CAPITOLO V

           LUGLIO 1944 - LA REAZIONE TEDESCA

 

In Garfagnana ora ci sono più tedeschi

La guerra si sta avvicinando. Il 3 luglio gli alleati occupano Siena, il 4 inizia la battaglia di Arezzo, che verrà occupato il 17. Il 19 luglio gli americani sono a Livorno e il 23 si affacciano sull'Arno.

 E’ ormai chiaro che la prossima linea di difesa, se ci sarà, sarà la cosiddetta "linea Gotica" che, nel progetto iniziale, doveva sbarrare la valle del Serchio a Borgo a Mozzano, poco più in giù dei confini della Garfagnana.

 Stando così le cose, appare piuttosto naturale che i tedeschi abbiano cominciato a preoccuparsi dell'attività partigiana in Garfagnana e nel vicino appennino tosco-emiliano. E abbiano tentato abbastanza energicamente di reprimerla.

 Fin dai primi di luglio si registra una ben più forte consistenza di truppe tedesche in Garfagnana: Un reparto si accampa presso Varliano, nel Comune di Giuncugnano (1), vicino al passo di Carpinelli che mette in comunicazione Garfagnana e Lunigiana; un altro è a Minucciano (2) e fa frequenti puntate anche a Gorfigliano; un altro è a Careggine e il Dr. Coli con i suoi deve nascondersi "alla macchia".

Il maggiore Oldham sotto le “piodole”

 Il 10 luglio, infatti, la banda "Tony risulta essere accampata in località "La Gatta", sulla via per il monte Sumbra. Accade in tale data un episodio curioso narrato dallo Zerbini. All'alba di quel giorno erano di sentinella i partigiani Nicoli e Bonini i quali, giudicando evidentemente superfluo il loro servizio trovandosi in zona ritenuta sicura, si allontanarono dal loro posto. Destino volle che proprio quella mattina una pattuglia di tedeschi effettuasse una esplorazione in quei luoghi. Essi, però, passarono nel viottolo più in basso e non videro i partigiani che si trovavano più in alto. E non accadde nulla. Ma il maggiore Oldham, infuriato per la leggerezza delle due sentinelle, fece legare ad un albero i due colpevoli e, con un giudizio sommario, li condannò a morte. L'esecuzione avrebbe dovuto essere eseguita la mattina seguente. Per il maggiore Oldham era stato preparato un riparo simile a una tenda con rami d'albero ricoperti da un bello strato di zolle erbose (quelle che in Garfagnana si chiamano “piodole”) e sotto questo riparo il maggiore si ritirò per dormire. Ma nella notte piovve molto e le zolle, appesantite dall'acqua, fecero crollare l'intero rifugio addosso ad Oldham che vi rimase intrappolato sotto. Le sue grida d'aiuto soffocate non giungevano ai partigiani che erano un po' discosti, ma furono udite dai due legati all'albero, che erano lì vicino. Questi gridarono dando l'allarme e il maggiore fu soccorso e tratto fuori dal mucchio di terra e rami che avrebbe potuto soffocarlo. Riconoscente per averlo salvato, il mattino dopo graziò le due sentinelle indisciplinate. 

 

La morte di Pellinacci

 Il 12 luglio si registra un altro increscioso episodio a Vagli dove viene arrestato dai tedeschi un certo Pellinacci Giovanni Antonio.

 Pare fosse guardiano di un magazzino Todt svaligiato dai partigiani e pare fosse sospettato di intelligenza con questi. Fatto sta che due tedeschi lo condussero svogliatamente (ricordi di gente di Vagli dicono che forse i due tedeschi l'avrebbero lasciato scappare volentieri per sottrarsi all'odioso compito, ma il poveretto, sapendosi innocente, non sospettava minimamente di essere condannato a morte) fino in località Grottone e, qui, lo fucilarono.

Un altro reparto tedesco si trovava nel comune di Piazza al Serchio; a Camporgiano in località "Le Piane", all'interno di una fitta selva di castagni si è piazzato un autoparco, ove vengono riparati gli automezzi; il parroco di Filicaia, Don Pinagli, registra nel suo diario alla data del 22 luglio un forte transito di truppe tedesche e il 26 la presenza di truppe nella stessa Filicaia dove, dice sempre Don Pinagli, due militari: Hans Langer e Martin Palmen, servono la messa.

Comincia la repressione dura. Gli attacchi al “Valanga”

 E non si fanno attendere le prime azioni repressive. Il 3 luglio, a Piazza al Serchio, vengono fucilati due partigiani che erano stati catturati dopo che avevano ucciso un milite della G.N.R. Si tratta di due carrarini: Guadagni Tripoli di 21 anni e Vannucci Fernando. Il 13 luglio ad essere attaccati sono i partigiani del gruppo "Valanga". Il grosso della formazione, che fino al 5 luglio si trovava in località Pianiza, si era adesso ritirato verso il Monte Pania della Croce e si era accampato presso il Rifugio Rossi. Qui vennero attaccati da una pattuglia di una quindicina di tedeschi (3) provenienti da Col di Favilla. In quei giorni il gruppo, arricchitosi di altri uomini provenienti dalla zona di Gallicano, pare contasse una cinquantina di uomini ma ai primi spari la metà si diedero alla fuga. I rimasti tentarono di resistere. Luigi Vangioni, salito con altri sul "Naso" dell'Omo Morto (rilievo posto proprio sopra il rifugio) cominciò a sparare con un "Bren" mentre Pietro Vangioni (ventenne fratello di Luigi) e Renato Donati andavano incontro alla pattuglia. Ma durante la salita sul "Naso" Luciano Franchi fu ucciso e Carmelo Lusetto fu ferito. Subito dopo anche Pietro Vangioni e il Donati furono uccisi (pare che il Donati, colpito da una raffica alla testa, fosse caduto facendo esplodere una bomba a mano che stava per lanciare e che avrebbe ucciso anche il Vangioni). Dopo mezz'ora di fuoco i tedeschi si ritirarono senza aver subito perdite e i partigiani, sistemate alla meglio le tre salme (Franchi, ferito a morte, in una cuccetta del rifugio e gli altri due sotto teli da tenda) se ne andarono in fretta temendo altri attacchi e scesero a Vergemoli. L'effetto psicologico fu disastroso per gli uomini del Valanga, che si riorganizzò faticosamente. A Vergemoli il comandante Puccetti, che non era presente allo scontro essendo in missione presso altre bande, riuscì a radunarne soltanto 13, quasi tutti del luogo, fra i quali c'era anche un segretario di Fascio che era stato preso come ostaggio (probabilmente il Mario Saisi di Gallicano) e che ora collaborava coi partigiani. Solo il giorno 16 risalirono al Rifugio Rossi per seppellire i tre caduti e recuperare le armi. Poi il gruppo si accampò in Trescala, località dell'Alpe di S.Antonio. Sempre il 13 luglio (evidentemente erano azioni combinate) fu attaccato anche un distaccamento del Valanga che si trovava a Focchia. Colti di sorpresa, i partigiani tentarono di difendersi ma, dopo la morte del comandante Orazio Massara che cadde in combattimento, gli altri cinque furono catturati.

 Erano: Alberto Casini, Giovanni Frati, Aldo Rigali, Liliano Paolinelli e Adriano Pasquini. La cattura con le armi in pugno comportava la pena di morte. E così i cinque, dopo essere stati portati a Bagni di Lucca e malmenati, furono riportati sui luoghi dello scontro e fucilati. Il Casini fu fucilato a Fabbriche di Vallico, di fronte alla sua abitazione e, pare, alla presenza della madre,  Paolinelli e Pasquini a Focchia, Giovanni Frati a Bagni di Lucca, dove era stato riportato in serata. Si salvò il solo Rigali che, essendo svenuto durante i maltrattamenti, quando si riprese riuscì a fuggire uccidendo, pare, la sentinella.

 E sempre lo stesso giorno 13 i tedeschi attaccarono i partigiani dell'alta Garfagnana che esattamente un mese prima, il 13 giugno, avevano occupato il Santuario sul Monte Argegna e li misero in fuga.

Poi bruciarono tutto. In quel giorno non ci furono morti in Argegna, ma il giorno dopo a Ponteccio perse la vita uno di quei partigiani per un colpo sparato accidentalmente da un compagno. Si chiamava Brega Corrado ed era di Borsigliana.

 Il 27 luglio il comandante Puccetti con cinque uomini (fra cui Silvano Valiensi che testimonia dell'accaduto) del gruppo "Valanga" si trovavano sul monte Forato per incontrare un gruppo di partigiani versiliesi. Dice Valiensi che i versiliesi, comandati da un certo Beppe, avevano ricevuto un lancio di armi pesanti (mitragliatrici e mortai) mentre il "Valanga aveva ricevuto soltanto armi leggere. Così Puccetti aveva intrapreso questo contatto per cercare di ottenere una parte delle armi pesanti. Qui furono attaccati da un reparto di tedeschi che salivano da Fornovolasco. Pare che i tedeschi fossero guidati da un certo Di Natale, che era stato prigioniero dei partigiani nel campo di concentramento che pare esistesse a Foce di Mosceta e che era fuggito. (4) Si racconta che questo tale avanzasse allo scoperto fingendosi solo, ma i partigiani, che avevano visto i tedeschi, gli spararono e lo uccisero.(5)

 Il 30 luglio sull'Appennino reggiano, presso Ligonchio, è in corso un grosso rastrellamento che impedisce ad Oldham e ai membri della missione "Turdus" di raggiungere il maggiore Johnston che coordinava i partigiani emiliani.

La missione “Turdus”. Arriva Renzo Barocci (Roberto Battaglia)

 Le vicende di questa "missione Turdus" meritano di essere raccontate. Il 15 luglio era partito da Brindisi un aereo che doveva paracadutare i componenti la missione Roberto Battaglia (con lo pseudonimo di Renzo Barocci), Bruno Innocenti (Alvaro Giusti) e il Radio telegrafista Vita con la sua attrezzatura nei pressi di Ligonchio, a disposizione del maggiore inglese Johnston. Nella notte avvenne il lancio ma anziché a Ligonchio essi atterrarono in Garfagnana, nei pressi di Croce di Stazzana. Giunto il mattino i tre si resero conto di non essere atterrati dove volevano ma in altro luogo. Orientatisi alla meglio, si diressero verso l'alto e ben presto furono intercettati dai partigiani della banda "Tony". Oldham mandò subito Manlio Franchi con due uomini ad avvertire Johnston il quale mandò 30 dei suoi uomini per recuperare i tre della missione e i materiali paracadutati. E così, il giorno 30 (evidentemente gli uomini di Johnston si erano trattenuti qualche giorno in attesa del momento più favorevole) partirono gli emiliani e i tre della missione accompagnati dal maggiore Oldham che si era unito a loro con 40 uomini per avere un abboccamento con Johnston. Ma il rastrellamento di Ligonchio glielo impedì, costringendo tutti a ritirarsi sul Monte Tondo, che, in seguito, ospiterà il quartier generale della Divisione Lunense. Fu così che Battaglia, Innocenti e Vita rimasero con Oldham fino allo scioglimento della Lunense.

 Né bisogna dimenticare l'attacco che i tedeschi portarono alla cosiddetta "Repubblica di Montefiorino" dal 28 luglio al 3 agosto, distruggendola. Infatti, anche se Montefiorino non è in Garfagnana ma in provincia di Modena, l'avvenimento interessò anche la Garfagnana in quanto un gruppo dei partigiani di Montefiorino superstiti, come vedremo, fuggì in Garfagnana e riuscì a raggiungere l'Alpe di S.Antonio e ad unirsi al gruppo "Valanga". (6)

Azioni partigiane del mese di Luglio

 In quel periodo, esattamente il 26 luglio, moriva a Civago (paese emiliano situato subito al di là dell'Appennino) un garfagnino di Castiglione, tale Pioli Quinto di 27 anni. Sull'atto di morte sta scritto "morto per rappresaglia". In realtà fu ucciso dai partigiani di Bixio perché gli fu trovata in tasca la domanda di arruolamento nella Guardia Forestale. E le guardie forestali della zona, come abbiamo visto, furono particolare bersaglio di quei partigiani.

 E i partigiani Garfagnini come reagirono a questa offensiva tedesca?

 Indubbiamente furono disorientati e intimoriti e si fecero molto più prudenti. Le azioni partigiane, infatti, risultano molto scarse se raffrontate a quelle compiute nel mese precedente.

 Tuttavia continuano a farsi sentire.

 Il 2 luglio una pattuglia comandata dal Ten.Bertagni della Banda Tony disarma il piccolo presidio della G.N.R. di Pontecosi nel comune di Pieve Fosciana. Questo, almeno, risulta dalle relazioni partigiane (ed è riportato da Bertolini). Appare, però, un po’ strano che in quel tempo esistesse ancora un piccolo presidio del genere. Risulta, infatti, che fin dal mese precedente questi presidi non esistevano più.

 Il 5 una ventina di partigiani della solita banda scendono in Filicaia, prelevano e bastonano a sangue due fascisti locali : Piagentini e Lombardi.

 Il 7 due del Valanga : Pasquale Cipriani (che il 29 agosto morirà sul M.Rovaio) e Lorenzo Vangioni si uniscono a un gruppo di rastrellati sulla via fra Fornovolasco e Gallicano , uccidono l'ufficiale tedesco che li conduceva e catturano l'interprete. (7)

 Il 10 il solito tenente Bertagni della banda Tony, sempre presente in azioni spericolate, entra nella caserma della G.N.R. a Castelnuovo (probabilmente già abbandonata. Infatti i reparti della G.N.R. si ritirarono a nord nel giugno) e ruba due motociclette.

  Il 14 alcuni partigiani emiliani, catturano a Massa Sassorosso nel comune di Villacollemandina la guardia forestale Marchini Giovanni, lo conducono a Civago e lo uccidono. La stessa sorte tocca a un'altra guardia forestale, tale Satti Silvio di Sillicagnana, pure lui catturato a Massa Sassorosso.

 Il 28 un gruppo della banda Tony comandato da Bertagni attacca un convoglio tedesco al ponte del Remonio, in località Pettinella.

 Un'auto della Croce Rossa salta in aria. Pare fosse carica di munizioni. Pare siano rimasti feriti tre tedeschi e un partigiano di Cerretoli, tale Marino Monti.

  I tedeschi catturarono nella zona tre ostaggi che, però, furono subito rilasciati per il provvidenziale intervento del Commissario Prefettizio di Camporgiano Prof. Ulisse Micotti. (Don Pinagli)

 Lo stesso giorno 28 il gruppo "Valanga" riceve l'atteso lancio di armi ed altro. I partigiani avevano acceso fuochi nella zona dell'Alpe di S.Antonio per segnalare il luogo e, nella notte, aerei americani paracadutarono 24 bidoni entro cui, fra l'altro, c'erano sei mitragliatrici Breda 30, sessanta Sten, bombe a mano e 6 quintali di gelatina esplosiva.

Si costituisce a Gorfigliano la banda Filippetti

 Si deve, inoltre, segnalare la costituzione di una nuova banda partigiana. Ne dà notizia Don Vincenti, parroco di Gorfigliano, il quale dice che ai primi di luglio si costituì una banda partigiana locale al comando del maestro Benedetto Filippetti (Tenente Lupo) che, dice Don Vincenti, "era stato segretario di Fascio fino al 25 luglio 1943". Pare che questa banda si costituisse anche per contrastare le ruberie e i soprusi compiuti sulla popolazione dalle bande versiliesi e massesi che venivano in Garfagnana a rifornirsi di cibo. In quel periodo c'erano a Gorfigliano anche i "Patrioti Apuani" di Pietro Del Giudice, ex frate (secondo Don Vincenti erano disertori della Xª MAS) e sia questi che la nuova banda avevano il comando presso l'albergo Pancetti. Ma pare che la popolazione non ne traesse molto vantaggio.

 Dice, infatti, Don Vincenti che entrambe le bande "ne fecero di cotte e di crude : soprusi, taglie rilevantissime ai neo-fascisti, minacce,pene..." (8)

La minaccia aerea

 E non erano soltanto questi i pericoli da cui la popolazione doveva guardarsi.  Anche gli attacchi aerei, infatti, si facevano sempre più frequenti e minacciosi.

 Il 2 luglio ci fu un bombardamento alla stazione ferroviaria di Castelnuovo. I danni non furono gravi ma morirono 6 civili (Teresa Giannotti di 6 mesi, Marino Giannotti di 5 anni, Pietro Toni di 8 anni, Adriana Martinelli di anni 17, Eugenia Valdrighi di anni 30, Luigi De Lucia di anni 30) . Pare che quel giorno dovesse essere disputata, nel vicino campo sportivo, una partita fra due squadre di operai che lavoravano con l’Org.TODT. Naturalmente non fu disputata. E il rischio bombe, ormai drammaticamente tangibile, indusse i responsabili a trasferire l'Ospedale Civile di Castelnuovo, rendendone sempre più precaria la funzionalità. (9)

  Il 7 fu bombardato Gramolazzo e ci fu un morto civile, tale Magiera Tommaso.

  Il 9 un mitragliamento sul Piano della Pieve causava la morte di Luigi De Lucia di Villetta (San Romano).

  L'11 fu bombardata la ferrovia nei pressi di Camporgiano. Non ci furono morti.

  Il 15 da una formazione di fortezze volanti in transito piovono alcune bombe gigantesche nei pressi di Camporgiano, sconvolgendo un piccolo podere.

  Probabilmente un aereo colpito dalla contraerea aveva scaricato il carico di bombe.

   La contraerea, infatti, cercava di contrastare come poteva gli aerei americani. Ora, oltre che a Pieve Fosciana, c'erano batterie contraeree anche a Pontecosi e ad Antisciana.

 Alle ore 16 del 10 luglio ci fu perfino l'attacco di un aereo da caccia tedesco ( uno solo !) a una sterminata formazione di fortezze volanti. Il duello aereo, seguito da gran parte della popolazione della Garfagnana, durò qualche minuto, e le mitraglie crepitarono all'impazzata, poi l'aereo tedesco desistette e si allontanò. E fu l'ultimo aereo tedesco che si vide all'attacco sul cielo della Garfagnana.(10)

NOTE :

 

(1)Relaz.Parroci – Don Barsotti in La guerra in Garfagnana dalle relazioni dei parroci, cit.,pag. 45.

(2)Don Vincenti in La guerra in Garfagnana dalle relazioni dei parroci, cit.,pag.62 .  Testimoni dell’epoca raccontano l’episodio seguente: All’arrivo dei tedeschi a Minucciano avvenne che alcuni uomini fra cui il Maestro Filippetti, capo della banda partigiana che si andava costituendo, furono catturati dai tedeschi e rischiarono di essere fucilati poiché al Filippetti fu trovato in casa un mitra. Allora intervenne il segretario del Fascio Repubblicano Settimo Pellegrinetti il quale disse che il mitra era suo e che lo aveva affidato lui al Filippetti. In realtà era così poiché il Pellegrinetti, ormai rassegnato alla sconfitta, si era lasciato disarmare dai partigiani. Il suo intervento salvò tutti gli arrestati, che vennero rilasciati. (Non servì, invece, come vedremo, a salvare la sua vita giacché verrà ucciso dai partigiani il 10 ottobre.) In quell’occasione perse la vita un giovane del luogo, certo Chiavacci, fratello del partigiano Pietrino Chiavacci, colto da una raffica di mitraglia mentre fuggiva.

(3) La versione ufficiale contenuta nella relazione del "Valanga" e che parlava di 200 tedeschi e di un combattimento di 4 ore è, secondo la testimonianza degli stessi protagonisti partigiani (vedi intervista rilasciata all’autore da Silvano Valiensi), esagerata e non corrispondente al vero.

(4) Valiensi esclude l’esistenza di questo campo ma Oscar Guidi, nel suo Documenti di guerra, cit., alle pagg.109-110, riporta la testimonianza di Luigi Battaglia di Molazzana che sostiene di essere stato prigioniero dei partigiani proprio nel “campo di concentramento situato nei pressi di Foce di Mosceta”.

(5) Sembra che i partigiani fossero molto sospettosi nei confronti di individui che potevano essere degli infiltrati al servizio dei tedeschi. Infatti il 26 luglio fu ucciso dai partigiani un altro uomo di nome Salemme Strato nei pressi di Cerretoli. Il suo corpo fu rotolato in mezzo a dei cespugli. Anche costui fu ritenuto un infiltrato. E sempre in Luglio il capo partigiano Marini, detto "Diavolo Nero", che operava in Lunigiana, uccise "alcuni finti partigiani".

 La data del 27 luglio è ritenuta errata da O.Guidi (GARFAGNANA 1943-1945, cit.) in quanto il “Valanga” ebbe il primo lancio di armi solo il giorno dopo. Ma Petrocchi parla di un altro lancio nei pressi di Cerretoli avvenuto il 6 giugno e che il “Valanga” poté “recuperare in parte”.

(6) Pare che in quel frangente si trovasse a Montefiorino, dove si era rifugiato a seguito dei rastrellamenti tedeschi in Val di Lima e nel pistoiese, anche Manrico Ducceschi (Pippo) con alcuni dei suoi uomini. Anch’egli, fuggito da Montefiorino, riuscì avventurosamente a riattraversare l’Appennino per riportarsi nella zona dell’Alpe delle Tre Potenze, dove era la sua vecchia base. (Giorgio Petracchi AL TEMPO CHE BERTA FILAVA Mursia 1995, pag.159 e segg.)                                

 

(7) Valiensi, che ha accettato gentilmente di incontrarmi il 17.11.99, non conferma la morte dell'ufficiale e dice che l'interprete era un militare tedesco (altoatesino) che parlava perfettamente l'italiano. Questi fu condotto al campo del "Valanga" sulla Pania, fra la costernazione dei partigiani che temevano reazioni tedesche. Il prigioniero rimase una decina di giorni al campo, godendo di una certa libertà di movimento. Il che gli consentì, alla fine, di dileguarsi.

(8) (Don Vincenti in La guerra in Garfagnana dalle relazioni dei parroci, cit., pag.63) E’ interessante il duro ma obiettivo giudizio che questo parroco (che, pure, sarà presidente del C.L.N. comunale) dà dei partigiani del luogo a pag.64: “I mesi di settembre,ottobre,novembre furono per noi mesi di continuo pericolo di distruzione, di eccidio generale a causa delle formazioni partigiane e dei nazi-fascisti. I primi, quali soldati di ventura, con grande leggerezza ne commettevano di cotte e di crude, spogliando o mettendo taglie fortissime agli aderenti alla repubblica di Salò, predando il bestiame e terrorizzando col mitra, bombe a mano, chiunque non accondiscendesse ai loro desideri. Anche sul macinato era stato fatto un tasso del 20%. La vita dei cittadini era nelle loro mani e bastava un semplice sospetto per passare brutti quarti d’ora. Protetti ed aiutati assai dal maggiore inglese Oldham, soggetto capitato per poter aiutare i suoi connazionali, era senza troppi scrupoli; con grande facilità, senza alcuna legge di legalità, firmava atti di morte e lasciava firmata in bianco carta bianca, al capriccio di queste bande. Esempio ne sia l’esecuzione capitale, compiuta a Roggio di Garfagnana di tre persone: Casotti Marino di Alessio,Albano Paladini di Giovanni e Deltaglia Alfredo. Questi tre disgraziati con un giudizio molto sommario, perché sospetti, senza nessuna prova, pagarono con la loro vita il 13 ottobre, negando loro il conforto religioso, vittime di incoscienza patria e di prepotenze da parte dei loro esecutori. Al maggiore inglese importava poco un italiano di più o di meno…”

(9) L'Ospedale fu trasferito nel convento dei Cappuccini, poi, dopo un mese rientro` a Castelnuovo nella sua sede e, a dicembre, fu trasferito nella frazione di Antisciana in locali di fortuna dove funzionava con difficolta` estrema. Chi aveva necessita` di essere ricoverato doveva portarsi perfino il necessario per la sua alimentazione.

(10) Don Pinagli e ricordi personali.

         Inizio     avanti    indietro   indice