IL MOTTO DEI BALORDI E' SBALORDIRE
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Formatosi
quando il beat era già in crisi, il
più giovane complesso milanese
è riuscito ad imporsi grazie alle più assurde follie
applicate al repertorio, agli indumenti, alle esibizioni
Beppe è arrivato prima di Bruno.
Questa, di suonare gratis, no. |
Il complesso dei “Balordi” è di costituzione recente: i
quattro ragazzi si sono messi a suonare quando già la moda beat stava
tramontando ed era quindi doppiamente difficile trovare la via del
successo. Per “traumatizzare” il pubblico e attirare l'attenzione di
tutti, i quattro ragazzi hanno scelto così la strada dell'assurdo.
Hanno cominciato con l'appiopparsi un nome folle: I Balordi. Poi hanno
scelto un guardaroba davanti al quale quello del Beatles è da rigidi
conservatori. La loro prima canzone è stata uno sproloquio da ubriachi
in preda a crisi dl follia e si intitolava Vengono a portarci via, ah ah. I loro “paramenti da cerimonia” consistono
ancor oggi negli indumenti più impensati: elmi, collane, tuniche, pezzi
d'armatura, pelli di capra, uniformi militari.
I
Balordi, insomma, sono i riusciti a concentrare su loro stessi quanto di
più scadente avesse ideato il mondo dei capelloni.
Questo gruppo, che è
prepotentemente salito alla ribalta, ha anche una storia che vale la
pena di raccontare. Prima di tutto vi presentiamo i quattro componenti:
due sono fratelli e si chiamano Gion e Andrea Muratori e gli altri sono
Beppe Panzironi e Bruno Pellegrini. Tutti, naturalmente,
giovanissimi.
I due fratelli, poco più di un anno fa, decisero di formare un
complesso beat. Incontrarono in una sala da ballo Bruno che già si era
esibito in pubblico e subito si misero insieme; mancava però un
batterista. Così, reclutarono Beppe, che accolse con entusiasmo la loro
offerta. Era l'inizio dell'estate scorsa e su tutte le spiagge italiane
c'era una grande richiesta di giovani complessi da night.
I nostri quattro decisero di partire alla ventura: si procurarono
una scassatissimo pullmino, vi caricarono sopra i loro strumenti e
partirono con la speranza di conquistare un lavoro sulla riviera
adriatica.
Appena arrivati, però, ebbero fortuna: il proprietario di un locale
accettò di metterli alla prova. Vennero scritturati per una serata, in
una sala da ballo di Cervia: quella sera però dovettero suonare
gratuitamente. Il pubblico fu entusiasta di loro e i quattro firmarono
finalmente un contratto, per due settimane. Vista l'ottima riuscita di questo primo lavoro, decisero di proseguire la loro tournée adottando sempre il sistema della serata di prova gratis. E fu proprio a questo punto che, per uscire dall'anonimato, e dal cliché degli innumerevoli complessi già esistenti decisero di indossare i costumi più stravaganti che fossero reperibili: divise militari con tanto di elmetto e decorazioni, costumi orientali, stivali e maglioni lunghi fino alle ginocchia, tutte cose che li resero subito inconfondibili su tutta la riviera adriatica. Cominciarono a giungere, anche a Milano, le loro prime fotografie e l'eco del loro successo. |
Il “producer” di una casa discografica li volle ascoltare e subito li scritturò per una serie di incisioni. Il titolo della prima era, come abbiamo detto, Vengono a portarci via, ah ah. Ascoltandola ci si accorge che la chitarra è l'unico strumento impiegato che abbia un suono tradizionale: gli altri, infatti, sono costituiti da manici di scopa con appesi tappi di bibite, assi da lavandaia sfregati violentemente con brusche da cavalli, un corno da caccia e una sirena da autoambulanza. Questo brano, che è interamente recitato, ha una curiosa storia anche nella versione originale americana. É stato infatti inciso, tempo fa, per conto della casa discografica di proprietà di Frank Sinatra e la voce che recita il testo appartiene al tecnico del suono della sala di registrazione. Gli incredibili rumori che si odono nel disco americano sono stati ottenuti con funambolici artifizi per i quali hanno lavorato schiere di tecnici elettronici. Nel disco dei Balordi, invece, ogni effetto è frutto di trovate “all'italiana” e a base di sole corde vocali (dopo l'incisione, Andrea è rimasto senza voce per quattro giorni) ma così si sono fatti notare.
Verso i primi di gennaio
di quest'anno, anche la televisione si è accorta dei Balordi e li ha
invitati a partecipare allo spettacolo “99 -100” presentato da
Migliacci. A Napoli, poi, in occasione del Festival, Nino Taranto li ha voluti al suo fianco per eseguire la canzone 'O matusa. Il motivo, che ha vinto il Festival, è stato portato al successo, a detta degli esperti, proprio grazie al contrasto creato tra la versione di Taranto e quella dei Balordi.
L'inserimento del
complesso, nel Festival, ha fatto gridare allo scandalo (e alla
profanazione) il pubblico “verace” e i cantanti
“tradizionalisti”. Ma, pur tra polemiche e contrasti, i
Balordi hanno vinto e c'è da essere sicuri che questo successo li
spingerà verso nuovi successi.
Quali sono i programmi
del prossimo futuro di questi quattro ragazzi scatenati? Prima di tutto
un probabile abbandono di quelle che erano sempre state le loro
occupazioni abituali: Gion faceva il disegnatore di fumetti (è anche
l'autore delle copertine dei loro dischi); Andrea era studente; Beppe
aveva un curioso lavoro per un beat: quello del tecnico doganale, e
Bruno, che frequentava il liceo artistico di Brera, studiava da 5 anni
la chitarra classica.
In questo momento, tra una serata e l'altra, i quattro giovani
milanesi stanno preparando un disco a 33 giri che si chiamerà Mondo
balordo e che sarà diviso in due parti: la prima sarà composta da
motivi “seri” mentre l'altra facciata conterrà motivi completamente
“folli”, cioè un po' pazzi
e un po' impegnati. Dopo partiranno per l'”Oscar della canzone”, una
carovana canora che li porterà in giro per tutta l'Italia. Finalmente,
a febbraio, il Festival di Sanremo sarà la tappa che consacrerà il
loro definitivo successo. Gianni Sartori |
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