Capitolo 4 - Plaza

 

 

“C’è un cambio di programma.” Esordisce Diana appena varca la soglia del mio appartamento.

Alzo lo sguardo dal televisore muto “Cosa?” chiedo piano, quasi seccato.

Lei percepisce la mia luna e ci mette un secolo ad avvicinarsi.

Mi fissa e io non ho pazienza ne voglia di aspettare i suoi tempi “Diana!?!” la sprono secco.

Si siede a raccoglie i pensieri, poi parla “… mi sono appena messa in contatto con un ricercatore della Biocosmos Pharmaceutic, un’altra delle industrie collegate alla Applied… ci ha accordato un incontro… vuole parlare.”

“Di cosa?” chiedo stanco.

“Diavolo FOX” scatta. Io spalanco gli occhi sorpreso.

Il suo tono si abbassa notevolmente quando riprende “… di quello che fanno. Di quello che *veramente* fanno” specifica.

Sbuffo “E chi ti dice che non sia un bluff?” commento aspro.

“Cos’è Fox? E’ la voce dell’Agente Scully quella che sento?” Sottolinea acida.

Balzo in piedi “Non” incomincio alzando un dito “Non ti permettere….”

La rabbia e l’adrenalina non ancora assimilate ritornano ad annebbiarmi la vista.

Lei sgrana gli occhi e ci vedo dentro… indignazione… colpa e.. e paura.

Paura di me.

Dio… devo calmarmi.

“Diana…” riprendo “… non ho idea di cosa tu sia abituata a pensare, ma non mi imbarco ad occhi chiusi… non più almeno… e sicuramente NON quando ho un caso aperto….”

“Il suo nome è Gill Karpenter… ” mi interrompe paradossalmente calma “… è stato lui ha mettersi in contatto con me la prima volta… lavora alla Biocosmos da 20 anni… è contrario al progetto, rischia la vita e sa che le minacce che lo tengono incatenato a quello che sta facendo sono pericoli reali… SA che non ha molto tempo… e vuole solo parlare… ti rendi conto di quello che significa? Ti rendi conto di quello che potremo scoprire?”

“Quale *progetto*?” domando e mi accorgo appena che ho incominciato a misurare a passi nervosi il perimetro del mio salotto.

“Non lo so… ma è così che lui lo chiama” afferma e posso notare un lieve tono di soddisfazione nella sua voce… pensa che mi sia arreso, forse ha ragione.

Quando non commento trova spazio per continuare “… Fox, tutto quello che puoi scoprire riguarderà il caso che hai sotto mano in questo istante, in un modo o nell’altro… sono passate più di 24 ore dal momento dell’incendio alla Applied Pharma Research, cosa speriamo di trovare? Non sarà facile che ricapiti un’occasione del genere… anzi, è quasi impossibile che ricapiti… non so tu, ma IO ci voglio vedere chiaro….”

“Perché?” mi sorprendo a chiedere seccato “Perché è così importante… *per te*?”

Lei è ancora una volta sorpresa… si alza in piedi e mi si mette di fronte.

“Fox” sussurra avvicinandosi.

“Rispondi alla domanda” la blocco.

Inchioda i miei occhi e mi tiene fermo mentre sussurra “perché è questo l’obiettivo…. Perché è questo il punto da cui tutto ha avuto origine… La Verità. Ricordi, Fox? La ricerca ci ha unito… e la verità era la nostra meta. Lo è ancora… *per me* e so che lo è ancora per te… Non è cambiato niente… non è cambiato *niente*.”

“E’ cambiato tutto invece” bisbiglio.

“No, Fox… non le cose importanti… quelle sono rimaste le stesse… rimarranno *sempre* le stesse.”

Non so se è perché sento verità nelle sua parole e vedo sincerità nei suoi occhi - forse ha ragione, forse è vero che nient’altro ha importanza - e non so se è solo perché sono stanco, sconvolto… o perché ho tanta di quella rabbia verso me stesso. Verso Scully.

Forse è solo un’ultima disperata prova di fiducia nei *miei* confronti.

So solo che voglio crederle.

Voglio credere veramente che le importi.

Voglio smettere di sentirmi così solo in questo.

In tutto.

Se non le do fiducia significa che ho fallito, ancora una volta.

Che sto sbagliando tutto.

E che ho appena perso tutto quello che pensavo di possedere… per niente.

Devo farlo, non ho scelta….

Ho deciso: andrò con lei.

“Quando?” Sussurro e sento lo stomaco in gola.

Lei sorride appena mentre bisbiglia “Adesso.”

 

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Parcheggio in fretta, salto fuori dalla macchina ed incomincio a correre.

Attraverso la strada, salgo i gradini di cemento all’entrata del mio edificio, corro lungo il corridoio e prendo le scale.

E’ come se qualcuno mi stesse inseguendo.

Incomincio a rallentare esausta solo davanti alla porta del mio appartamento.

Mi tremano le mani mentre cerco la chiave.

A casa…. Sono a casa – mi ripeto per calmarmi.

Chiudo la porta alle mie spalle e l’assicuro con il lucchetto.

Ci sbatto la schiena contro e incomincio ad accartocciarmi.

Che diavolo è successo alla mia vita nelle ultime 12 ore?

Mi tolgo la giacca e l’abbandono sul pavimento.

Lancio le scarpe in qualche angolo del salotto e mi butto sul divano.

Devo dormire, devo solo dormire….

Andrà tutto bene….

Sono a casa… sono al sicuro.

Mi costringo a rilassarmi… ma i miei muscoli non riescono a stare fermi.

Le gambe tremano visibilmente e la mia testa è elettrica.

Non posso stare così… non posso resistere… devo dormire.

Scatto in piedi.

Vado in cucina.

Attraverso il salotto e controllo la camera da letto, il bagno.

E’ tutto a posto.

Sono a casa… sono al sicuro.

Ritorno sul divano.

Provo a sdraiarmi di nuovo.

E’ finita, la giornata è finita.

Posso calmarmi.

Ma DIO, come faccio a calmarmi?

Come faccio a sentirmi al sicuro se sono IO il vero pericolo?

Come faccio a mettermi al sicuro da me stessa?

Era da un secolo che non mi succedeva.

Era da mesi che non sentivo quella inspiegabile sensazione… che non finivo col ritrovarmi in luoghi senza ricordarmi nel modo più assoluto come c’ero arrivata.

Mi ero spaventata. Ne avevo addirittura parlato con Karen K.

Ma poi non era più successo ed avevo solo smesso di pensarci.

Stress… mi dico, è solo stress.

Ecco perché è successo stasera.

Perché è dovuto succedere proprio stasera? - Mi chiedo, e i miei occhi si ricoprono di nuove lacrime.

Mi passo una mano sulla faccia… una patina di sudore freddo mi fodera come un guanto.

Doccia – mi ordino.

Mi alzo e noto la luce rossa della segreteria.

Il primo impulso è quello di non sentire i messaggi.

Voglio solo chiudermi in una doccia e poi mettermi a dormire, è la cosa migliore.

Ma potrebbe essere importante.

Potrebbe essere Mulder, mi suggerisce la parte di me che sto cercando disperatamente di sopprimere.

No… non li ascolto.

Ma poi premo il bottone come di riflesso.

‘Ciao…’

è Ed…

ED?

‘sono Ed… Jerse…  beh, volevo sapere come stavano andando le cose, insomma… quei files… erano importanti? Niente di preoccupante? Vorrei… beh, fammi sapere se… è qualcosa di serio. Rimango in città, almeno un altro paio di giorni, fatti sentire…. Sono al Plaza Hotel…’

AL PLAZA?

‘chiama qui…   ci vediamo…’

AL PLAZA?

CHE DIAVOLO CI FA’ AL PLAZA?

CHE DIAVOLO CI FACEVO *IO* AL PLAZA STANOTTE?

CHE DIAVOLO SIGNIFICA?

Sfinita, ricado sul divano.

Dio… ma che sta succedendo?

Le ginocchia ricominciano a tremare forte.

Gli occhi mi pulsano e bruciano come l’inferno.

Ho troppe domande e nessuna risposta a tormentami il cervello.

Demerol – risponde Dottor Scully.

E’ la sola soluzione.

Mi trascino fino al bagno e apro il mobiletto dei medicinali.

Ne ho avuto bisogno solo poche volte… in quelle notti che avevo così tanta energia dentro che difficilmente riuscivo a stare seduta.

Stanotte è una di quelle.

Due… tre pastiglie e mi butto sul letto ancora vestita.

Premo la testa sul cuscino e mi costringo a respirare a fondo.

Ho paura… ho troppa paura.

Le palpebre si chiudono e la forza mi abbandona come se mi liberassi dalla presenza di uno spettro nel mio corpo.

E l’ultima cosa che sento prima di scivolare in questo sonno malato è il suono basso e fermo della voce di Mulder che mi ripete all’infinito “Perché sei andata al Plaza stanotte? Perché sei andata al Plaza stanotte? Perché sei andata al Plaza stanotte?…”

 

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Continua…