CAPITOLO III
MAGGIO 1944 -
I PRIMI SCONTRI
All'incirca verso il marzo accadde che gli anglo-americani, resisi
conto dell'esistenza di molti giovani o ex militari italiani e non solo
italiani e anche di ex prigionieri inglesi che si nascondevano sui monti,
decisero di stabilire con loro dei contatti per indurli a collaborare e
metterli in condizione di condurre una lotta armata contro i tedeschi e i
fascisti. Così paracadutarono degli ufficiali col compito di aiutare
l'organizzazione delle bande e dei radiotelegrafisti dotati della necessaria
attrezzatura. Inoltre, e questo fu certamente il fatto determinante,
cominciarono a lanciare in zone convenute, dagli aerei, grossi bidoni appesi a
paracadute, che contenevano armi, viveri, vestiario e denaro.
Una delle prime zone
interessate fu quella dei dintorni di Magliano nel comune di Giuncugnano.
In una frazione di
questo comune chiamata Castelletto, si nascondevano due ufficiali inglesi
presumibilmente fuggiti da un campo di concentramento, di nome William e Terry (non meglio identificati) e
forse a causa di queste presenze, nonché per il sostegno del prete di Magliano,
Don Barsotti, fiero sostenitore della lotta partigiana, si andava costituendo
nella zona un primo nucleo di banda partigiana.
Ora accadde che, ai
primi di marzo, venne paracadutato sul monte Argegna (pare per errore) un
radiotelegrafista di nome Domenico Azzari ("Candiani")(1) con la sua
attrezzatura. L'Azzari, comunque, prese contatto con i due inglesi e decise di
trattenersi nella zona. Così, collaborando con i partigiani locali, fece
effettuare i primi lanci di armi e di altro materiale.
Il primo di questi
lanci ebbe luogo negli ultimi giorni di aprile del 1944 e consentì ai
partigiani locali di armarsi molto bene con fucili mitragliatori
"Bren", mitragliette "Sten", pistole e bombe a mano.
Questo fatto li galvanizzò e li rese molto euforici.
Giravano per il paese armati e, probabilmente, si sentivano forti e sicuri.
E accadde il primo
incidente.
Il primo maggio a
Magliano era giorno di fiera. La fiera di Magliano é fra le più frequentate in
alta Garfagnana, accorrendovi gente da tutti i paesi della zona e anche dalla
vicina Lunigiana.
Quella volta vi
scesero anche alcuni militi della G.N.R. che presidiavano il monte Argegna ove
trovavasi un osservatorio antiaereo.
E accadde che i
partigiani ne disarmarono sei (secondo altre fonti erano sette e secondo altre
ancora era soltanto uno, ma questa ultima fonte appare poco attendibile.
Sembra, infatti, improbabile che un milite si fosse avventurato da solo),
imponendo loro di lasciare il paese. Essi rientrarono precipitosamente alla loro
postazione e dettero l'allarme. Pare che subito dopo la postazione venisse
abbandonata.
Il giorno tre maggio
gli aerei americani effettuarono un nuovo lancio nella zona che però, come
vedremo, venne intercettato dai militi della G.N.R.
E quel giorno passò
senza che null'altro accadesse. Ma nella notte fra il 4 e il 5 si ebbe la
reazione. Su dieci camion giunsero i tedeschi con elementi della G.N.R. di
Lucca, guidati dal Prefetto Piazzesi, e fascisti garfagnini (di Castelnuovo e
di Piazza al Serchio) guidati, pare, dal segretario di Fascio locale,
Diamantini Francesco. Il quale, nella drammaticità della situazione, cercava di
evitare alla popolazione i danni più gravi salvando il salvabile e, in
circostanze non bene chiarite, rimase ferito a una gamba per una fucilata
sparata da un tedesco.
Secondo il racconto
del prete di Magliano, Don Barsotti, i partigiani si erano appostati lungo la
strada per impedire l'accesso al paese e pare che aprissero il fuoco con un
fucile mitragliatore tipo "Bren".
Ma, forse a causa
della scarsa conoscenza dell'arma, questa si inceppò e i partigiani si dettero
alla fuga. (2)
I tedeschi e i
fascisti, così, irruppero in paese, perquisirono le case e catturarono otto
persone fra cui il prete che, dice lui, fu fatto segno anche ad un colpo di
moschetto che non lo colpì. Fra queste persone c'era anche un certo Franchi
Ottavio, partigiano, il quale, vedendo uomini armati in paese li scambiò per
partigiani e si avvicinò loro con il suo bravo "Sten" a tracolla. E
il fatto di
essere stato catturato armato gli fu fatale. Tutti gli
arrestati, infatti, furono portati a Lucca e tutti furono rilasciati senza
danni il 9 maggio (solo il prete fu trattenuto fino al 23 giugno). Il Franchi,
però, fu fucilato presso il cimitero di S .Anna il 5 di maggio.(3) E si ebbero,
così, le prime vittime della guerra civile.
Come vedremo, infatti, poco lontano persero la vita altre
quattro persone.
Come già si é
accennato le armi lanciate il giorno 3 furono sequestrate dai fascisti. Non é
chiaro se questo accadde ad opera di coloro che effettuarono la spedizione a
Magliano o da un altro gruppo.
Pare che le armi
fossero cadute nei pressi del paese di Cogna e che un giovane di Sillano avesse
avvertito la G.N.R. Fatto sta che le armi furono immagazzinate nella caserma
dei carabinieri di Piazza al Serchio.
Nei giorni 4 e 5 maggio, quasi in concomitanza con l'azione
di Magliano, fu effettuato un rastrellamento ad opera di tedeschi e di uomini
della Xª M.A.S. nella vicina zona di Pugliano, Metra, Sermezzana che si trova
in quella parte del comune di Minucciano situata oltre il passo dei Carpinelli
e che guarda verso la Lunigiana.
Anche qui era
accaduto un fatto che aveva scatenato la reazione degli uomini della Xª M.A.S.
provenienti da La Spezia. Il giorno 27 aprile il localita` Montefiore (vicino a
Pugliano ma gia` in Lunigiana) in un agguato partigiano (Fu, forse, opera della
banda Marini che si era costituita in quel tempo ai confini fra la Lunigiana e
la Garfagnana) era stato ucciso un militare della R.S.I. e alcuni altri erano
stati feriti (Don Ambrosini parla di Guardie Repubblicane. Dovevano, quindi,
essere uomini della G.N.R.).(4)
Fatto sta che il detto
reparto della Decima irruppe con i tedeschi nei paesi suddetti rastrellando e
sparando. Ed anche qui persero la vita quattro persone: il giorno 4 a Pugliano
fu ucciso Pellegrino Giovanni Morosini di anni 36 e a Sermezzana due fratelli :
Pietro di anni 36 e Geremia Gherardi di anni 34, il primo dei quali era sposato
con un figlio. Pare che essi non fossero partigiani ma avessero un fratello
nella banda di Marini. Il giorno dopo fu fucilato a Carpinelli anche Morosini
Pellegrino di anni 20. Sia lui che il fratello Pellegrino Giovanni vennero
ritenuti partigiani ma, in realtà partigiano era un fratello che era fuggito.
Questi militari
rastrellarono anche 15 persone che furono condotte prigioniere a Lucca.
Allora il parroco
di Sermezzana Don Sandro Ambrosini, forse con altre persone, parte per Piazza
al Serchio. Qui parla con il Maggiore Messori della G.N.R. e ottiene qualche
rassicurazione. Poi va a Lucca, è l’otto maggio, dove, con
l'aiuto del Maestro Pierucci (lucchese che insegnava a Sermezzana), contatta il
Capitano Pucci, comandante dell’Ufficio Politico il quale dice che i
prigionieri verranno interrogati e, poi, forse, liberati. Nel pomeriggio Don
Sandro incontra la signora Tarsilla Posacco, moglie dell’Ing.Giorgi, uno dei
rastrellati. Essa è riuscita ad avere un appuntamento col ministro
dell’Agricoltura Moroni, che abita in una villa presso Lucca. Subito si recano
alla villa e al ministro Moroni chiedono di intervenire per salvare le persone
rastrellate che sono innocenti.
Mentre si trovano lì
giunge il Maggiore Baldi (già Seniore della M.V.S.N.) col cappellano Salvatori.
Essi cercano di salvare i rastrellati di Magliano, fra cui c'è l'Avv. Corrado
Pellini e la di lui moglie Lucia Castelli (la quale pare conoscesse il Maggiore
Baldi). Il Ministro Moroni è irritato per le azioni di rastrellamento e
incarica il Maggiore Baldi di far liberare i prigionieri. Cosa che puntualmente
avviene. Il 9 maggio vengono liberati tutti, sia quelli di Sermezzana sia
quelli di Magliano, ad eccezione del parroco di Magliano, che è effettivamente
un sostenitore della lotta partigiana ma che, comunque, viene pure lui liberato
il 23 giugno come già detto.
E’ opinione diffusa
che a seguito di questi fatti il ministro Moroni si sia adoperato per far
trasferire il Prefetto Piazzesi che, infatti, a fine mese (pare il 30 maggio)
viene trasferito a Piacenza e sostituito da Olivieri che assume anche la carica
di Federale.
Concluso abbastanza
felicemente questo episodio, ecco che subito il giorno dopo, 10 maggio a
Gorfigliano, altra frazione del Comune di Minucciano, si verifica un altro
fatto grave.
Occorre dire che in
quel periodo, mentre ancora nel paese non si erano costituite bande partigiane,
Gorfigliano era frequentato da bande provenienti dalla Versilia che
attraversavano le Alpi Apuane e scendevano in questo paese per incontrare altre
bande e per procurarsi il cibo, che sottraevano alle povere scorte della gente
del luogo.
Quel giorno un
gruppo di partigiani del Gruppo "Mulargia" era sceso a Gorfigliano
ove, presso il cimitero, pare dovesse incontrarsi con un'altra banda. Alcuni
testi ipotizzano potesse trattarsi della banda di Azzari proveniente dal
carrarese (era la banda di Marini, cognato di Azzari), altri di un gruppo di
"Stella Rossa" proveniente dal modenese. Il grosso del gruppo si era
fermato fuori dal paese mentre due entrarono per vedere se erano giunti quelli
con cui dovevano incontrarsi. Ma in paese c'era un piccolo presidio della
G.N.R. e due militi incontrarono i due partigiani presso la chiesetta di
S.Antonio, sotto i portici. Erano le 18,30. Poiché si trattava di sconosciuti,
i militi chiesero loro i documenti. Ma questi, che avevano le armi nascoste, le
estrassero e le usarono. Un fascista, Irmo Tarabella, fu subito colpito e
cadde. L’altro, Orsi Domenico, ingaggiò una colluttazione con un partigiano,
avendo entrambi la pistola in pugno. Ognuno reggeva il braccio armato dell’altro
impedendogli di sparare. Ma il Tarabella, se pur ferito gravemente, non aveva
perduto i sensi e, scelto i momento
opportuno per non colpire il compagno, riuscì a ferire il partigiano che
dovette mollare la presa del braccio dell’Orsi. Il quale Orsi, appena libero,
fece fuoco sul partigiano e lo uccise. L’altro partigiano fuggì. Il partigiano
morto era Sergio Ceragioli. Il Tarabella, ferito gravemente al petto, fu
portato all'Ospedale di Castelnuovo dove morì il giorno dopo. Il grosso dei
partigiani, sentiti gli spari, entrò in paese e lo occupò. Il parroco dice che
"posero il coprifuoco in paese, terrorizzando la popolazione" (5).
Poi catturarono altri due fascisti, Orsi Augusto, fratello di Domenico e Luigi
Santini, un mutilato di guerra senza una gamba, e, la sera intorno alle 22
uccisero il Santini nei pressi del cimitero e, intorno alle 23 l’Orsi in
località Giovetto, sul sentiero per Vagli.
Intanto in paese il
cadavere del Ceragioli giaceva dove era morto, coperto con un tricolore e i
partigiani non permettevano a nessuno di avvicinarsi.
Il giorno 12 in
paese arrivò un reparto di "SS", ma i partigiani se ne erano andati.
Ci furono visite nelle abitazioni, perquisizioni e cose del genere, che di
nuovo tennero col fiato sospeso la popolazione. E il cadavere del Ceragioli era
ancora insepolto. Allora il prete fece intervenire il Commissario Prefettizio
Dino Godini e l'ispettore di zona dei Fasci repubblicani, Sig. Gigino
Silvestri, i quali parlarono coi tedeschi che, infine, consentirono di seppellire
i morti. E il giorno 13, finalmente, furono fatti i funerali a tutti e quattro
i caduti.
Erano passati
soltanto 13 giorni da quel primo maggio, e già le vittime garfagnine della
guerra civile erano salite a sette, senza contare (perché non garfagnini) il
militare ucciso a Montefiore e il partigiano Ceragioli.
E un'altra vittima,
in qualche modo connessa con le vicende di Gorfigliano si ebbe a Piazza al
Serchio il 14 maggio. Fu Alberto Galanti de La Spezia, un tenente della G.N.R.
poi passato ai partigiani. Era nato il 10.3.1910 e, da civile, faceva il
maestro elementare a Stazzema. Egli era a Gorfigliano con i partigiani (presumibilmente quelli del gruppo
"Mulargia" o, forse, quelli del gruppetto costituitosi intorno a quel
tale Figueroa di cui si parla in questo stesso capitolo) ma pare fosse pentito
di avere abbandonato la G.N.R. per cui si presentò a Piazza al Serchio
ritenendo di poter beneficiare del bando che prometteva incolumità ai renitenti
che si fossero presentati entro il 25 maggio 1944. Ma a Lucca, ove fu portato,
fu trattato da disertore e, forse, anche ritenuto una spia, per cui fu
condannato a morte.
Riportato a Piazza
al Serchio venne fucilato. Ad assisterlo fu Don Pietro Ambrosini. Qualche fonte
riporta anche la fucilazione di un geometra residente a Piazza al Serchio in
frazione San Donnino dove si era sposato, tale Novarina Secondo, membro del
C.L.N. comunale, forse proprio in questo periodo. Presso il Comune, però, il
suo atto di morte non è registrato, né è stato possibile trovare altre notizie
certe. Evidentemente fu catturato e portato altrove.
Ed anche a San
Pellegrino in Alpe, nel Comune di Castiglione, i partigiani emiliani catturano
e uccidono il fascista Giacomo Marchi di 40 anni, Segretario del ricostituito
Fascio Repubblicano del luogo. Era il 15 maggio 1944.
Infine il
carabiniere Piagentini Angelo di anni 27, in servizio a Piombino, muore alle
ore 0,15 del 13 maggio nel rifugio del castello. Nell’atto di morte non è
riportata la causa. Si trattò, forse, di un bombardamento ?
Non risultano, nel
mese di Maggio, accaduti altri episodi che abbiano provocato morti, tuttavia
alcuni fatti meritano di essere citati per dare un'idea di come la situazione
stava ormai evolvendo verso una guerra civile più consapevole e deliberata.
E’ in questo mese,
infatti, che nascono quasi ovunque in Garfagnana i Comitati di Liberazione
Nazionale. Essi nacquero, come si può notare, dopo la costituzione delle bande
partigiane e non prima. Sembra, addirittura, che siano stati i partigiani a
fare pressione presso gli elementi antifascisti, affinché dessero vita a questi
comitati. I quali, poi, salvo casi particolari, non ebbero rapporti idilliaci
con i partigiani. Sembra, addirittura, che la divisione Lunense del maggiore
Oldham smettesse di avere rapporti con i C.L.N. della lucchesia, rimanendo in
contatto solo con il C.L.N. di Apuania.
Comunque i C.L.N. si
costituirono in tutti i comuni della Garfagnana.
A Castelnuovo Garf. ne fu presidente il primario del locale
ospedale, Dott. Demetrio Messuti e ne furono membri Ottorino Ciapetti, Oreste
Fusai, Don Gian Maria Torre parroco di Antisciana, il Dott.Raffaello Vannugli,
Simonetti Francesco, Ing.Ottaviano Guidugli, Avv.Ugo Franchi. A San Romano ne
fu presidente l'Avv. Mattei, a Camporgiano l'Avv.Bertoli, a Vergemoli
l'esattore Bruno Mignani (pare che qui il C.L.N. si costituisse di marzo. Dopo,
comunque, la formazione del gruppo partigiano "Valanga" che ne
sollecitò la costituzione e col quale ebbe sempre buoni rapporti di
collaborazione), a Pieve Fosciana Alfredo Giovanetti (con Petri Renzo e
Angelini Annibale). E i C.L.N. si costituirono anche a Giuncugnano (Prof.
Nobili Alfredo), a Villacollemandina (Santini Ovidio), a Fosciandora (Bonini
Pietro), a Molazzana (Dott.Guidugli Guido), a Piazza al Serchio (Dott. Alduini
Antonio, Dott.Carlo Bertolini, Geom.Novarina Secondo), a Careggine (Franchi
Sergio e Franchi Manlio),....
Questo fiorire di
Comitati può dare l'idea di come il movimento di opposizione alla R.S.I. e ai
tedeschi, rappresentato in origine solo dai giovani che si nascondevano per non
presentarsi alle armi, stesse ora cercando di organizzarsi e di darsi delle
motivazioni politiche.
Così come è
significativo il fatto che a Gorfigliano il 22 maggio fu fondata una sezione
del Partito Socialista di Unità Proletaria cui aderivano Ivo Ferri, Francesco
Fortini, Cesare Pancetti e di cui era segretario Pietro Casotti. Al punto n.9
del verbale di costituzione era scritto che a liberazione avvenuta la sezione
avrebbe ripreso, come sua bandiera, la bandiera della vecchia sezione
pre-fascista del Psiup che il Casotti teneva nascosta in luogo sicuro.(6)
E anche il movimento
partigiano continuò a svilupparsi e a compiere qualche azione, anche se queste
prime azioni tendevano soprattutto a procurarsi armi e viveri. Il primo maggio,
ad esempio, il distaccamento di Focchia del gruppo Valanga, che operava nella
zona di Fabbriche di Vallico ed era comandato dal Capretz, saccheggiò il
magazzino dell'Organizzazione Todt a Fornovolasco.
E verso la metà del mese il maestro Livio Pedri riuscì, con
la complicità del maresciallo dei carabinieri di Piazza al Serchio, a
recuperare le armi paracadutate verso il 3 maggio e intercettate dalla G.N.R.
Egli, appartenente
alla banda partigiana di Borsigliana, mi ha narrato l'episodio in questi
termini: Il gruppo di giovani che poi costituirà la banda di Borsigliana, in
origine aveva deciso di andare sui monti di Bagni di Lucca per unirsi alla
banda partigiana del pistoiese Manrico Ducceschi (Pippo). Ma, strada facendo,
incapparono in un rastrellamento in atto che li costrinse a tornare indietro. A
quel punto decisero di costituire una propria banda. E il primo problema che si
pose fu quello di come procurarsi le armi (a quel momento, infatti, possedevano
solo una vecchia pistola). Allora il Maestro Pedri, saputo delle armi giacenti
presso la caserma dei carabinieri di Piazza al Serchio, si presentò al
Maresciallo dicendo che i partigiani erano decisi ad impossessarsi di quelle
armi e fece intendere che, se non avesse collaborato, avrebbero assaltato la
caserma. Il maresciallo, che non aveva nessuna voglia di fare l'eroe e che,
forse, simpatizzava coi partigiani, disse che non aveva nulla in contrario a
consegnare le armi, però bisognava fingere un assalto che avrebbe sopraffatto i
pochi carabinieri. Così, nella notte concordata, i partigiani vennero a
prendersi le armi che furono consegnate spontaneamente dai carabinieri e solo
dopo, e con le armi appena ottenute, i partigiani stessi spararono alcune
raffiche simulando l'assalto.
Un'altra banda che
si stava rapidamente organizzando fu quella che si costituì nelle frazioni
montane di Careggine, avendo come animatore e capo il Dottor Abdenago Coli,
nativo di quei luoghi e medico a Santa Maria del Giudice. Si parlerà, infatti,
di una "banda Coli" nella quale finirono per confluire anche tutti i
partigiani di Castelnuovo e delle zone circostanti. Pare che anche in quella
zona fossero già iniziati i lanci di materiali da parte degli americani.
Dopo i fatti del 10
maggio, poi, anche a Gorfigliano pare si andasse organizzando una banda locale.
Ne parla in una sua testimonianza Ezio
Figueroa, all’epoca calciatore del "Viareggio" sfollato a
Gorfigliano, il quale dice di aver fatto parte di una piccola banda di 13 uomini
costituitasi a Gorfigliano, di cui faceva parte anche Ivo Ferri. In realtà pare
si trattasse di piccoli gruppi di simpatizzanti partigiani più che di vere
bande armate e pare se ne costituisse anche uno a Gramolazzo e uno a
Minucciano. Sembra che questi gruppi si fossero costituiti a seguito di un contatto
che Corrado Poli di Gramolazzo aveva avuto sul Monte Tondo con il maggiore
inglese Johnston. Alcuni di questi uomini, poi, fra cui lo stesso Figueroa e
quel Carlo Ceccato, impiegato presso la Soc.Montecatini e che poi verrà ucciso
insieme al Tenente Marco, andarono a congiungersi con la banda di Borsigliana
della quale, nel frattempo, aveva preso il comando, appunto, il padovano
Giorgio Ferro (Tenente Marco) del quale dovremo riparlare più avanti. Altri
preferirono non farlo e confluirono nella banda che, in luglio, si costituì,
come vedremo, al comando dal maestro Benedetto Filippetti.
E’ evidente che
l'andamento della guerra al fronte, con lo sfondamento della linea Gustav
faceva prevedere imminente il crollo dell'esercito italo-germanico, galvanizzando
gli antifascisti che intravedevano prossima e vittoriosa la fine della lotta.
E in Garfagnana
l'avvicinamento della guerra e il suo andamento sfavorevole fu reso percepibile
da tutti con l'inizio degli attacchi aerei dei caccia-bombardieri americani.
Il pomeriggio del 18
maggio, giorno dell'Ascensione, la ferrovia Lucca-Piazza al Serchio subì il
primo bombardamento nel tratto Pontecosi-Villetta-Poggio-Camporgiano-Piazza al
Serchio. Non ci furono vittime e neppure danni alla ferrovia, ma la popolazione
fu terrorizzata dal crepitio delle mitragliere degli aerei e dalle esplosioni
delle bombe da 250 chilogrammi, sganciate a coppia da ogni aereo.
Pochi giorni dopo,
il mattino del 21 maggio, il treno passeggeri che si dirigeva verso Lucca fu
mitragliato nei pressi di Fornaci di Barga.
Da allora i treni passeggeri subiranno molti mitragliamenti, che faranno anche delle vittime civili, (Don Gigliante di Torrite ne ricorda uno del 29 maggio) finché il 12 di giugno verso le sette del mattino due treni che effettuavano un incrocio nella stazione di Fornaci di Barga furono mitragliati e distrutti. Colpito da una raffica, morì in quell’occasione un operaio di Castelnuovo Garf., tale Chino Lunardi. Le due locomotive di quei convogli erano le ultime disponibili ( il giorno prima, 11 giugno, alla stessa ora, era stata distrutta la locomotiva del convoglio che procedeva verso Lucca)(7) per cui il servizio ferroviario dovette essere sospeso. Fatto, questo, che comporterà molti disagi per la popolazione della zona, che non avrà più alcun mezzo pubblico per i suoi spostamenti. Così molti operai non potranno più raggiungere i luoghi di lavoro, i rifornimenti si faranno difficili e, per la Garfagnana, inizierà quell'isolamento che verrà rotto solo dopo la fine della guerra.
NOTE:
(1) L’Azzari era un sottufficiale di marina che aveva
sposato una sorella di quel Marini che, poi, comanderà la 3° Brigata della
“Lunense” e che, in quel tempo, aveva organizzato una sua banda sul Monte
Tondo. La notizia è fornita dal Bertolini (op.cit.in bibliogr.) ma secondo
alcuni non era stato paracadutato. Semplicemente, l’8 settembre era venuto a
casa portandosi una radio trasmittente della marina.
(2) Pare, però, che un tedesco rimanesse ucciso. (LA GUERRA
IN GARFAGNANA Relazione dei parroci – Don Barsotti pag. 32,33.
(3) La Nazione del 9 maggio 1944 da notizia della
fucilazione del Franchi dicendo che esso fu fucilato insieme ad un altro
"ribelle" catturato in Garfagnana. Si trattava di un tale Agostino
Pippi, di 18 anni, di Ponte Stazzemese.
(4) Questa e le altre notizie relative all’episodio sono
tratte dalle più volte citate relazioni dei parroci – Don Ambrosini pagg. 79 e
segg.
(5) Relaz.parroci – Don Vincenti pagg.62 e segg.
(6) Oscar Guidi – GARFAGNANA 1943-45 – pag.105
(7) L’autore di questo lavoro, allora quattordicenne, era presente su quel treno. Anche quel giorno ci furono diversi feriti e, forse, dei morti