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COMMENTO: il vero debole è colui che appare forte perchè non ha il coraggio di affrontare i propri limiti.

 

 

 

Oltre i confini del mondo

Capitolo n.3

Debolezze e paure

 


"Non riesco a capire Willow, e neppure il medico ci riesce. Sto benissimo. Sono in grado di fare qualsiasi cosa, ma appena esco di casa provo fitte lancinanti al ventre. E' iniziato con un pò di fastidio e di nausea, al mattino, ma credevo fosse normale nel mio stato. Invece, con il passare del tempo mi sono sentita sempre peggio. Ora non riesco neppure a raggiungere la fine del vialetto senza piegarmi in due per il dolore." Buffy era stesa sul divano del soggiorno di casa sua.
Sua madre era andata a lavorare e Willow era venuta per farle compagnia.
Ultimamente era diventata estremamente irritabile. Non era abituata a quella prigionia fra le mura domestiche. Il medico, perplesso, le aveva ordinato di stare a letto, ma lei non ci era riuscita. Era troppo inquieta. Uscire di casa però le era proprio impossibile.

"E' strano." rispose pensierosa Willow "Forse dipende dal fatto che sei la Cacciatrice. Giles ha detto che nessuna Cacciatrice prima di te è vissuta abbastanza da avere figli."
"Oppure è stata così sconsiderata. Dillo pure, lo so che è assurdo una Cacciatrice con il pancione, per non parlare di quando dovrò interrompere la caccia per dare il biberon al piccolo o cambiargli il pannolino." Mormorò tristemente Buffy, accarezzandosi il ventre, ormai prominente.
Era prossima ai sei mesi di gravidanza e tutto il suo corpo mutava ogni giorno, sotto i suoi stessi occhi. Non aveva perso la sua figura snella, ma il seno era più pieno e premeva contro la stoffa dei suoi vestiti abituali.
Si era rifiutata, nonostante le insistenze di sua madre e di Riley, di acquistare nuovi abiti, più adatti alle sue nuove forme. Presto però avrebbe però dovuto arrendersi. Nel suo guardaroba non c'era quasi più nulla che potesse indossare. L'idea la rattristava. Le sembrava il primo segno tangibile di come il bambino avrebbe mutato tutta la sua vita.

Willow scosse il capo impotente. Avrebbe voluto dire qualcosa per risollevare il morale dell'amica, ma Buffy aveva ragione. Effettivamente non le sarebbe stato facile conciliare i suoi doveri di madre con quelli di cacciatrice. Certo che se almeno avesse accettato il supporto di Riley..., in un certo senso Willow comprendeva la compagna. Il ragazzo fino a quel momento sembrava volerla aiutare soprattutto sostituendosi a lei, relegandola sempre di più in un ruolo non adatto alla intraprendente e autonoma Buffy. In pratica però la cacciatrice non aveva molta scelta. Da sola, anche se con l'aiuto degli amici, non ce l'avrebbe mai fatta!
"Mi chiedo" mormorò la giovane strega quasi a se stessa "perchè il bambino non vuole che tu esca di casa."

Buffy sorrise, per la prima volta da molto tempo genuinamente divertita.
"Willow....io non la metterei in questi termini. Il bambino non è ancora....un bambino. Non ha una volontà sua...almeno credo. Si tratta semplicemente di una reazione fisica del mio organismo a quello che gli sta succedendo. Come le nausee al mattino insomma." Spiegò pazientemente all'amica. "Il medico ha parlato di ormoni. Il problema è che i miei ormoni funzionano in modo diverso da quelli degli altri: ecco tutto!" concluse, iniziando a passeggiare nervosamente per la stanza. "Se penso che dovrò stare ancora dei mesi rinchiusa qui, io..."
Bruscamente si interruppe con un gemito di dolore. Cadde a terra, in ginocchio, stringendosi il ventre, i lineamenti del viso deformati dalla sofferenza.

Willow accorse immediatamente vicino a lei. "Buffy...che succede? Come ti senti? Chiamo il dottore?" Domandò con ansia, incapace di decidere che cosa fare. Iniziò ad accarezzare i capelli dell'amica, con un gesto inconsapevole di consolazione, domandandosi se era il caso di telefonare allo studio del medico.
Tutto il corpo di Buffy era contratto per il dolore. "Non ho mai avuto un attacco così violento." Riuscì a mormorare la ragazza. Poi tacque concentrata solo sulla sensazione di bruciore che le percorreva le membra partendo dal ventre.
Passò più di un minuto, ma le sue condizioni non accennavano a migliorare. In preda al panico Willow decise a cercare l'aiuto di qualcuno più competente di lei.

Non poteva però lasciare Buffy sul pavimento freddo. Faticosamente, sollevò la compagna, ringraziando il cielo che non fosse di corporatura più robusta. Lentamente, un passo dopo l'altro, riuscì a condurla fino al divano.
Appena si fu distesa Buffy parve rilassarsi. Respirò più volte profondamente e quando Willow accennò ad allontanarsi da lei per raggiungere il telefono la fermò, afferrandole un braccio.
"No..." mormorò "...non è più necessario. Ormai...è passato. Sto bene...davvero."
Willow la osservò dubbiosa, con la fronte corrugata. Buffy non amava i dottori, ma poco prima era stata veramente male. Le sembrava impossibile che l'amica si fosse ripresa così velocemente.
Il suo sguardo cadde sul punto dove Buffy poco prima si era accasciata. Willow spalancò gli occhi e poi tornò a guardare l'amica che ora giaceva tranquilla, fra i cuscini, con gli occhi chiusi.
"Buffy...ce la fai ad alzarti?" chiese timidamente.

Buffy aprì gli occhi sorpresa. "Credo di sì...ma perchè dovrei farlo?" Si sentiva spossata e avrebbe desiderato restare tranquilla per un pò. Non comprendeva perchè l'amica improvvisamente voleva che si alzasse. Per andare dove, inoltre? A letto? Poteva dormire benissimo sul divano. Sua madre sarebbe tornata solo a notte inoltrata.
"Io.." esitò Willow "...mi è venuta un'idea. Può sembrare folle, ma....questa volta tu eri in casa e...ti spiacerebbe tornare nel punto dove eri quando sei stata male?"
Buffy sospirò esasperata. Willow però doveva ritenere la cosa importante, per disturbarla proprio ora. L'aveva praticamente pregata e lei....non ebbe il coraggio di dire di no.

Con cautela si alzò, ma constatò subito che a parte un pò di debolezza le sue condizioni erano ottime. Velocemente varcò lo spazio che la separava dal divano alla finestra, vicino alla quale aveva avuto l'attacco.
"Soddisfatta?" chiese ironicamente alla compagna allargando le braccia.
"Sì" rispose Willow contrita "mi dispiace. Avevo pensato che....Buffy!"
La Cacciatrice si era di nuovo accasciata sul pavimento in preda al dolore. Questa volta però Willow sapeva che cosa doveva fare. La afferrò energicamente per le spalle e la trascinò fuori dal raggio di sole che, attraverso la finestra, penetrava nella stanza.
Il dolore abbandonò immediatamente il corpo di Buffy che rivolse uno sguardo interrogativo all'amica seduta a terra, vicino a lei.
"Al bambino non piace il sole." spiegò Willow con un sorriso triste "Ti prego però di non chiedermi perchè!"

"Io...non posso farlo!" dichiarò Buffy determinata.
"E' la sola soluzione." mormorò il Signor Giles visibilmente depresso.
"Non mi piace e non so come potrai spiegarlo a Riley." Affermò Joyce, fissando la figlia con sguardo severo. Buffy le lanciò uno sguardo di gratitudine. La donna però abbassò subito gli occhi. "Ma devo ammettere, Buffy, che anch'io non vedo alternative."
Sentendosi tradita la ragazza si rivolse all'ultima persona presente nel soggiorno. Willow però si limitò a fare una smorfia triste, senza parlare. Anche lei era d'accordo con gli altri.
"Non capisco perchè non posso restare a casa mia!" esclamò allora Buffy in tono battagliero. "E' stato solo un incidente. Ho indossato mille volte quel vestito e non è successo nulla. Ora so che non devo farlo e il discorso è chiuso!"

"Non è chiuso, Buffy, e lo sai benissimo." Mormorò sua madre. "Se io non fossi salita nella tua stanza per chiederti che cosa volevi per cena quel vestito avrebbe potuto uccidere il bambino...e forse anche te."
Il viso di Joyce era pallido e tirato. Si era veramente spaventata. Aveva trovato la figlia riversa sul tappeto, priva di coscienza. Fortunatamente il buon senso l'aveva indotta a chiamare Willow, invece del medico.
La giovane strega era arrivata, con il Signor Giles, in pochi minuti e aveva compreso subito il problema. Buffy aveva sconsideratamente indossato un vestito, uno dei pochi che ancora riuscisse ad indossare, con un complicato disegno geometrico. Willow glielo aveva letteralmente strappato via e Buffy aveva ripreso subito conoscenza. Ci erano volute ore però prima che tornasse ad essere veramente se stessa.

Joyce era rimasta sconvolta quando il Signor Giles le aveva mostrato i brandelli di stoffa facendole osservare che il motivo ornamentale era stato ottenuto intercalando in senso orizzontale e verticale strisce di colori diversi. Il risultato era stato la creazione di innumerevoli croci.
Come avevano già accertato il bambino non tollerava non solo la luce, ma anche tutti i simboli e le sostanze che temevano i vampiri.
Buffy avrebbe dovuto stare più attenta, ma l'Osservatore non poteva biasimarla. Probabilmente neppure lui si sarebbe accorto del pericolo se non troppo tardi.
A Buffy occorreva qualcuno che badasse a lei e che fosse abituato a quel genere di rischi, almeno fino alla nascita del bambino.

La sola alternativa possibile era mandarla a Los Angeles, ma Buffy non voleva assolutamente accettare la ragionevolezza di quella decisione.
Willow comprendeva il rifiuto dell'amica a partire.
Sarebbe stato a dir poco imbarazzante per lei dire ad Angel che aveva bisogno della sua protezione...per avere il figlio di Riley. Passare i seguenti mesi con lui sarebbe stato poi un incubo.
C'erano però troppe possibilità che Buffy facesse la cosa sbagliata, senza saperlo, rischiando la vita della creatura che portava, oltre alla propria, per non prendere dei provvedimenti, per quanto spiacevoli.
Buffy si sentiva frustrata. Avrebbe voluto urlare al mondo le mille ragioni per cui le era impossibile acconsentire a quel progetto, ma non osava farlo e soprattutto dubitava che gli altri l'avrebbero compresa.

Considerando come si erano lasciati non era da escludere neppure la possibilità che Angel le sbattesse semplicemente la porta in faccia. Non avrebbe potuto biasimarlo se l'avesse fatto.
Lei però non aveva intenzione di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione.
Non poteva rivolgersi a lui, non in quel momento.
"Non succederà più." Dichiarò decisa. "Farò più attenzione. Conosco a memoria i punti deboli dei vampiri. Sono la Cacciatrice e ...sono stata per anni la ragazza di uno di loro. Qualcuno per caso lo ha dimenticato?" Il sarcasmo era la sua ultima arma, ma le sue parole caddero nel vuoto.
"Ci potrebbero essere punti deboli che noi non conosciamo." Obiettò subito il Signor Giles in tono ragionevole. "Molti aspetti della vita dei vampiri sono ancora un mistero e Angel...non è mai stato la persona più loquace del mondo soprattutto quando si trattava di parlare della sua natura demoniaca."

Quel riferimento ad Angel fece sorgere in Buffy un tremendo dubbio.
"Che cosa sa lui di tutto questo?" chiese, fissando il Signor Giles con sguardo inquisitorio.
L'Osservatore, di fronte alla sua espressione, fu lieto di non dover mentire.
"Nulla" rispose tranquillamente. "Non ho più parlato con lui da quando è venuto a Sunnydale l'ultima volta. L'ho cercato più di una volta, per motivi vari, ma mi ha sempre risposto Cordelia dicendomi che lui era "irreperibile". Sono certo però che se lasciassi detto che tu hai bisogno di lui..."
Buffy si affretto ad interromperlo. "Io non ho bisogno di lui!" Esclamò con energia. "Resterò qui, a casa mia e tutto andrà bene! Non ci saranno altri incidenti."
I tre di fronte a lei si scambiarono un'occhiata significativa. Avevano perso una battaglia, ma non la guerra. Buffy sapeva che non era finita e che avrebbero ancora tentato di convincerla, ma almeno per quella sera la lotta si era conclusa.

"Resta il problema di Riley." Osservò sua madre, cambiando momentaneamente discorso. "E' preoccupato per i tuoi malesseri. Credo che qualcosa dovrai dirgli prima o poi."
Buffy sospirò. Aveva avuto infinite volte quella discussione con sua madre da quando lei e Willow avevano scoperto la natura del suo problema.
"Che cosa dovrei dirgli mamma?" chiese esasperata. "Che suo figlio, non ancora nato, a causa mia è già un mostro? Pensi sia mio dovere metterlo in condizione di preparare i paletti, in caso siano necessari già dopo il parto? E' probabile che insisterebbe per farmi esaminare, come una cavia da esperimento, dai suoi amici dell'esercito, che sicuramente si occuperebbero anche di tuo nipote. E' questo che vuoi?"

Il tono provocatorio che aveva usato era stato eccessivo. L'espressione ferita di sua madre la fece sentire in colpa, ma Buffy aveva paura, per se stessa, ma soprattutto per il bambino.
Aveva paura di che cosa avrebbe potuto essere la creatura che portava, ma soprattutto aveva paura di suo padre.
Nonostante le apparenze si rifiutava di credere che suo figlio potesse essere un mostro. Era contro ogni logica. Lei era la Cacciatrice. Aveva poteri particolari, ma certo non c'era nulla in lei che potesse generare il male. Le reazioni del bambino potevano avere mille giustificazioni ad esempio un'ipersensibilità verso quello contro cui la madre era destinata a combattere. Qualcosa che dopo la nascita si sarebbe trasformato in un meccanismo difensivo, una capacità superiore alla norma di percepire il male. Oppure avrebbe potuto essere un'esasperazione delle doti materne. In fondo lei era dotata delle stesse caratteristiche dei vampiri, senza le loro debolezze e ovviamente senza la loro propensione per il sangue. Il bambino era solo un feto indifeso. Non c'era nulla di strano se aveva anche le debolezze di coloro che sua madre emulava. Con il tempo le avrebbe superate.

Buffy però non era certa che Riley gli concedesse il tempo di cui aveva bisogno per dimostrare quello che realmente era.
Il suo "bravo ragazzo" con la stessa determinazione con cui aveva respinto l'idea dell'aborto di "suo figlio" probabilmente ora avrebbe cercato di convincerla ad uccidere "il mostro" o peggio farne oggetto di studio per persone prive di scrupoli.
Buffy non intendeva correre rischi. Assurdamente, ora che aveva preso la sua decisione, desiderava quel bambino con tutte le sue forze.
"Hai ragione." Ammise stancamente Joyce. Si sentiva depressa. Di nuovo gli eventi stavano sfuggendo dal suo controllo per sconfinare in territori che per lei erano sconosciuti e ostili.
"Sono stanca. Vado a dormire." Annunciò Buffy "Buona notte a tutti." Salutò, dirigendosi verso la scala che conduceva al piano di sopra.
Non sarebbe riuscita a sopportare altre discussioni. Era veramente stanca, ma soprattutto si sentiva sola come non lo era mai stata.

Giunta nella sua stanza si spogliò, e infilata la camicia da notte si abbandonò con un sospiro di sollievo fra le lenzuola fresche.
La prospettiva di rivedere Angel, in quelle condizioni, l'aveva terrorizzata.
Non avrebbe saputo che cosa dirgli, come affrontare il suo sguardo e le frasi pungenti che certo non le avrebbe risparmiato.
Si chiese che cosa il vampiro avrebbe pensato di lei rivedendola ora. Il suo corpo, che lui aveva tanto desiderato, era deformato dalla gravidanza e lei non solo era priva dei suoi poteri, ma addirittura aveva tutte le debolezze dei suoi nemici di sempre.
Forse avrebbe provato pietà per lei, ma Buffy non voleva la sua pietà, preferiva il suo odio. Almeno quello poteva affrontarlo con dignità.

Il bambino era tranquillo per il momento, ma lei sentiva in modo straziante la mancanza di qualcosa. Si chiese che cosa avrebbe provato se al suo fianco ci fosse stato qualcuno capace di prenderla fra le braccia, stringerla, farla sentire sicura ed amata.
Quel qualcuno avrebbe dovuto essere Riley, ma Buffy l'aveva gradualmente allontanato sempre di più da sè. Non rammentava l'ultima volta che avevano fatto l'amore, ma sicuramente era prima che lei scoprisse di essere incinta. Da tempo Riley non aveva più osato avvicinarla...in quel modo.
Forse istintivamente sentiva che lei non era più disponibile, o più probabilmente riteneva che quel genere di attività non si addicessero ad una donna nelle sue condizioni. Era stata comunque una fortuna per lei. Da quando aveva saputo del bambino non c'era stato più posto per lui nella sua vita e ora se non fosse stato per il timore di insospettirlo l'avrebbe allontanato da sè per sempre.

Certo non poteva dirlo a sua madre. Ancora una volta non avrebbe capito. Lei stava ancora progettando il loro matrimonio nella speranza che suo nipote, nascendo, si rivelasse un bambino come tanti altri.
Buffy però non ci credeva. Suo figlio sarebbe stato speciale. Di questo, era certa.
Al suo fianco avrebbe voluto....Angel. Tentando di far tacere il dolore sordo che provava a quell'idea Buffy si chiese se avrebbe mai smesso di desiderarlo accanto a sè.
Con sorpresa si rese conto che nel suo corpo si stavano risvegliando sensazioni sopite da tempo.
Si sentì ridicola. Sembrava una balena, era assillata da mille problemi, era sola nella sua stanza e....desiderava far l'amore con un uomo che era a centinaia di chilometri da lei e aveva ottime ragioni per detestarla.

Tentò invano di prendere sonno. Immagini del passato continuavano ad emergere nella sua mente e ciascuna di esse non faceva che acuire l'eccitazione che provava.
Ricordava il suo corpo, muscoloso, solido, possente eppure agile muoversi contro il suo, durante gli allenamenti. Nei momenti di tenerezza le sue mani la accarezzavano, gentili eppure forti, esasperando i suoi sensi, fermandosi sempre prima di quel limite invisibile oltre il quale lei avrebbe perso se stessa dentro di lui. Le sue labbra fresche e morbide che le sfioravano la pelle, insinuanti e dolci, capaci di farla gemere semplicemente sfiorandola.
Rivisse quel momento sublime in cui era stata sua. Il sottile dolore che aveva provato sentendolo entrare dentro di lei e poi il piacere, travolgente, assoluto, devastante che lui le aveva donato.
Quella notte non avrebbe mai dovuto addormentarsi. Era esausta per essere sfuggita al Giudice e le nuove emozioni che lui aveva saputo con maestria suscitare in lei avevano prosciugato ogni sua energia. Ora però rimpiangeva di non aver accarezzato più a lungo le larghe spalle, assaporato di più il profumo della sua pelle, esplorato quel corpo magnifico che mai più avrebbe potuto toccare.

Si era addormentata felice, sicura che durante i giorni che sarebbero seguiti avrebbe avuto tutto il tempo di amarlo come desiderava fare con tutta se stessa. Per loro però non ci sarebbe mai stato un giorno dopo.
Il destino li aveva riuniti, ma solo per sottoporli al tormento di potersi vedere, parlare, ma senza che i loro corpi potessero ancora unirsi.
Irritata per quel senso di inquietitudine che le precludeva il sonno ristoratore di cui aveva bisogno Buffy si alzò dal letto.
Rimase in piedi, in mezzo alla stanza, alcuni istanti, indecisa fra una doccia fredda o uno spuntino. Entrambe le soluzioni avrebbero placato i suoi sensi, come il suo spirito, almeno per il momento. Alla fine decise che ingozzarsi di cibo era l'alternativa più gratificante. Uno dei pochi vantaggi della gravidanza era che poteva ingrassare, almeno un pò, senza sentirsi troppo in colpa.

In cucina si diresse subito verso il frigo. Lo aprì. Non offriva molto. Con una smorfia prese il polpettone che sua madre aveva preparato, inutilmente, per la cena. Quella sera nessuno si era seduto a tavola. Ne mise una porzione abbondante in un piatto e iniziò a mangiare.
Il polpettone non era il suo cibo preferito, ma si accorse presto che aveva veramente fame.
La quarta forchettata non riuscì però a portarla alla bocca. Si precipitò al lavandino in preda a tremendi conati di vomito.

Sua madre la trovò il mattino dopo, accucciata in un angolo della cucina. Si precipitò a soccorrerla, ma con sollievo constatò che stava bene. Però aveva pianto per la maggior parte della notte a giudicare dallo stato dei suoi occhi.
"Buffy?" Joyce non riusciva a comprendere che cosa poteva essere ancora accaduto. In ginocchio vicino alla figlia guardò la stanza, cercando una spiegazione. Sul tavolo c'era ancora il polpettone avanzato.
"Hai usato l'aglio vero?" chiese Buffy in un sussurro.
Un'espressione di orrore si dipinse sul viso di Joyce. "Sì, io....mi dispiace. Non ci ho pensato. Che Dio mi perdoni...potevo ucciderti!" confessò la donna abbracciando la figlia.
Buffy si abbandonò fra le sue braccia sentendo il dolore della madre come un'eco del proprio.
In quella stanza buia, nel silenzio della notte, tentando di controllare la nausea, chiedendosi se suo figlio aveva subito dei danni irreversibili si era finalmente arresa.
"Questa sera andrò a Los Angeles." Mormorò in tono rassegnato.

"Buffy, credo sia meglio che qualcuno ti accompagni." insistette ancora una volta il Signor Giles. Erano tutti nell'atrio della casa di Buffy per salutarla. Mancava solo Riley che non era stato avvisato.
"Non è necessario." Rifiutò ancora una volta la ragazza. "E' notte e non può accadermi nulla durante il viaggio. Ho tutto il tempo di andare e...tornare, se lui non accetterà di aiutarmi."
"Perchè dovrebbe non volerti aiutare?" chiese stupita Anya "Ormai è il tuo ex. Tu hai Riley e lui...probabilmente ha qualcun'altra."
Buffy fulminò la ragazza con un'occhiata. "Sono certa che farà il possibile Buffy." tentò di distrarla Willow. "Lo conosci. Non è il tipo di persona che porta rancore. Sono certa che ti vuole ancora bene e poi...è stato lui a lasciarti proprio perchè ti rifacessi una vita."

Buffy sospirò. La giovane strega non era presente durante il loro ultimo incontro. Se avesse saputo quello che lei aveva rinfacciato al vampiro in quell'occasione probabilmente avrebbe avuto i suoi stessi dubbi.
Il Signor Giles però evidentemente aveva sentito tutto o parte di quello che si erano detti infatti si affrettò ad intervenire. "Forse se ti accompagnassi potrei parlare io con lui, per spiegargli la situazione. Sono certo che capirà."
Buffy fu tentata di accettare l'offerta che le avrebbe risparmiato momenti difficili. Lei però sarebbe comunque dovuta restare con lui e per molto tempo. La verità sarebbe comunque emersa. Era molto meglio se avesse affrontato la situazione a modo suo, fin dal primo momento. Almeno non si sarebbe potuta fare dolorose illusioni.

"No, grazie." rispose tranquillamente. "E' una questione fra lui e me. Se vuole aiutarmi lo farà. In caso contrario...mi assumerò i miei rischi. In fondo mi sono messa io in questo pasticcio."
Willow la rimproverò dolcemente. "Non devi chiamarlo "pasticcio"!"
Buffy sorrise. "Hai ragione. Più avanti gli troverò un altro nome, ma per adesso questo mi sembra il più adeguato!"
Le donne dei romanzi e dei films a questo punto erano sempre felici ed entusiaste della gravidanza, anche se quello che le aspettava era il destino di ragazze madri.
Buffy però non riusciva ad esserlo. Voleva il bambino, desiderava che nascesse e che fosse sano e bello, come ogni madre, ma aveva anche paura e soprattutto c'erano momenti in cui l'essere che portava non era altro che una fonte di preoccupazione e problemi.
Forse, quando, tenendolo in braccio, si fosse resa veramente conto che si trattava di una vita, un essere umano, unico e completo, il suo atteggiamento sarebbe cambiato. Per ora però solo la ragione le diceva che si trattava di un bambino. I suoi sensi e il suo cuore lo sentivano semplicemente come un terribile peso che era costretta a portare.

Baciò sua madre e afferrò la valigia. Era leggera. Non c'era molto della sua vecchia vita che aveva voluto portare con sè in quel viaggio, forse inutile. Solo l'indispensabile.
Il Signor Giles la accompagnò fino all'auto.
"Se hai bisogno di qualcosa telefona." Si raccomandò come aveva già fatto in precedenza.
Buffy lo guardò con affetto. Era il solo uomo della sua vita che non l'avesse mai lasciata sola ed ora stava per lasciare anche lui.
"Certo. Giles io..." c'era qualcosa che non aveva avuto il coraggio di portare a termine. Si sentiva vile per non averlo fatto, ma...era stato più forte di lei.
"Riley...non gli ho detto che partivo. Lui non avrebbe approvato, avrebbe voluto delle spiegazioni e io...non sapevo che cosa dirgli. Se domani mattina sarò di ritorno sarebbe comunque stato inutile parlargli e ancora più complicato giustificare un mio prematuro ritorno. Forse però dovrei..."

Il Signor Giles provvidenzialmente le venne in aiuto.
"Non preoccupati." la rassicurò "Andrò da lui domani e gli dirò che hai improvvisamente deciso di andare da tuo padre, a Los Angeles, per evitare la curiosità della gente. Anche lui ha notato come sei nervosa ultimamente e comprenderà il tuo bisogno di solitudine. Non credo creerà problemi. L'idea di diventare padre ha sconvolto anche la sua vita. Penso che, anche se non lo ammetterebbe mai, sarà sollevato dalla tua partenza."
"E' probabile." Commentò Buffy salendo in macchina.
Trasse un profondo respiro. L'aria della notte era fresca ed aveva un effetto rigenerante su di lei.
"Grazie di tutto Giles." sussurrò dal finestrino aperto, prima di avviare la vettura.
Giles rimase sul marciapiede ad osservare i fanalini rossi allontanarsi nel buio.
"Buona fortuna." mormorò, rimpiangendo di non poter essere con la sua Cacciatrice durante il duro confronto che stava per sostenere.

Questa NON è la FINE, non può esserlo, perché l'amore di Buffy e Angel è "forever, this is the whole point"

 

Fine di un amore Continua