"Buffy...non so come dirtelo, ma...sono
due!" Esclamò Willow con un sorriso raggiante. "Un maschietto
e una femminuccia!"
Angel, riverso sul tappeto ancora privo di sensi, non udì le sue
parole. Erano tutti concentrati sui bambini e nessuno quindi si occupò
di lui. Solo Buffy volse il capo per cercarlo e quando lo vide aggrottò
le sopracciglia preoccupata. Poi ricordò che era un vampiro. Si
sarebbe presto ripreso. Aveva bisogno solo di tempo per recuperare le
forze, esattamente come lei.
Buffy abbandonò esausta il capo sul cuscino. Le parole di Willow
stavano lentamente penetrando nella sua mente confusa. Due bambini...non
uno: era straordinario!
Giles osservava i bambini, senza dire nulla. I suoi occhi erano colmi
di commozione, ma anche ansia. Con un rapido sguardo si rassicurò
sulle condizioni della neomamma. Buffy giaceva sul letto con gli occhi
chiusi, ma il suo petto si muoveva regolarmente, in sincronia con il suo
respiro e sul volto aveva un'espressione beata. L'osservatore tornò
a guardare i due neonati che Willow aveva deposto, uno a fianco dell'altro,
sul letto.
La bambina agitava le braccia e le gambe con
vigore, piangendo disperatamente. Sembrava sprigionare un'enorme energia
mentre annunciava al mondo la sua venuta. Aveva i capelli scuri e a Giles
parve la bimba più bella che avesse mai visto. Ricordò in
vano a se stesso che un neonato non può essere bello, non dopo
aver subito il trauma del parto. La figlia di Angel e Buffy evidentemente
era davvero speciale.
Con riluttanza l'Osservatore distolse l'attenzione da lei per scrutare
il fratellino. Anche lui era di una bellezza inconsueta. I fini capelli
biondi erano però la sola luce che illuminava l'esile corpicino
avvolto fra le lenzuola. Le sue membra erano immobili e bianche, del candore
della morte. Il pianto dirompente della sorella aveva coperto il suo silenzio
durante i primi istanti, ma ora era evidente per tutti che dalle labbra
sottili non sarebbe mai uscito nessun suono.
Il maschietto era nato dopo la femmina e per
lui, il tempo passato nel ventre materno era stato troppo lungo. Era inequivocabilmente
morto. Il corpo abbandonato, il capo reclinato da una parte, gli occhi
chiusi sembrava essersi arreso e aver rinunciato volontariamente alla
vita.
"Giles...dobbiamo fare qualcosa!"
sussurrò Willow con voce concitata, lanciando un'occhiata ansiosa
a Buffy. Aveva parlato sottovoce nella speranza che l'amica non la sentisse
e, in effetti, Buffy non dette segno di aver compreso le sue parole.
L'osservatore, scuotendo tristemente il capo, scoprì il petto del
piccolo e cercò invano il battito del cuore o l'accenno di un respiro.
"E' inutile!" Rispose alzando gli occhi, colmi di pietà,
verso la madre. Lo sguardo colmo di domande della sua protetta lo colpì
dolorosamente. Aveva sperato di avere più tempo, ma Buffy evidentemente
aveva intuito che doveva esserci qualche problema.
"Che cosa succede?" chiese ansiosamente, tentando con fatica
di sollevarsi per vedere i suoi figli. "Voglio i miei bambini!"
esclamò con forza, presagendo dalla espressione degli amici la
tragedia che si era compiuta.
"Buffy, non credo che..." tentò
di obiettare Giles, desideroso di proteggerla dalla verità per
ancora qualche istante.
"E' un suo diritto" decretò però drasticamente
Willow con voce cupa. Gli occhi le brillavano di lacrime, ma il suo viso
dimostrava una determinazione che normalmente non possedeva. Tara, che
era rimasta, come di consueto, discretamente da parte, attendendo che
il suo aiuto fosse richiesto, sorrise tristemente verso l'amica. Era quella
forza interiore, quell'enorme coraggio nascosti nelle profondità
dell'animo della giovane strega che l'avevano fatta innamorare.
Willow prese con delicatezza in braccio il corpo esamine del piccolo.
Tara raccolse fra le braccia la scalpitante femminuccia e insieme si avvicinarono
a Buffy.
"Mi dispiace..." mormorò Willow.
Gli altri tacquero. Non c'era nulla che potessero dire.
Buffy, seguendo solo il suo istinto, trascurò la bambina, che continuava
a piangere dimostrando così di essere in perfetta salute. Si sporse
invece per prendere il piccolo fra le braccia. Immediatamente lo liberò
dal lenzuolo che lo copriva cercando disperatamente un segno di vita.
Si liberò dei vestiti e lo strinse al seno per riscaldarlo. Voleva
più di qualsiasi cosa al mondo sentire il piccolo cuore battere,
il respiro uscire dalle labbra socchiuse.
"Datemi uno specchio!" ordinò bruscamente "Forse
respira!"
Giles scosse di nuovo tristemente il capo, ma Willow, con le lacrime agli
occhi, prese dalla sua borsa l'oggetto richiesto. Buffy strinse le labbra
quando vide la superficie liscia del vetro rimanere limpida contro le
labbra pallide del piccolo.
Pensava di essere pronta a tutto. Aveva previsto tutte le possibilità,
anche quella di dare alla luce un mostro orribile, e si era preparata
ad affrontarle, ma questo non poteva accettarlo. Non dopo tante sofferenze,
speranze, paure. Non poteva finire semplicemente così. Era suo
figlio, il figlio di Angel. Non era giusto che fosse morto prima ancora
di vedere il mondo, conoscere i suoi genitori, diventare l'essere meraviglioso
che lei e suo padre avevano sognato.
"Scusate, ma..." la dolce voce di
Tara le giunse estranea e sgradita. Desiderava solo concentrasi sul suo
dolore. "Tara, se hai qualcosa da dire parla!" sbottò
il Signor Giles, meno pazientemente del consueto. Evidentemente anche
lui era stremato dalla tensione sostenuta e soffriva, con la sua protetta,
il dramma che si era svolto sotto i loro occhi.
"Lo specchio.." mormorò Tara, attirando l'attenzione
di tutti sull'oggetto che Buffy continuava a tenere inutilmente di fronte
al viso del bambino. "Non respira Tara, è evidente."
la interruppe Willow sconsolata, il volto rigato di lacrime.
"Non intendevo quello." obiettò l'amica. "Non so
se è importante, ma volevo solo dire che...non c'è il riflesso
del bambino."
Sbigottiti tutti osservarono con rinnovato interesse
il semplice pezzo di vetro. Anche Buffy emerse dall'abisso di sofferenza
in cui era sprofondata e corrugò la fronte perplessa.
"Che cosa vuol dire?" mormorò sottovoce.
"Posso?" le rispose Angel in tono sommesso. Era in piedi, al
suo fianco. Nessuno si era accorto di lui che, silenziosamente, come era
nella sua natura, si era ripreso da qualche minuto.
Fissava il corpo senza vita di suo figlio con un'espressione indecifrabile
sul volto. Con delicatezza lo prese dalle braccia della madre e lo depose
sul letto. La pelle pallida, il petto immobile, gli occhi serrati: era
morto.
Gentilmente il vampiro iniziò ad accarezzare
i sottili capelli biondi. Era quella la creatura che lui e Buffy avevano
generato il solo giorno in cui lui era stato un uomo? Da quell'esile corpo
era scaturito il potere capace di trasformare un uomo in un Bifne? Lui
e Buffy avevano sofferto, gioito, sperato per tutti quei mesi a causa
sua? Sembra impossibile. Era suo figlio, una parte di lui...e non c'era
traccia di vita nel suo piccolo corpo.
Sfiorò con la punta delle dita i lineamenti del volto. Non sapeva
decidere se assomigliava a lui o a sua madre, ma in ogni caso era stupendo,
di una bellezza indescrivibile. Perfino il pallore della morte non sottraeva
nulla all'eleganza delle sue fattezze, anzi, pareva sottolinearla. Era
affascinante, anche nella morte.
Infine prese fra le grandi mani i piedini paffuti. Buffy ebbe l'assurda
impressione che stesse facendo il solletico al bambino come i genitori
a volte fanno per ottenere un sorriso. Con sua meraviglia Angel ottenne
esattamente quel risultato. Il piccolo improvvisamente spalancò
gli occhi ed emise una squillante risata, agitando nell'aria le gambe
e le braccia.
"E' proprio tuo figlio!" le disse
il vampiro con uno sguardo colmo di felicità. "Soffre il solletico!"
Buffy si abbandonò sui cuscini singhiozzando senza controllo.
Nessuno degli amici si mosse per arginare quello sfogo così naturale.
Rimasero semplicemente intorno al letto contemplando i due bambini, venuti
al mondo in modo così diverso uno dall'altro, eppure fratelli.
Angel pose fra le braccia di Buffy il bambino,
che rideva ancora e prese, con cautela, fra le sue la sorellina piangente.
La piccola smise si piangere per un istante, per riprendere però
subito con più energia di prima.
Era meravigliosa come il fratello e altrettanto straordinaria, intuì
il vampiro. Non aveva gli occhi incolori di tutti i neonati, ma pupille
nerissime e profonde che scrutavano il padre con una consapevolezza inquietante.
"E' come se sapesse e...volesse rassicurarmi che lei è viva!"
pensò il vampiro. Poi scosse il capo, come cercando di scacciare
quel pensiero. Voleva essere semplicemente felice, in quel momento, senza
dubbi e angosce per il futuro. La bimba parve comprenderlo e smise di
piangere. Le piccole labbra si piegarono in una smorfia di soddisfazione.
"E' incredibile!" Esclamò per
l'ennesima volta Giles "I neonati piangono. Perchè imparino
a sorridere ci vuole tempo! Lui invece non ha sorriso. La sua era una
vera risata."
Willow scosse i capelli rossi divertita dal commento dell'Osservatore.
Una volta accertato che sia i genitori sia i bambini non avevano più
bisogno di loro gli amici avevano deciso di ritirarsi in cucina, lasciando
alla coppia la possibilità di gioire in privato del lieto evento.
"Non è la cosa più incredibile accaduta questa sera
Giles." osservò Willow. "Perchè Angel è
stato così male? Sembrava quasi...che fosse lui a dover partorire."
Il tono scherzoso con cui era stata pronunciata la frase suonò
forzato alle orecchie di tutti e tre. Nessuno però osò esprimere
quello che veramente pensava. Dopo lunghi momenti di silenzio fu Tara
a dar voce alle loro paure.
"Visto che è morto...vorrei sapere
chi o che cosa anima il bambino." osservò sottovoce.
"Qualunque entità sia" rispose Willow dopo un attimo
di riflessione "non può essere malvagia. Quella risata...non
aveva nulla di cattivo."
"Mi auguro tu abbia ragione." assentì Giles. "Francamente
mi preoccupa quasi di più la bambina. Sembra assolutamente normale...anche
troppo considerato chi sono i suoi genitori. Mi chiedo..."
"E' inutile tormentarci con le domande. Solo con il tempo sapremo
le risposte. Ora dobbiamo occuparci di cose più importarti!"
esclamò Willow convinta.
"Più importanti?" chiese Giles togliendosi nervosamente
gli occhiali. Un brivido di gelo l'aveva pervaso all'idea che gli fosse
sfuggito qualche elemento più grave di quelli che aveva già
preso in considerazione.
"Certo!" confermò la giovane strega con impazienza. "Come
ad esempio...biberon e pannolini!"
I bambini succhiavano avidamente il latte dal
seno della madre. Il maschietto aveva esitato solo pochi istanti, poi
si era unito con entusiasmo alla sorella per fare il suo primo pasto.
Angel aveva sorriso e a Buffy era sfuggito un sospiro di sollievo, ma
nessuno dei due aveva detto nulla. Non c'era nulla da dire.
"Angel...sono stupendi, tutti e due, e...sono nostri!" mormorò
Buffy, contemplandoli.
"E' vero." commentò di Angel.
Buffy distolse lo sguardo dai piccoli per scrutare preoccupata il vampiro.
La sua voce le era suonata assorta e lontana.
Angel appariva esausto e completamente distaccato dalla realtà,
ma nei suoi occhi era presente una luce che Buffy non aveva mai visto.
Il vampiro provava una felicità così grande che non riusciva
a esprimerla in parole. Era diventato padre. Qualcosa che non aveva mai
osato neppure sognare si era straformato in realtà.
"Non so che cosa sarà di loro...e di noi" mormorò
Buffy. "Non so che cosa ci riserverà il destino. Gli sarò
però grata per sempre per averci donato questo momento."
"Sì, anch'io gli sono grato" rispose Angel con voce sognante,
quasi profetica "qualsiasi futuro ci attenda."
§§§§§§§§§§§§§§
"Non è possibile!" esclamò
Buffy, scuotendo nervosamente i capelli biondi.
Angel alzò il capo dal libro che stava leggendo e si volse verso
la compagna con espressione rassegnata.
"Hai ragione, ma abbassa la voce oppure...." mormorò
pazientemente.
"E' assurdo!" lo interruppe Buffy, in tono però più
sommesso "Presto compieranno un mese e ....sono ancora "i bambini".
Che cosa aspettiamo a dargli un nome? Di iscriverli all'università?"
Angel sorrise. Lei aveva già recuperato la sua splendida forma.
Nulla ora lasciava supporre che meno di un mese prima avesse sostenuto
un parto. Era in perfetta salute e piena di energie.
Aveva già ricominciato da tempo tanto a studiare quanto ad andare
a Caccia, con buoni risultati in entrambi i campi.
Lui invece non si era ancora del tutto ripreso dall'esperienza che aveva
vissuto. Fisicamente stava bene, ma psicologicamente...c'erano momenti
in cui si sentiva ancora esausto come quella notte.
I sentimenti, il dolore, lenito solo dalla vista dei suoi figli, le sconvolgenti
sensazioni che aveva provato erano ancora vive dentro di lui e sottoponevano
il suo essere a emozioni altalenanti che assorbivano tutte le sue forze.
Non aveva osato raccontare a Buffy il ruolo
avuto da Angelus nella nascita dei loro bambini.
Nei giorni successivi all'evento lei aveva tentato di indagare, ma i suoi
cupi sguardi l'avevano fatta desistere. La ragazzina di cui si era innamorato,
impetuosa quanto incosciente, era cresciuta acquistando una sensibilità
per i sentimenti degli altri che a quindici anni non possedeva.
Prima o poi avrebbe dovuto parlare, confidarsi con lei, ma non si sentiva
ancora pronto ad affrontare i dubbi e le naturali domande che la compagna
gli avrebbe posto. Per ritrovare se stesso aveva bisogno del suo affetto
e della sua comprensione, non della sua diffidenza.
Quindi taceva, tenendo dentro di sè, in un groviglio indistricabile,
tutte le angosce e le ansie che il parto aveva suscitato in lui. Fortunatamente
poteva contare su Buffy che, nonostante i suoi molteplici impegni, trovava
sempre un po di tempo per lui. Spesso non parlavano neppure, ma la sua
presenza, il suo sorriso, il suo sguardo colmo di affetto erano sufficienti
a rassicurarlo e a donargli quella serenità che non trovava in
se stesso.
Lei lo aveva anche difeso dagli amici. Soprattutto
Giles era impaziente di comprendere l'evento straordinario a cui aveva
assistito. Angel ne era consapevole. Sfuggiva lo sguardo dei penetranti
occhi azzurri, che parevano volergli leggere nell'anima, sentendosi in
colpa. Normalmente era lui stesso vittima della stessa sete di conoscenza
che affliggeva l'Osservatore, ma non voleva analizzare razionalmente quello
che gli era accaduto. Emotivamente non era ancora abbastanza forte per
sopportarlo.
Buffy lo aveva compreso e quindi aveva imposto a tutti un silenzio di
cui Angel le era infinitamente grato, un silenzio di cui forse aveva bisogno
anche lei.
Dopo i travagliati mesi che avevano preceduto la nascita dei bambini,
e il parto stesso, tutte le persone coinvolte sentivano il bisogno di
un periodo di quiete. Fingere che tutto fosse assolutamente normale, mettendo
da parte dubbi e domande, consentiva a ciascuno di ritrovare il proprio
equilibrio.
Willow e Tara erano le uniche a non recitare.
Completamente assorte dalla cura dei bambini sembravano aver completamente
dimenticato che si trattava di due esseri straordinari. Parlavano solo
di vestitini, pannolini, irritazioni cutanee e giocattoli. Erano due zie
fantastiche, esattamente quello di cui i neogenitori avevano bisogno.
Buffy aveva scoperto di possedere un notevole istinto materno. Protettiva
fino all'eccesso verso i piccoli adorava occuparsi di loro, ma non per
questo dimenticava che anche Angel, la caccia e gli studi facevano parte
della sua vita. Le amiche erano quindi per lei un aiuto non solo gradito,
ma anche indispensabile. Essere contemporaneamente Cacciatrice e madre
non era un'impresa da poco.
Angel aveva un modo tutto particolare di accostarsi
ai suoi figli e spesso Willow e Tara aggrottavano le sopracciglia perplesse.
Il vampiro provava un enorme senso di meraviglia e stupore ogni volta
che guardava i bambini. Gli sembrava ancora impossibile di averli generati
lui stesso. In un certo senso ne aveva quasi paura.
In realtà temeva di non essere all'altezza del compito che gli
era stato affidato o peggio che la sua influenza potesse in qualche modo
danneggiarli.
Alle amiche a volte pareva che il padre fosse reticente a toccare i piccoli.
Quando li cambiava o li prendeva in braccio li maneggiava con attenzione,
quasi con diffidenza, come avrebbe fatto con un oggetto fragile e sconosciuto.
Si sentiva indegno di un dono così grande. Eppure nessuno meglio
di lui riusciva a comprendere i loro bisogni e a comunicare con loro.
Una sera, in cui Angel e Buffy erano andati
a caccia, la bambina aveva iniziato a piangere disperatamente nella sua
culla. Normalmente era agitata, ma piangeva raramente.
Willow e Tara avevano tentato di tutto per tranquillizzarla, senza però
ottenere nessun risultato. Quando i genitori erano ritornati avevano sentito
le sue urla già dalla strada. Buffy era entrata in casa quasi di
corsa, in ansia. Angel, giunto qualche istante dopo, appariva molto più
tranquillo.
Il vampiro si era avvicinato alla culla e con un gesto deciso aveva scoperto
la piccola dalle coperte contro cui si dibatteva. Immediatamente lei aveva
afferrato con le manine i piedini paffuti e aveva elargito a tutti i raggiante
sorriso. "Ha deciso che non ha voglia di dormire, ma di fare ginnastica.
Quelle coperte le davano fastidio." aveva spiegato Angel con naturalezza
alle tre donne che osservavano sorprese il miracolo.
Il maschietto piangeva più spesso della femmina, a volte apparentemente
senza motivo. Allora Angel lo prendeva in braccio e gli sussurrava parole
in lingue antiche, ormai sconosciute, che avevano però il potere
di tranquillizzarlo immediatamente. In altri casi però il piccolo
voleva sua madre e, nonostante la giovane età, sembrava avere le
idee chiare. Nessuno poteva sostituire la sua mamma. Buffy lo stringeva
a sè, con un'energia che alle zie apprensive a volte pareva eccessiva
per un esserino così fragile. Ma lui dimostrava di gradire quelle
vigorose attenzioni. Amava soprattutto il tocco caldo della pelle di sua
madre.
All'inizio Buffy aveva rabbrividito sentendo la piccola bocca gelida stretta
intorno al suo capezzolo. Il sollievo nel vedere suo figlio succhiare
avidamente il latte, esattamente come la sorella, era stato però
così grande da sommergere ogni altro sentimento. Con il tempo quel
contatto le era divenuto famigliare e gradito. L'istinto di coprirlo,
stringerlo a sè per riscaldarlo era ancora presente in lei come
nei primi giorni, ma aveva imparato a controllarlo accettando suo figlio
così come il destino aveva voluto che fosse.
La piccola, nonostante i capelli scuri, sembrava
più solare del fratello. Mangiava e dormiva senza problemi. Eppure
c'era qualcosa di misterioso nei suoi sguardi e nel suo sorriso. Suo padre
l'adorava e tendeva a viziarla. Nonostante si fossero posti la regola
che i bambini dovevano dormire nelle loro culle più di una volta
Buffy aveva cercato invano la figlia dove avrebbe dovuto essere per trovarla
infine beatamente addormentata nel letto di suo padre. In quelle occasioni
però non aveva osato rimproverare Angel. Era evidente che se il
vampiro aveva preso quella decisione non era stato tanto per accontentare
un capriccio della piccola quanto un bisogno che lui stesso provava.
Il più impacciato con i bambini era senza
dubbio Giles. Raramente li prendeva in braccio e Willow aveva rinunciato
a insegnargli a cambiare i pannolini. Eppure Angel e Buffy scherzavano
sul fatto che l'austero gentiluomo quasi ogni giorno trovava una scusa
per passare dalla casa della sua protetta e si tratteneva sempre più
dello stretto indispensabile.
Era attratto dai bambini come ferro da una calamita. Ne coglieva ogni
gesto e ogni espressione e i piccoli sembravano ricambiare l'interesse
che dedicava a loro. Giles continuava ad asserire che erano soprattutto
interessati ai suoi occhiali, e al modo migliore per distruggerli, ma
era evidentemente commosso dai loro primi rudimentali e vaghi gesti di
affetto.
"Angel! Sto parlando con te!" Il brusco
richiamo di Buffy distolse Angel dalle sue divagazioni mentali. In quel
periodo si distraeva facilmente. Anche questo era un segno della profonda
stanchezza emotiva di cui era vittima.
"Scusami. Stavamo parlando dei nomi, vero?" chiese, temendo
che Buffy, a sua insaputa avesse cambiato argomento.
"Sì! I nomi." confermò lei con impazienza. "Possibile
che sia così difficile trovarli? Avremmo dovuto pensarci prima,
ma...come potevamo sapere che erano due. Neppure tu te ne sei accorto!"
"Non potevo accorgermene Buffy." ribatté Angel sentendosi
accusato. "Percepivo solo emozioni, sentimenti e i bambini erano
così vicini e strettamente connessi fra loro che non potevo immaginare
si trattasse di due persone e non una sola."
"Lo so." lo rassicurò subito la compagna con un sorriso
di scusa. "Non è stata certo colpa tua. Sono solo esasperata
dal fatto che per una questione così semplice ci voglia così
tanto tempo."
Angel sorrise. La pazienza non sarebbe mai stata
una delle più grandi virtù della sua Buffy.
"Dare un nome a una persona non è semplice Buffy. Un nome
ha un profondo significato. In poche lettere è espressa la nostra
identità, la nostra natura. Ci accompagna per tutta la nostra esistenza,
anche dopo la morte, nel ricordo di chi ci ha amato e odiato. Ha un significato
mistico più profondo di quello che appare."
"Il mio nome non mi sembra esprimere molto." osservò
Buffy perplessa.
"Non è vero. E' unico, come te." asserì il vampiro
con sicurezza. "Deriva dal termine che indica la pelle scamosciata
o la pelle nuda e può anche voler dire buffetto o gesto affettuoso.
Sei tu. Morbida, dolce, con un'enorme capacità di amare, ma anche
forte, resistente e soprattutto vera, autentica, genuina, senza veli o
inganni."
"Non lo sapevo." Commentò Buffy con sorpresa. "Ma
come possiamo sapere come i nostri figli diventeranno con il tempo? Dovremmo
davvero aspettare che siano adulti per dargli un nome?"
L'idea evidentemente non le piaceva molto. Aveva
il sospetto che lasciare i bambini in un limbo senza nome fosse un modo,
per Angel, di negarne quasi l'esistenza. Il vampiro li aveva desiderati
più di lei forse, ma da quando erano venuti al mondo l'atteggiamento
di Angel verso di loro era stato ambiguo. Spesso l'aveva sorpreso a vezzeggiare
i bambini o semplicemente contemplarli con tutto l'amore di un padre.
Un istante dopo però le appariva freddo e estraneo ai due neonati.
"In alcune culture, in effetti, si attende il passaggio all'età
adulta per dare il nome ai nuovi nati, che solo allora entrano veramente
a far parte della comunità. La nostra tradizione è diversa
però. Noi esprimiamo con il nome una speranza e poi preghiamo perchè
questa speranza si traduca in realtà."
Buffy sorrise. Aveva trovato il nome per il
maschietto, ma voleva serbare ancora per un po il segreto solo per sè.
"E' su quei vecchi libri ammuffiti che tu e gli altri sperate di
trovare quello che i nostri figli saranno da grandi?" chiese con
apparente indifferenza.
Angel depose l'antico testo che stava consultando concentrandosi sulla
compagna. Buffy si era tradita. Le brillavano gli occhi. Evidentemente
aveva avuto una di quelle intuizioni che immancabilmente stupivano Angel
per la loro profonda saggezza.
"Sì. Sono esseri però talmente straordinari che è
difficile stabilire che cosa sperare per loro." Ammise con umiltà.
"Qualsiasi nome mi appare inadeguato, ed è lo stesso anche
per Giles e gli altri."
Avrebbe voluto chiedere a Buffy quale nome avesse in mente, ma si trattenne.
Non voleva rovinarle il gusto della sorpresa.
"Io so che cosa spero per loro, o almeno
per il maschietto e non ho bisogno che nessun libro pieno di tarli me
lo dica." rispose lei con sicurezza.
"Che cosa?" chiese a questo punto Angel assecondandola nel suo
gioco.
"Io spero che crescendo...diventi esattamente come suo padre."
dichiarò Buffy, avvicinandosi al vampiro e accarezzandogli il volto.
"Non penso che avere due Angel in casa sarebbe una buona idea."
osservò lui, assaporando il tocco della piccola mano sul viso.
"Non era questo che intendevo." sussurrò Buffy. "Non
mi hai mai detto quale nome ti hanno dato quando sei nato."
I lineamenti del vampiro si contrassero per
la sofferenza. Non si aspettava una simile domanda. Quello a cui si riferiva
Buffy era un passato lontano più di due secoli. Vide il proprio
corpo, morto, sul lastricato freddo di un vicolo sudicio. Gli parve di
sentire di nuovo l'odore di alcool che emanava, il gusto amaro del pessimo
vino che aveva bevuto. Era un ricordo che tornava spesso ad ossessionarlo
nei suoi incubi. La debolezza di quel ragazzo era stata l'origine di tutti
i mali di cui si era reso colpevole. Poteva scaricare sul demone la responsabilità
per i delitti compiuti quando non aveva un'anima, ma era stata la sua
anima, quella sera, a cedere a Darla.
"Non ha importanza." rispose bruscamente, afferrando la mano
di Buffy come se volesse impedirle di toccarlo "Non c'era nulla di
cui essere fieri in quello che sono stato e non voglio certo che mio figlio..."
"Tu eri esattamente quello che sei oggi."
replicò Buffy quasi con ira. "Certo, la tua anima è
cambiata. Sei cresciuto, hai imparato, ma il tuo essere è sempre
lo stesso. Forse se allora non avessi incontrato Darla, o avessi avuto
un'opportunità diversa....conoscendoti per quello che sei oggi,
con la tua intelligenza, la tua sensibilità, il tuo coraggio sono
certa che avresti fatto grandi cose. Tuo figlio sarà come te, con
la differenza che ci saremo noi a proteggerlo dalla vita e....dagli esseri
come Darla.
In un certo senso è come se il destino avesse dato all'uomo che
allora è morto a poco più di venti anni un'altra possibilità
di dimostrare quanto di bello è buono sarebbe stato in grado di
fare. Puoi arrabbiarti finche vuoi, Angel, ma è così!"
"Non credo che ti sarebbe piaciuto l'uomo che sono stato." osservò
ancora il vampiro in un ultimo tentativo di farle cambiare idea, un tentativo
di cui sapeva benissimo l'inutilità.
"Non lo so." dichiarò onestamente Buffy "Effettivamente
non ho un debole per gli alcolisti che passano il loro tempo a giocare
d'azzardo e andare a donne, ma...ci sarà un motivo se tu sei diventato
così e ho il sospetto che se ti avessi incontrato quando ancora
non avevi preso certe abitudini...ti amo per quello che sei e credo tu
sia sempre stato, anche quando frequentavi le donnacce e annegavi nel
bicchiere le tue paure."
"Non sono sicuro di sapere perchè
sono diventato...quello che sono diventato." Mormorò Angel
fissando lo sguardo nel vuoto. "Gli inglesi, invadendo il mio paese,
avevano sconvolto il mio mondo e io non riuscivo ad accettare il cambiamento.
Ho fatto scelte sbagliate, ma forse ci sono momenti nella vita in cui
non esistono scelte giuste. Sarei potuto diventare un ribelle, e morire
in quello che tu oggi chiameresti attentato terroristico, combattendo
per l'indipendenza della mia terra, o chinare il capo, come mio padre,
di fronte all'oppressore. Invece ho preferito fuggire da quella realtà
attraverso una vita dissoluta. Ho iniziato a fuggire allora e non ho mai
smesso." C'era autocommiserazione nelle sue parole, ma anche una
cupa rassegnazione. Non stava tentando di giustificarsi. Con Buffy non
ne aveva mai avuto bisogno. La sua era una semplice analisi del passato
e un'ammissione della sua impotenza di fronte al corso che la sua vita
aveva preso.
"Non è vero." ribatté
pronta Buffy sorprendendolo. ". Questa volta non sei fuggito. Sei
qui, con me e con i nostri figli e saprai certo insegnargli come non cadere
nel tuoi stessi errori." Poi abbassò il tono, accostando il
viso a quello di lui fino quasi a sfiorare le sue labbra con le proprie.
"Come ti chiamava tua madre?" mormorò sottovoce.
"Liam." rispose Angel in un sospiro.
"Nostro figlio è fortunato. E' un bel nome. Temevo qualcosa
di terribile che sarebbe stato condannato a portare per tutta la vita"
Commentò Buffy in tono volutamente leggero, allontanandosi dal
compagno. Era felice.
Era riuscita a essere parte di un altro frammento della lunga esistenza
di Angel che lui fino a quel momento aveva conservato gelosamente solo
per sè. Era una conquista preziosa per lei.
Angel comprendeva il significato della sua espressione
beata e condivideva con lei la sua gioia. Come sempre ricordare il passato,
tradurlo in parole, condividerlo con Buffy era stato difficile, ma lo
sforzo fatto era indubbiamente compensato dalla sensazione di pace che
ora provava.
Buffy aveva il dono di convertire in bene qualsiasi male, illuminandolo
con la luce della sua innocenza e della sua incredibile capacità
di amare.
"Per la bambina," incominciò il vampiro in tono esitante
"se tu sei d'accordo, potremmo chiamarla Iriel."
"Mi piace." commentò subito Buffy. "Ha un suono
molto dolce, ma anche deciso. Ma perchè proprio Iriel?" chiese
curiosa, aspettandosi una lunga spiegazione sui significati e l'origine
di quel nome.
"Era il nome di mia madre." fu la semplice risposta di Angel.
"Ricordo poco di lei, ma...l'ho sempre immaginata molto simile a
te."
"Iriel mi sembra perfetto!" dichiarò
con convinzione Buffy. Evidentemente era riuscita a convincere il vampiro
a cercare non nei libri, ma nel proprio cuore, quello che sarebbe stato
il futuro dei loro figli. "Ora dobbiamo solo comunicarlo agli altri.
Dopo tante ricerche forse resteranno delusi, ma..."
Angel la interruppe sorridendo. "Non sottovalutare i tuoi amici Buffy.
Io credo che saranno completamente d'accordo con noi. Sanno comprendere
molto bene le ragioni del cuore."
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