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CAPITOLO
XII
FEBBRAIO 1945 - LA
RAPPRESAGLIA DI COGNA
A Cogna scatta la rappresaglia: sei
uomini fucilati.
Il mese di
Febbraio si apre con un fatto estremamente doloroso: il giorno 1 nei pressi di
Cogna, nel comune di Piazza al Serchio, nel luogo stesso dove era stato ucciso
in un agguato l'alpino Grigoli, vengono fucilate sei persone dagli alpini dello
stesso reparto del Grigoli.
Le sei persone erano state catturate nei
giorni scorsi perché sospettate di essere partigiani. Erano Tardelli Adriano,
partigiano di Capanne di Careggine, nato il 19.10.1896, Talani Agostino di
Sillano, padre di un partigiano, nato nel 1899, Ferrari Cesare di Roggio, nato
a S.Giuliano Terme il 29.3.1903, Ferrari Alfredo di Roggio, nato il 30.4.1906,
Pedrini Americo di Roggio nato il 26.4.1894, Samassa Giovanni di Sillano,
classe 1898.
Racconta Don Santini, parroco di Nicciano,
che lui e Don Bruno li videro passare mentre venivano condotti sul luogo
dell'esecuzione e Don Bruno Nobili Spinetti disse qualcosa contro gli alpini che
li conducevano. Al che il Tenente che comandava il plotone ingiunse anche a Don
Bruno e al suo cognato Dr. Rocchiccioli che era con lui di seguirli. C'era
molta tensione e certamente Don Bruno e il cognato temettero per la loro vita.
Giunti sul luogo dell'esecuzione i condannati
erano abbattuti e silenziosi. Qualcuno piangeva. L'unico che sembrò non temere
il suo destino fu il Tardelli, che disse : "Fanno bene a fucilarci perché
noi siamo per la libertà" . Intendeva dire, certamente, che loro erano nemici
irriducibili e che solo uccidendoli li avrebbero resi innocui. Pare che dicesse
anche di donare le sue scarpe a qualche poveretto.
Sul luogo, oltre al prete di S.Anastasio, Don
Mentucci, c'era anche Don Gisberto Milanta di Cogna e Don Bruno. I condannati
vengono confessati. Uno lo confessa Don Bruno, uno don Milanta e quattro Don
Mentucci.
E siamo alla conclusione. Il tenente ordina
il fuoco. Seguono due scariche e i condannati cadono al suolo. Il tenente da
loro il colpo di grazia e Don Mentucci impartisce l'olio santo. Il tenente
rivolto a Don Bruno dice: " I soldati della R.S.I. combattono al fronte e
all'interno......" Don Mentucci non afferra le ultime parole, ma il
significato della frase è evidente. Probabilmente si concludeva così: "...ci
sparano alle spalle". Poi i soldati se ne vanno e i poveri resti vengono
portati, dai pietosi abitanti di questa frazione, nella cappellina del cimitero
di Cogna dove i familiari recupereranno la sera stessa la salma del Talani e il
giorno appresso tutte le altre. Il giorno 3 a S.Anastasio vengono celebrati i
funerali per tutti e sei i morti.
Lo scontro si è fatto estremamente cattivo. I
partigiani ora sono pochi e le azioni sono limitate quasi esclusivamente a
favorire le diserzioni, ma l'odio reciproco è palpabile. Gli uomini della
R.S.I. che combattono al fronte non sopportano questa minaccia alle loro spalle
e non sopportano neppure che molti giovani si siano sottratti alla chiamata
mentre loro stanno facendo il loro dovere a rischio della vita.
Così si fa accanita la caccia ai renitenti
oltre che ai partigiani e, soprattutto, si è spietati coi disertori.
Si aggrava il fenomeno delle
diserzioni.
Il fenomeno dei disertori si è fatto grave
con l'arrivo dei bersaglieri della Div. ITALIA, sia perché ci sono molti
richiamati o, addirittura, rastrellati, sia perché le sorti della guerra
appaiono sempre di più segnate. Gli avversari usano chiamare spregiativamente
la Divisione ITALIA: divisione "scappa" o divisione
"lepre".
Pare che nella zona di Sassi l'11 febbraio la
7° Compagnia sia passata interamente al di là del fronte con il tenente in
testa (Guidi). E lo stesso giorno a Torrite vengono fucilati 2 disertori. Dice
Don Gigliante, il parroco, che il plotone di
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esecuzione è
formato dagli stessi commilitoni dei due e che “Li ubriacarono mezzi perché non
volevano tirare”. Poi sparano, ma i due non sono morti e li finisce il
Ten.Ferretti con un colpo di pistola alla testa.
E il 25 a Petrognola presso S.Anastasio la
stessa sorte tocca a Giuseppe Tomei, che era garfagnino di Vagli. Invano il
Cap. Gervasini tenta di salvarlo telefonando al comando di divisione. Il Gen.
Carloni è inflessibile. E lo stesso giorno (secondo Bertolini, ma Padre D’Amato
registra la fucilazione in data 4 febbraio, domenica), a Fosciandora, cade
sotto il fuoco del plotone di esecuzione comandato dal Ten.Maddaloni lo
studente in medicina al 3° anno bersagliere Benito Tassoni (o Tossani), che
tentava la diserzione. Era nato a Fiorenzuola il 8.1.1922 ed apparteneva al 2°
Btg. Stessa sorte tocca al bersagliere Risi il 10 febbraio. E altri due vengono
fucilati a Pieve Fosciana e altri due a Torrite e altri due a Camporgiano.
Episodio singolare anche quello narrato da
P.D’Amato (1). Il 28 febbraio dal comando tedesco del fronte di Treppignana
viene chiamato il cappellano militare dei bersaglieri che risiede a Torrite,
Padre Giovanni Vespertini. Pare debba incontrarsi con gli americani per
concordare le modalità per il recupero di morti e feriti sulla linea del
fronte. Alle ore 16 P.Vespertini passa il fronte in abito talare, con un
maresciallo e un soldato di sanità. Avrebbero dovuto rientrare la sera stessa,
ma “né P.Vespertini né gli altri si videro più”.
E anche alla caccia ai renitenti ci si
dedica. Don Vincenti, parroco di Gorfigliano, racconta che il 13 febbraio in
paese, malgrado il suo parere decisamente contrario, era stata organizzata una
festa da ballo. Nel bel mezzo capita un plotone di alpini (forse dell'INTRA) e
cattura e porta a Camporgiano uomini e donne. Ma il prete scrive a Don Cafalli,
parroco di Camporgiano e al Cap. Ruisi e li fa liberare quasi tutti. Solo
alcuni vengono portati a Pontremoli. Allora Don Vincenti scrive al vescovo di
Pontremoli Mons. Giovanni Sismondo e riesce a far liberare anche quelli.
Evidentemente i religiosi trovavano una certa udienza presso i soldati.
Anche a Sillano il giorno 20 vengono
catturate quattro persone. E il prete, Don Baisi, interviene e riesce a farne
liberare tre. Il quarto è un partigiano, Regali Francesco, che viene portato a
Pontremoli e fucilato. Tuttavia, dice Don Baisi, dopo questo episodio "gli
alpini mostrano rispetto e amicizia, e non danno più noia".
E intanto i garfagnini morivano anche
altrove. Il 21 febbraio un maresciallo della G.N.R., Martini Giuseppe Mario
Adolfo, di 32 anni, di Castelnuovo, muore in combattimento contro i partigiani
a Vercelli. Pare che il suo valoroso comportamento gli abbia meritato la
Medaglia d'Argento.
Si diceva della Divisione ITALIA. Il mese di
Febbraio fu, infatti, il mese dell'arrivo del grosso di questa divisione
(qualcuno, come abbiamo visto, era giunto fin dal dicembre). Secondo il
Federigi il 1° febbraio il 2° Btg del 1° Rgt., (compagnie dalla 6° alla 10°)
del Cap.Lucchesi Palli sostituì il 285° tedesco nella zona sopra Treppignana
(sinistra del Serchio)(2) mentre il 1° Btg (cmp dalla 1° alla 5°) sostituisce
il Btg. Brescia della Monterosa (che, però, si tratterrà fino al 5. O, forse,
oltre. Don Pinagli annota che gli alpini che erano in Filicaia partono per il
nord il 24 febbraio). Arriva anche il comando di reggimento, col Col.Zelli che
sostituisce Pasquali a Torrite. E arriva anche il Btg. Pionieri, il Btg.
Collegamenti, la compagnia divisionale contro-carro e i servizi.
Il 15 febbraio, infine, il 2° Gruppo
artiglieria ippotrainato dà il cambio al "Mantova" e arrivano due Btg
del II Rgt: Il 1° del Cap. Ferrario, che ha per motto "Non ho
tradito" e il 2°, unico in camicia nera, che ha per motto " Non mai
secondo per virtù e valore". A fine febbraio, così, se ne va anche il Btg
"Uccelli" della SAN MARCO.
Ai primi di febbraio si rianima anche il
fronte. Il 5 (3) il 366° Btg della "Buffalo" attacca sulla destra e
il 365° sulla sinistra del Serchio dove sono a
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difesa il 2° Btg
del I Rgt della Div.ITALIA e il 266° tedesco. L'attacco ottiene modesti successi
iniziali. Radio Londra annuncia la conquista di Gallicano, Calomini, Albiano e
Lama di Sotto. In realtà Albiano era "terra di nessuno"
(Mons.Lombardi), Gallicano era già il mano americana come pure Calomini (forse
dagli americani considerati "terra di nessuno" ma, comunque, non in
mano agli italo-tedeschi). Modesto successo, forse, fu la conquista di Lama di
Sotto, Monte della Stella e Quota 906 sulla sinistra del Serchio, nonché il
M.Faeto e Quota 437 sulla destra. Ma già il giorno 8, con il rinforzo di uno
squadrone del Gruppo esplorante dell'ITALIA, si passa al contrattacco e i
"Buffalo" sono respinti. Da fonte americana si apprende che ben 323
negri risultarono "sbandati". Il giorno 10 c'è un nuovo tentativo di
attacco su Lama, ma il giorno dopo quattro decisi contrattacchi respingono i
"Buffalo". Il giorno 7 ci fu un forte attacco anche in Versilia, pure
respinto. Evidentemente gli americani facevano le prove generali per l'attacco
decisivo.
Il giorno 23 febbraio una bomba di mortaio
colpiva, a Sassi, il giovane bersagliere Antonio Arciero (era nato il
25.7.1925, non aveva ancora venti anni) che cadeva morente gridando “Viva
l’Italia”. Gli era accanto il giovane S.Ten. Mirko Tremaglia, attuale Ministro
degli italiani all’estero. L’ Arciero morirà poco dopo all’infermeria di
Torrite.
Anche l'attività aerea americana si mantiene
intensa. Accaniti gli attacchi alle gallerie ferroviarie, alcune utilizzate dai
soldati. Il 6 viene attaccata la
galleria vicina alla stazione di Camporgiano. La galleria non subisce danni ma
una casa di contadini che era nei pressi (la casa del Livio) viene centrata da
due bombe e, letteralmente, sparisce. Al suo posto: due enormi crateri. Lo
stesso giorno viene centrata la galleria dei "Messali" presso
Villetta. Ma l'aereo, che si era troppo abbassato per colpirla, viene investito
dalla stessa esplosione che ha provocato e cade. Il pilota si salva, ma è
ferito e viene portato all'Ospedale Militare di Camporgiano. Durante questo
attacco muore a Villetta uno sfollato di Viareggio, tale Simonetti Carlo, e una
bimba di 8 anni, colpita da una raffica di mitraglia. Si chiamava Salotti
Giuseppina. Il parroco di Villetta dice che nei giorni 8, 9 e 10 attacchi aerei
provocarono la morte di 5 civili e tre militari. Uno dei civili, Vanni Nicola
di 44 anni, muore il 10 folgorato dai fili dell'alta tensione che le bombe
avevano fatto cadere. Molti i centri colpiti. L'11 si ha un violento
bombardamento su Camporgiano dove viene centrata e distrutta anche la casa del
Commissario Prefettizio Prof. Ulisse Micotti (che, trasferitosi con gli uffici
comunali nella frazione di Vitoio continua instancabile la sua opera di
faticosa organizzazione della vita civile in quei frangenti disperati. Il 3
febbraio, dice Don Pinagli, ci fu una riunione dei parroci e di quanti, in
qualche modo, potevano rappresentare gruppi di cittadini, convocata dal Micotti
per gli scopi suddetti). Don Cafalli, parroco di Camporgiano, dice che su
Camporgiano caddero complessivamente 160 bombe, che le case completamente
distrutte furono 10 e quasi tutte furono danneggiate. Egli, però, ci tiene a
dirlo, non sfollò mai. Disse sempre messa e assisté oltre 200 feriti
(evidentemente quelli dell'Ospedale Militare). Terribile fu il bombardamento di
Castelnuovo del 13 febbraio, durante il quale fu colpito e distrutto un rifugio
antiaereo dove trovarono la morte 30 persone fra cui il cappellano di Castelnuovo
Don Raffaello Rossi con padre, madre e fratelli. E ancora il 28, nei pressi di
Villetta e di Sillicagnana muoiono per bombe due civili (Uno dei quali era
Guidi Stefano (o Rodolfo ?) morto a Sillicagnana in loc. Pollunga) e un alpino.
E i paesi più prossimi al fronte pativano
anche il tormento continuo dei cannoneggiamenti. Intorno al 6 febbraio, in
concomitanza con un attacco americano nella zona di Lama, Riana subì
pesantissime offese dalle artiglierie. Una casa che ospitava le suore e le
orfanelle di Pieve Fosciana lì sfollate viene colpita e crolla in buona parte.
C’è anche Padre Conti con loro. Si teme il peggio, ma, per fortuna, il rifugio
che era sotto la casa ha retto e non ci sono vittime. Né viene risparmiato il
Collegio di Migliano che, pure, recava sul tetto grandi croci rosse,
funzionando come un ospedale. Una cannonata lo raggiunge mentre i ragazzi sono
in refettorio e ne ferisce alcuni. Uno, il giovane Ireneo Pistis, riceve una
scheggia sotto l’ascella destra che gli taglia l’arteria. E’ grave. Per fortuna
è presente quel “prodigio di chirurgo” (Padre D’Amato) che è il capitano medico
Klark, il
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quale con
tempestività riesce a ricucire l’arteria e a fermare l’emorragia. “La Madonna
della Stella”, dice Padre D’Amato, “ci ha salvato ancora”.
Altro morto civile a Villa di Ceserana
(Fosciandora) per cannonate il 22 febbraio. E’ “Nino” (all’anagrafe Salotti
Angelo), di 75 anni.
Vale la pena di segnalare anche un clamoroso
errore dell'aviazione americana che, il 7 febbraio, bombardò Vallico Sopra,
paesino di montagna in territorio già occupato, scambiandolo, evidentemente,
con un altro centro dell'alta Garfagnana (forse Vagli). Comunque almeno tre
persone ci persero la vita: Giannasi Camillo di anni 53, Guazzelli Primetta Ida
di anni 42 e Dominici Ugo di anni 29.
Ma anche la contraerea è attiva ed efficace.
Il giorno 6 , oltre a quello autoabbattutosi alla galleria dei
"Messali" un altro aereo viene abbattuto e cade presso Caprignana. E
il 20 le mitragliere di Piazza al Serchio abbattono un altro aereo. Il pilota
muore e viene sepolto nel cimitero di S.Donnino. Si chiamava M.F.W. AUGUSTIN,
della Terza Squadriglia SAAF.
A proposito della lotta contro la minaccia
aerea, vale la pena di narrare l’episodio di cui si parlò a Camporgiano
nell’inverno 1944/1945:
Un mattino nella piazza di Camporgiano
comparve un alpino della
"Monterosa" che sprizzava contentezza da tutti i pori. Stava,
infatti, per andare a casa in licenza premio. Aveva un paio di scarponi
fiammanti (i due scarponi erano legati insieme con le stringhe e gli
penzolavano sul petto. Infatti se li era messi al collo come una collana o un
trofeo) e stava ritirando dalla cucina militare che si trovava proprio lì sulla
piazza un bel gavettone di pastasciutta. Parlava con allegria con i cucinieri e
con altri alpini presenti e raccontava l’avventura che gli aveva fruttato e
scarponi nuovi e licenza. Alcuni civili curiosi che stavano lì intorno (sulla
piazza c’era anche un bar e un “tabacchino”) udirono così il racconto e lo
diffusero. Ed ecco la storia: Gli aerei americani da tempo si accanivano quasi
quotidianamente contro i ponti della ferrovia, costituendo un fastidio e un
pericolo non indifferenti. Così il nostro alpino un bel giorno perse la
pazienza e
decise di reagire. Giova sapere che il breve tratto di ferrovia che collega Camporgiano a Piazza al Serchio ( Km 5 in tutto) è costituito da una serie di gallerie che attraversano dei picchi rocciosi e di ponti che scavalcano torrenti affluenti del Serchio o il Serchio stesso, che scorrono in gole profonde. Questi ponti non hanno mai smesso di costituire un bersaglio privilegiato per i caccia bombardieri perché, anche se il treno da tempo non passava più, in quel tratto erano state tolte le rotaie e le traversine e la ferrovia veniva usata come strada. Ed era, per il crollo di alcuni ponti stradali, l'unica strada rimasta per raggiungere il fronte. Naturale, quindi, l'accanimento dell'aviazione nemica. Fortunatamente non riuscirono mai a colpirli, ma ci provarono a lungo e, per riuscirci, facevano delle picchiate molto audaci, insinuandosi nelle strette vallate e passando al di sotto dei picchi rocciosi circostanti. Avendo notato questo, il nostro alpino si piazzò di buon mattino su uno di quei picchi con il suo fucile mitragliatore e attese. Dopo poco, puntuali, arrivarono i caccia bombardieri e si tuffarono in picchiata. Uno di loro al termine della picchiata, mentre stava cabrando, venne a trovarsi proprio al di sotto del nostro alpino che, dall'alto, con una sventagliata ben mirata, colse in pieno il pilota uccidendolo. L'aereo, ovviamente, andò a schiantarsi sui monti vicini.
Questa curiosa storia è ben viva nella memoria di chi la udì narrare quel mattino a Camporgiano (fra cui l’autore del presente lavoro), ma questa è l’unica fonte. L’episodio appare, tuttavia, verosimile, sia perché l’alpino stava effettivamente andando in licenza con gli scarponi nuovi, ma anche perché una analoga storia (di un alpino che spara a un aereo dall’alto) è narrata anche da Davide Del Giudice nel suo “Il Battaglione Alpini INTRA sulle Alpi Apuane..” (4).
Il nipote del presidente U.S.A. cade col suo aereo in Garfagnana.
Riguardo a uno dei piloti catturati
(probabilmente quello dell'aereo caduto a Caprignana il 6 febbraio) si deve
registrare un episodio sconcertante. Egli fu
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condotto al
comando dove fu interrogato. Dopo l'interrogatorio fu condotto, a piedi, verso
le carceri che si trovavano a circa un chilometro dall'abitato.
Durante il tragitto
pare che l'americano tentasse la fuga (questa, almeno, fu la versione che
allora fu data) e che un soldato della scorta gli sparasse uccidendolo. Si
chiamava ALFRED R. LYTH e fu sepolto davanti al cimitero di Camporgiano insieme
ai caduti italiani e tedeschi. Circolò
voce che quel pilota fosse nipote del presidente degli U.S.A. Henry Truman. Non
si ebbero mai conferme ufficiali, ma nell'immediato dopoguerra (estate 1945),
giunse una squadra di americani particolarmente attrezzati che esumarono con
molta cura la salma, provvidero al riconoscimento e la portarono via. Poco dopo
dagli americani fu istruito un processo a carico del Capitano Simonitti della
Gendarmeria della Div.MONTEROSA e di alcuni suoi collaboratori, accusati di
aver ucciso il pilota Lyth. Malgrado il Lyth risultasse ucciso da un solo colpo
di arma da fuoco (il che escludeva la fucilazione e avvalorava la versione del
tentativo di fuga) il verdetto fu di condanna a morte per il Simonitti e alla
reclusione per i collaboratori. La condanna a morte fu eseguita nei primi mesi
del 1947 e fu l'unica eseguita dagli americani a carico di militari della
R.S.I.
Per la popolazione civile continua,
drammatica, la lotta per la sopravvivenza. Non solo bisogna sopravvivere alle
bombe, alla mitraglia e alle mille insidie (5), occorre anche sopravvivere alla
mancanza di cibo, cercando di procurarselo anche correndo pericoli gravi. Che,
a volte, risultano fatali. E' quello che accadde a due donne di Vagli Sotto,
che tentavano di attraversare gli Appennini per cercare cibo in Emilia, ricca
di granaglie. Erano Fortini Armida Maria di 45 anni e Bravi Adelaide di 42. Il
20 febbraio si trovavano al Casone di Profecchia, vicine al Passo delle Radici,
allorché una mina pose fine al loro viaggio uccidendole entrambe. (6)
Anche i frati di Migliano coi loro ragazzi
sono assillati dal problema di cosa mangiare. Per fortuna ogni tanto muore un
asino dei soldati, e loro se lo mangiano, trovandolo squisito. Ma non basta.
Così il povero Padre Ceccaglia parte con lo studente Domenico Cipollini e va a
cercar cibo, non senza rischio, nei paesi garfagnini di Vagli, Careggine,
Roggio, Puglianella. E raccolgono un bel po’ di farina di castagne “data con
generosità”, tanto per tirare avanti.
NOTE:
(1) Oscar Guidi, DOCUMENTI
DI GUERRA 1943-1945, cit.,pag.160.
(2) Padre D’Amato,
però, registra in data 22 gennaio l’arrivo di “alcuni gruppi di un battaglione
di bersaglieri italiani della divisione ITALIA destinati a sostituire i
militari tedeschi.” (Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA 1943-1945,
cit.,pag.151,152). E narra anche, nelle stesse pagine, la vicenda del
Serg.Magg. dei bersaglieri Arduini, romano, ucciso sul fronte di Treppignana a
fine gennaio o primi di febbraio dal rinculo di un cannone anticarro che stava
adoperando.
(3) Probabilmente
è in queste azioni che perdono la vita due partigiani: il giorno 3 Santi
Achille, diciannovenne di San Romano (verrà solennemente celebrato nel suo
paese a guerra finita) caduto in località Trombacco e il giorno 5 Bottari Marco
di Stazzema, di 32 anni, caduto a Calomini. Probabilmente facevano entrambi
parte della compagnia "C".
(4) Davide Del
Giudice, Il Battaglione Alpini “Intra” sulle Alpi Apuane, Ottobre 1944 –
aprile 1945, Ed. Centro Graf.Stampa, Bergamo 1997, pag. 13
(5) A Ceserana il
6 febbraio muore Giulia Biagioni in Marcucci, di anni 37, ferita alla testa da
schegge durante un cannoneggiamento. Negli stessi giorni (il 3 febbraio) muore
amche il giovane di 20 anni, Carlo Salotti di Riana, precipitando in un dirupo
mentre trasportava un barile di vino ai soldati al fronte. (Oscar Guidi, DOCUMENTI
DI GUERRA 1943-1945, cit.,pag 152). Nel suo atto di morte, però, risulta
morto “per mine”.
(6) Nei registri
del comune di Vagli Sotto risultano fra i morti anche Lopez Rosa, morta a Pisa
pare in un bombardamento, Vergnani Fiore e Vergnani Francesco, padre e figlio,
pastori uccisi da una mina mentre pascolavano il loro gregge. In nessuno dei
tre casi è precisata la data della morte.