Buffy fissò
la giovane strega allibita.
"Ti riferisci forse a quello smidollato di Parker? Dannazione Willow,
la sola idea mi fa rabbrividire. Sono già abbastanza depressa così.
Non è il caso che tu peggiori la situazione."
"Non parlavo di Parker." si affrettò a dichiarare Willow
per placare la furia con cui l'amica l'aveva investita.
"Non capisco. Il bambino non avrebbe potuto essere di nesun altro.
Oltre a Riley e Parker ho solo avuto..." la voce di Buffy morì,
spenta dall'angoscia che l'aveva afferrata. Si morse le labbra e tacque
a lungo prima di ritrovare il coraggio necessario per continuare. "Se
il bambino fosse stato suo..." questa volta fu un singhiozzo a impedirle
di finire la frase.
Willow, pentita di aver sollevato l'argomento, si affrettò ad afferrarle
la mani in un silenzioso gesto di conforto.
"Non avresti mai pensato di non farlo nascere.
Non è così?" si decise alla fine a chiedere.
"No. Non ci avrei mai neppure pensato." Riuscì a dire
Buffy, ritrovando il controllo di se stessa. "Sarebbe stata la cosa
più fantastica che avrebbe potuto accadermi. Avrei desiderato il
nostro bambino più di qualsiasi cosa al mondo. Gli avrei dato suo
figlio, anche a costo della mia vita."
"Forse è questo il problema, Buffy." mormorò Willow.
"Non devi sentirti in colpa verso il piccolo. Non è lui che
non vuoi, ma Riley, e pensi che lui ti legherà a Riley per il resto
della tua vita."
Buffy guardò l'amica con sorpresa e riconoscenza. Ancora una volta
Willow era riuscita a vedere più chiaramente di lei, cogliendo
la vera natura delle passioni che si agitavano nel suo animo.
"Hai ragione." ammise "Non sopporto le parole "per
sempre" associate a me e Riley. Se ci penso mi sembra di soffocare,
ma a questo punto non credo di avere molta scelta."
Willow sorrise come chi sta per rivelare un grande segreto.
"Io penso che almeno una scelta tu possa
farla. Il bambino nascerà. Questo è ovvio. Non sei il tipo
di persona capace di affrontare un aborto e continuare a vivere con te
stessa. Tu però non devi necessariamente sposare suo padre. Puoi
trovare mille scuse per non farlo, come ad esempio che preferisci farlo,
se sarà il caso, dopo il lieto evento, senza pancione e con la
possibilità di goderti il viaggio di nozze. Tutti ti comprenderanno.
C'è la generale tendenza ad essere molto accondiscendenti con le
donne nel tuo stato. Intanto passerà il tempo e tu potrai decidere
con calma se vuoi fare la mogliettina devota o la ragazza madre. Nel secondo
caso sarai sempre legata a lui, ma avrai anche la possibilità di
costruirti una vita diversa. Ora però devi pensare solo al piccolo
e non preoccuparti del resto del mondo."
Buffy sorrise sollevata. L'idea di concentrarsi sul bambino rimandando
ogni altra decisione ad un futuro indefinito la faceva sentire più
leggera.
Si sfiorò il ventre e si rese conto che fino a quel momento era
stata così occupata a pensare a se stessa, Riley, la famiglia e
gli amici da trascurare la vita che stava crescendo dentro di lei. Era
tempo di pensare un pò a lui!
Prima di concentrarsi sul bambino però dedicò un ultimo
pensiero alle persone che amava.
"Resteranno tutti molto delusi. Stavano già scegliendo il
colore dei fiori per il matrimonio!" Commentò con un sorriso
triste.
"Dovevo farlo Buffy! Qualcuno doveva recuperare
quel libro e tu...al momento non devi correre rischi!" Giles appariva
severo e determinato. Se Buffy l'avesse osservato con più attenzione
avrebbe notato la tristezza e la comprensione che trasparivano dal suo
sguardo. Il gentiluomo inglese intuiva quello che lei doveva provare,
e se aveva preso quella decisione era stato solo perchè non aveva
avuto altra scelta.
Buffy però era troppo concentrata su se stessa, e sulla prova che
l'attendeva, per preoccuparsi di qualcosa d'altro.
Angel in quel momento stava combattendo al suo posto, nelle fogne, contro
il serpente che lei avrebbe dovuto affrontare. Rischiava la vita per proteggere
la sua e quella del suo bambino. Un bambino che lei aveva concepito con
un'altro!
Avrebbe potuto voltarsi, e fuggire. Desiderava ardentemente farlo. Rintanarsi
in qualche luogo solitario, dove nessuno l'avrebbe trovata, fino a quando
lui non fosse tornato a Los Angeles, senza dover guardare nei suoi occhi
e leggervi....non sapeva che cosa vi avrebbe letto. Indifferenza? Dolore
per essere stato tradito? Comprensione e contentezza per il lieto evento?
In ogni caso lei avrebbe sofferto e questa volta
non avrebbe potuto scaricare su di lui il suo dolore. Era lei che aveva
trasformato in realtà concreta, rendendola definitiva, la loro
separazione.
Non poteva evitare di incontrarlo. Almeno questo glielo doveva.
Avrebbe voluto essere lei a dirglielo, ma il Signor Giles l'aveva preceduta.
Aveva dovuto farlo. Buffy ne era consapevole. Mentre lei era assorta dai
suoi problemi personali il mondo continuava a girare e il male ad agire.
Eppure continuava ad illudersi che forse lei avrebbe trovato le parole
giuste per...non farlo soffrire? Giustificarsi? Rendere quello che era
accaduto più "accettabile"?
Forse si stava preoccupando per nulla. Angel l'aveva lasciata proprio
per darle la possibilità di crearsi una famiglia, ma sicuramente
non aveva previsto che lei l'avrebbe fatto...così presto.
"Lui...che cosa ha detto?" chiese
al suo Osservatore con tono più tranquillo. Si stava rassegnando
ad affrontare anche quella prova. Almeno avrebbe risolto ogni suo dubbio
una volta per tutte.
"Lo conosci. Ha detto solo "Capisco." e poi abbiamo iniziato
a discutere della missione. Prima di andarsene ha commentato che sperava
che andasse tutto bene e che tu fossi felice."
Giles abbassò lo sguardo. Era stato sincero. Angel non aveva detto
null'altro. Descrivere a Buffy l'espressione ferita che era comparsa sul
suo volto, come se avesse ricevuto un colpo mortale, mentre ascoltava
la ragione per cui era stato convocato, sarebbe stata una crudeltà
inutile.
Sicuramente, al suo ritorno, Angel avrebbe ritrovato il controllo di sè
e sarebbe riuscito a parlare con Buffy serenamente, nascondendole quello
che veramente provava. Giles ne era certo. Il suo ex ragazzo non avrebbe
mai volutamente fatto del male a Buffy, soprattutto ora che sapeva di
averla persa per sempre.
L'Osservatore, nonostante l'emergenza, aveva
esitato prima di interpellare Angel. Era stato tentato perfino di scendere
lui stesso nelle fogne, al posto della Cacciatrice.
Quando però aveva visto il vampiro reagire in quel modo si era
reso conto di avere fatto la cosa giusta. Era forse riuscito a risparmiare
a Buffy, in quel periodo così difficile per lei, almeno quella
sofferenza.
Probabilmente Buffy amava veramente Riley, ma...Giles aveva troppa esperienza
e aveva vissuto troppo da vicino la storia dei due giovani per non sapere
che certi legami non si sciolgono mai del tutto.
"Se lo sento ancora parlare della mia felicità giuro che mi
metto ad urlare!" Esplose Buffy frustrata. "Tutto questo non
ha nulla a che fare con la mia felicità!" concluse irritata.
"Io credo che lui intendesse..." iniziò Giles, ma la
ragazza gli impedì impetuosamente di finire la frase.
"So benissimo che cosa intendeva! Una marito affettuoso, dei figli,
una bella casetta e Buffy non ha più nessun motivo per non essere
al settimo cielo! Tutto procede esattamente come lui aveva programmato!
Se fosse qui credo che...."
Affranta, Buffy crollò su una sedia.
"Che cosa faresti Buffy? Gli pianteresti un paletto nel cuore?"
chiese a se stessa tristemente. "E' tardi ora per una simile minaccia.
Avresti dovuto fargliela quando ti ha lasciato. Forse allora avrebbe funzionato.
Ormai è tardi...qualsiasi cosa tu dica o faccia."
Presto lui sarebbe stato lì, nel soggiorno di Giles e lei avrebbe
ascoltato le sue congratulazioni e le sue parole di incoraggiamento senza
potergli dire quanto avrebbe preferito il suo odio e il suo disprezzo.
Se lui le avesse urlato contro, o almeno si fosse dimostrato in qualche
modo geloso lei avrebbe avuto una conferma che l'amava ancora.
Era egoistico da parte sua pretendere di essere amata, mentre stava per
dare alla vita il frutto del suo amore per un'altra persona. Se ne rendeva
conto, ma era consapevole anche di non amare Riley, non come avrebbe dovuto.
Aveva tentato, con tutte le se forze, di trasformarlo nell'uomo della
sua vita. Lui era rimasto però soltanto l'incarnazione di quella
"vita normale" che Angel aveva voluto per lei.
Quando Angel l'aveva lasciata aveva sofferto.
Mentre lo osservava sparire nella nebbia, insieme all'ira e al desiderio
di ribellione verso quella decisione, a cui non aveva preso parte, Buffy
aveva provato anche un terribile senso di perdita. Le era parso di non
averlo mai amato così tanto.
Il dolore provato allora non era però nulla al confronto al senso
di disperazione impotente che sentiva in quel momento. Il destino aveva
vinto, li aveva definitivamente separati. Quel bambino sarebbe stato il
simbolo vivente della fine del loro amore.
Angel era sporco, bagnato, e non riusciva a
muovere il braccio destro senza provare lancinanti fitte di dolore.
Avanzava stancamente, con l'acqua fino alla vita, nel tunnel buio, stringendo
al petto con il braccio sano, il libro che conteneva il potere di oscurare
il mondo.
Aveva vinto. Il serpente non era morto, ma era fuggito, tornando a rifugiarsi
nelle profondità della terra, per curarsi le ferite che lui gli
aveva inflitto. Probabilmente vi sarebbe rimasto per qualche secolo.
La lotta era stata dura e difficile, ma Angel era contento di averla dovuta
sostenere. Aveva usato un'antica spada, che Giles gli aveva affidato.
La lama affilata era stata forgiata durante la notte del tempi, da fabbri
che conoscevano la magia del ferro e avevano pervaso il nobile metallo
di incantesimi terribili, ormai dimenticati per sempre. Colpire quella
pelle viscida, lacerarla, vedere il sangue acido del mostro scorrere gli
aveva permesso di dare sfogo a tutta la rabbia, il dolore, la frustrazione
che provava.
Indebolito ed esausto ora avanzava verso la superficie, il mondo degli
uomini, quel mondo che avrebbe voluto lasciare per sempre.
La lotta aveva purificato la sua anima. Dentro
di lui era rimasta solo una sorda sofferenza, da cui non si sarebbe mai
liberato, per l'eternità.
Buffy, la sua Buffy, amava un altro. Lo amava al punto di dargli un figlio,
quel figlio che lui non avrebbe mai potuto avere.
Nel suo giovane corpo, quel corpo che lui tanto aveva amato e desiderato,
la vita stava crescendo, assumendo una forma, un'identità.
Quel bambino sarebbe diventato un uomo, con una propria personalità,
ma sarebbe anche stato una parte di lei. Forse avrebbe avuto i suoi occhi,
i suoi capelli e il suo stesso modo di sorridere, dolce e accattivante.
Sicuramente Buffy gli avrebbe trasmesso il suo amore per la vita e tutto
il suo indomito coraggio. Ma non sarebbe stato solo il riflesso di Buffy.
Intrinsecamente legati ai caratteri della madre ci sarebbero stati anche
i caratteri del padre, che lei aveva scelto. Era loro figlio: di Buffy
e di quel ragazzo che Angel non riusciva a stimare.
Non era degno di lei!
Con onestà il vampiro ammise che probabilmente
non esisteva un uomo che per lui fosse degno di Buffy, ma Riley....proprio
non comprendeva che cosa Buffy avesse trovato in lui al punto da innamorarsene.
L'amore era un sentimento cieco e sordo, infatti, Buffy si era innamorata
di un vampiro, anche se con un'anima, un vampiro che non aveva saputo
offrirle altro che sofferenza e problemi. Ma Riley era....una totale nullità,
una persona capace di vivere solo nascondendosi dietro ad una divisa.
In ogni caso tutto questo ormai non aveva più importanza. Lui era
il padre, colui al cui fianco probabilmente Buffy avrebbe trascorso il
resto della sua vita.
Giles gli aveva detto che il matrimonio era stato rimandato per volontà
di Buffy, che ora desiderava concentrarsi sulla gravidanza e la nascita
di suo figlio.
Era però solo questione di tempo, e se quel bamboccio si fosse
rifiutato di fare il suo dovere....egoisticamente Angel si rese conto
che ci sperava. Avrebbe così avuto la possibilità di spedirlo
direttamente all'inferno, senza sensi di colpa.
La sua però era una vana speranza. Certo
Riley non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di far sua una donna come
Buffy.
Per un istante Angel fu sfiorato dal dubbio assurdo che l'altro avesse
calcolato tutto, approfittando della ingenuità di Buffy, per vincolarla
a sè. Era possibile, ammise con se stesso, ma improbabile. Buffy
non era "così" ingenua.
Iniziava ad intravedere la fine del tunnel. Presto sarebbe di nuovo stato
fuori, sotto il cielo stellato. Provò una momentanea sensazione
di panico all'idea di uscire all'aperto senza più il conforto del
buio e delle pareti di cemento che gli si stringevano intorno.
Era una sensazione inusuale per lui che odiava i luoghi chiusi. Quella
notte però sarebbe volentieri tornato nella tomba da cui era faticosamente
uscito secoli prima.
Non voleva sentire l'aria della notte contro il viso, la voce della gente,
gli sguardi delle persone che erano suoi amici scrutarlo chiedendosi che
cosa lui pensasse.
Non voleva, soprattutto, incontrare lei, bella, desiderabile, come non
mai, raggiante nel suo nuovo stato di futura madre e assolutamente irraggiungibile
ora per lui.
"Sei ferito?" Buffy si alzò
dalle sedia e istintivamente si mosse verso il vampiro che era entrato
in quel momento nella stanza. Sanguinava copiosamente ed aveva evidentemente
bisogno di aiuto.
"Non toccarmi!" le ordinò lui bruscamente. Il suo tono
però di addolcì immediatamente. "Ti sporcherai anche
tu."
"Non importa." rispose sommessamente Buffy, accompagnandolo
fino alla sedia più vicina.
Angel emise un sospiro, sedendosi. Non riusciva a staccare lo sguardo
da lei.
Non ricordava che fosse tanto bella e radiosa. I suoi occhi, i suoi capelli,
la sua carnagione candida sprigionavano una luminosità incredibile.
Il vampiro strinse le labbra: le parole che aveva pronunciato poco prima
ora assumevano un significato più terribile e profondo. Una creatura
così fresca e pulita non meritava di essere sporcata da un mostro
come lui.
Buffy interpretò la sua espressione come
una manifestazione di dolore fisico e con lo sguardo cercò l'aiuto
del Signor Giles. Il suo Osservatore aveva riposto il libro, per cui Angel
aveva rischiato la vita, su uno scaffale e stava venendo verso di loro
con la cassetta dei medicinali in mano.
Buffy si allontanò, lasciando a lui il compito di curare il vampiro.
Angel fissava il pavimento apparentemente insensibile al dolore fisico.
Lei gli volse le spalle, concentrando apparentemente la sua attenzione
su dei soprammobili di foggia esotica.
Non era più suo diritto occuparsi di lui. Poteva soffrire, angosciarsi,
pensare a lui cento volte al giorno, ma doveva farlo in silenzio. Agli
occhi del mondo doveva apparire come una madre scrupolosa e una moglie
devota. Sentiva il dovere di esserlo, non tanto verso Riley, quanto verso
il bambino che doveva ancora nascere, ma di cui era già responsabile.
Forse non avrebbe mai sposato il padre di suo
figlio, ma il bambino sarebbe certamente venuto al mondo e lei avrebbe
fatto tutto il possibile per offrirgli un ambiente sereno in cui crescere.
Sapeva troppo bene, per esperienza personale, che cosa significasse diventare
adulti senza il supporto di una famiglia. Se alla fine avesse deciso di
sposare Riley lo avrebbe fatto solo per suo figlio.
"Dovresti essere a posto." Dichiarò Giles, interrompendo
il corso dei pensieri di Buffy. "Cordelia provvederà a cambiarti
la fasciatura quando necessario."
"Certo." Fu il solo commento di Angel. "Grazie." Mormorò
poi sottovoce.
"Di nulla. Grazie a te." rispose il Signor Giles. "Non
puoi guidare con un braccio solo. Ti riporterò io a Los Angeles...quando
vuoi." concluse dirigendosi verso la cucina, lanciando uno sguardo
imbarazzato verso Buffy.
Ora che le formalità si erano esaurite la Cacciatrice e il vampiro
non potevano più ignorare ulteriormente l'argomento che fino a
quel momento nessuno aveva menzionato.
Angel si chiese disperatamente che cosa avrebbe dovuto dirle.
Qualsiasi frase gli sembrava ovvia, scontata o del tutto inopportuna.
"Sono felice per te." sarebbero state parole ipocrite e certo
il suo tono avrebbe rivelato l'enormità di quella bugia.
Esprimere a Buffy, in quello straordinario momento della sua vita, quello
che veramente sentiva era escluso. Non avrebbe avuto nessun senso se non
incrinare i loro già precari rapporti.
Il suo dolore, la sua gelosia era qualcosa di solo suo, che non la riguardava
evidentemente più. Lei doveva pensare alla nuova esistenza di madre
e moglie che la attendeva.
Buffy lo scrutava chiaramente a disagio. Probabilmente
non le importava quello che lui avrebbe detto. Era solo impaziente di
vederlo andare via, uscire dalla sua visuale e dalla sua esistenza, questa
volta definitivamente.
Angel si chiese se avrebbe mai avuto, un giorno, il privilegio di conoscere
quel bambino, di poter anche brevemente entrare in contatto con quella
parte di Buffy che presto sarebbe venuta al mondo.
Il rimpianto per tutto ciò che non era stato gli serrò la
gola. Avrebbe potuto essere suo figlio...in un altro tempo e in un altro
universo.
Improvvisamente lo assalì la paura di crollare, di non riuscire
a controllare le sue parole e i suoi gesti. Si irrigidì e fece
leva sul suo orgoglio per mantenere un contegno.
Non voleva fare altri danni, proprio ora che
fra loro era tutto finito. Desiderava che Buffy potesse ricordarlo almeno
con rispetto.
"Spero che tu sia felice." riuscì finalmente a dire.
Era solo una piccola parte di quello che provava, ma il resto ... lo avrebbe
taciuto per sempre.
Lo sguardo di Buffy si incupì. Erano proprio le parole che si era
aspettata di sentirsi dire, le parole che detestava con tutta se stessa.
Angel doveva essere sollevato all'idea che lei finalmente si fosse fatta
una nuova vita. Avrebbe avuto un peso in meno sulla sua coscienza. Sarebbe
finalmente stato libero di...amare un'altra? Buffy si sentì soffocare
a quell'idea. L'ira e l'orgoglio ferito sommersero ogni altro suo sentimento.
"Lo sarò senz'altro! Essere madre
così presto non era nei miei programmi, però ho sempre desiderato
un figlio, come tutte le ragazze credo." Dichiarò con convinzione.
Non era ancora soddisfatta però. Il dolore che provava era troppo
grande. "Riley sarà certamente un compagno e un padre perfetto
e lo sta già dimostrando. Si sta occupando di ogni cosa. Giles
ti ha detto che pensiamo di sposarci presto?" chiese con sguardo
falsamente innocente.
Desiderava ferirlo, scalfire la sua indifferenza, colpendolo proprio dove
gli avrebbe fatto più male.
Poteva non importargli più nulla di lei, ma rinfacciandogli il
fatto che lui non sarebbe mai stato padre certo lo avrebbe toccato.
Probabilmente si sarebbe guadagnata il suo odio, ma anche l'odio in quel
momento le sembrava preferibile al nulla.
Non tollerava il pensiero che lui la dimenticasse, insieme a tutte le
altre donne che aveva avuto, senza nome e senza volto. Ora l'avrebbe ricordata...anche
se non come lei avrebbe voluto.
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