Rinaldo d’Aquino

 

Il montellese più illustre, e non solo dell’età medioevale, fu Rinaldo IV d’Aquino (Magister Reginaldus III), poeta e rimatore della famosa Scuola Siciliana del '200.

Fece parte della Magna Curia e intrattenne corrispondenza con Ruggieri d'Amici, Tiberio Galliziani da Pisa, il notaro Jacopo da Lentini e lo stesso Federico II.

Nato a Montella,  secondo F. Scandone dopo il 1221 e prima del 1231, da Filippo, fratello del famosissimo San Tommaso, che era stato mandato a governare il feudo di Montella, da Tommaso I° d’Aquino, secondo altri  fra il 1223 e il 1228.

Ma la tesi storicamente più accreditata sembra essere quella di Mario Garofalo (Rinaldo d'Aquino - Rimatore montellese del '200 - Società Storia Irpina - 1990) che lo vuole nato nell'ultimo decennio del XII sec. dalla nobile Teodora e da Landolfo, e quindi fratello e non figlio o nipote di Filippo e di San Tommaso.

Questa seconda tesi è condivisa da molti altri storici, fra cui G. Grion, V. De Bartolomeis, C. Guerrieri Crocetti e E. Kantorowicz.

Valletto da giovane e funzionario della corte di Federico II poi, per essere stato fra gli infedeli all'imperatore, nella congiura di Cappaccio (1246), fu da questi mandato a morte nel 1247 (secondo alcuni storici fu mandato in esilio con tutta la sua famiglia e vi restò fino al febbraio del 1266). La morte riservata ai congiurati fu oltremodo atroce: mutilati del naso, delle mani e delle gambe e accecati con un ferro ardente; alcuni furono trascinati, da cavalli, per le strade, sino alla morte; altri bruciati vivi, altri impiccati e, i rimanenti, infilati in sacchi di cuoio insieme a serpenti velenosi e indi gettati in mare.

Secondo alcuni storici, invece, fu mandato in esilio con tutta la sua famiglia e vi restò fino al febbraio del 1266.

La conferma della sua montellesità ci viene dalo stesso poeta che, nella canzone "Amorosa donna fina", si qualifica tale: "... / Ned a null'omo che sia / la mia voglia diria, / dovesse morir penando, / se non esse il Montellese, / cioè 'l vostro serventese, / ...".

I "Codici" gli attribuiscono 11 componimenti, 9 canzoni e 2 sonetti (per altre 2 canzoni vi è discordanza nell'attribuzione). Fra queste, è assai nota una canzone amorosa, "Lamento per la partenza del Crociato", lodata da Dante nel "De vulgari eloquentia":

"Già mai non mi conforto

né mi voglia rallegrare;

le navi sono giunte al porto

e vogliono colare ..."