Commento ed analisi



20 marzo 2001, ore 12:44

Caro Gianluca,

ho visitato spesso il vostro sito in queste ultime settimane e così pian piano ho cominciato a elaborare un dubbio e una necessità:

Tutto il tuo lavoro nasce dal desiderio di rinnovare la prassi politica. È un desiderio non nuovo, ma sicuramante più attuale in questi anni. La prima questione che tutti si sono posti è stata: hai uno schieramento politico di appartenenza e se sì sei di destra o di sinistra? I tre punti del tuo programma non mi sembra che consentano per il momento una risposta al dilemma, ma per fortuna dai tuoi discorsi risulta chiaro che sei di sinistra. Qui allora c'è già il primo spunto di riflessione originale sul problema destra/sinistra: queste due categorie non vanno confuse con l'asse trasversale politica-fatta-dai-partiti/politica-fatta-dai-cittadini, si tratta di due questioni che vanno affrontate separatamente. Questa volta mi preme allora analizzare la prima diade perché dagli interventi di Muolo e di Mitillo, nonché dai discorsi che si sentono spesso in giro mi sembra che:
  1. c'è un problema di insofferenza nei confronti della politica
  2. c'è una prima categoria di persone intelligenti che tenta di superare acriticamente il problema con il disinteresse totale; questi ora non stanno leggendo le nostre analisi
  3. c'è una seconda categoria di persone intelligenti che tenta di superare acriticamente il problema indossando un colore politico (di destra o di sinistra) e scagliando verso l'avversario accuse che ha letto sul foglio di partito senza curarsi di leggittimarle con validi documenti; ci sono magagne a destra e a sinistra, Bertinotti ha la giacca firmata e Mussi è uno stalinista e Montanelli un fascista
  4. c'è una terza categoria di persone intelligenti che tenta di superare acriticamente il problema dichiarando di voler "votare la persona" con le solite giustificazioni che ormai tutti conosciamo; dimenticano che politica è anche scegliere tra destra e sinistra e che solo dopo tale scelta si potrà valutare tra chi la esprima meglio
  5. qui si aggiunge un nuovo gruppo di persone intelligenti che mi contesta: oggi la differenza manichea destra/sinistra non è più proponibile; qualcun'altro aggiunge sottovoce: o comunque non è più sufficiente.
Parliamone.

La giustificazione più in voga in questi anni per dichiarare fuori gioco la diade è: le ideologie non esistono più. Anche se molti non lo sanno è stato facilmente obiettato che le ideologie in realtà non sono scomparse, anzi sono più vive che mai. Ogni giorno una vecchia ideologia viene sostituita da una nuova o che almeno pretende di essere tale. Oltretutto, non vi è nulla di più ideologico che l'affermazione della Crisi delle ideologie. E poi destra e sinistra non sono soltanto puro pensiero ideologico, chi lo pensa commette una marchiana semplificazione perché esse indicano anche contrapposti programmi rispetto a molti problemi la cui soluzione appartiene abitualmente all'azione politica, contrasti di interessi e di valutazioni sulla società che non si vede come possano scomparire.

Eppure c'è chi sostiene che questo sia solo un errore metodologico, in realtà dopo la caduta del Muro di Berlino sono venute meno le ragioni fattuali della distinzione.

A parte che esiste anche una sinistra che si è sempre tenuta lontano dall'Unione sovietica (vd. il gruppo de Il Manifesto o parecchi gruppi operai) e una sinistra che vive bene anche in una società capitalista, ma poi chiedo come è possibile che ogni giorno in Italia si continui a utilizzare la distinzione a volte fino al ridicolo parossismo: quel cantante è di destra o di sinistra? le vacanze al mare sono di destra o di sinistra? Ieri sul Corriere Mannheimer illustrava un sondaggio secondo cui gli elettori di destra vedono meno le reti RAI rispetto agli elettori di sinistra.

A chi mi obietta che questo è solo un'anomalia italiana gli rispondo con una citazione presa da un libretto sulla storia di questa distinzione in Francia scritta da Marcel Gauchet che conclude così: «Indipendentemente da ciò che succederà, destra e sinistra hanno ormai una vita autonoma rispetto alla matrice all'interno della quale si sono originariamente sviluppate. Hanno conquistato il pianeta. Sono diventate categorie universali della politica. Fanno parte delle nozioni di base che informano generalmente il funzionamento delle società contemporanee».
Ma poi come si può dire che quel provvedimenro non è né di destra né di sinistra, che ormai i governi di sinistra fanno politiche di destra se non hai la minima idea della differenza tra le due parole, o ritieni che comunque che l'avessero un tempo, ma ora l'hanno perduto?

Come vedi allora il problema di una definizione analitica esiste e io credo che chi segue questo sito perché vorrebbe "fare qualcosa" se lo debba porre. Quando abbiamo un po' di tempo proviamoci. Credo che in questa maniera questo "forum" diverrebbe uno di quei pochi siti che pongono problemi politici in maniera ragionata e distaccata, lasciando gli insulti a mensa. Siamo ancora ragazzi e se siamo qui vogliamo e ci sentiamo davvero in grado di poter cambiare le cose senza vergogna perché sappiamo di avere energie morali nuove per riservare agli studiosi di storia i difetti della vecchia politica.

Spero di risentirci,

Giuliano Iurilli, 22 anni, Ruvo di Puglia BA



Ci vorrebbe un trattato per rispondere a tutti gli spunti del tuo lungo intervento: per citarti, "quando abbiamo un po' di tempo proviamoci"!
Intanto, invece, pongo delle domande: classifichi la mia come politica di partito o di cittadino? Penso che sia una via di mezzo, dal momento che sono un libero cittadino che ha provato a formare un gruppo politico e non "c'è riuscito"... Allora bisognerebbe contemplare la terza via: politica fatta dai cittadini che aspirano ad essere un partito. Ma tu stesso parlavi di insofferenza nei confronti della politica, allora quarta via: non-politica fatta dai cittadini...
Siamo partiti da un concetto, la politica, ne potremmo trovare centomila sfumature; ma non arriviamo da nessuna parte (Pirandello scusami).

Allo stesso modo siamo partiti da una diade per dividere la sola sinistra (secondo le tue parole) in tradizionale, compatibile con il capitalismo e non filo-sovietica.
Allora il problema non è dividere il mondo in destra e sinistra, bianco e nero (per i cinesi) o nord e sud (per gli economisti ed i razzisti). Il problema consiste nel capire a quale livello di dettaglio vogliamo fermarci, quante sfumature di grigio possiamo contenere tra il nero ed il bianco senza perdere la bussola (dei geografi, non degli economisti).

Se tu mi dici che esiste solo la destra e la sinistra io ti dico che non sono né dell'una, né dell'altra fazione (pur tuttavia esisto); se tu mi dici di voler ipotizzare che esistano solo la destra e la sinistra allora ti rispondo che sarei di sinistra; ma questa è una non-domanda (non scomodo la storia e Manzoni, perché non amo quest'ultimo quanto Pirandello).

Spostiamo allora l'analisi sulla quarta considerazione che hai fatto dei discorsi sentiti in giro, all'interno della quale mi permetto di semplificare la diade destra/sinistra come sinonimo di un sistema elettorale maggioritario basato sul principio dell'alternanza. Ebbene anch'io sarei il più grande sostenitore del maggioritario se questo fosse centrato sulle persone; ma quello che dici tu non è possibile, perché una volta che ho scelto tra destra e sinistra non mi rimane da scegliere niente: automaticamente ho dato il nome di un candidato a quella scelta, non posso valutare un interprete di quella corrente anziché un altro, perché quella valutazione è stata fatta a monte dal partito. Ci vorrebbe un maggioritario plurinominale, non so se bella o brutta copia del proporzionale!

Allora continuiamo a chiamarli destra e sinistra per comodità, per capirci meglio di quanto accadrebbe se dicessimo mani e piedi. Ma non sono interessato a definirli meglio (bugia a fin di bene).

Concludo: ti ringrazio per il tuo suggerimento sul metodo di condurre questa rubrica e penso che esso rispecchi la mia formazione scientifica che parte da una serie di definizioni per poter essere comprensibile a tutti. Tuttavia il metodo scientifico prevede l'esperienza come regina della scienza: le definizioni nascono quando abbiamo da dare un nome a qualcosa che già abbiamo osservato: quindi se ci ponessimo in partenza il problema della definizione analitica correremmo il rischio di perfezionare un meccanismo esistente, non potremmo certo costruirne uno nuovo.
Mi spiego: negli anni Ottanta una casa automobilistica giapponese si pose come obiettivo quello di tagliare drasticamente i tempi di produzione; i suoi ingegneri avevano due opzioni:

  1. studiare il processo produttivo americano e perfezionarlo di un 10-15% al massimo limando i suoi errori;
  2. crearne uno totalmente nuovo con il rischio di avere tempi più lunghi, ma la possibilità di fare una rivoluzione industriale.
Inutile dire che hanno più che dimezzato i tempi con il secondo sistema. Anche noi parliamo prima di esigenze, scenari, energie e politiche; poi daremo a queste cose un nome. Diversamente non saremmo il nuovo.
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