elaborati per il corso:
-Back
-Home
-Autoritratto
-Diario
di bordo
-Il
simbolo e la nuova espressione:
considerazioni sul saggio la
via dei simboli
Leggendo
il suo articolo ho maturato alcune riflessioni sul difficile concetto di
simbolo nell’architettura, la cui rinascita Lei ha attribuito ad Utzon
nell’Auditorium di Sidney.
A mio parere il simbolo non si è mai perso ma è sempre stato prerogativa di ogni architetto nel momento in cui si confronta con progetti di grande scala o d’importante impatto sociale. Ma dire se un’architettura sia veramente simbolica e rappresentativa è un processo che avviene a posteriori , ad opera finita e “collaudata”, in base alle impressioni esercitate su chi usufruisce dello spazio creato, e poiché ogni persona è diversa dall’altra si svilupperanno diverse impressioni e differenti modi di interpretare quello spazio. Provando a chiedere a chi non sia del campo cosa ne pensasse dell’ auditorium di Sidney, la maggior parte ne ha colto principalmente la connessione vele – mare ma solamente abitudine e tempo hanno giocato un ruolo importante nell’associare quest’architettura particolarissima alla città di Sidney e quindi all’Australia. La stessa Tour Eiffel di Parigi era stata concepita come simbolo di progresso tecnologico e delle grandi capacità del ferro, successivamente è divenuta caratteristica ineludibile del paesaggio cittadino di Parigi. Il museo di Bilbao, essendo più recente, è ancora visto da molti come mera scultura ricostruibile in altri luoghi, e non come espressione della città spagnola nel suo insieme. L’architettura
contemporanea non è più soggetta a vincoli imposti da governi
o mecenati e gli architetti sono liberi di esprimersi con il loro personale
linguaggio ma in ogni modo sottomessi a regole e budget economici imposti,
sottovalutando, a volte, il valore dei siti e delle destinazioni dell’opera,
dando l’impressione di discontinuità e di perdita di identità
nell' architettura odierna. Ma forse una connessione di fondo che lega
le nuove opere c’è , è la rete globale che si è sviluppata
con la rivoluzione scientifico-informatica e che investe l’architettura
su vari livelli . La rete si può riconoscere nella particolare attenzione
odierna alla finitura degli edifici con materiali e connessioni tra elementi
studiati con estrema precisione, oppure nelle connessioni tra gli
spazi di un edificio con le maglie strutturali e infrastrutturali
della città cui si allacciano (come succede a Bilbao, per esempio),
o ancora nel ruolo di punti nodali per la diffusione di pubblicità,
informazioni e connessioni sociali, da cui scaturiscono in più modi.
Rashid, Couture, Centro operativo al N.Y.S.E.,New York 1999
Questo filo conduttore che caratterizza le architetture di oggi mi sembra
sempre più forte e complicato, basato sulle nuove economie che regolano
la società contemporanea e sull’ evoluzione scientifico-informatica.
Nell’architettura contemporanea quando un edificio riesce ad esprimere
e a rendere evidente, anche a persone comuni, questa rete che coinvolge
tutti, diventa un bell’ edificio, rappresentativo non solo della città
in cui si trova ma anche di un preciso stadio dell’evoluzione umana, se
poi la sua espressività perdura e rimane al passo con il pensiero
dell’uomo affermandovisi con forza, diviene anche un simbolo inalterabile
e subito riconoscibile come pietra miliare di cui si dovrà tener
conto nelle architetture successive.
|
-Sistemi bloccati:
considerazioni sul saggio nuove
sostanze
Sono d’accordo con Lei quando afferma che gli apparati tecnologici spesso
ottengono un grado d’efficienza più alto se liberati dalle gabbie
della coerenza e dell’unitarietà. Le intrecciate maglie che regolano,
a vari livelli, il funzionamento di un edificio moderno spesso non coincidono
con un modo di concepire la sequenza di spazi basato su archetipi costruiti
per essere più economici e razionali possibili , “da manuale”. Un
tale modo di progettare vanifica lo studio e la ricerca scientifico-intellettuale
che si deve intraprendere per l’evoluzione dell’architettura .
L’architettura contemporanea deve tener conto di una gran quantità di servizi da offrire attraverso le sue reti di apparati tecnologici e no. Un metodo di progettazione potrebbe essere quello di studiarli separatamente (su piani diversi) ma nello stesso momento in cui si pensa alla conformazione generale dell’edificio, in modo da poter adattare quest’ultimo al suo sistema tecnologico e non inculcarlo dentro a costruzione completata, come spesso si fa oggi. Questo metodo non porta certamente a costi aggiuntivi per sprechi ma può portare a interessanti soluzioni spaziali perché in questi si riflettono i sistemi tecnologici che ci circondano, che rendono un edificio “attivo” e in simbiosi con la nostra vita attuale.
Richard Rogers the Kabuki-Cho, Tokyo 1993
Suddividendo, studiando e ricollegando le maglie tra loro si è certi
che la costruzione funzionerà, bisogna però stare attenti
a non cadere in un isolamento formale da ciò che circonda
l’edificio e che questo non perda la sua identità . Anche se ammiro
architetture hig-tech come quelle di Rogers e Piano, dove le maglie
tecnologiche hanno un ruolo di estrema importanza nella progettazione,
a volte ne colgo una ”esposizione” delle nuove tecnologie sulla piazza
delle architetture urbane che le circondano.
Richard Rogers channel 4 project, London 1991
Purtroppo progettare svincolando gli apparati è costoso e può
essere affrontato solo in opere con grandi budget economici a disposizione.
Oggi, in Italia, le gare di appalto sono a ribasso, cioè vengono
premiati i progetti che implicano un minor costo complessivo. Questo
è estremamente deleterio e deprimente per la buona architettura
perché implica un’inevitabile riduzione delle prestazioni offerte,
provocando in molti casi brutte architetture che non funzionano.
|
-L'elle
world:
esercitazione su una casa ad L
Aggregazione con SyBa e GArchi
|
-Gerarchie buone e pericolose
considerazioni sul saggio Strutture
gerarchice nel Danteum
Le strutture gerarchiche (o SG) rappresentano indubbiamente un grande passo
avanti nello studio della progettazione con l'ausilio di sistemi informatici.
Esse sono , come afferma Saggio, "delle strutture dinamiche aperte alla
simulazione" . Gli aspetti che mi sembrano più innovativi
sono l'estrema velocità di modifica degli elementi costitutivi del
progetto , la possibilità di far concorrere più layer in
uno solo e quindi di poter raggruppare le varie parti in "classi" per meglio
controllare l'insieme.
Purtroppo i sistemi cad per pc , fino ad oggi, non hanno sfruttato pienamente le possibilità offerte dal sistema delle SG (invece utilizzate interamente dai programmi per mac). Ad esempio autocad ha la funzione dei "blocchi" per poter organizzare gerarchicamente oggetti e la funzione layer per le operazioni di visualizzazione ma la complessità del procedimento , la difficoltà a visualizzare le primitive (e quindi a modificarle) e l'impossibilità di strutturare i layer come componenti di altri layer , rendono laborioso questo tipo di progettazione, con un altissimo rischio di nascita di complicazioni che rendono un processo, relativamente veloce, estrememante lungo, soprattutto quando si presentano problemi del tipo "piccoli aggiustamenti" , che possono nascere durante una progettazione sempre più definita, facendo decadere gran parte del vantaggio che si ha nell'utilizzare le SG. Questa pericolosità (ma anche la mia poca esperienza nel cad) mi hanno quasi sempre allontanato dall'utilizzare questo tipo di strutture gerarchiche, d'altronde una simulazione ragionata e un' analisi critica di un progetto è possibile anche utilizzando bene i layer , ovviamente prolungando i tempi di esecuzione e visualizzazione.
Ciò che invece trovo geniale nelle strutture gerarchiche è
il processo evolutivo che ne sta alla base e che le caratterizza. Attraverso
un esatto uso di questo sistema di progettazione ogni elaborato è
reso così intuitivamente e velocemente chiaro perchè il sistema
con cui è stato costruito sembra rispecchiare una logica di elaborazione
umana ; infatti sia la realtà che ci circonda che il nostro modo
di apprenderla hanno alla base una struttura reticolare (neuronale nel
caso del cervello) di interconnessioni che funzionano similmente a strutture
gerarchizzate.
|
-Superfici reali e digitali
recensione sul libro nuove
bidimensionalità
|
--
Ho scelto questo libro di Alicia Imperiale sulle superfici tra tanti della collana "La Rivoluzione Informatica" perchè in ogni istante della nostra vita abbiamo a che fare con esse senza essere realmente consapevoli della loro esistenza e della loro evoluzione, inoltre il problema delle superfici dovrebbe interessare chiunque sia in una fase di ricerca, che sia artistica o scientifica. Il libro inizia con uno studio sulle superfici corporee, su come esse si evolvono, si presentano e su come il loro stesso confine sia oggi estremamente labile grazie ai nuovi sistemi tecnologici ed informatici sviluppati (soprattutto in campo medico) per indagarle. Si prosegue analizzando l'uso di superfici in architettura, dalla nascita di superfici senza profondità del postmodernismo alle superfici trasparenti, delle quali è interessante l'uso che ne fanno Ibos e Vitart nell'estensione del museo del Palais des Beaux Arts a Lille, in Francia, dove l'involucro trasparente dell'edificio consente di vedere all'interno ma allo stesso tempo riflette la facciata del museo neoclassico divenuta ormai virtuale, perchè la nuova facciata rimanda ad una idea di schermo di computer. Allo stesso modo è interesante l'uso di superfici trasparenti su cui lavora Tschumi per costituire "sostanza" da immagini effimere. Il progetto qui presentato è quello della Glass Video Gallery a Groningen, in Olanda: questo è completamente costruito con elementi trasparenti tali da far scomparire l'edificio, non vi è più distinzione tra superficie e profondità. Per il tema delle trasparenza e immaterialità sarebbe stato interessante analizzare anche come e quando queste si siano evolute da elementi racchiusi in piccole bucature funzionali a superfici estetiche e strutturali sempre più estese, processo iniziato già in età gotica poi parzialmente dimenticato e ripreso nei primi grattacieli del Loop di Chicago fu portato a mirabile sviluppo negli edifici di Mies van der Rohe. Alicia Imperiale continua la sua ricerca analizzando la bellezza delle superfici studiate da Herzog & de Meuron e le possibilità di cambiare la "pelle" degli edifici proposti da Abalos ed Herreros. Naturalmente le bidimensionalità vengono studiate anche negli aspetti delle piegature e delle caratteristice di continuità, come nella bellissima Mobius House degli UN-studio. Molto interessante e forse da approfondire maggiormente è la parte riguardante le superfici mappate del terreno; lo studio del paesaggio è a mio avviso estremamente importante non solo per trovare continuità estetica con ciò che ci circonda ma anche per analizzare una soluzione di compromesso tra esigenze umane, sempre estremamente invasive, ed esigenze della natura, per cui sarà sempre più importante studiare strutture ipogee o soprelevate che intacchino il meno possibile una terra estremamente preziosa e che ci puo insegnare molto sull'architettura. A questo punto il testo si tuffa in un' analisi delle superfici nelle tecnologie digitali dove "la computazione binaria digitale elabora tutte le informazioni riducendole al formato 0 e 1 ", si analizzano il mondo CAD e NURBS con le loro grandissime potenzialità nella progettazione. Qui sarebbe stato interessante anche approfondire il discorso dello scanner come strumento fondamentale per portare elementi con superfici reali in un sistema digitale, che non ha più nulla a che fare con la realtà e la tattilità fisica che si ha con l'oggetto originale ma il nostro cervello legge di nuovo come oggetto una serie di codici proiettati su una superfice bidimensinale come può essere uno schermo. Con il computer le superfici si sono trasformate perchè non sono più semplici bidimensionalità euclidee racchiuse nella loro fisicità, ma si combinano con complesse formule algebriche che le possono trasformare in elementi che si confrontano e si generano direttamente dal mondo delle nostre stesse astrazioni mentali che in realtà non comprendiamo ancora totalmente; ad esempio possiamo comprendere a prima vista il significato fisico di una formula matematica semplice, e magari rappresentarla (come una curva), ma quando questa si complica leggermente, con il subentrare di alcuni fattori, la continuiamo a comprendere solo idealmente; se immettiamo la formula in un sistema informatico con un programma di visualizzazione questo ci restituirà un insieme di codici che noi leggeremo come reali e realizzabili (ad esempio una superfice complessa). A questo proposito è interessante l'esperimento di Karl Chu riportato nel libro, sulla creazione di "superfici generative" partendo da una semplice formula matematica. La ricerca della Imperiale si conclude con un' analisi dell'ulteriore estensione delle superfici digitali, dagli ambienti ibridi tra reale e virtuale progettati dallo studio Aymptote agli ambienti multimediali interattivi di Entropia progettati da Baxie e Martin fino a concludere nelle architetture costituite da ipersuperfici, di Novak e Parrella: esse sono "superfici interattive e intelligenti", come ad esempio lo schermo del computer, tali da "dare accesso a un'altra realtà". In generale questo libro mi è sembrato molto interessante, non solo per l'importanza del tema trattato ma anche per come viene studiato in tutti i sui vari aspetti suscitando nel lettore una consapevolezza profonda su come si stiano evolvendo gli strumenti e gli atteggiamenti dei ricercatori in questo campo. Il libro si conclude con un sano atteggiamento critico e di messa in allarme sull'uso dei nuovi strumenti informatici lasciando campo aperto a dibattiti interdisciplinari per interrogativi che l'epoca informatizzata ci pone. --- |