Il 1976 e le malattie cardio - vascolari


La malattia cui anche nel 1976 spetta il tragico primato della mortalità è quella rappresentata dalle forme cardio - circolatorie, che trovano la loro matrice nell'aterosclerosi con tutte le sue complicazioni. Progressi decisivi per quanto riguarda la patogenesi e la terapia, non ne sono stati fatti e molti restano i punti interrogativi sulle cause che la fanno insorgere.

Con gli inizi dell'anno è giunta notizia che una équipe di ricercatori del Dipartimento di Patologia dell'Università di Washington avrebbe identificato nel ruolo giocato dagli elementi cellulari della tunica media della parete arteriosa la chiave per interpretare il processo degenerativo aterosclerotico. In sostanza l'ipotesi che l'aterosclerosi sia un processo iperplastico legato alla senescenza di un clone cellulare è molto suggestiva e le vecchie teorie sull'infiltrazione che hanno fino ad oggi rappresentato il classico orientamento interpretativo sulla genesi della placca aterosclerotica, sono insufficienti a spiegare il fenomeno. A questo fattore, poi, come all'iperlipidemia (colesterolo), alle disfunzioni ormonali, all'ipertensione, va aggiunta una componente di rischio personale, nel senso che ogni individuo elabora, per così dire, dalle piccole lesioni endoteliali processi più o meno gravi, a seconda della sua particolare risposta agli stress lesivi. E ciò conduce al settore genetico, dove le cose si complicano ulteriormente.

Alla fine del secolo scorso, un celebre patologo di Pavia, Giulio Bizzozzero, scoprì i più piccoli elementi corpuscolati del sangue, le piastrine, microscopici corpicciuoli semitrasparenti, a lente biconvessa, di appena 3 micron, il loro ruolo sul meccanismo della coagulazione era sembrato sufficientemente chiarito: la loro proprietà più caratteristica, che è quella di aggregarsi in grandi ammassi e di aderire dove il vaso ematico presenta qualche lesione, sia essa una ferita, un'abrasione o una zona di aterosclerosi, è nota infatti da tempo. Ma se far coagulare il sangue per fermare un'emorragia è una funzione fisiologica di enorme importanza (basti pensare al dramma dell'emofiliaco), fabbricare coaguli a sproposito coinvolge tutto l'organismo in avventure circolatorie che sono, non poche volte, mortali.

Senonché il meccanismo per cui le piastrine ad un certo punto si aggregano fra di loro, e una volta aggregate cementano questa unione rendendola inattaccabile dal siero e formando un solido tappo, non si era riusciti a scoprirlo, anche se si sapeva che una buona parte di responsabilità spettava alle lesioni aterosclerotiche delle pareti interne delle arterie.

Oggi se ne sa molto di più: si conoscono, ad esempio, alcune sostanze liberate dalle piastrine come serotonina, ADP (adenosindisolfato) catecolamine. Inoltre gli inglesi Born e Breddin sono riusciti a quantizzare con tecniche molto sofisticate il fenomeno del l'aggregazione e soprattutto a misurare le differenze negli stati fisiologici, in quelli patologici e sotto l'azione di farmaci. Si è visto così che alle piastrine spettano importanti decisioni su tutto il profilo dinamico dei fenomeni di aggregazione in rapporto alla formazione del trombo; per esempio una mancata attivazione del fattore piastrinico 3 (FP3), che è un lipoproteina, provoca una serie ancora mal definita di malattie delle piastrine, comprese sotto il nome di trombopatie. Vi sono deviazioni ben definite di certe attività piastriniche che concorrono alla fabbricazione di coaguli indesiderati, e si sono cercati i farmaci che vi si potessero opporre.

Sulle linee indicate da queste ricerche sono stati trovati degli antiaggreganti piastrinici, la cui azione di tipo preventivo e forse anche curativo è stata messa in luce. Ma quello che può sembrare abbastanza incredibile è che una sostanza, dotata di una efficace azione antiaggregante e nello stesso tempo priva di tossicità, appartiene al più classico armamentario della vecchia farmacopea, collaudato da molti anni di esperienza. Si tratta dell'acido acetilsalicilico, meglio conosciuto sotto il nome universalmente noto di Aspirina che, alla dose di una sola compressa, sarebbe ancora attivo a 48 ore di distanza. Altre sostanze, come il dipiridanolo, gli antinfiammatori e gli antireumatici, hanno pure dimostrata la loro attività in questo senso. Naturalmente il campo su cui si appuntano le maggiori speranze è quello preventivo, in particolare nei confronti dei soggetti predisposti o già sofferenti di aterosclerosi, e quindi fra i maggiori candidati a un avvenire infartuale. In Europa e negli Stati Uniti sono in corso esperimenti di massa attuati sia con l'acido acetilsalicilico che con un placebo (una compressa d'aspetto del tutto simile ma priva di qualsiasi azione farmacologica) in pazienti coronaropatici e cerebrovasculopatici.

Il mese di ottobre ha portato una notizia di grande rilievo scientifico, suscitando uno spiccato interesse fra gli addetti ai lavori. Nature, la più prestigiosa rivista scientifica inglese e forse del mondo, ha pubblicato il resoconto di una ricerca effettuata da una équipe dei laboratori di ricerca Wellcome di Beckenham in Inghilterra, diretta dal dottor Vane, che ha scoperto nelle pareti dei vasi sanguigni un composto ormonosimile definito come PGX. È il PGX che impedisce le formazioni di coaguli sanguigni e mantiene fluida la circolazione ematica. Il suo ruolo biochimico è quello di trasformare gli endoperossidi, che sono dei composti che favoriscono l'aggregazione piastrinica, in un prodotto che previene l'aggregazione delle piastrine a livello vasale. L'articolo di Nature era accompagnato da un editoriale nel quale il professor Eric Horton di Edimburgo diceva: &raquoLa chiarificazione della struttura del PGX è di capitale importanza dal momento che una volta conosciutane la struttura si possono sintetizzare composti analoghi, con l'obiettivo di trovarne uno che associ l'attività farmacologica propria del PGX con una maggior stabilità. Questo nuovo farmaco potrebbe essere utilizzato sia nel trattamento che nella prevenzione delle trombosi ». Non si era ancora spenta l'eco della scoperta che un'altra notizia giungeva in dicembre dal Science Symposium di Santa Monica in California, quasi a esaudire l'auspicio di Horton. Due équipes, dirette una da Johnson e l'altra dallo stesso Vane, annunciavano di essere giunti alla identificazione della formula di struttura del PGX. Si tratta di una prostaglandina, per la quale i ricercatori hanno suggerito il nome di Prostaciclina. La Prostaciclina è un anello vitale nell'intricatissima catena di prostaglandine e composti simil - prosta - glandinici che controllano molte attività biologiche dell'organismo e che sono stati studiati molto intensamente da tutti i ricercatori del mondo in questi ultimi anni. Con la Prostaciclina in particolare si spera di raggiungere risultati molto significativi sul piano terapeutico.

Con le nuove acquisizioni in tema di lesioni aterosclerotiche dei vasi arteriosi, con la miglior conoscenza dei fattori della coagulazione del plasma, con le ultime scoperte sulle piastrine e sul loro intervento spesso determinate nella formazione del coagulo, e ora con le nuove possibilità rappresentate dalla Prostaciclina un passo avanti abbastanza significativo è stato fatto nel 1976 nella lotta contro le trombo - embolie. Non vanno, però trascurate altre cause fondamentali nella genesi della malattia aterosclerotica, rappresentate dall'alimentazione troppo ricca, dalla mancata osservanza di regole di vita igienica, dall'abuso di tossici come fumo ed alcool, e dall'ipertensione che tutti questi elementi in varia misura concorrono a provocare.


 
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