Capitolo 8 - Conseguenze
“La sua storia non è
diversa da tutte quelle che ho già sentito nel corso delle indagini che mi
hanno portato fino a qui… e non si aspetterà che io mi fidi della sua semplice
parola” esordisco.
Sia Karpenter che Diana mi osservano
con occhi sbarrati.
“… e non ho certo bisogno
di questo… ho bisogno di *prove*!” concludo mentre mi sposto dal mio cantuccio
accanto alla finestra e finisco con il sedere sulle federe d’orate del letto.
Mi siedo più comodamente e
aspetto che qualcuno parli.
Karpenter tossisce nervoso.
“Agente Mulder… io sono qui
per darle *informazioni*… se vuole delle *prove* farà bene a cercarsele da
solo…” afferma indignato.
Oh Grande!
Fottutamente fantastico!
“… allora le sue
*informazioni* non mi servano ad un cazzo… Dott. Karpenter!” abbaio.
Diana mi fulmina con gli
occhi.
Io scrollo le spalle
sdegnato.
“Fox…” sussurra Diana “… ti
conviene finire di ascoltarlo…”.
Oh…
“Perché c’è altro?” domando
seccato.
Diana volta la testa.
Karpenter mi osserva
inorridito.
Sbuffo e torno a guardare
le tende spesse della finestra grande.
E li ho una visione….
Nello spazio dove prima ero
impalato io… ora c’è Scully.
Sopprimo un rantolo di
sorpresa.
La sua presenza incorporea
ha le braccia incrociate e la tipica espressione *basta_con_le_cazzate_Mulder*.
Ma che cazzo…?
Sbatto le palpebre un paio
di volte ma è ancora li.
Deglutisco.
Continuo ad osservare il
contorno sfocato di quella spettrale figura quando incomincio a parlare.
“Sono stanco di ascoltarla,
Karpenter… se veramente vuole parlare… *ora* risponderà alle mie domande.”
Incredibile a dirsi, ma
Scully-fantasma annuisce nell’ombra.
Deglutisco ancora.
“Quali domande?” sento chiedere
a Karpenter.
“Perché hanno distrutto la Applied…
per incominciare.” Dico saldo perso nei finti occhi vitrei di Scully.
“Ci stavo arrivando…”
inizia il Dottore “… se lei mi avesse-”
“PARLI!” lo interrompo
brusco.
Attimi di silenzio.
Un altro colpo di tosse.
“La Applied era una
struttura che non era più utile allo scopo… anzi, era diventata dannosa…”
“Perché?” incalzo.
“Fughe e falde
principalmente… troppe informazioni cominciavano a trapelare… e c’era
un’evidente rottura interno dell’organico.”
“Che tipo di rottura?”
“Lo stesso tipo di rottura
che ha portato *me* a *cercare* questo incontro.” Specifica “i sei morti… erano
sei ricercatori…. Una volta eliminata la struttura era prudente eliminare i
restanti pericoli.”
O viceversa?
Comincio ad inquadrare.
“Ed è per questo che hanno
ucciso anche la Dottoressa Jones?” realizzo.
“NO”mi blocca Karpenter.
Trovo la forza per scollare
gli occhi da Scully-ombra… e lo folgoro con lo sguardo.
“No” continua “Kaili… Kaili
*si* è uccisa. Almeno, sono quasi certo di questo….”
Interessante, ma ora me la
deve spiegare.
“Mh?” Lo sprono.
“La… storia di Kaili… è
piuttosto… particolare….”
“Racconti quello che sa…”
comando completamente focalizzato.
Si schiarisce la voce
“Kaili… faceva parte del tipo di ‘monitoratrici’ che operano all’interno delle
strutture…. Lei operava all’interno del MUFON.”
“Era una rapita”
Puntualizzo.
I suoi occhi si spalancano
“NO” poi si richiudono “si.. beh, insomma…”
“Cosa?” Comincio ad
innervosirmi.
“Kaili non era stata
rapita… ma era impiantata, per poter far parte del MUFON senza destare sospetti.”
Spalanco gli occhi, “ah… ”,
è la prima volta che sento questa “un finto-impianto?” domando con tono
stridulo.
“Si… No…. Insomma… lei lo
credeva, tutti credevano che fosse un impianto di.. copertura… ma invece… beh,
in seguito si è scoperto che non era così.”
“Non era finto?” Chiedo e
mi sporgo in avanti.
Che colossale presa per il
culo.
Se quello che sto
ascoltando è vero, Kaili Jones era stata fottutta da manuale.
Karpenter mi osserva e si sente
in dovere di specificare “Kaili provava da tempo a… ad avere un bambino… e
quando ha scoperto che era sterile…”
Un brivido mi trapassa.
Sterile.
“Ha fatto uno più uno.”
Commento espirando.
E non posso che pensare a
lei.
Scully….
Mi volto verso la finestra
e mi sta guardando ancora, Scully non-Scully.
Mi fissa.
La fisso.
“Già” riprende Karpenter,
”… come può immaginare la scoperta l’ha sconvolta. Ogni cosa che aveva… ogni
cosa in cui aveva creduto… tutto le è crollato addosso… Ma anche lei, come me,
ha presto capito che c’era ben poco da combattere… ed è restata, sempre più
distrutta… Dopo poco ha lasciato il MUFON e ha cambiato sede, penso volesse
provare a ricominciare… ma poi, evidentemente, non ce l’ha fatta… ”
Sorrido amaro “in base a
quanto ha detto prima, ho sentito descrizioni di sette sataniche meno
*vincolanti* di questa fantomatica organizzazione, e perché per Kaili sarebbe
stato tanto facile tentare di.. ricominciare?” Mi suggerisce la sempre presente
ombra di Scully accanto alla finestra.
Anche Karpenter ride, secco
“non è così--- forse mi sono spiegato male, o forse non ha ascoltato-”
Sbuffo sonoramente.
“… non stiamo parlando di
una setta satanica qui… Agente Mulder… la libertà di scelta rimane invariata…
quelle che cambiano sono le conseguenze…. Il suicidio di Kaili è una
conseguenza….”
“Si spieghi meglio?”
Incalzo alterato.
Anche Karpenter sta
finalmente perdendo la pazienza.
“Va bene, Agente Mulder…
forse ho trovato l’esempio perfetto che le farà capire…”
“Quale?”
“Prendendo l’intero contesto
su una scala molto più larga… l’Agente Scully è una monitoratrice.”
Scatto in piedi.
Eh?
COSA?!?
“Cosa?”
“Ascolti Agente Mulder… si
limiti ad ascoltare….”
“Fox” mi riprende Diana.
Mi volto verso la finestra
cercando inconsciamente rassicurazioni da Scully-spettro.
Ma è sparita.
Che diavolo succede qui?
Karpenter sospira “…
l’Agente Scully è stata… coinvolta… sei anni fa, il suo compito era quello di
*monitorare su di lei*… questo lo sa, no?”
Dio, Si…
“Si” sussurro indignato e confuso
“… ma non l’ha fatto… non l’ha più fatto….”
“Ha *scelto* di non farlo,
Agente Mulder… e ne ha pagato le conseguenze!”
Dio.
Dio NO.
Ricado sul letto.
Sapevo che era colpa mia…
DIO LO SAPEVO.
Scully… oh Scully…
Oh cazzo.
“Penso che abbia capito qual’è
il punto, Agente Mulder….”
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Il suono secco dei miei
passi rapidi echeggia tra le pareti grigie di questo carcere.
Non sto scappando – mi
ripeto – la situazione è solo più complicata di quanto pensassi… e ho bisogno
di tempo, per elaborare una strategia.
Ma non riesco a
convincermi.
So che sto fuggendo da
quello che io stessa ho appena scoperto.
Kaili Jones è morta.
E moriranno anche tutte le
altre.
Moriremo tutte.
Dio, è così.
E sicuramente Jehenins non
era in grado di dirmi il perché.
Ci devono essere altre vie
per saperlo.
Devono esserci.
La sola cosa che so è che
*devo* chiamare Mulder.
Non ho altra scelta.
E’ l’unico che può
rimettere insieme le tessere.
Il mio stomaco mi si
stringe nell’addome.
Mulder…
Respiro a fondo.
Appena fuori dal carcere
federale prendo in mano il telefono.
Il mio respiro e affannato
e lo sento ancora più forte attraverso la cornetta appoggiata alla mia bocca
socchiusa per lo sforzo e per la paura.
‘Il cliente da lei chiamato
non è al momen-’
Cazzo.
Riprovo.
‘Il cli-’
Oh cazzo.
Dove cazzo è?
E poi lo sento.
Chiaro, completamente
riconoscibile sopra i rumori di fondo quasi inesistenti.
Il suono della sicura di
una pistola che viene tolta.
‘Click’
Oh merda.
Mi pietrifico.
“Resti immobile” sento alle
mie spalle.
La voce mi è completamente
sconosciuta.
Ma è ferma, autoritaria…
dura.
Mi irrigidisco di più.
“Appoggi il cellulare a
terra… e la pistola… lentamente.”
Oh merda, che diavolo
succede qui?!?
Respiro.
Lo faccio.
Su certi comandi non si
discute.
“Faccia tre passi indietro
adesso… e si volti….”
Prendo un ennesimo profondo
respiro.
Uno… due … tre passi e sono
completamente inghiottita dall’ombra scura.
Mi sento una statua di
sale.
Illuminati dalla luce di un
lontano lampione del cortile del carcere federale, osservo il mio cellulare e
la mia pistola appoggiati sul prato nero.
Così lontani, adesso… se
solo….
“Si volti” un ordine, il
suo tono mi fa quasi sobbalzare.
Mi volto, piano.
E la canna di una pistola è
a cinque centimetri dalla mia faccia.
Ingoio un ansito.
Rimaniamo fermi, io e
quella pistola, per minuti di fuoco.
E poi… “Agente Scully…”
incomincia quella voce, ora più… morbida.
E?
Perché mi stupisce il fatto
che sappia chi sono?
Ma chi diavolo è?
“… era l’unico modo che
avevo per farla fermare…” continua
“…spero che perdonerà la… brutalità”
Eh.
Che cazzo è, uno scherzo?
Sgomenta, trascino cauta
gli occhi dal buco nero della canna in alto.
Ed un viso completamente
sconosciuto mi riempie la vista.
Non posso valutarlo perché
l’ombra è troppo scura perché mi possa focalizzare sui particolari.
Deglutisco.
“Che vuole?” Riesco a
domandare.
“Nulla… se non la promessa
che rimarrà immobile fino a che non avrò finito.”
Spalanco gli occhi “finito
di fare COSA?!!”
“Si calmi, Agente Scully…
non sono venuto qui per farle del male… anzi….” E la canna della pistola si
abbassa lentamente.
Punta verso il mio collo,
il petto, lo stomaco… le gambe e poi a terra.
Quasi sospiro dal sollievo.
“Chi è lei?” chiedo
cercando il più possibile di dare un tono fermo alla mia voce, ma sto tremando.
L’uomo mi ignora “Le chiedo
solo di ascoltarmi, Agente Scully…. di ascoltarmi attentamente….”
E fa un passo avanti.
Io, istintivamente, uno
indietro.
“P-perché?” domando.
“Stia ferma, rimanga
nell’ombra” sussurra con una voce densa, cupa.
Rimango ferma.
“Si è appena cacciata in un
grosso guaio, Agente Scully… questo lo sa… ma il guaio è più grosso di quanto
lei non possa mai immaginare…”
Deglutisco colpevole.
Mi sono appena intrufolata in
un carcere federale senza autorizzazione, l’avevo quasi dimenticato.
Lui continua… e la sua voce
è…strana… Dio, è come se mi… avvolgesse “… gli ha appena dato carta bianca… non
ho idea del perché volessero un pretesto per colpirla, ma lei gliene ha appena
fornito uno… e ne approfitteranno.”
“CHI? C-Chi è lei?” chiedo
ancora, più fermamente adesso. Almeno credo.
E per la prima volta noto
il blu surreale dei suoi occhi.
Non avevo mai visto un
colore così.
“Non ha importanza.”
Afferma.
“Ne ha!” ribatto in fretta.
“NO” replica secco “lei non
si rende conto di quello che sta per succedere! Non si domanda come mai è
riuscita ad entrare in un carcere di sicurezza così… facilmente…?”
Oh cazzo.
Lo sapevo… Dio, LO SAPEVO
che c’era la trappola!
Quella telefonata….
Dio.
“Cosa? Cosa sta per
succedere? Come fa lei a saperlo?” Domando espirando in fretta.
“Lo vedrà con i suoi stessi
occhi casa succederà… quello che sono venuto a dirle è che l’unica cosa che può
e *deve* fare d’ora in poi è attenersi alle direttive…”
Cosa?
“Cosa?”
“Ha capito, Agente Scully…
non ha scelta… o fa come dicono loro… o *segue le direttive* o… ne paga le
conseguenze!” Sussurra fermo.
Ma che cazzo!?!
E all’improvviso non mi
importa se è lui quello con la pistola.
Non mi importa di nulla.
Forse sono veramente
impazzita perché scatto in avanti.
L’ira mi annebbia il
cervello.
“CHI E’ LEI? COSA VUOLE DA
ME?” urlo.
“Sh” mi zittisce e
all’improvviso sento il peso della sua mano sul gomito.
Rabbrividisco.
Terrorizzata cerco di
divincolarmi.
Quella mano mi trascina
nell’ombra.
“Abbassi la voce, Agente
Scully.” Sussurra piano.
Cazzo.
Ci metto tutta la forza che
mi è rimasta per togliermi da quella presa.
Mi sposto rapida
all’indietro nel disperato tentativo di raggiungere la mia pistola.
“FERMA!”
E la *sua* pistola è ancora
puntata sul mio viso.
“Ferma… la situazione è
*grave*,” continua concitato “… e ha bisogno d’aiuto… e *deve* ascoltarmi… deve
fare come le dico.. altrimenti…” si blocca, sospira.
E abbassa la testa.
Io rimango immobile.
Seguo con lo sguardo la
canna di quella pistola mentre ritorna a puntare verso terra.
“Conosco il caso su cui sta
lavorando, so che sospetta che Kaili Jones sia stata uccisa… beh, lasci
perdere… non segua l’indagine… non *deve* farlo.” Conclude grave, serio.
E rialza lo sguardo su di
me.
Quei suoi occhi blu cobalto
mi abbagliano.
Ed il suo viso sembra così
paradossalmente… onesto.
“Cosa sa di Kaili Jones?”
domando secca.
Voglio sapere.
Devo sapere.
Mi ignora “Faccia come le
dico, Agente Scully.”
L’omertà ha sempre questo
effetto su di me: mi fa incazzare.
“Chi è lei per dirmi quello
che devo o non devo fare!” Quasi grido, senza fiato.
L’uomo volta la testa di
lato.
Potrei prendere la pistola
adesso.
Potrei sparargli.
Potrei andarmene.
Ma non lo faccio.
Rimango ferma e, Dio, pendo
dalle sue labbra.
“Non sono nessuno” sussurra
piano ed un brivido mi attraversa.
Mi guarda ancora “Non sono
nessuno… ma dovrà ascoltarmi ugualmente… dovrà farlo, per se stessa…”
“Ma co-?” cerco di
intervenire.
“Non si ponga domande inutili,
agente Scully” mi interrompe, piano “non le sto chiedendo la sua *preziosa*
fiducia… Ma presto si troverà davanti ad una decisione… e le chiedo solo di
ricordare questa conversazione… queste parole: *segua le direttive*, non giochi
sporco, Agente, non lo faccia più… perché sa chi ha il coltello dalla parte del
manico…”
Dio, ci voleva Mr No One
per sapere chi ha il coltello dalla parte del manico.
Chi tira i fili.
Sorrido amara.
“E’ quello che ho sempre
fatto… ‘seguire le direttive’…” espiro acida.
“No…” mi contraddice “lei ha seguito il
*protocollo*, non le *direttive*… è diverso.”
“Non lo farò” annuncio
secca.
Lui realizza il peso della
mia affermazione e sgrana gli occhi.
“Agente Scully…”
incomincia.
“NON LO FARO’” lo
interrompo risoluta.
Lo trapasso con gli occhi
per sottolineare la mia decisione.
L’uomo sospira sconfitto.
Si allontana piano.
Io continuo a bloccarlo con
lo sguardo, sconvolta e confusa.
Mi fissa negli occhi per
l’ultima volta prima di sussurrare “… e allora si prepari a pagarne il prezzo,
Agente Scully… perché sarà alto, molto alto.”
E se ne va, scomparendo
sullo sfondo.
Ed io rimango impalata
sulle mie gambe rigide.
Ma che diavolo?
Il nuovo silenzio acuisce
il rumore del battito irregolare del mio cuore troppo stretto nella gabbia
toracica.
Cammino all’indietro fino
ad imbattermi nella mia pistola e nel mio telefono.
La terra è instabile sotto
di me.
Lo sento… sto
crollando.
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