Breve descrizione del Convento,
L’accesso al convento, posto sul lato sinistro del complesso monumentale, presenta un por-tico esterno del 1534 con colonnato e volte a vela, un portale in calcare, ed un portone ligneo di apprezzabile fattura. Da questi si accede al chiostro del 1567, posto dove era situata la precedente chiesa duecentesca, e che, circondato da uno spazioso porticato, con volta a crociera, offre al visitatore delle intense sensazioni di pace e di tranquillità. Quasi di fronte all’ingresso al chiostro vi è l’ingresso al convento vero e proprio rappresentato da un pregevole portoncino ligneo, fatto realizzare a spese di Antonio Carfagno di Gabriele intorno al 1583 (lo stesso a cui si deve l’imponente portale della Collegiata di Santa Maria del Piano), e che, con molta probabilità rappresentava l’accesso alla antica cappella del vescovo Pascale. Il portoncino presenta tutt’intorno un fascione con una decorazione a foglie d’acanto e sei pannelli, di cui quattro rettangolari, raffiguranti: Sant’Amato da Nusco (o il vescovo montellese Giovanni Pascale), l’Immacolata, San Bernardino e Sant’Antonio da Padova, e due centrali, di forma rotonda, raffiguranti una mano maschile ed una femminile. Nell’angolo, di fronte, a sinistra del chiostro, vi è, protetto da una grata, l’antico ingresso alla chiesette del XIV sec. a cui è possibile accedere dai locali situati sul lato sinistro del chiostro, ove trova posto il museo1 e un secondo chiostro, meno ricco del primo ma egualmente interessante, al centro del quale troviamo una cisterna in pietra di forma quadrata posta su una ampia base formata da due gradini. Percorrendo il corridoio che gira intorno a questo chiostro troviamo una lapide che ricorda la celebrazione di un Capitolo Provinciale (10/5/1582) a cui parteciparono 70 frati, e proseguendo si accede ai resti del convento e della chiesetta primitiva ove si possono ammirare, fra l’altro, alcuni resti di colonne dell’antico abside, parte dell’altare, delle botole funerarie, una nicchia datata 1498 ed un interessante bassorilievo raffigurante un angelo. All’interno del convento troviamo: una sala capitolare, in stile rinascimento; un ritratto di Clemente XIV del 1767; un dipinto di Francesco de Mura, "Estasi di San Francesco" ; una tavola della Pietà anteriore al 1500; un affresco di Michele Ricciardi di San Severino, del 1527, raffigurante il "Miracolo del sacco", conservato nel refettorio del convento2, locale questo che conserva ancora intatto lo stile gotico del 1200. L’attuale chiesa, all’ingresso presenta un portale in pietra del 1743, con una nicchia sovrastante in cui è collocata una statua di S. Francesco (1932), di cui già è stato detto, mentre la porta lignea, del 1500, è opera di intagliatori bagnolesi e presenta varie figure. L’edificio, con pianta a croce latina e con cappelle a sfondo comunicanti fra loro, presenta un’unica ampia navata. Il pavimento, maiolicato, che risale sicuramente alla fine del 1700, presenta degli ornamenti con stelle e motivi vegetali, così come il pavimento della sagrestia. All’interno trovano posto numerosi monumenti funebri delle famiglie più nobili vissute a Montella, fra i quali vanno ricordati quello a Margherita Orsini, quello a ------------- e quello a ----------------------. Nell’abside vi è una tela del 1750 di Antonio Velpi raffigurante la "Tentazione del Santo"; altre due tele, una del 1500, della Scuola Napoletana "Madonna con Bambino, San Lorenzo e Santa" e l’altra di Fra Bartolomeo della Porta "Madonna con Bambino tra San Giovanni Battista e San Girolamo" (1500-1600), ed una Trasfigurazione attribuibile a Marco da Siena. Sempre all’interno della chiesa trova posto un organo del 1527 costruito dal Giovanni Mormanno che è simile a quello di Santa Maria Maggiore, e di Santa Maria delle Grazie in Napoli3. Nella sagrestia trovano posto, oltre agli armadi intarsiati ed agli stalli del coro, opera degli artisti Giovanni e Costantino Moscariello4 (gli stessi eseguirono il pulpito ligneo posto nella chiesa) e risalenti al XVIII sec., numerosi arredi sacri di pregevole fattura; una tela dell’artista Pacecco de Rosa, del 1700, "Santo Antonio da Padova", una tavola della Scuola Napoletana, del 1400-1500 con "San Francesco da Paola" ed, infine, il mausoleo marmoreo a Diego Cavaniglia. E’ forse questa opera, dello scultore Jacopo della Pila, una delle più belle e maestose. Ma seguiamone la descrizione che ne fa il Moscariello nel suo libro "Montella tra note e immagini" : "........Il sarcofago è sostenuto da statue allegoriche. Il mausoleo è costituito da un masso di travertino a linee rettangolari. Sopra questo masso s’innalzano due colonne le quali sostengono una volta sotto la quale vi è il sarcofago. Qui giace la statua del Cavaniglia. Ai piedi di essa vi sono due cani accovacciati. Due angeli con l’espressione dolente nell’atto di aprire due portiere. Il sarcofago è sostenuto da tre statue: la Temperanza, la Prudenza, la Giustizia. Nella faccia anteriore vi sono bassorilievi della Madonna con Bambino, di S. Pietro, di S. Francesco.". Da notare, ancora, che una delle tavole di marmo, che costituiscono il fondo del sarcofago, porta un’iscrizione paleocristiana. Infine, il campanile (1575-94), posto sul lato sinistro della facciata della chiesa, si compone di tre piani a base quadrata ed un piano a sezione ottagonale sormontato da una slanciata copertura. |
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Il museo, ora del tutto spoglio, sino a qualche tempo fa era arricchito da molte opere artistiche, per lo più di carattere religioso, provenienti da ogni dove della nostra provincia ed in attesa di essere restaurate presso la locale scuola di restauro. |
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L’affresco fu restaurato dopo il 1800, in modo assai discutibile, da un certo Raffaele Marinari che fece sparire la data e la firma originali del dipinto. |
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R. Arch. di Stato in Napoli, Partium Summariae, Vol. 79, fol. 159. |
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Lo Scandone, nella sua opera "Il Monastero di Santo Francesco a Folloni in Montella (Av)" a pag. 101, riporta questo cognome riferendo come fonte la Raccolta Capone, mentre secondo F. Palatucci - Montella di ieri e di oggi - Tip. Dragonetti - pag. 109 - trattasi di G. e C. Gambone. |