Capitolo 3 - Time

 

Cerco di mettermi in contatto con Mulder ma è irraggiungibile.

Che novità.

Spero almeno che si stia divertendo e/o che sia qualcosa di veramente importante perché qui si sta  consumando una catastrofe.

Chiusa nel laboratorio di Quantico da due ore sento le ginocchia che si piegano dallo sforzo, le pareti chiudersi intorno a me e una umidità tale da impedirmi di respirare bene.

Considerando poi quello che ho scoperto della donna morta sdraiata su questa barella non posso che non sentire una morsa allo stomaco e forti ondate di nausea.

Kaili Jones, bianca, 38 anni… morta per un colpo d’arma da fuoco che le ha trapassato il cranio.

Potrebbe essersi uccisa.

Potrebbe.

Ma ha dei graffi su quello che rimane del suo palato che suggeriscono che abbia infilato la pistola in bocca con un po’ più di forza del necessario.

E questo lo trasformerebbe in omicidio.

Ma ci sono un altro paio di particolari che mi lasciano a dir poco perplessa.

Prima di tutto, rovistando tra dati che ho recuperato dai LGM meno di tre ore fa ho scoperto che faceva parte del MUFON… ed il campanello dall’allarme sta suonando tanto forte che lo posso sentirlo premere sui timpani.

Si era distaccata dal gruppo poco più di un mese fa, ancora non se ne conosce il motivo.

Non ha mai avuto il cancro.

Ma si è sottoposta ad una serie imprecisata di esami di qualsiasi natura…. Tra cui anche quello oncologico.

Da quello che posso dire, questa donna ha passato gli ultimi sei mesi della sua vita spostandosi da uno studio medico specialistico all’altro.

Ipocondriaca? Senza alcun dubbio.

Ma quello che veramente mi sta facendo sudare freddo è che, proprio alla base di quello che rimane del suo collo, ha un graffio lungo almeno due centimetri, spesso 3 millimetri e profondo due.

Probabilmente l’incisione è stata fatta con un coltello da cucina o una forbice, dalla vittima stessa.

La posizione e le variazioni di pressione della ferita lo suggeriscono.

Sento il bisogno compulsivo di toccare il chip alla base del MIO collo.

Mi fermo ad un millimetro dalla pelle perché un’unica cellula celebrale mi suggerisce che con i guanti ancora addosso sarebbe poco igienico.

Lo aveva anche lei, il chip…  e lo ha rimosso.

E poi qualcuno le ha sparato.

Quasi elementare….

Ma perché?

Dio, PERCHE’?

Cazzo, sono maledettamente stanca di questa domanda.

Mentre affido il corpo ad un assistente per ricomporlo mi siedo su uno sgabello in un angolo del laboratorio.

Tolti i guanti ho la libertà di prendermi la testa tra le mani e accartocciarmi sulle ginocchia.

Non ne posso più di tutta questa merda!

Allora:

Ed Jerse riceve dei files contenenti dati genetici di una trentina di donne.

Tra cui IO.

Posso scommettere che ognuno di questi nomi sia collegato a qualcuna che sia stato rapita e/o impiantata e/o malata di cancro.

Ed io rispondo a tutti i requisiti per essere parte del club, che fortuna!

Una delle donne nominate è stata uccisa e/o si è suicidata ma prima ha avuto l’accortezza di asportare l’unica prova che poteva effettivamente collegarla al caso.

Sto teorizzando qui, cazzo, nessuna delle ‘prove’ che ho in mano potrebbe avere valore in un tribunale – sempre che io abbia mai avuto in mano prove così assolute… - sempre che abbia mai trovato qualcuno da portare in tribunale… Dio, che utopia.

Perché solo sperare che ci sia qualcosa di maledettamente certo nella mia esistenza?

Ok… riprendiamo:

qualcuno voleva che noi aprissimo un caso… voleva darci una pista… e questo spiegherebbe i files…

Più probabile è che qualcuno ci voglia incastrare… e ci sta riuscendo!

E’ persino inutile chiedersi chi.

Tutto quello che abbiamo per ora sono dei files e una donna morta.

Ok… non abbiamo un cazzo.

Mentre sono impiegata ad auto-flagellarmi sento la porta del laboratorio che si apre.

Non alzo la testa perché penso sia l’assistente che mi lascia sola nella mia miseria, ma poi odo quel suono caramellato “Scullee”.

Ben arrivato, Mulder!

Respiro a fondo e alzo la testa.

Lui mi osserva fisso e serio e un ombra di senso di colpa gli attraversa quegli occhi di granito prima che stacchi lo sguardo e lo porti sul pacchetto regalo steso sulla barella di ferro.

“Gli esami sono ancora in laboratorio…” incomincio “… la sola cosa che so è che era impiantata!”

Non ci vado piano e lui si volta a guardarmi con occhi sgranati.

Lo ignoro e mi alzo “… risulta che si sia suicidata ma ho ragione di credere che l’abbiano uccisa…”

“E che diavolo significa?” chiede con tono sorpreso ma incerto.

Quasi indietreggia spaventato quando mi avvicino troppo a lui.

“Che i graffi sul palato che ho trovato sono facilmente associabili a qualche effetto dell’esplosione del proiettile e…”

“… non a qualcuno che le ha ficcato la pistola in bocca” conclude per me.

Annuisco.

“E il chip?” domanda.

Non posso trattenere il sorriso amaro che mi sgorga dallo stomaco.

“Rimosso… Probabilmente dalla vittima stessa… se hai avuto modo di leggere il primo rapporto saprai che faceva parte del MUFON, Mulder” specifico e lui annuisce.

“Ho letto il rapporto” afferma.

“E forse Skinner ti avrà già detto che…”

“compariva sui files” termina ancora per me, quasi ne sono infastidita.

“Esattamente… tempismo perfetto, non credi?” Commento.

 

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“Ed io ho scoperto qualcos’altro…” le dico appena fuori dal laboratorio.

“Cosa?” chiede secca.

Mi schiarisco la voce nervoso “… su Kaili Jones, la vittima/suicida… era medico-ricercatore per la Biocosmes Pharmaceutic Research… una industria farmaceutica nel lontano Ohio…” mi fermo un attimo per aprirle la porta e farla uscire dallo stabile mentre cerco di scartabellare in quel che resta del mio cervello per trovare un modo adatto per dirglielo.

L’aria gelida di novembre ci investe entrambi.

Quando Scully alza quel viso stanco e teso verso di me per cercare di spronarmi le parole mi muoiono in bocca.

E’ distrutta.

Dio, Odio vederla così.

“Mulder?” incalza riportando attenzione altrove.

Mi schiarisco di nuovo la voce “ieri notte si è verificato un ‘incidente’ in una industria farmaceutica collegata…la Applied Pharmaceutic Research, in cui la Jones aveva lavorato fino a circa un mese prima di… di questo…”

“Un mese fa?” chiede fermandosi.

“Si…” rispondo in fretta “… il cambio di sede risale allo stesso periodo in cui ha deciso di abbandonare il MUFON”.

“Coincidenza?” domanda sarcastica.

“Tu che ne pensi, Scully?” ribatto.

“Lo saprai quando finirai di dirmi quello che mi devi dire, Mulder”afferma dura come marmo.

E che nessuno dica che questa donna non mi conosce.

Deglutisco teso “… il caso della  Applied Pharmaceutic è federale…” mi fermo “… mi hanno offerto di far parte del gruppo di indagine…” sputo fuori.

Sospira a fondo prima di parlare.

L’aria profuma di tempesta in arrivo.

“Fino a due ore fa non c’era nessun caso di industrie farmaceutiche collegato alla morte del Kaili Jones” dice.

“Non c’è ancora… Ho fatto delle indagini” chiarisco sulla difensiva.

“Ah” è tutto quello che commenta.

“Parto domani” aggiungo in fretta. Sono certo che mi ha sentito.

La decisione è fresca, data da questi ultimi sviluppi. Ancora non ho avuto tempo di dirlo a Diana.

Segretamente ringrazio il cielo perché Scully non da segno di reazione.

Camminiamo in silenzio fino alle macchine, parcheggiate una vicino all’altra al bordo della strada scura.

Ma poi eccola che arriva… la tempesta.

Si schiarisce la voce, si volta verso di me ma non mi guarda “E… sentiamo… chi altro farebbe parte di questo fantomatico gruppo di indagine?”

Cazzo.

“Scully!” L’ammonisco seccamente – non incominciamo.

Perché chiederlo se lo sai!?!

“No, Mulder…” riprende aspra “abbiamo un caso aperto e tu…”

“Riguarda il caso!” quasi urlo.

“NON UFFICIALMENTE!!!” sbraita.

“Cazzo, Scully” Non mi trattengo.

Le parole formano un filo d’alta tensione tra di noi.

Rimaniamo immobili.

Sento la bile in gola.

Deglutisco e respiro a fondo.

“La connessione è evidente” incomincio riprendendo il controllo “non è la prima e non sarà l’ultima volta che evito di aspettare un’autorizzazione… ”

“Già---” mi interrompe amara.

Sto incominciando a perdere la pazienza “Senti Scully…”

“No Mulder---“ mi blocca ancora, esasperata… “non lo vedi che è tutta una TRAPPOLA… ti caccerai nei guai ed io-”

Vedo verde “Dio Scully… NON SEI MIA MADRE!!!” vomito.

Negli occhi di Scully c’è mercurio liquido mentre mi fissa immobile.

Prende fiato “No” dice con un tono di innaturale calma “… e sembra che non sia neppure tua partner ormai.”

Il sangue nelle mie vene si solidifica.

Lei mi guarda paradossalmente fiera per secondi di fuoco.

Rimango pietrificato mentre la osservo aprire la portiera.

E la sorpresa si scioglie in pura rabbia.

“FERMA DOVE SEI?” urlo mentre mi avvicino a passi rapidi.

Vedo la sua schiena irrigidirsi e le sue dita stringersi intorno al ferro della portiera.

Le afferro una spalla e la giro verso di me.

Il suo viso è una maschera di compostezza, i suoi occhi raccontano tutt’altra storia.

“Adesso--- ora mi dici che diavolo significa.” Comando.

Per lunghi secondi sento solo il suono del mio respiro affannato.

“Penso che tu lo sappia” è tutto quello che dice.

Cerca di voltarsi ma la fermo ancora.

“Io penso di no!” Le sussurro invadendo definitivamente il suo spazio.

Sbuffa e scrolla la mia mano via dalla sua spalla.

Ed in un secondo mi rendo conto che sono maledettamente stanco di questa danza.

“Me lo stai chiedendo, non è così? Mi stai chiedendo di scegliere?” sussurro secco.

Sento il mio cuore pressare sulla gabbia toracica ad ogni battito.

I suoi occhi si spalancano dalla sorpresa.

Ma poi li osservo chiudersi in una fessura di rabbia.

E poi ritornano ancora rotondi e opachi.

L’ho visto!

L’ho visto sotto i miei stessi occhi quel muro di diniego alzarsi.

“No, Mulder--- non ti sto chiedendo niente.” dichiara.

Ma ora sento di avere tutto il tempo del mondo per distruggerlo.

“Ed invece è quello che stai facendo--- e ti avevo chiesto di NON farlo…”

Un scintilla d’ira attraversa il suo sguardo “Perché?” chiede aprendo improvvisamente un varco in quel muro.

E mi spiazza.

Devo trattenere l’impulso di spalancare la bocca come un’idiota.

“Perché è una decisione che non DEVO prendere.” È quello che riesco a dire.

Sorride amara… e mi sento percorrere da onde di adrenalina mista a paura.

“O perché è una decisione che non VUOI prendere?” chiede aspra.

E solo adesso me ne rendo conto… che stiamo tremando entrambi.

“E una decisione che non posso prendere” mi sorprendo a sussurrare senza fiato.

Lei riconosce la verità nei miei occhi e nelle mie parole e abbassa la testa… sconfitta.

Io mi sento così pesante che ho l’impressione di poter cadere sulle ginocchia da un momento all’altro.

“Senti Mulder” incomincia e la sua voce è un filo “… penso che questa situazione non sia salutare… penso che questa *relazione* non sia salutare… penso-”

“Scully NO!” La fermo. E la mia mente urla: NON FARLO, non mettermi alle corde, NON ADESSO!

“Dammi tempo…” riesco a chiederle “dammi tempo…”

“Tempo per cosa?!?” domanda indignata “Per l’amor di DIO, Mulder… è assurdo…. Tutto questo è assurdo!”.

Cerca di voltarsi e per l’ennesima volta la blocco “cosa?” chiedo confuso.

“Qui non stiamo parlano di partnership o di amicizia e nemmeno di… *amore*, Mulder, QUI stiamo parlando di FIDUCIA… Quanto tempo ti ci vuole per sapere se ti fidi di ME!”

Sento la rabbia risalire ad onde “QUI NON stiamo parlando di fiducia! Nessun l’ha MAI messa in dubbio! IO non l’ho mai messa in dubbio!!!”

“Sai che non è così” dice in fretta.

Un onda gelida mi colpisce “E’ questo che pensi?” chiedo amaro “E’ questo che credi? Io credo invece che TU non riesca ad accettare che io possa dividere la mia fiducia con qualcun-”

“NON CI PROVARE NEMMENO!” urla con una voce che non avevo mai sentito.

Mi allontano sorpreso.

“Cosa, Scully? Chi non VUOLE sentire la verità adesso?”

“Quale verità, Mulder?” ribatte in fretta “Quale pensi sia la verità?!? Io ho un lavoro da-”

E?

“Lavoro? E’ di questo che si tratta?!? Io non credo…”

“Non mi importa cosa credi, Mulder… io non sono la tua amante e non so nemmeno se posso considerarmi tua amica… So solo che ci ho speso la vita in QUESTO e non VOGLIO che vada a puttane solo perché TU hai deciso così!!!”

“Balle, Scully… solo BALLE!” sbraito, la rabbia mi avvampa il viso.

Come fa ad essere così dannatamente cieca… e testarda.

Non ero solo in quel maledetto corridoio un anno fa, dannazione.

“Dannazione, sai che NON è questo, SAI che non è SOLO questo!!!”

“E’ ALLORA COS’E’?” urla esasperata… e sconvolta….

Abbassa la testa e respira affannata.

La poca aria che ci separa è incandescente.

Io ho il cervello ovattato dalla rabbia e dalla paura.

“… è allora cos’è?” la sento appena ripetere, questa volta con un filo di voce.

E SO che è confusa… e arrabbiata… e stanca.

E ha paura.

E… Dio.

Sento un bisogno opprimente di averla vicino---- vorrei abbracciarla… e stringerla… e.....

Dio, lo vorrei.

Non ho idea del perché.

Non ho idea del perché non lo faccia.

So che non sarebbe giusto… ma so anche che non esiste cosa al mondo che vorrei di più, in questo istante.

Vorrei farle capire… ma cosa?

Combatto lacrime di frustrazione e rabbia e confusione che ricoprono pericolosamente i miei occhi.

Ho la netta sensazione che tutto mi stia scivolando dalle dita.

Non posso accettarlo ma non posso nemmeno impedirlo.

Mi sento così impotente.

“Non lo so” mi sento dire… e la mia voce è un lamento.

Forse sto già piangendo.

La testa di Scully si abbassa ancora di più e giuro di averla sentita singhiozzare.

Cerco di avvicinarmi, lei se ne accorge e mi ferma alzando il palmo della mano.

Non vuole che la tocchi, non in questo momento.

Posso capirlo.

Devo capirlo.

Dio, non posso resistere un secondo di più.

“Guardami Scully” la supplico.

Fa cenno di no… e tutta la fragilità che mi mostra in questo gesto mi comprime il cuore nel petto.

Non l’ho mai vista così scoperta, vulnerabile.

“Guardami” sussurro ancora.

Quando lo fa i suoi occhi sono così pesanti e carichi che devo sopprimere l’impulso di distogliere lo sguardo.

Riesco sorprendentemente a mantenere il contatto dei nostri occhi, e ci riesce anche lei.

“Non so cosa provo…” riesco a bisbigliare “ non lo so… ma so che è forte e… e ho bisogno di tempo… per capire cos’è… perché è la sola cosa giusta da fare… ”  

Annuisce appena prima di riabbassare la testa e respirare a fondo.

Dio, come vorrei avere delle risposte per te, Scully…

Ma non so cosa vuoi… e non so cosa voglio….

So solo che ho una paura fottutta.

Scivola nella macchina ed io non ho nulla da dirle per fermarla.

Quando accende il motore sto ancora osservando lo spazio vuoto che ha lasciato.

Di fronte a me, in me.

E in un attimo mi rendo conto che il tempo non sarà sufficiente per capire.

E’ la paura che mi impedisce di vedere… di sapere.

E non smetterò mai di avere paura.

 

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Mi odio.

Odio ogni singola lacrima che mi inonda gli occhi e non mi permette di vedere la strada.

Che deforma colori e luci.

Odio il suono dei miei singhiozzi che rimbombano nell’abitacolo e nella mia testa.

Misti all’eco delle parole che ho appena detto e delle parole che ho appena ascoltato che si inseguono nelle mie orecchie e nel mio cervello.

Odio quello che ho detto.

Odio quello che ho sentito.

Odio me stessa e odio Mulder in questo istante come mai prima.

Odio chi ha voluto che questo accadesse, e che non ha fatto altro che spingerci in questa direzione dal primo momento che ha messo piede nelle nostre vite.

Odio sentirmi in una trappola per topi---

Dio… ODIO stare così male.

Sono in stato di shock, di questo ne sono certa.

E devo calmarmi, DEVO riprendere il controllo.

Ma Dio… che cosa volevo? Che diavolo speravo?

Che diavolo pensavo di poter dimostrare dicendo quelle cose?

Cosa volevo ottenere?

Non lo sa, Dio… NON SA cosa prova!

E probabilmente NON lo vuole sapere.

Probabilmente gli stava bene quello che c’era.

Ma cosa c’era? Cosa c’è?!?

Non c’è niente… NIENTE!!!

E allora perché sto così male?

NON LO SO, ecco la risposta… non lo so.

Mi aggrappo più forte al volante e incomincio a respirare a fondo, come qualsiasi analista suggerirebbe in questi casi.

Respiro… respiro… e respiro ancora.

Non voglio pensare a cosa è successo.

Non DEVO farlo.

Non serve a niente farlo.

Posso riuscirci.

Posso svuotarla questa fottuta mente.

Ascolto il suono del mio respiro e appena mi rendo conto che è affannato e rotto ricomincio a piangere forte.

Basta! – mi ordino… BASTA!!!

Basta… - mi ripeto piano - basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta…

Respiro – basta – respiro – basta - … ok funziona….

Mi sento meglio… mi sento già meglio…

La sola cosa necessaria è *non* pensare.

Continuo a guidare e non provo niente.

Niente.

E’ insolito ma mi sembra familiare, non pensare.

E’ una strana sensazione, mi rendo conto appena.

Oblio, si chiama… oblio.

L’auto continua a portarmi verso la mia destinazione.

Quale destinazione?

Lo so… lo so qual è la mia destinazione… non è necessario chiedermelo.

E poi li vedo, proprio davanti ai miei occhi…  sono sette.

Sette punti di luce.

Li osservo ma non mi incuriosiscono… è come se fossero sempre stati li.

La loro disposizione mi è familiare.

Sembra che formino una costellazione… forse sono stelle, quei sette punti.

E so che è lì che devo andare.

No… non devo andarci… devo *ritornarci*.

Perché ho la consapevolezza di esserci già stata.

Sto arrivando… sto arrivando.

Sto arrivando….

Aspettatemi, sto arrivando….

BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP

E’ assordante… che diavolo E’?

Il suono mi percorre come una fitta di dolore dalla testa alla punta dei piedi.

Riapro gli occhi.

Quando li avevo chiusi?

Quando?

E’ un clacson quello che sento.

Ed un altro.

BASTA!

Sono in macchina… e sono ferma.

Quando mi sono fermata?

Che diavolo è successo?

Respiro affannata e mi ripeto… - è solo un clacson…. È solo un clacson….

Sono nella corsia di destra… immobile a fari spenti.

Ecco perché continuano a suonare.

Ma perché sono qui?

Quando mi accorgo che sto tremando comincio ad avere paura.

Il terrore sale in un crescendo e mi trapassa da parte a parte.

COSA DIAVOLO CI FACCIO QUI?!?

E per la prima volta guardo fuori dal finestrino.

Una insegna gialla e blu… enorme e lampeggiante mi ferisce gli occhi.

Socchiudo le palpebre ma tremo così forte che ci metto un po’ a focalizzare le lettere a neon.

Plaza Hotel.

PLAZA HOTEL?

Che diavolo ci faccio davanti al PLAZA HOTEL?!?

Dio… Dio… che diavolo è successo? – continuo a chiedermi.

Devo andare a casa – mi ordino – a casa… ORA!

Casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… casa… - mi ripeto mentre accendo la macchina… le mie mani sono percorse da forti spasmi…

E’ come se tutto il mio corpo fosse stato appena folgorato da un fulmine.

A casa… devo andare a casa.

E mentre guido come una posseduta verso Georgetown la consapevolezza mi colpisce come una scossa nel cervello.

E’ successo.

E’ appena successo.

E’ successo ancora!!!

 

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Continua…