.
Per lui era tutto semplice, ovvio, normale. Sposarsi, interrompere gli studi, avere un figlio: pochi minuti gli erano stati sufficienti per programmare ogni cosa. Lei però non era affatto sicura di voler far parte dei suoi progetti.
Riley la abbracciò con affetto. "Non devi essere triste." le sussurrò all'orecchio. "Noi ci amiamo e la nascita di un bambino è un evento stupendo. Certo, avrei anch'io preferito aspettare, ma tu sei la madre che comunque avrei scelto per i miei figli. Sarebbe stata solo questione di tempo."
Buffy si morse le labbra per non piangere. Era lusingata e commossa per il comportamento di Riley, ma anche infinitamente triste perchè per quanto si sforzasse non riusciva a condividere quello che lui provava.

"Riley, non sono certa di poter..." tentò di obiettare, ma lui la interruppe scostandola da sé quasi con violenza. Buffy, le spalle strette fra le sue grandi mani, si sentì ancora più in colpa di fronte alla sua espressione sconvolta.
"Non penserai davvero di...liberarti di lui?" esplose Riley incredulo.
Lei non seppe che cosa rispondere.
Da giorni ormai mille pensieri le vagavano per la mente in un caos totale. Aveva vagliato centinai di possibilità, anche le più assurde, senza saper prendere una decisione.
Ora, l'eventualità di sposare Riley si era aggiunta alle altre possibili alternative che la tormentavano. Fino a quel momento il problema era stato solo suo. Improvvisamente non lo era più e questo, invece di esserle di sollievo, complicava solo le cose.
Con uno scatto si liberò dalla stretta del compagno e uscì dalla stanza quasi correndo.

La sua camera le era sembrata il rifugio ideale, ma appena vi entrò si pentì di non aver scelto qualsiasi altro luogo dove fuggire.
Quel posto era pieno di ricordi.
Pupazzi, frammenti della sua infanzia, che aveva portato con sé nella sua vita di adulta. Fotografie delle persone che amava e che l'amavano, soprammobili che non rammentava dove aveva acquistato, ma che ormai facevano parte della sua esistenza, vecchi libri di scuola, logori non per l'uso, ma per essere stati spesso strapazzati.
Oggetti privi di valore, ma che rappresentavano ciò che per lei era stato importante.
Ora però avrebbe dovuto mutare drasticamente la sua scala dei valori. Tutto sarebbe cambiato.
Un paletto, dimenticato su una mensola, insieme a bottigliette di acqua santa sembravano volerle rammentare un'altro evento ineluttabile della sua vita, un evento che non le aveva lasciato nessuna scelta. Altri avevano scelto per lei.
Questa volta però non sarebbe stato così semplice. Questa volta era lei a dover decidere.
Senza pensare a nulla si diresse verso la scatola dove conservava i suoi gioielli. La svuotò fino a quando, sul fondo, non restò altro che un'anonima scatoletta nera. La aprì.

Con delicatezza, come se maneggiasse una preziosa reliquia, ne trasse la piccola croce d'argento che da tempo non indossava più.
Si sedette sul letto, fissando l'oggetto che stringeva fra le mani.
Il metallo era un pò ossidato dal tempo, ma brillava ancora. Quella croce era il simbolo di un'epoca in cui poteva ancora sognare, sperare, credere in un futuro che non si sarebbe mai realizzato.
Non erano stati anni facili da vivere. C'erano state lacrime, dolore e scelte difficili da compiere anche allora, ma allora...non era sola.
Riley, come sempre, si era dimostrato il ragazzo ideale. Aveva fatto di tutto per sollevarla da ogni responsabilità, anche troppo. Voleva che lei facesse parte della sua vita ordinata, programmata, normale al punto da impedirle di avere una vita propria.
Assurdamente Buffy si rese conto che l'eventualità di sposare Riley la spaventava più dell'idea di diventare madre.

Nella sua mente prese corpo la figura di un uomo, che spariva nella nebbia. Buffy strinse gli occhi per respingere le lacrime. Non poteva pensare a lui, non in quel momento, non ora che portava il figlio di un altro. Non ne aveva il diritto e soprattutto sarebbe servito solo a farla soffrire ancora di più.
"Ciao, speravo che tornassi a casa."
Buffy sobbalzò violentemente e strinse istintivamente le dita intorno alla croce, come per nasconderla. Sua madre probabilmente ne ignorava la provenienza, ma lei non voleva rischiare di dover dare spiegazioni. Non avrebbe saputo giustificare neppure a se stessa il perchè aveva deciso di toglierla dalla sua scatola.
"Ciao mamma. Immagino ti avranno già informato." Il suo tono di voce era rassegnato, ma l'espressione di comprensione sul volto della madre fece emergere tutto quello che faticosamente aveva tentato di reprimere.
D'impulso si alzò dal letto e si gettò fra le braccia che tante volte, da bambina, l'avevano accolta.

Pianse a lungo. La mano ancora serrata contro i suoi sogni infranti, nelle narici il profumo che aveva accompagnato la sua infanzia Buffy diede sfogo a tutte le sue ansie e le sue paure.
Joyce saggiamente attese la fine di quel prevedibile sfogo. La sua bambina era diventata donna troppo in fretta. Si era sentita tradita e impotente quando aveva scoperto che era la Cacciatrice, ma il problema che ora Buffy avrebbe dovuto affrontare era finalmente un problema alla sua portata. Sarebbe stata finalmente la buona madre che aveva voluto essere da sempre.
"Riley mi ha telefonato." spiegò, quando i singhiozzi di Buffy si furono calmati. "Era preoccupato per te. Mi hai detto che quando vi siete lasciati eri sconvolta e mi ha anche spiegato il perchè."
Buffy provò un moto d'ira verso il ragazzo che credeva di poter decidere al posto suo al punto di porsi fra lei e sua madre. Soffocò però l'ira, sentendosi in colpa. Riley cercava solo di aiutarla. Anche per lui quella era un'esperienza nuova e sicuramente era confuso quanto lei.

"Mi dispiace, mamma." Ancora una volta si stava scusando. Silenziosamente si chiese se avrebbe mai potuto smettere di farlo.
"Buffy, non ti devi scusare." cercò di tranquillizzarla Joyce. "Sono cose che succedono, anche quando si sta attenti. Certo, sarebbe stato meglio se non fosse accaduto, ma ora è inutile piangere sul latte versato."
Buffy si staccò malvolentieri dall'abbraccio per tornare a sedersi sul letto. Aveva bisogno di ritrovare la calma, per pensare lucidamente.
"Non capisco, mamma. Ti giuro che sono sempre stata attenta e se anche non lo fossi stata...sai come è fatto Riley! Non riesco a capire come sia stato possibile!" terminò in tono frustrato.

"E' inutile pensare a questo ormai." decretò Joyce con decisione."Dobbiamo pensare a che cosa fare. Riley mi ha detto che progettate di sposarvi. Mi sembra un'ottima cosa. Certo all'inizio non sarà facile, ma credimi, non è mai facile." osservò con un sospiro triste. Evidentemente stava pensando al fallimento del suo matrimonio nato sotto auspici decisamente migliori. Il suo sguardo tornò però subito ad illuminarsi. "C'è comunque un lato positivo in tutto questo: almeno è successo con il ragazzo giusto!"
Buffy provo una sensazione di shock a sentire quelle parole: "Il ragazzo giusto!". Quella semplice affermazione aggiustava ogni cosa, per sua madre e probabilmente anche per il resto del mondo.
La nuova vita che stava crescendo dentro di lei, ignara del proprio futuro, le sue angosce, il suo dolore per tutto quello che non avrebbe mai più potuto essere, le occasioni perdute di lavoro, amicizie, amore non avevano importanza visto che aveva "il ragazzo giusto!"
"Giusto per che cosa?" Chiese a se stessa. "Per offrirmi una vita normale, tranquilla, serena, senza fastidiose complicazioni, come l'amore, la passione, la felicità?"
"Sei stanca." concluse sua madre, vedendola assorta. "Riposa ora. Ne riparleremo domani."
Il tonfo della porta che si chiudeva, alle spalle della madre, parve a Buffy il lugubre rumore della porta di una cella, destinata a non aprirsi mai più.

Il parco era affollato e nessuno si curava delle due giovani sedute su una panchina.
"Willow, non so che cosa fare. Io non pensavo...sono la Cacciatrice, ho ricevuto una buona educazione, e per la mia età sono una persona abbastanza istruita, ma niente mi ha preparato a questo!"
Buffy detestava sentirsi così impotente. Il bambino era qualcosa contro cui non poteva lottare, un problema senza una soluzione, o meglio senza una soluzione che non le rovinasse completamente la vita. A farla sentire ancora più incapace di reagire erano Riley e sua madre, che a quanto pareva avevano già pianificato tutto il suo futuro.
"Io penso, " esordì timidamente Willow "che dovresti fare la cosa migliore, per te...e per il bambino." La giovane strega avrebbe voluto esserle di conforto, ma era consapevole di non essere di molto aiuto.
Buffy era sempre stata la più forte, la più sicura delle proprie scelte, fra loro due. Il suo ruolo era sempre solo stato quello di raccogliere i cocci, quando il coraggio dell'amica si era infranto contro le avversità che il destino aveva messo sulla sua strada.
Ora però, forse per la prima volta da quando si conoscevano, Buffy era confusa, spersa e lei non si sentiva all'altezza di farle da guida, come l'amica sembrava attendersi.

"Non è così semplice Willow. Il fatto stesso di chiamarlo bambino...già adesso che non è ancora nato...non so se è giusto. Sono la Cacciatrice. Che futuro potrei offrire a mio figlio? Come potrei prendermi cura di lui?"
La giovane strega storse le labbra. Evidentemente Buffy aveva bisogno di sentirsi dire quello che già sapeva.
"Non credo che questo sia un buon motivo per...liberarti di lui." commentò in tono ragionevole. "Inoltre non saresti sola a occuparti del piccolo. Riley mi è sembrato molto disponibile a starti vicino."
"Anche troppo!" sospirò Buffy. "Si sta rivelando, un'ennesima volta, come il bravo ragazzo che è. Probabilmente è colpa mia, deve esserci qualcosa in me che non funziona come dovrebbe." Il senso di sconforto che provava era evidente in tutto il suo atteggiamento. "Non dovrei essere così disperata e chiedermi se dovrei...uccidere mio figlio."

Buffy sollevò lo sguardo per osservare l'effetto delle sue parole sull'amica. Willow non riuscì a nascondere una smorfia di repulsione. L'idea di uccidere chiunque, ma soprattutto un'innocente, poteva solo fare orrore ad un animo sensibile come il suo. Non disse però nulla. Buffy provò un profondo senso di vuoto dentro di sè. "Finalmente l'ho detto! Non voglio, non posso farlo eppure ci sono momenti in cui... L'idea di sposare Riley mi terrorizza Willow, eppure lui dice di amarmi, si preoccupa per me e....insomma forse sono semplicemente pazza! Ho sempre desiderato il matrimonio, come qualsiasi altra ragazza, ma non lo volevo...così!"

Buffy era evidentemente esasperata e nervosa. Willow la osservava con un misto di compassione e tenerezza. Avrebbe dato qualsiasi cosa per aiutarla, ma anche lei si sentiva impotente.
Il ragionamento di Buffy era perfettamente logico. Aveva un ragazzo che l'adorava, era rimasta incinta e lui desiderava sposarla. Non c'era niente di sbagliato in tutto questo, niente di così tragico che potesse indurre Buffy a pensare di rinunciare al bambino. Invece...improvvisamente l'attenzione della giovane strega fu attratta dal modo ossessivo con cui Buffy si sfregava, come se provasse un senso di fastidio, il collo.
"Buffy, è solo un'ipotesi assurda, lo so, ma..." si interruppe indecisa se continuare. L'idea che le era sorta sembrava pazzesca, ma forse poteva aiutare Buffy a vedere meglio dentro se stessa. "...se tutto questo fosse accaduto prima, se il bambino non fosse di Riley, ma....di qualcun altro, ti saresti sentita nello stesso modo?"

Questa NON è la FINE, non può esserlo, perché l'amore di Buffy e Angel è "forever, this is the whole point"

 

Continua