[Il nomadismo dei cacciatori-raccoglitori]... è strettamente legato al ciclo delle stagioni e si è conservato solo in ambienti particolarmente ostili all'uomo (deserti, steppe, alta montagna, foreste equatoriali, regioni polari). In questi ambienti, i frequenti spostamenti dipendono da vari fattori: il clima e le precipitazioni, le migrazioni animali, i cicli vegetativi delle piante, insomma tutto quello che può incidere sulla reperibilità delle risorse. Ad esempio, gli Inuit trascorrono l'inverno al riparo e organizzano grandi battute di caccia in estate; le popolazioni amerindiane delle foreste dell'America del Nord, trascorrono la loro esistenza tra i villaggi allestiti sulle rive dei fiumi o dei laghi in estate e le battute di caccia in inverno; i San dell'Africa australe e gli
aborigeni dell'Australia sono condizionati nei loro spostamenti dall'alternarsi tra una stagione secca e una stagione delle piogge. Tuttavia, nelle società di cacciatori-raccoglitori, i fattori ambientali e la ricerca di risorse non sono gli unici fattori a determinare il nomadismo: gli spostamenti sono anche un mezzo per ridurre la possibilità di conflitti e garantire maggiore autonomia, oltre che un modo per esorcizzare la morte e la malattia o per partecipare a cerimonie rituali. Poiché l'accesso al cibo non dipende dal possesso del bestiame, queste società sono generalmente più egualitarie di quelle dei
pastori, dove invece l'accesso alle risorse è controllato da una gerarchia. Queste popolazioni, per quanto distanti l'una dall'altra geograficamente, condividono spesso tecniche e strumenti (tende, capanne, utensili ecc.) di solito molto elementari e per questo più adatti alla vita nomade.
Ruggero Caso,
dagli aborigeni al Cyberspazio
ovvero, L'irrequietezza nella rete