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COMMENTO: paura e speranza sono inscindibili. La paura nasce dalla incertezza, ma senza incertezze non avremo speranze. Il futuro sarebbe prestabilito, sicuro e immutabile. L'uomo ha bisogno di sperare. La speranza ci permette perfino di superare la morte. Quindi siamo costretti a convivere con la paura. L'importante è riuscire a controllare la paura perchè non sia lei a controllare le nostre vite.

 

 

 

Oltre i confini del mondo

Capitolo n. 21

Paure e Speranze

 


"Buffy...non so come dirtelo, ma...sono due!" Esclamò Willow con un sorriso raggiante. "Un maschietto e una femminuccia!"
Angel, riverso sul tappeto ancora privo di sensi, non udì le sue parole. Erano tutti concentrati sui bambini e nessuno quindi si occupò di lui. Solo Buffy volse il capo per cercarlo e quando lo vide aggrottò le sopracciglia preoccupata. Poi ricordò che era un vampiro. Si sarebbe presto ripreso. Aveva bisogno solo di tempo per recuperare le forze, esattamente come lei.
Buffy abbandonò esausta il capo sul cuscino. Le parole di Willow stavano lentamente penetrando nella sua mente confusa. Due bambini...non uno: era straordinario!
Giles osservava i bambini, senza dire nulla. I suoi occhi erano colmi di commozione, ma anche ansia. Con un rapido sguardo si rassicurò sulle condizioni della neomamma. Buffy giaceva sul letto con gli occhi chiusi, ma il suo petto si muoveva regolarmente, in sincronia con il suo respiro e sul volto aveva un'espressione beata. L'osservatore tornò a guardare i due neonati che Willow aveva deposto, uno a fianco dell'altro, sul letto.

La bambina agitava le braccia e le gambe con vigore, piangendo disperatamente. Sembrava sprigionare un'enorme energia mentre annunciava al mondo la sua venuta. Aveva i capelli scuri e a Giles parve la bimba più bella che avesse mai visto. Ricordò in vano a se stesso che un neonato non può essere bello, non dopo aver subito il trauma del parto. La figlia di Angel e Buffy evidentemente era davvero speciale.
Con riluttanza l'Osservatore distolse l'attenzione da lei per scrutare il fratellino. Anche lui era di una bellezza inconsueta. I fini capelli biondi erano però la sola luce che illuminava l'esile corpicino avvolto fra le lenzuola. Le sue membra erano immobili e bianche, del candore della morte. Il pianto dirompente della sorella aveva coperto il suo silenzio durante i primi istanti, ma ora era evidente per tutti che dalle labbra sottili non sarebbe mai uscito nessun suono.

Il maschietto era nato dopo la femmina e per lui, il tempo passato nel ventre materno era stato troppo lungo. Era inequivocabilmente morto. Il corpo abbandonato, il capo reclinato da una parte, gli occhi chiusi sembrava essersi arreso e aver rinunciato volontariamente alla vita.

"Giles...dobbiamo fare qualcosa!" sussurrò Willow con voce concitata, lanciando un'occhiata ansiosa a Buffy. Aveva parlato sottovoce nella speranza che l'amica non la sentisse e, in effetti, Buffy non dette segno di aver compreso le sue parole.
L'osservatore, scuotendo tristemente il capo, scoprì il petto del piccolo e cercò invano il battito del cuore o l'accenno di un respiro. "E' inutile!" Rispose alzando gli occhi, colmi di pietà, verso la madre. Lo sguardo colmo di domande della sua protetta lo colpì dolorosamente. Aveva sperato di avere più tempo, ma Buffy evidentemente aveva intuito che doveva esserci qualche problema.
"Che cosa succede?" chiese ansiosamente, tentando con fatica di sollevarsi per vedere i suoi figli. "Voglio i miei bambini!" esclamò con forza, presagendo dalla espressione degli amici la tragedia che si era compiuta.

"Buffy, non credo che..." tentò di obiettare Giles, desideroso di proteggerla dalla verità per ancora qualche istante.
"E' un suo diritto" decretò però drasticamente Willow con voce cupa. Gli occhi le brillavano di lacrime, ma il suo viso dimostrava una determinazione che normalmente non possedeva. Tara, che era rimasta, come di consueto, discretamente da parte, attendendo che il suo aiuto fosse richiesto, sorrise tristemente verso l'amica. Era quella forza interiore, quell'enorme coraggio nascosti nelle profondità dell'animo della giovane strega che l'avevano fatta innamorare.
Willow prese con delicatezza in braccio il corpo esamine del piccolo. Tara raccolse fra le braccia la scalpitante femminuccia e insieme si avvicinarono a Buffy.

"Mi dispiace..." mormorò Willow. Gli altri tacquero. Non c'era nulla che potessero dire.
Buffy, seguendo solo il suo istinto, trascurò la bambina, che continuava a piangere dimostrando così di essere in perfetta salute. Si sporse invece per prendere il piccolo fra le braccia. Immediatamente lo liberò dal lenzuolo che lo copriva cercando disperatamente un segno di vita. Si liberò dei vestiti e lo strinse al seno per riscaldarlo. Voleva più di qualsiasi cosa al mondo sentire il piccolo cuore battere, il respiro uscire dalle labbra socchiuse.
"Datemi uno specchio!" ordinò bruscamente "Forse respira!"
Giles scosse di nuovo tristemente il capo, ma Willow, con le lacrime agli occhi, prese dalla sua borsa l'oggetto richiesto. Buffy strinse le labbra quando vide la superficie liscia del vetro rimanere limpida contro le labbra pallide del piccolo.
Pensava di essere pronta a tutto. Aveva previsto tutte le possibilità, anche quella di dare alla luce un mostro orribile, e si era preparata ad affrontarle, ma questo non poteva accettarlo. Non dopo tante sofferenze, speranze, paure. Non poteva finire semplicemente così. Era suo figlio, il figlio di Angel. Non era giusto che fosse morto prima ancora di vedere il mondo, conoscere i suoi genitori, diventare l'essere meraviglioso che lei e suo padre avevano sognato.

"Scusate, ma..." la dolce voce di Tara le giunse estranea e sgradita. Desiderava solo concentrasi sul suo dolore. "Tara, se hai qualcosa da dire parla!" sbottò il Signor Giles, meno pazientemente del consueto. Evidentemente anche lui era stremato dalla tensione sostenuta e soffriva, con la sua protetta, il dramma che si era svolto sotto i loro occhi.
"Lo specchio.." mormorò Tara, attirando l'attenzione di tutti sull'oggetto che Buffy continuava a tenere inutilmente di fronte al viso del bambino. "Non respira Tara, è evidente." la interruppe Willow sconsolata, il volto rigato di lacrime.
"Non intendevo quello." obiettò l'amica. "Non so se è importante, ma volevo solo dire che...non c'è il riflesso del bambino."

Sbigottiti tutti osservarono con rinnovato interesse il semplice pezzo di vetro. Anche Buffy emerse dall'abisso di sofferenza in cui era sprofondata e corrugò la fronte perplessa.
"Che cosa vuol dire?" mormorò sottovoce.
"Posso?" le rispose Angel in tono sommesso. Era in piedi, al suo fianco. Nessuno si era accorto di lui che, silenziosamente, come era nella sua natura, si era ripreso da qualche minuto.
Fissava il corpo senza vita di suo figlio con un'espressione indecifrabile sul volto. Con delicatezza lo prese dalle braccia della madre e lo depose sul letto. La pelle pallida, il petto immobile, gli occhi serrati: era morto.

Gentilmente il vampiro iniziò ad accarezzare i sottili capelli biondi. Era quella la creatura che lui e Buffy avevano generato il solo giorno in cui lui era stato un uomo? Da quell'esile corpo era scaturito il potere capace di trasformare un uomo in un Bifne? Lui e Buffy avevano sofferto, gioito, sperato per tutti quei mesi a causa sua? Sembra impossibile. Era suo figlio, una parte di lui...e non c'era traccia di vita nel suo piccolo corpo.
Sfiorò con la punta delle dita i lineamenti del volto. Non sapeva decidere se assomigliava a lui o a sua madre, ma in ogni caso era stupendo, di una bellezza indescrivibile. Perfino il pallore della morte non sottraeva nulla all'eleganza delle sue fattezze, anzi, pareva sottolinearla. Era affascinante, anche nella morte.
Infine prese fra le grandi mani i piedini paffuti. Buffy ebbe l'assurda impressione che stesse facendo il solletico al bambino come i genitori a volte fanno per ottenere un sorriso. Con sua meraviglia Angel ottenne esattamente quel risultato. Il piccolo improvvisamente spalancò gli occhi ed emise una squillante risata, agitando nell'aria le gambe e le braccia.

"E' proprio tuo figlio!" le disse il vampiro con uno sguardo colmo di felicità. "Soffre il solletico!"
Buffy si abbandonò sui cuscini singhiozzando senza controllo.
Nessuno degli amici si mosse per arginare quello sfogo così naturale. Rimasero semplicemente intorno al letto contemplando i due bambini, venuti al mondo in modo così diverso uno dall'altro, eppure fratelli.

Angel pose fra le braccia di Buffy il bambino, che rideva ancora e prese, con cautela, fra le sue la sorellina piangente.
La piccola smise si piangere per un istante, per riprendere però subito con più energia di prima.
Era meravigliosa come il fratello e altrettanto straordinaria, intuì il vampiro. Non aveva gli occhi incolori di tutti i neonati, ma pupille nerissime e profonde che scrutavano il padre con una consapevolezza inquietante. "E' come se sapesse e...volesse rassicurarmi che lei è viva!" pensò il vampiro. Poi scosse il capo, come cercando di scacciare quel pensiero. Voleva essere semplicemente felice, in quel momento, senza dubbi e angosce per il futuro. La bimba parve comprenderlo e smise di piangere. Le piccole labbra si piegarono in una smorfia di soddisfazione.

"E' incredibile!" Esclamò per l'ennesima volta Giles "I neonati piangono. Perchè imparino a sorridere ci vuole tempo! Lui invece non ha sorriso. La sua era una vera risata."
Willow scosse i capelli rossi divertita dal commento dell'Osservatore.
Una volta accertato che sia i genitori sia i bambini non avevano più bisogno di loro gli amici avevano deciso di ritirarsi in cucina, lasciando alla coppia la possibilità di gioire in privato del lieto evento.
"Non è la cosa più incredibile accaduta questa sera Giles." osservò Willow. "Perchè Angel è stato così male? Sembrava quasi...che fosse lui a dover partorire." Il tono scherzoso con cui era stata pronunciata la frase suonò forzato alle orecchie di tutti e tre. Nessuno però osò esprimere quello che veramente pensava. Dopo lunghi momenti di silenzio fu Tara a dar voce alle loro paure.

"Visto che è morto...vorrei sapere chi o che cosa anima il bambino." osservò sottovoce.
"Qualunque entità sia" rispose Willow dopo un attimo di riflessione "non può essere malvagia. Quella risata...non aveva nulla di cattivo."
"Mi auguro tu abbia ragione." assentì Giles. "Francamente mi preoccupa quasi di più la bambina. Sembra assolutamente normale...anche troppo considerato chi sono i suoi genitori. Mi chiedo..."
"E' inutile tormentarci con le domande. Solo con il tempo sapremo le risposte. Ora dobbiamo occuparci di cose più importarti!" esclamò Willow convinta.
"Più importanti?" chiese Giles togliendosi nervosamente gli occhiali. Un brivido di gelo l'aveva pervaso all'idea che gli fosse sfuggito qualche elemento più grave di quelli che aveva già preso in considerazione.
"Certo!" confermò la giovane strega con impazienza. "Come ad esempio...biberon e pannolini!"

I bambini succhiavano avidamente il latte dal seno della madre. Il maschietto aveva esitato solo pochi istanti, poi si era unito con entusiasmo alla sorella per fare il suo primo pasto. Angel aveva sorriso e a Buffy era sfuggito un sospiro di sollievo, ma nessuno dei due aveva detto nulla. Non c'era nulla da dire.
"Angel...sono stupendi, tutti e due, e...sono nostri!" mormorò Buffy, contemplandoli.
"E' vero." commentò di Angel.
Buffy distolse lo sguardo dai piccoli per scrutare preoccupata il vampiro. La sua voce le era suonata assorta e lontana.
Angel appariva esausto e completamente distaccato dalla realtà, ma nei suoi occhi era presente una luce che Buffy non aveva mai visto. Il vampiro provava una felicità così grande che non riusciva a esprimerla in parole. Era diventato padre. Qualcosa che non aveva mai osato neppure sognare si era straformato in realtà.
"Non so che cosa sarà di loro...e di noi" mormorò Buffy. "Non so che cosa ci riserverà il destino. Gli sarò però grata per sempre per averci donato questo momento."
"Sì, anch'io gli sono grato" rispose Angel con voce sognante, quasi profetica "qualsiasi futuro ci attenda."

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"Non è possibile!" esclamò Buffy, scuotendo nervosamente i capelli biondi.
Angel alzò il capo dal libro che stava leggendo e si volse verso la compagna con espressione rassegnata.
"Hai ragione, ma abbassa la voce oppure...." mormorò pazientemente.
"E' assurdo!" lo interruppe Buffy, in tono però più sommesso "Presto compieranno un mese e ....sono ancora "i bambini". Che cosa aspettiamo a dargli un nome? Di iscriverli all'università?"
Angel sorrise. Lei aveva già recuperato la sua splendida forma. Nulla ora lasciava supporre che meno di un mese prima avesse sostenuto un parto. Era in perfetta salute e piena di energie.
Aveva già ricominciato da tempo tanto a studiare quanto ad andare a Caccia, con buoni risultati in entrambi i campi.
Lui invece non si era ancora del tutto ripreso dall'esperienza che aveva vissuto. Fisicamente stava bene, ma psicologicamente...c'erano momenti in cui si sentiva ancora esausto come quella notte.
I sentimenti, il dolore, lenito solo dalla vista dei suoi figli, le sconvolgenti sensazioni che aveva provato erano ancora vive dentro di lui e sottoponevano il suo essere a emozioni altalenanti che assorbivano tutte le sue forze.

Non aveva osato raccontare a Buffy il ruolo avuto da Angelus nella nascita dei loro bambini.
Nei giorni successivi all'evento lei aveva tentato di indagare, ma i suoi cupi sguardi l'avevano fatta desistere. La ragazzina di cui si era innamorato, impetuosa quanto incosciente, era cresciuta acquistando una sensibilità per i sentimenti degli altri che a quindici anni non possedeva.
Prima o poi avrebbe dovuto parlare, confidarsi con lei, ma non si sentiva ancora pronto ad affrontare i dubbi e le naturali domande che la compagna gli avrebbe posto. Per ritrovare se stesso aveva bisogno del suo affetto e della sua comprensione, non della sua diffidenza.
Quindi taceva, tenendo dentro di sè, in un groviglio indistricabile, tutte le angosce e le ansie che il parto aveva suscitato in lui. Fortunatamente poteva contare su Buffy che, nonostante i suoi molteplici impegni, trovava sempre un po di tempo per lui. Spesso non parlavano neppure, ma la sua presenza, il suo sorriso, il suo sguardo colmo di affetto erano sufficienti a rassicurarlo e a donargli quella serenità che non trovava in se stesso.

Lei lo aveva anche difeso dagli amici. Soprattutto Giles era impaziente di comprendere l'evento straordinario a cui aveva assistito. Angel ne era consapevole. Sfuggiva lo sguardo dei penetranti occhi azzurri, che parevano volergli leggere nell'anima, sentendosi in colpa. Normalmente era lui stesso vittima della stessa sete di conoscenza che affliggeva l'Osservatore, ma non voleva analizzare razionalmente quello che gli era accaduto. Emotivamente non era ancora abbastanza forte per sopportarlo.
Buffy lo aveva compreso e quindi aveva imposto a tutti un silenzio di cui Angel le era infinitamente grato, un silenzio di cui forse aveva bisogno anche lei.
Dopo i travagliati mesi che avevano preceduto la nascita dei bambini, e il parto stesso, tutte le persone coinvolte sentivano il bisogno di un periodo di quiete. Fingere che tutto fosse assolutamente normale, mettendo da parte dubbi e domande, consentiva a ciascuno di ritrovare il proprio equilibrio.

Willow e Tara erano le uniche a non recitare. Completamente assorte dalla cura dei bambini sembravano aver completamente dimenticato che si trattava di due esseri straordinari. Parlavano solo di vestitini, pannolini, irritazioni cutanee e giocattoli. Erano due zie fantastiche, esattamente quello di cui i neogenitori avevano bisogno.
Buffy aveva scoperto di possedere un notevole istinto materno. Protettiva fino all'eccesso verso i piccoli adorava occuparsi di loro, ma non per questo dimenticava che anche Angel, la caccia e gli studi facevano parte della sua vita. Le amiche erano quindi per lei un aiuto non solo gradito, ma anche indispensabile. Essere contemporaneamente Cacciatrice e madre non era un'impresa da poco.

Angel aveva un modo tutto particolare di accostarsi ai suoi figli e spesso Willow e Tara aggrottavano le sopracciglia perplesse.
Il vampiro provava un enorme senso di meraviglia e stupore ogni volta che guardava i bambini. Gli sembrava ancora impossibile di averli generati lui stesso. In un certo senso ne aveva quasi paura.
In realtà temeva di non essere all'altezza del compito che gli era stato affidato o peggio che la sua influenza potesse in qualche modo danneggiarli.
Alle amiche a volte pareva che il padre fosse reticente a toccare i piccoli. Quando li cambiava o li prendeva in braccio li maneggiava con attenzione, quasi con diffidenza, come avrebbe fatto con un oggetto fragile e sconosciuto. Si sentiva indegno di un dono così grande. Eppure nessuno meglio di lui riusciva a comprendere i loro bisogni e a comunicare con loro.

Una sera, in cui Angel e Buffy erano andati a caccia, la bambina aveva iniziato a piangere disperatamente nella sua culla. Normalmente era agitata, ma piangeva raramente.
Willow e Tara avevano tentato di tutto per tranquillizzarla, senza però ottenere nessun risultato. Quando i genitori erano ritornati avevano sentito le sue urla già dalla strada. Buffy era entrata in casa quasi di corsa, in ansia. Angel, giunto qualche istante dopo, appariva molto più tranquillo.
Il vampiro si era avvicinato alla culla e con un gesto deciso aveva scoperto la piccola dalle coperte contro cui si dibatteva. Immediatamente lei aveva afferrato con le manine i piedini paffuti e aveva elargito a tutti i raggiante sorriso. "Ha deciso che non ha voglia di dormire, ma di fare ginnastica. Quelle coperte le davano fastidio." aveva spiegato Angel con naturalezza alle tre donne che osservavano sorprese il miracolo.

Il maschietto piangeva più spesso della femmina, a volte apparentemente senza motivo. Allora Angel lo prendeva in braccio e gli sussurrava parole in lingue antiche, ormai sconosciute, che avevano però il potere di tranquillizzarlo immediatamente. In altri casi però il piccolo voleva sua madre e, nonostante la giovane età, sembrava avere le idee chiare. Nessuno poteva sostituire la sua mamma. Buffy lo stringeva a sè, con un'energia che alle zie apprensive a volte pareva eccessiva per un esserino così fragile. Ma lui dimostrava di gradire quelle vigorose attenzioni. Amava soprattutto il tocco caldo della pelle di sua madre.
All'inizio Buffy aveva rabbrividito sentendo la piccola bocca gelida stretta intorno al suo capezzolo. Il sollievo nel vedere suo figlio succhiare avidamente il latte, esattamente come la sorella, era stato però così grande da sommergere ogni altro sentimento. Con il tempo quel contatto le era divenuto famigliare e gradito. L'istinto di coprirlo, stringerlo a sè per riscaldarlo era ancora presente in lei come nei primi giorni, ma aveva imparato a controllarlo accettando suo figlio così come il destino aveva voluto che fosse.

La piccola, nonostante i capelli scuri, sembrava più solare del fratello. Mangiava e dormiva senza problemi. Eppure c'era qualcosa di misterioso nei suoi sguardi e nel suo sorriso. Suo padre l'adorava e tendeva a viziarla. Nonostante si fossero posti la regola che i bambini dovevano dormire nelle loro culle più di una volta Buffy aveva cercato invano la figlia dove avrebbe dovuto essere per trovarla infine beatamente addormentata nel letto di suo padre. In quelle occasioni però non aveva osato rimproverare Angel. Era evidente che se il vampiro aveva preso quella decisione non era stato tanto per accontentare un capriccio della piccola quanto un bisogno che lui stesso provava.

Il più impacciato con i bambini era senza dubbio Giles. Raramente li prendeva in braccio e Willow aveva rinunciato a insegnargli a cambiare i pannolini. Eppure Angel e Buffy scherzavano sul fatto che l'austero gentiluomo quasi ogni giorno trovava una scusa per passare dalla casa della sua protetta e si tratteneva sempre più dello stretto indispensabile.
Era attratto dai bambini come ferro da una calamita. Ne coglieva ogni gesto e ogni espressione e i piccoli sembravano ricambiare l'interesse che dedicava a loro. Giles continuava ad asserire che erano soprattutto interessati ai suoi occhiali, e al modo migliore per distruggerli, ma era evidentemente commosso dai loro primi rudimentali e vaghi gesti di affetto.

"Angel! Sto parlando con te!" Il brusco richiamo di Buffy distolse Angel dalle sue divagazioni mentali. In quel periodo si distraeva facilmente. Anche questo era un segno della profonda stanchezza emotiva di cui era vittima.
"Scusami. Stavamo parlando dei nomi, vero?" chiese, temendo che Buffy, a sua insaputa avesse cambiato argomento.
"Sì! I nomi." confermò lei con impazienza. "Possibile che sia così difficile trovarli? Avremmo dovuto pensarci prima, ma...come potevamo sapere che erano due. Neppure tu te ne sei accorto!"
"Non potevo accorgermene Buffy." ribatté Angel sentendosi accusato. "Percepivo solo emozioni, sentimenti e i bambini erano così vicini e strettamente connessi fra loro che non potevo immaginare si trattasse di due persone e non una sola."
"Lo so." lo rassicurò subito la compagna con un sorriso di scusa. "Non è stata certo colpa tua. Sono solo esasperata dal fatto che per una questione così semplice ci voglia così tanto tempo."

Angel sorrise. La pazienza non sarebbe mai stata una delle più grandi virtù della sua Buffy.
"Dare un nome a una persona non è semplice Buffy. Un nome ha un profondo significato. In poche lettere è espressa la nostra identità, la nostra natura. Ci accompagna per tutta la nostra esistenza, anche dopo la morte, nel ricordo di chi ci ha amato e odiato. Ha un significato mistico più profondo di quello che appare."
"Il mio nome non mi sembra esprimere molto." osservò Buffy perplessa.
"Non è vero. E' unico, come te." asserì il vampiro con sicurezza. "Deriva dal termine che indica la pelle scamosciata o la pelle nuda e può anche voler dire buffetto o gesto affettuoso. Sei tu. Morbida, dolce, con un'enorme capacità di amare, ma anche forte, resistente e soprattutto vera, autentica, genuina, senza veli o inganni."
"Non lo sapevo." Commentò Buffy con sorpresa. "Ma come possiamo sapere come i nostri figli diventeranno con il tempo? Dovremmo davvero aspettare che siano adulti per dargli un nome?"

L'idea evidentemente non le piaceva molto. Aveva il sospetto che lasciare i bambini in un limbo senza nome fosse un modo, per Angel, di negarne quasi l'esistenza. Il vampiro li aveva desiderati più di lei forse, ma da quando erano venuti al mondo l'atteggiamento di Angel verso di loro era stato ambiguo. Spesso l'aveva sorpreso a vezzeggiare i bambini o semplicemente contemplarli con tutto l'amore di un padre. Un istante dopo però le appariva freddo e estraneo ai due neonati.
"In alcune culture, in effetti, si attende il passaggio all'età adulta per dare il nome ai nuovi nati, che solo allora entrano veramente a far parte della comunità. La nostra tradizione è diversa però. Noi esprimiamo con il nome una speranza e poi preghiamo perchè questa speranza si traduca in realtà."

Buffy sorrise. Aveva trovato il nome per il maschietto, ma voleva serbare ancora per un po il segreto solo per sè.
"E' su quei vecchi libri ammuffiti che tu e gli altri sperate di trovare quello che i nostri figli saranno da grandi?" chiese con apparente indifferenza.
Angel depose l'antico testo che stava consultando concentrandosi sulla compagna. Buffy si era tradita. Le brillavano gli occhi. Evidentemente aveva avuto una di quelle intuizioni che immancabilmente stupivano Angel per la loro profonda saggezza.
"Sì. Sono esseri però talmente straordinari che è difficile stabilire che cosa sperare per loro." Ammise con umiltà. "Qualsiasi nome mi appare inadeguato, ed è lo stesso anche per Giles e gli altri."
Avrebbe voluto chiedere a Buffy quale nome avesse in mente, ma si trattenne. Non voleva rovinarle il gusto della sorpresa.

"Io so che cosa spero per loro, o almeno per il maschietto e non ho bisogno che nessun libro pieno di tarli me lo dica." rispose lei con sicurezza.
"Che cosa?" chiese a questo punto Angel assecondandola nel suo gioco.
"Io spero che crescendo...diventi esattamente come suo padre." dichiarò Buffy, avvicinandosi al vampiro e accarezzandogli il volto.
"Non penso che avere due Angel in casa sarebbe una buona idea." osservò lui, assaporando il tocco della piccola mano sul viso.
"Non era questo che intendevo." sussurrò Buffy. "Non mi hai mai detto quale nome ti hanno dato quando sei nato."

I lineamenti del vampiro si contrassero per la sofferenza. Non si aspettava una simile domanda. Quello a cui si riferiva Buffy era un passato lontano più di due secoli. Vide il proprio corpo, morto, sul lastricato freddo di un vicolo sudicio. Gli parve di sentire di nuovo l'odore di alcool che emanava, il gusto amaro del pessimo vino che aveva bevuto. Era un ricordo che tornava spesso ad ossessionarlo nei suoi incubi. La debolezza di quel ragazzo era stata l'origine di tutti i mali di cui si era reso colpevole. Poteva scaricare sul demone la responsabilità per i delitti compiuti quando non aveva un'anima, ma era stata la sua anima, quella sera, a cedere a Darla.
"Non ha importanza." rispose bruscamente, afferrando la mano di Buffy come se volesse impedirle di toccarlo "Non c'era nulla di cui essere fieri in quello che sono stato e non voglio certo che mio figlio..."

"Tu eri esattamente quello che sei oggi." replicò Buffy quasi con ira. "Certo, la tua anima è cambiata. Sei cresciuto, hai imparato, ma il tuo essere è sempre lo stesso. Forse se allora non avessi incontrato Darla, o avessi avuto un'opportunità diversa....conoscendoti per quello che sei oggi, con la tua intelligenza, la tua sensibilità, il tuo coraggio sono certa che avresti fatto grandi cose. Tuo figlio sarà come te, con la differenza che ci saremo noi a proteggerlo dalla vita e....dagli esseri come Darla.
In un certo senso è come se il destino avesse dato all'uomo che allora è morto a poco più di venti anni un'altra possibilità di dimostrare quanto di bello è buono sarebbe stato in grado di fare. Puoi arrabbiarti finche vuoi, Angel, ma è così!"
"Non credo che ti sarebbe piaciuto l'uomo che sono stato." osservò ancora il vampiro in un ultimo tentativo di farle cambiare idea, un tentativo di cui sapeva benissimo l'inutilità.
"Non lo so." dichiarò onestamente Buffy "Effettivamente non ho un debole per gli alcolisti che passano il loro tempo a giocare d'azzardo e andare a donne, ma...ci sarà un motivo se tu sei diventato così e ho il sospetto che se ti avessi incontrato quando ancora non avevi preso certe abitudini...ti amo per quello che sei e credo tu sia sempre stato, anche quando frequentavi le donnacce e annegavi nel bicchiere le tue paure."

"Non sono sicuro di sapere perchè sono diventato...quello che sono diventato." Mormorò Angel fissando lo sguardo nel vuoto. "Gli inglesi, invadendo il mio paese, avevano sconvolto il mio mondo e io non riuscivo ad accettare il cambiamento. Ho fatto scelte sbagliate, ma forse ci sono momenti nella vita in cui non esistono scelte giuste. Sarei potuto diventare un ribelle, e morire in quello che tu oggi chiameresti attentato terroristico, combattendo per l'indipendenza della mia terra, o chinare il capo, come mio padre, di fronte all'oppressore. Invece ho preferito fuggire da quella realtà attraverso una vita dissoluta. Ho iniziato a fuggire allora e non ho mai smesso." C'era autocommiserazione nelle sue parole, ma anche una cupa rassegnazione. Non stava tentando di giustificarsi. Con Buffy non ne aveva mai avuto bisogno. La sua era una semplice analisi del passato e un'ammissione della sua impotenza di fronte al corso che la sua vita aveva preso.

"Non è vero." ribatté pronta Buffy sorprendendolo. ". Questa volta non sei fuggito. Sei qui, con me e con i nostri figli e saprai certo insegnargli come non cadere nel tuoi stessi errori." Poi abbassò il tono, accostando il viso a quello di lui fino quasi a sfiorare le sue labbra con le proprie. "Come ti chiamava tua madre?" mormorò sottovoce.
"Liam." rispose Angel in un sospiro.
"Nostro figlio è fortunato. E' un bel nome. Temevo qualcosa di terribile che sarebbe stato condannato a portare per tutta la vita" Commentò Buffy in tono volutamente leggero, allontanandosi dal compagno. Era felice.
Era riuscita a essere parte di un altro frammento della lunga esistenza di Angel che lui fino a quel momento aveva conservato gelosamente solo per sè. Era una conquista preziosa per lei.

Angel comprendeva il significato della sua espressione beata e condivideva con lei la sua gioia. Come sempre ricordare il passato, tradurlo in parole, condividerlo con Buffy era stato difficile, ma lo sforzo fatto era indubbiamente compensato dalla sensazione di pace che ora provava.
Buffy aveva il dono di convertire in bene qualsiasi male, illuminandolo con la luce della sua innocenza e della sua incredibile capacità di amare.
"Per la bambina," incominciò il vampiro in tono esitante "se tu sei d'accordo, potremmo chiamarla Iriel."
"Mi piace." commentò subito Buffy. "Ha un suono molto dolce, ma anche deciso. Ma perchè proprio Iriel?" chiese curiosa, aspettandosi una lunga spiegazione sui significati e l'origine di quel nome.
"Era il nome di mia madre." fu la semplice risposta di Angel. "Ricordo poco di lei, ma...l'ho sempre immaginata molto simile a te."

"Iriel mi sembra perfetto!" dichiarò con convinzione Buffy. Evidentemente era riuscita a convincere il vampiro a cercare non nei libri, ma nel proprio cuore, quello che sarebbe stato il futuro dei loro figli. "Ora dobbiamo solo comunicarlo agli altri. Dopo tante ricerche forse resteranno delusi, ma..."
Angel la interruppe sorridendo. "Non sottovalutare i tuoi amici Buffy. Io credo che saranno completamente d'accordo con noi. Sanno comprendere molto bene le ragioni del cuore."

Questa NON è la FINE, non può esserlo, perché l'amore di Buffy e Angel è "forever, this is the whole point"

 

Essere padreContinua