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Quando,
qualche settimana più tardi, la nuova amica, la nuova ispiratrice [Alessandra
Rudini]
andò a Firenze, e sali alla villa di lui sul colle di Fiesole, lui non
volle esser da meno. Anche li rose dal cancello fino allo studio e fino
all'alcova, rose persino nel canile, perché il Poeta aveva diciotto
levrieri, e alle porte della scuderia: e foglie di rose anche nell'acqua
tiepida del bagno, perché, con il fumo della Porrettana e dei trafori fra
Bologna e Firenze, potete immaginare in che stato deve essere arrivata
l'ispiratrice, ad onta della spolverina e degli infiniti veli». « Ma intanto », azzardai, « cosa faceva
la Divina? Non sapeva nulla, la Divina? ». « Cosa vuole che facesse, poverina.
Doveva girare il mondo, lei, per recitare. Sperava che non fosse vero, che
le cose non fossero giunte troppo in là, che una buona parte di quanto si
raccontava fosse invenzione di maligni. Aveva quasi quarantasei anni,
povera donna: e, come si fa a quell'età - i quarantasei pesano molto, nei
primi anni del secolo – inghiottiva.
Amaro, ma inghiottiva. Finchè un giorno, capitò all’improvviso
a Firenze, salì con una carrozza chiusa alla villa. Avvolta lei pure in
fittissimi veli, suonò in modo autoritario. Non c'era nessuno, al di
fuori di un brav'uomo, un veterinario che, avendo cominciato a frequentare
la, casa del Poeta per curare i levrieri, aveva finito anche a prender
cura dei debiti del Poeta, e andava su ogni tanto, a titolo di amicizia, a
fare un po' di conti e a tenere in ordine le fatture. La Divina aveva il
volto di una Erinni, di una furia infernale. Era una grandissima attrice:
ma quella volta non recitava. Cerca e fruga da tutte le parti; anche
dentro gli armadi, anche sotto ai letti; mentre quel brav'uomo del
veterinario le stava attorno cercando di chetarla. “Voi lasciatemi stare! Voglio la prova... Devo trovare la prova!". Rivoltò
persino le coperte e le lenzuola:. sollevò i cuscini: e finalmente gridò,
amaramente trionfante: "Eccola, la prova!", cacciando davanti
agli occhi del veterinario, che quasi ne restava accecato, due forcine.
"Cosa sono queste? Lo vedete cosa sono? Due forcine per capelli
biondi i E io, fino a prova in contrario, non sono mai stata bionda !”
[... ] la crisi di pianto e di furore della Divina, che grida: « Voglio
bruciare tutto! Tutto deve finire in un incendio. Le fiamme! Le fiamme!
». Era il tempo in cui il poeta aveva appena
terminato di scrivere una tragedia che si concludeva con un grido: “La
fiamma è bella!". Sembra che la Divina conoscesse quel grido:
cominciò a cercare affannosamente qualcosa con cui appiccare il fuoco
alla casa contaminata. Ma il poeta non fumava, e nemmeno il suo amico
veterinario fumava. «Voglio subito dei fiammiferi! Voglio dei
fiammiferi!». Il veterinario obbiettava: «Lei lo sa, qui non fuma
nessuno: cercar un fiammifero qua dentro è come cercar un verso sbagliato
nell'Isotteo o nell'Alcione», «Non ce ne sono nemmeno in cucina?»,
urlò la Divina. Erano andati di là. Non c'erano fiammiferi nemmeno in
cucina. Allora la grande tragica s'era ammutolita ed era scoppiata a
piangere. «Santa donna! », aveva raccontato agli amici, tanti anni
dopo, il veterinario. « Non poteva mica pretendere che io scendessi a
piedi sino a Firenze per riportarle su una scatola di fiammiferi!». Poi, scomparsa dalla vita del poeta, quasi
in tragico silenzio vedovile, la Divina, nella villa fiesolana era
cominciata la "vita inimitabile". Spendi qui, spendi là, i
cavalli da due eran diventati otto, le persone di servizio da cinque a
ventuno, i levrieri da quattro che erano diventarono trentanove. Era bello
conversare in scuderia vicino ai cavalli. La Dama del Garda aveva fatto
arrivare i suoi più bei tappeti persiani per coprire il pavimento delle
scuderie. Vi si sdraiava sopra con il poeta: ma nessuno ritirava i tappeti
quando era l'ora di governare i cavalli e di farli uscire…».
(Orio Vergani, Memorie di
ieri mattina, Milano, 1958) |
La fine della storia tra la Divina e il Vate in un racconto semiserio |
Eleonora nel 1897 |
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L'Eleganza, cosa è mai? | Eleonora dal 1863 al 1924 |