Capitolo 5 - Omicidi

 

 

Alle sei del mattino siamo già a Cantan, Ohio.

Lo ammetto, sto guidando come un pazzo.

Diana non commenta, anche se la vedo nervosamente attaccata al bracciolo della portiera.

Corro. Corro.

Prima arrivo e prima finirò, mi ripeto.

Scully non approvava la gita programmata ad Alamosa, e sicuramente non approverebbe questo.

Perché mi interessa?

Perché è da ieri notte che una frase mi perfora le pareti del cranio.

‘e sembra che non sia neppure tua partner ormai….’ Seguita da ‘… non sono la tua amante e non so nemmeno se posso considerarmi una tua amica.’

Durante la tempesta non avevo dato molta retta ai particolari, lo riconosco.

Ma con il cervello colmo di rabbia e il cuore gonfio di paura è difficile essere completamente presenti.

Scully ha tirato in ballo senza volerlo il nodo più spinoso dell’intera questione.

Partner? Amica? O amante?

Tutte le cose?

Nessuna?

E’ questo quello che non so.

Non posso biasimarla, perciò.

Considerando quello che sto facendo in questo istante, cioè agire completamente senza il suo supporto e addirittura con l’aiuto di un'altra persona – di Diana -  , ha ragione di credere di non essere più mia partner.

Non come un tempo, comunque.

Valutando il fatto che nella nostra ‘non salutare’ relazione ho perennemente omesso particolari rilevanti, ho sempre trattenuto qualcosa per me, l’ho sempre tenuta a debita distanza – idem per lei – ha ragione di credere anche che non sia suo *amico*.

Almeno non di una amicizia completamente leale.

E sul piano fisico, non c’è mai stato *nulla* tra di noi che ci elevasse a categoria di amanti.

Tutto sommato, le sue affermazioni hanno campo e fondamenta.

E se non siamo più partner, non siamo mai stati amici, e non diventeremo mai amanti tutto si dissolve in… niente.

La rabbia non ha senso, il dolore non ha motivazione.

E non ha nessuna giustificazione il fatto che SO di non poter andare avanti in quello che sto facendo senza la sua presenza.

E non mi spiego come mai lei rimane ed io la lascio rimanere.

Se realmente non fossimo partner/amici/amanti sarebbe più semplice dividere le nostre strade, perdere le tracce, non è così?

Mi si stringe lo stomaco.

Gli X-files – poi realizzo.

Si, gli X-files.

Il lavoro che ci lega e ci incatena.

Lei rimane con me per gli X-files.

Io rimango con lei per la stessa ragione. In fondo, solo Scully ha reso possibile spingersi così avanti in questa ricerca.

Ha dato valore ai files aiutandomi a togliere da quei vecchi schedari quella scomoda patina di fanatica paranoia.

Ecco quello che ha fatto.

Questo… e molto, molto altro….

Si, ma di certo queste fredde considerazioni *non* chiariscono un sacco di cose….

Non chiariscono nulla.

Non spiegano come mai Scully abbia deciso di rimanere anche quando la merda era diventata troppa da sopportare.

Non spiegano la sua reazione di fronte alla questione – lancio un rapido sguardo alla mia destra - *Diana*.

Ma più semplicemente non spiegano perché io valuti così indiscutibilmente la sua opinione, o perché mi senta un traditore in questo istante o perché solo mi si piegano le gambe davanti ad un suo sorriso,  o, molto più frequentemente, alla sua testarda rabbia.

Sono in un vicolo cieco, lo riconosco.

Troppo coinvolto per distaccarmi dal pensiero e troppo confuso per provare ad analizzarlo.

Diana mi fa cenno di svoltare strappandomi dalle mie considerazioni.

Non le ho rivolto la parola.

Ma lei ha fatto lo stesso.

Che abbia finalmente imparato come trattare con i Mulder?

Seguo le sue istruzioni.

Ma poi Diana si schiarisce la gola, secca per il troppo silenzio e parla “… l’incontro è tra un ora… la base di appoggio è a Sandusky, a 40 miglia da qui…  all’hotel Excelsor…”

“In un hotel?” chiedo secco.

“Si” comincia sulla difensiva “… insomma, non potevamo bussare alle porte della Biocosmos e chiedergli di farci entrare a rompergli il loro castello di carte.”

Bell’immagine, mi complimento.

Ok… all’Excelsor.

Non ci dovrebbe volere più di una giornata per sbrigare la questione.

Bene.

Ho deciso: appena scoprirò informazioni degne di rilievo, chiamerò Scully.

Se tutto dovesse rivelarsi un altro buco nell’acqua, domani sarò a Washington e niente di questo avrà mai avuto luogo.

Semplice.

La soluzione migliore.

“Perché pensi che abbiano deciso di nascondersi dietro una serie di industrie farmaceutiche che hanno a che fare con le malattie della pelle?” mi sorprendo a domandarle.

“Non lo so” risponde in fretta “… per non destare sospetto: le malattie della pelle sono così lontane da quello che veramente fanno da eludere qualsiasi tipo di connessione, oppure perché hanno solo rilevato aziende già esistenti…”

Non mi convince.

“E questo Karpenter, che sai di lui?” Dio, perché lo chiedo solo adesso?

Ci mette troppo a rispondere ed io mi volto per spronarla.

Lei mi fissa negli occhi e ci posso leggere un ombra di indignazione quando afferma “non molto di più di quello che ti ho detto”.

“Non mi hai detto un granché” le faccio notare acido.

Si irrigidisce e poi sospira.

Io torno a guardare la strada.

Si schiarisce la voce di nuovo “posso solo aggiungere che nella nostra *breve* conversazione le parole ‘malipolazione genetica’ e ‘sintesi’ e.. ‘monitoraggio’ erano piuttosto ricorrenti… “

La bile mi sale in gola “Non giocare con me, Diana” l’avverto “ ‘malipolazione genetica’ di *cosa*? *Cosa* viene ‘sintetizzato”? *CHI* viene ‘monitorato’”?”

Ci vuole un secondo prima che mi risponda“Penso che tu abbia già la risposta a tutte queste domande… quello che cerchiamo qui è una conferma….”

Cazzo.

Manipolazione di geni umani e … alieni?

Sintesi di un… vaccino?

Monitoraggio delle… cavie?

Penso di averla vinta questa partita a Trivial Pursuit, ma c’è qualcosa che mi sfugge.

Nessuno ha mai risposto alle mie domande, e sicuramente *mai* in un modo così spontaneo.

“Cosa ci guadagna lui?”

“Karpenter?” domanda.

“Si” rispondo seccato “cosa ci guadagna?” ripeto.

Corruccia la fronte.

Non dirmi che ci guadagna la vita perché sono solo cazzate.

Ed improvvisamente mi rendo conto che questa *cosa* è dannatamente troppo gratuita.

Ci deve essere un costo. C’è sempre un prezzo.

“Fox” incomincia, avvertendo sicuramente quest’ondata di puro scetticismo “qui si tratta solo di entrare in quell’albergo, sentire quello che ci deve dire, ed andare… avremo tutto il tempo di dare valore a quelle affermazioni e, se necessario, di indagare. Se fosse solo fumo negli occhi, rimarremo esattamente dove siamo… e domani saremo di nuovo a Washington” mi irrigidisco “ma… ho il presentimento che ci sia qualcosa di grosso, Fox…. Deve esserci.”

Ha ragione, cazzo.

Troppi fatti concomitanti.

I files di Jerse.

La morte della dottoressa Jones.

L’incendio alla Applied.

Ed ora Karpenter.

Qualcosa si sta muovendo.

La terra sta già tremando.

Spero solo che tutto questo non finirà con il mio misero sedere immerso nelle rovine.

 

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Alle sette sono in piedi e mi butto sotto la doccia.

Mi vesto rapida ma con cura.

La luce che filtra invadente dalle finestre poco accostate ha portato chiarezza nella mia mente – mi ripeto.

Solo per convincermi?  - Non lo so.

E’ dannatamente singolare come i terrificanti demoni diventino solo innocue ombre sotto i raggi di questo tiepido sole.

Tutti i disastrosi eventi accaduti nelle passate 24 ore trovano una semplice e concomitante spiegazione.

Stress.

Solo stress.

E’ come l’herpes.

Si insinua silenziosamente.

Rimane inattivo nell’oscurità.

Esplode quando meno te lo aspetti.

E’ lo stress il vero nemico da combattere.

Non cederò allo Stess.

Inconcepibilmente forte di questa consapevolezza trovo le energie per comportarmi da perfetto agente dell’FBI.

Alle 10 in punto il mio rapporto sull’autopsia della Jones è sulla scrivania di Skinner.

Alle 11 sono già dai LGM per prelevare tutto il materiale che ieri non ho avuto il coraggio di prendere.

E’ praticamente una enciclopedia.

Vita, morte e miracoli di 30 donne.

Grazie a Dio i ragazzi hanno evitato di includermi nella bibliografia.

Sono piuttosto cosciente delle mie disgrazie, e leggerle nero su bianco mi farebbe venire la nausea.

Ritorno in ufficio con il pomeriggio pianificato.

Armata di evidenziatori leggo pagine e pagine di analisi cliniche, e note biografiche.

I LGM sono stati addirittura in grado di recuperare interi verbali di riunioni del MUFON nelle quali erano presenti le interessate.

Attraente. In fondo devo tenermi aggiornata sui nuovi tipi di soprusi che quelle donne definiscono colloquialmente ‘test’.

Sono completamente assorbita dalla lettura.

I contorni si confondono e tutto quello che mi passa sotto gli occhi finisce per riferirsi ad una singola donna con mille volti e nessuno.

Una donna che ha una vita incredibilmente simile alla mia.

Scorro le stesse cartelle mediche, le stesse frasi ancora ed ancora.

Alla fine del pomeriggio i fogli sono ordinatamente divisi in pile.

Medici e ricercatrici da una parte, comuni mortali dall’altra.

Nemmeno da chiederselo, tutte rapite e tutte impiantate.

Ma solo a poche di loro è  stato diagnosticato il cancro.

Questo non vuol dire che non sia in agguato nelle teste delle escluse, tra la loro carne.

Ma questa consapevolezza mi stupisce ed infastidisce.

Non è giusto, io sono un passo avanti a tutte.

Già malata e già guarita.

Mulder ha parlato di industrie farmaceutiche coinvolte, e su quella linea ho deciso di indagare.

Mulder?

In quale modo si è insinuato nel mio perfetto pomeriggio da Dana Scully?

Come una zanzara… rumorosa e fastidiosa.

O come il pungiglione di un ape che non riesco a rimuovere.

Ma è più prudente evitare l’argomento ‘Api’ in questo periodo.

Dov’è? – mi ordino di non chiedermi – cosa starà facendo?

La *conversazione* di ieri notte?

Riposta nel cestino in attesa di essere eliminata definitivamente.

O ripristinata.

La mia gita inconsapevole in quelli del Plaza?

L’ho messa tra la posta in attesa di essere letta.

C’è. So che prima o poi dovrò aprirla, non ora.

Ma non c’è né oggetto e né mittente, potrebbe essere un virus.

Tutto considerato ho scartabellato solo mucchi di letame oggi pomeriggio.

Posso ritenermi soddisfatta però, non sono crollata.

E’ una vittoria visto lo stato in cui ero ieri.

Ieri?

No, ‘ieri’ non esiste.

C’è un caso che devo risolvere.

La sola cosa che conta adesso.

A beneficio dell’originalità, ricevo una chiamata di Skinner che mi chiede – è un eufemismo, mi *ordina* - di fargli visita al terzo piano.

Salgo senza protestare. Anche se l’intervento di Jean Kanningam che stavo leggendo sulla possibilità di utilizzare il chip per acuire la forza medianica aveva catturato la mia attenzione.

Peccato, aspetterò la prossima puntata.

Entrando nell’ufficio del capo percepisco un aria piuttosto tempestosa dietro a quella imponente scrivania.

Skinner si volta per guardarmi mentre si massaggia il naso con la punta delle dita.

“Il suo rapporto è stato messo in archivio” esordisce.

Mi accomodo e annuisco.

Non ho idea di dove voglia arrivare, perciò sto zitta.

“La sua ipotesi di omicidio solo accennata è stata subito presa molto seriamente.” Prosegue.

Io corrugo la fronte. E da quando mi prendono così seriamente? Così in fretta?

“Tanto seriamente da spingere la sezione Omicidi ad aprire un’indagine”

Bene.

Continuo solo ad osservarlo.

“…e a trovare un colpevole” conclude.

Eh?

“Signore…?”

Una indagine conclusa in mezza giornata è incredibile persino se eseguita dai super produttivi agenti della Omicidi.

E dov’ero io in tutto questo?

Perché non sono stata avvertita prima?

Skinner legge telepaticamente le mie domande e si stringe nelle spalle nervoso.

“Indagine su amici e conoscenti. Robert Jehenins, convivente dei Kaili Jones, è stato rintracciato, scoperto senza alibi, interrogato fino ad una confessione. Caso di routine. ” 

“Eh?” mi sorprendo a commentare.

Impossibile.

“E’ come le ho detto, Agente Scully. Caso di routine.”

Non posso crederci.

“Signore… la mancanza di alibi non è una prova schiacciante, e di certo non spiega fatti e circostanze dell’assassinio, non spiega il MO, il graffio” mi fermo indignata “…il chip” concludo seppellendo i miei occhi nei suoi.

Skinner si fa piccolo ad ogni mia parola.

Non parla. Probabilmente non sa cosa dire.

“Legga” mi ordina dopo minuti porgendomi un foglio che era efficacemente mimetizzato dal tampone della carta.

Alzo il sopraciglio.

“E’ la confessione” spiega.

Scuoto la testa e praticamente gli strappo dalle mani quel foglio.

Lo scorro con lo sguardo.

Oh Dio, no.

Non può essere vero. Non possono credere a questo mucchio di stronzate.

Robert Jehenins non *può* aver ucciso la sua convivente perché lei glielo ha chiesto.

Perché – parole testuali – ‘era stanca di lottare contro i mulino a vento’.

Deve essere uno scherzo.

Dove sono le telecamere?

Alzo lo sguardo su Skinner e lui deve leggere ciò che penso giusto su un paio di mie righe di espressione perché si sente in dovere di commentare.

“Le sue impronte erano sulla scena…” inizia.

“Potrebbe averle lasciate in *qualunque* momento” devo interromperlo.

“Ci sono svariate testimonianze che avvalorano una loro evidente crisi.”

Non riesco a sopprimere un sorriso amaro “E questa sarebbe una prova?” domando aspra.

“Era esasperato e probabilmente non lucido, ha preso quella pistola e le ha sparato. Questo e tutto. Nient’altro può essere *provato*” dichiara.

Oh Grande!

“Non può crederci davvero.” Affermo esasperata.

Solo, non può!

“Qui non si tratta di credere o non credere.” Illustra esacerbato  “Qui si tratta di un caso di omicidio, aperto dalla Omicidi e chiuso dalla *Omicidi*, non è di mia competenza… ”

“E l’x-file?” lo blocco “dove si colloca l’x-file aperto.”

“Da nessuna parte” dichiara soltanto.

Ed un lampo di colpa e impotenza gli attraversa lo sguardo.

Oh Dio, non può succedere di nuovo. Non possono innalzarmeli sotto gli occhi questi muri di gomma.

“Voglio parlare con il sospettato” assento.

“… colpevole.” Mi corregge “… e non può farlo, Agente Scully” conclude.

“Come?”

Sono sbalordita.

“Non può interferire con il lavoro delle altre sezioni.”

“Dio, è assurdo!” Non posso controllarmi.

“Non posso procurarle l’autorizzazione” ammette “Ma tra qualche giorno il nuovo condirettore sarà qui e potrei proporgli-”

Tra qualche giorno?

Ma scherza?

“Signore - ”

I suoi occhi mi bruciano la faccia quando afferma “Si tenga lontana da Jehenins, Agente Scully… è meglio per tutti. La sezione dell’Agente Mulder è nel centro del mirino, da Dallas -”

No, non posso sopportare che venga tirata fuori ancora la questione Dallas.

Mi si annebbia la vista “Signore, un caso viene aperto e chiuso in un pomeriggio. Ed è chiaramente ricollegabile ed un x-file… non può chiedermi di rimanere nelle retrovie mentre altri giocano con le *mie* pedine.”

“Agente, si attenga alle istruzioni… e non è un ordine, è un *consiglio*”.

Ah, già.

Dimenticavo gli Skinner-consigli.

Dio, per una dannata volta, parli chiaro, Signore.

Muovo le labbra per protestare ma lui mi ferma con un secco gesto della mano.

Fine della discussione.

Adesso la piccola Agente_non_vado_a_dormire_se_prima_non_leggo_il_protocollo_del_bureau_Scully si ritira nei suoi appartamenti al seminterrato e serra occhi, bocca e orecchie.

E’ questo che crede.

E’ questo che si aspetta.

E’ questo che TUTTI dannatamente si aspettano *da me*.

Mi alzo in piedi e mi avvio alla porta.

Abbasso la testa fingendo un plateale segno di sconfitta.

“Posso leggere il rapporto della Omicidi, almeno?” domando con un tono di voce simile ad una adolescente capricciosa.

Mi osserva per qualche lungo secondo, valuta se è il caso, poi risponde “Si… può leggere il rapporto.”

Bene, molte grazie.

Mi accomiato con un debole cenno del capo.

Esco dalla porta e prendo un respiro profondo.

*Questo* dovrà cambiare.

 

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Continua…