Caro Gianluca,
Condivido molto di quello che hai
scritto, ma non
tutto e non completamente. Ti invio alcune osservazioni con l'avvertenza
che,
data l'ora, anche se per comodità di lettura le numero, non
necessariamente esse
sono in perfetto ordine logico:
1) il conflitto d'interessi è il
simbolo della
figura politica di Berlusconi: egli non solo viola la legge sul c.d.i.
giuridicamente inteso (a meno che non vogliamo considerare
l'illegalità sanata
dalla titolarità formale dell'intestazione di Mediaset a Fedele
Confalonieri),
ma, più in generale, pone in costante conflitto i propri interessi con
quelli del
paese o meglio, dato che quest'ultima espressione è poco
significativa, con il
rispetto di quei vincoli istituzionali e giuridici che costituiscono il
fondamento di uno stato di diritto, di ogni forma di convivenza civile
e che
rappresentano dunque il primo interesse di ogni società organizzata:
B. non solo
e non tanto non rispetta le sentenza giudiziarie a lui sgradite, ma
mostra di
non riconoscerne la legittimità perché emesse, a suo avviso,
da una
magistratura
di parte. Ma allora ogni cittadino leso da pronunce giudiziarie avrebbe
titolo
e diritto quanto B. a rigettare le stesse sentenze o altre ancora e
così lo
stato di diritto è facilmente e rapidamente smantellato. Ancor più
grave è poi
il fatto che B. abbia costruito un'ideologia fondata su tale sostanziale
rifiuto
dello stato di diritto, mescolandola con il potente (a quanto pare in
Italia
nel 2001 lo è ancora) collante dell'anticomunismo e l'abbia
quotidianamente
ammannita ai cittadini italiani avvalendosi del suo ingente potere
mediatico.
2) non è solo B. a rappresentare un
pericolo per
l'Italia. È un pericolo ancora maggiore la lega con la sua miscela di
populismo
nazistoide e violento e di isolazionismo economico e politico, e, quel
che è
peggio, a tali pulsioni non è estranea neppure una consistente fetta
dell'elettorato e del corpo dirigente di An, anche se riconosco che tale
partito
ha compiuto, negli ultimi anni, notevoli progressi in fatto di
presentabilità
politica. Insomma, secondo me è tutto il polo a non essere idoneo, per
queste ed
altre ragioni, a governare un paese che voglia dirsi civile e
democratico, ed è
per questo che il modo migliore per contrastare B. e la combriccola di
che vuole portare al governo d'Italia è votare per chi gli
si oppone,
magari turandosi il naso per passare sopra le mille ipocrisie e bassezze
in cui
anche lo schieramento di centrosinistra è immerso.
3) Mi pare che tu liquidi un po' troppo
superficialmente il problema scottante del sistema di selezione della
classe
politica e del ruolo dei partiti auspicando un utopistico paese in cui
alle
elezioni cittadini perfettamente informati, preparati e consapevoli
vanno a
scegliere candidati onesti e schietti nel presentare il proprio
programma
selezionando quelli che, a loro avviso, sono maggiormente in grado di
realizzare
i progetti di cui il paese ha bisogno. In realtà i cittadini spesso
non godono
di un'informazione (anche a causa della faziosità e della cattiva
qualità di
alcuni canali mediatici) e di una formazione capaci di far esprimere
loro una
scelta consapevole, ma soprattutto i candidati, sfruttando anche tali
asimmetrie
informative, spesso presentano progetti apparentemente allettanti ma non
realizzabili, mascherando attraverso una maschera "dipietrista" il loro
principale, se non unico interesse: il potere. In un simile contesto, il
ruolo
di mediazione e di selezione della classe politica svolto dai
partiti, pur
con tutte le sue imperfezioni e degenerazioni, può essere
migliore di un
personalismo non meno prigioniero di interessi forti e di
condizionamenti.
Giorgio Zanarone, 23 anni, Pavia
12 gennaio 2001, ore 01:36
Effettivamente ho tralasciato un tema fondamentale: quello del sistematico attacco alla Magistratura condotto dal cittadino, imputato e deputato Silvio Berlusconi. A Genova, a dicembre, egli ha dichiarato che se non avesse vinto si sarebbe ritirato dalla politica. Come è suo costume, il giorno dopo essersi reso conto di aver detto qualcosa di compromettente, ha rimangiato le sue parole, cosa su cui ha prontamente ironizzato Elle Kappa o Alfredo Chiappori (aiutatemi a ricordarlo): "Si vede che all'immunità parlamentare ci tiene..." Episodi ce ne sono numerosi: mesi fa sempre lo stesso personaggio ha asserito che il popolo italiano ha fiducia in lui e che se dovesse essere giudicato da una consultazione popolare, gli italiani lo assolverebbero. In questo modo Berlusconi offende la Magistratura, perché ne delegittima il potere, ma anche i cittadini, ai quali farebbe spendere 900 miliardi di tasse (tanto costa una consultazione popolare) pur di salvarsi. Sappiamo che in un processo ha subito una condanna definitiva (non scontata, perché inferiore ai tre anni di carcere) ed in molti altri l'assoluzione solo per prescrizione del reato (cioè era passato molto tempo dalla data di compimento del reato contestato). Dopo essersi lamentato perché avrebbe preferito essere assolto con formula piena (cioè dimostrando la sua innocenza) ha fatto finta di non sentire che gli chiedeva allora di rinunciare alla prescrizione (ha predicato bene e razzolato male). Ha portato in Parlamento buona parte del consiglio d'amministrazione di Mediaset risparmiando dall'arresto preventivo persone che potevano inquinare le prove.
Dulcis in fundo, ha fatto una pressione così violenta sulla Magistratura che i giudici che lo accusavano pur di non sentirsi accusati a loro volta di accanimento gli hanno proposto in più di un'occasione il patteggiamento (punizione decisamente inferiore a quella prevista per il reato contestato senza svolgimento del processo) rinunciando a portare sino in fondo le loro indagini; cosa che naturalmente ha rifiutato.
Il problema è proprio questo: la legge è uguale per tutti o per alcuni è più uguale degli altri (come diceva George Orwell nel suo romanzo La fattoria degli animali, autore molto citato, anche se inconsapevolmente ed a sproposito in questo periodo per un altro suo romanzo, 1984)? Basterebbe che ogni imputato ritenuto colpevole alla fine di un processo dicesse di essere vittima di una persecuzione, mandando a monte tutto il sistema. Oppure alcuni uomini sono più uguali degli altri e si possono prendere gioco della legge: dietro ogni legge c'è una ratio ispiratrice, cioè un motivo per il quale questa legge è stata approvata. Se hanno stabilito da quarant'anni che il titolare di concessioni non deve candidarsi, non lo hanno deciso perché suonava male, ma perché il titolare di concessioni non deve avere il potere di fare scelte politiche che lo avvantaggerebbero: se Berlusconi ha trasferito la presidenza di Mediaset al suo braccio destro Confalonieri e non è più titolare dell'azienda, ma di fatto continua a controllarla, formalmente rispetta quella legge; tuttavia tradisce la ratio ispiratrice di quella legge e quindi se ne prende gioco...
Fin qui confermavo quello che hai detto; invece sul terzo punto
permettimi un approfondimento: il fatto che sulla carta a scuola si debba
studiare Educazione Civica e nessuno la faccia, il fatto che attualmente le
televisioni siano faziose o manovrate, il fatto che i cittadini siano
disinformati od incantati da facili promesse (ne sento sparare ogni giorno una
più grossa) non significa che dobbiamo lasciare le cose come stanno.
Per studiare realmente Educazione Civica, per realizzare un servizio
televisivo pubblico di informazione regolamentato da un'autorità esterna
ed indipendente e per informarsi, basta solo uno sforzo (collettivo ed enorme,
ma comunque fattibile) di volontà: non serve un solo quattrino! Ma di
questo ne parleremo fra un po' di tempo...