CAPITOLO VIII
OTTOBRE - LA MATTANZA DEI FASCISTI
La guerra è qui
Ottobre è un mese
ricco di eventi poco felici per la Garfagnana. Ai primi di questo mese il
fronte si stabilizzerà nel bel mezzo della valle del Serchio tagliandola in due
e buona parte dei paesi verranno a trovarsi praticamente sulla linea del fuoco.
E a fine mese arriveranno gli Alpini della
Divisione Monterosa e i maro` della Divisione San Marco.
Ma quelle che maggiormente creeranno orrore
saranno le uccisioni di numerosi civili fascisti, disarmati e indifesi,
prelevati nelle loro abitazioni e uccisi a sangue freddo con un colpo alla
nuca. Come abbiamo visto c'erano già state alcune uccisioni, ma quella che si
verifica in questo mese per concludersi nel mese successivo è una strage
sistematica operata freddamente dai partigiani di Oldham, su suo comando.
A questo proposito si impone una osservazione
cui è opportuno dare la massima rilevanza. Tutte le uccisioni si sono
verificate nei comuni dell'alta Garfagnana, da Castelnuovo in sù, cioè nella
zona dove ha operato la divisione partigiana Lunense. Nei comuni di
Fosciandora, Gallicano, Molazzana, Vergemoli, Trassilico (ora Fabbriche di
Vallico) non c'è stata nessuna uccisione di fascisti. Nel comune di Fosciandora
la cosa può essere spiegata col fatto che, essendo un comune sul fronte di
guerra, esso era costantemente presidiato dalle truppe tedesche e repubblicane.
Ma negli altri quattro comuni, nei quali ha operato il Gruppo Valanga, non ci
sono state uccisioni di fascisti, né prima né dopo il passaggio del fronte per
la precisa scelta del gruppo, evidentemente, di non spargere sangue italiano.
Furono, infatti, operati arresti di fascisti
(per esempio il segretario del fascio repubblicano di Gallicano Mario Saisi)
che vennero tenuti in ostaggio ma non uccisi. Si potrà obiettare che i comuni
di Gallicano, Trassilico e Vergemoli furono occupati dagli americani fin dai
primi di ottobre, per cui la guerra civile durò meno, e che per il comune di
Molazzana vale quanto detto per Fosciandora. Ed è certamente vero che nei
comuni a nord del fronte la guerra civile si fece via via più feroce. In questi
ultimi comuni, tuttavia, uccisioni ci furono anche nei mesi precedenti
l'ottobre e, soprattutto, anche dopo il passaggio del fronte. Certamente
l'asprezza della lotta aveva riempito i cuori di odio e di desiderio di
vendicare i propri caduti. Ma questo desiderio di vendetta poteva, a buon
diritto, albergare particolarmente nei cuori dei partigiani del “Valanga” .
Nessun gruppo partigiano garfagnino, infatti, ha pagato un tributo di vite
umane così alto come il Gruppo Valanga.
Che, però, non ha ucciso. Il maestro Silvano
Valiensi, ex partigiano del Valanga, mi ha confidato che, arrivati gli
americani, fu recapitato al comandante del Gruppo, Mario De Maria, un elenco di
fascisti da uccidere. Ma il De Maria oppose il suo rifiuto dicendo che nella
sua zona sapeva lui cosa occorreva fare. Ci furono, infatti, delle epurazioni
(vedi nel Cap.16 le notizie sul Comune di Trassilico) ma nessuna uccisione.
Appaiono, quindi, non dubbie le seguenti verità:
1°) I partigiani
del gruppo Valanga mostrarono in tutte le occasioni una maggiore umanità, e
uccisero soltanto in combattimento (unica eccezione fu la uccisione del Di
Nuzzo, partigiano ladro, vedi il Cap.6 -Agosto).
2°) Si fecero
carico dei problemi delle popolazioni non solo procurando di non esporle a
rappresaglie (che, infatti, non ci furono), ma anche cercando di provvedere al
loro sostentamento con un'equa distribuzione delle risorse alimentari. E questo
fu fatto collaborando con le autorità amministrative locali che, altro fatto
singolare di quelle zone, erano ancora quelle nominate dal fascismo e che
rimasero in carica fino alla fine della guerra. (A Gallicano fu Commissario
Prefettizio Manlio Crudeli che era stato nominato fin dal dicembre del 1942 e
che rimase in carica fino all'ottobre 1944. A Trassilico, addirittura, rimase
in carica fino all'ultimo il Podestà Sorrentino Salani, nominato,
probabilmente, prima della guerra.)
Ma seguiamo i fatti con ordine.
I tedeschi hanno risalito lentamente la valle
del Serchio, poco o niente incalzati dai Brasiliani che li fronteggiano.
Soltanto l'11 ottobre alle 10,30 entrano in Barga, lasciata libera dai tedeschi
fin dal 25 settembre. (Il 3 ottobre, però, avevano fatto saltare il ponte
dell'Arsenale e il ponte di Campia). Dice Mons. Lombardi che i barghigiani li
attendevano con ansia, sperando che il loro passaggio segnasse, per loro, la
fine della guerra. E quelli non arrivavano mai.
Ora ci sono ma Mons. Lombardi non manifesta
troppo entusiasmo. "Sono molto prudenti e diffidenti. Proibiscono di
suonare le campane e temono le spie. Vogliono vino, grappa, vermouth, cognac,
galline e donne. Ubriachi sono pericolosi. Sono una natura primitiva. Sono poco
attraenti ma sono carichi di roba".
I Brasiliani impiegano in Val di Serchio il I e il III Btg. del 6ª Rgt.
Il II Btg. è nella zona montuosa a ovest del Serchio. I tedeschi gli oppongono
il I/40ª della 42ª Div. Jager, reparti della 25ª Div. Fanteria, reparti della
232ª e, nella zona di Lame, verso l'Appennino, un 165ª Btg. non meglio
identificato. Nel corso del mese i tedeschi lasciano ai Brasiliani Gallicano
(Esattamente il giorno 9. Lo conferma con una lettera datata 11 ottobre il
sindaco Capretz, appena nominato), Sommocolonia sopra a Barga (il 24) e anche
Trassilico e Verni (il 25).
La linea tenuta dai tedeschi, ormai, è quella
che rimarrà inalterata fino all'aprile 1945 e cioè : partendo da Est si va dal
Monte Romecchio sugli Appennini, a Lame di sopra e di sotto (Prese dai tedeschi
il 13 ottobre ai Brasiliani che le avevano avute in consegna dai partigiani di
Pippo. Non le riprenderanno più fino alla fine) a Lama , allo spartiacque fra
il torrente Corsonna e il torrente Ceserana, poco oltre Treppignana (è il
crinale che divide il territorio di Fosciandora da quello di Barga), al Serchio
presso la stazione ferroviaria di Castelvecchio (1). Poi si risale verso Ovest
e si va a Perpoli, Campo, il paese di Montaltissimo, Monte d'Anima, Grottorotondo,
Le Rocchette, Pania Secca, Pania della Croce, Corchia, Monte Altissimo, fino ad
Azzano, un paesino sottostante, già in Alta Versilia.
Il comando tedesco si stabilisce in Filicaia
nel comune di Camporgiano sistemandosi nella Villa Turri, in casa Vecchiacchi e
in casa Piagentini, ove prende stanza il Radiotelegrafista e Don Pinagli
descrive con abbondanza di particolari i buoni rapporti che i tedeschi
intrattenevano con la gente del luogo e con lui stesso. Egli si recava
frequentemente al comando per ottenere il pagamento delle merci prelevate dai
soldati e per ottenere permessi per i suoi parrocchiani.
Domenica 8 i tedeschi sono a Messa e cantano
la Messa degli Angeli. Poi alcuni di loro pranzano col prete. La domenica
successiva (il 15) sono ancora a messa e due di loro fanno la comunione
"fra l'edificazione di tutti".
Anche a San Romano i tedeschi
"simpatizzano con la popolazione" (2).
Azioni tedesche. La cattura di Antonio Pierami e dei
suoi figli
Questo, però, non vuol dire che i tedeschi dimenticano
i partigiani e la necessità di tenere sgombre le retrovie.
Così il 2 ottobre vengono catturati a Piazza
al Serchio Antonio Pierami con i due figli Giuseppe (seminarista al 3ª anno di
teologia) e Benedetto, non si sa se sospettati di essere partigiani. Ne
riferisce Don Pierami dicendo che il 2 novembre pare siano stati liberati con
l'aiuto di un tedesco e che abbiano passato il fronte. Ma di là trovarono
"cannibali assetati di sangue"(3) che li uccisero. La cosa appare
abbastanza misteriosa. Di certo, comunque, si sa che essi non tornarono più.(4)
Il 14 ottobre ci fu un rastrellamento tedesco
a Mezzana di Careggine, paese del Coli che sfuggì a stento, aprendosi un varco
con la pistola. Rimase ferito a una mano e perse un dito. Nella sparatoria
morì, invece, un giovane di 17 anni, Primo Cancherini.
Il 22 arrivano a Filicaia un gruppo di
rastrellati versiliesi che tentavano di passare il fronte, insieme a molti
sfollati dai paesi vicini al fronte. Ma dopo poche ore vengono tutti lasciati
liberi.
E il 23 ottobre un certo Mori Umberto di Vergemoli, di anni 55, risulta "ucciso dai tedeschi" in località Filliola. Il 28 a Filicaia cercano un vecchio antifascista, ora partigiano, di nome Tonelli, ma non riescono a catturarlo.
Azioni partigiane. I fatti di Nicciano. L’attacco a
villa Abrami
E i partigiani ? In questo mese la loro
attività principale sarà quella di eliminare tutti i civili fascisti o presunti
tali. Ma prima di parlare di queste uccisioni, pare opportuno segnalare un
fatto che rischierà di avere conseguenze gravi e che si trascinerà per tutto il
mese. Accadde, dunque, che il 7 ottobre in località Bandita di Nicciano nel
comune di Piazza al Serchio, due tedeschi stavano comperando un coniglio in
casa di Antonio Cacciaguerra, allorché un partigiano di Gorfigliano, certo
Alfio Torre, li sorprese e ne catturò uno mentre l'altro riuscì a fuggire. Il
prigioniero venne portato a Gorfigliano e lì, qualche tempo dopo, fu ucciso. I
tedeschi immediatamente minacciarono il paese di Nicciano coi cannoni, poi
irruppero e il giorno 9 catturarono cinque ostaggi, minacciando di ucciderli se
entro le ore 12 del giorno undici il tedesco catturato non fosse stato
restituito. Un prete del luogo, Don
Paolo Torre si offre in cambio degli ostaggi ma viene rifiutato. Allora egli,
insieme al parroco Don Santini, si attiva per convincere i partigiani a
restituire il prigioniero. Ma i partigiani, che non possono più restituirlo,
tentano di “bleffare” e mandano a dire che, se gli ostaggi verranno uccisi,
loro fucileranno 18 tedeschi che tengono prigionieri. I due preti, disperati,
vanno a Camporgiano dal Commissario Prefettizio Micotti affinché intervenga e
lui, anche se influenzato, lo fa e ottiene una proroga fino al giorno 13. Ma il
giorno 13 ai due preti che continuavano a fare la spola fra il comando tedesco
di Piazza al S. e i partigiani di Minucciano, il partigiano Corsi confessa che
il tedesco é morto. Però ai tedeschi riferiscono che il tedesco é stato
trasferito al nord. A quel punto i tedeschi nominano, con tanto di documento, i
due preti "parlamentari" (con diritto al trombettiere e porta
bandiera)(5) e li invitano a proseguire le trattative perché vogliono indietro
il loro soldato. I partigiani continuano ad inventare scuse (dicono di avere
inviata una staffetta per riportarlo indietro, ma lui vuole passare ai
partigiani) e a prendere tempo. E il tempo passa. Alla fine il 27 ottobre il
comando di Piazza passa la pratica e gli ostaggi al comando superiore che é in
Filicaia e qui, il giorno 29, gli ostaggi vengono liberati. Dice Don Santini
che ciò avvenne ad opera di un "ufficiale fascista che non vuol più
infierire".
Oltre a quanto detto, comunque, si registrano
alcune altre azioni partigiane.
Il 2 ottobre elementi del 3ª e del 4ª Btg.
fanno saltare il ponte della Ferriera sulla via per Vagli.
Il 9 viene distrutto il ponte di Petrognano,
sulla strada Camporgiano-Piazza al Serchio.
Il 12 salta in aria il ponte sul torrente
Covezza a San Romano, sulla via Castelnuovo-Piazza al Serchio (alternativa a
quella che passa per Camporgiano).
Il giorno 13 il comando della divisione
Lunense si sposta da Monte Tondo a Foce di Careggine. Si sta preparando un
attacco alle spalle ai militari che sono al fronte. L'attacco, poi, verrà
ritardato al 23 novembre, come vedremo. Ma intanto arrivano rinforzi: nei
giorni 14,15 e 16 arrivano cento uomini inviati dalle brigate di Contri e
Marini e il 31 arriveranno 110 uomini dei Patrioti Apuani di Del Giudice. I
partigiani sono distribuiti in varie località del Comune di Careggine:
capoluogo, Stazzana, Coste, Colle...
Il 28 un piccolo reparto della San Marco cade
in un’imboscata nei pressi di Filicaia. Vengono gettate bombe che provocano
morti e feriti (6)
Nello stesso periodo un autocarro del Btg.
Trasporti, attardatosi per un guasto, viene attaccato con raffiche di mitra
presso Giuncugnano. Gli uomini di scorta mettono in fuga i partigiani ma
l’autista è ferito.(7) Nel carteggio
Bernardi (8) si parla di un attacco a un camion guasto nella strada fra Metra e
Casola avvenuto in “epoca imprecisata” che avrebbe provocato “7 militari morti
e 10 feriti”. Ma, forse, si tratta di un altro episodio.
Il 30 c'è un attacco a Villa Abrami, a
Castelnuovo, base logistica del Btg. Uccelli della "San Marco". Pare
che i fatti si siano svolti in questo modo:
Uomini del 3ª Btg. partigiano al comando del
Ten.Bertagni si erano avvicinati alla villa prendendo posizione sopra di essa.
L'intenzione era di fare un'azione "dimostrativa" (9) sparando sulla
villa, per tenere costantemente sotto pressione i soldati della R.S.I. Ma il
Bertagni, con decisione improvvisa e un po' cervellotica, scese con alcuni
partigiani fino alla villa e intimò agli uomini della San Marco di arrendersi.
Naturalmente questi reagirono e il Bertagni
con i partigiani superstiti si ritirò precipitosamente, dopo aver fatto partire
una sventagliata con lo Sten. Rimase ucciso il Ten. Infante che per primo aveva
estratto la pistola e verso il quale il Bertagni aveva sparato e un partigiano
: Federico De Cesari. Sembra, poi, che Riccardo Poli e un terzo uomo di cui non
è nota l'identità siano rimasti vittime del cannoneggiamento che fu effettuato
per ordine di Carloni verso la fortezza di Monte Alfonso, cioè nella direzione
verso la quale si erano allontanati i partigiani. (10)
Intensa anche l'attività tesa a procacciarsi
viveri sottraendoli alla popolazione. I preti sono costretti a correre casa per
casa e a sollecitare la gente a dare roba ai partigiani per evitare guai. Lo
dice Don Mentucci di S.Anastasio e Don Santini di Nicciano, che doveva fare la
stessa cosa con l'aiuto dell'altro prete Don Paolo Torre. Don Santini fa sapere
che il piccolo paese di Nicciano nel 1944 aveva dovuto consegnare ai partigiani
40 quintali di viveri. Dopo di che un comandante partigiano, tale Camusso,
rilascio` una dichiarazione in cui si diceva che a quel paese non si doveva
requisire piu` nulla. In caso contrario quella povera gente sarebbe morta di
fame.
La strage dimenticata
E veniamo a parlare della
"mattanza" dei fascisti. Come ho detto si trattava di civili
disarmati, alcuni dei quali avevano ricoperto la carica di segretario di Fascio
repubblicano ma che, nella quasi totalità dei casi, non avevano mai svolto
nessun tipo di attività antipartigiana. E che, proprio per questa loro
coscienza tranquilla, non avevano ritenuto di ritirarsi a nord, pensando di non
aver nulla da temere ed essendo ormai rassegnati, probabilmente, alla
sconfitta. Questo fu loro fatale.
Prelevati quasi tutti nelle loro case, furono
portati poco lontano e uccisi senza pietà con un colpo alla nuca. Salvo, poi,
tornare dai familiari e, fingendo di voler portare indumenti ed altro al
congiunto prelevato e dichiarato "prigioniero al comando", depredare
di tutto le povere famiglie. In alcuni casi (vedi, ad es., quello di Santarini
Silvio di Camporgiano, alla cui casa si presentarono con dei grossi sacchi
entro cui, rovesciando pari pari dei cassetti, misero tutto quello che
trovarono, compresa biancheria e indumenti femminili, lasciando così quella
moglie e quei quattro figli non solo privi
del marito e del padre, ma spogliati di tutto) non si scomodarono
neppure a inventare scuse. Depredarono e basta. Ed ecco nomi, residenza, luogo
e data della morte:
1) Nutini Ing.Giovan Battista di Camporgiano.
Aveva 50 anni, era ingegnere e impresario e lavorava per l'Organizzazione TODT.
Fu prelevato dai partigiani, condotto sul
Monte Tondo e qui ucciso il 6.10.44. Nel carteggio Carloni (11) si parla
del recupero delle salme dell’Ing.Nutini e del suo segretario (forse il Fiori?)
e si dice che “entrambi sono mutilati”.
2) Mannaioli Giuseppe di Varliano. Fu
catturato a Magliano, condotto sul Monte Tondo e qui ucciso il 7.10.44. Era un
civile di 40 anni, non aveva cariche, era persona mite e tranquilla. Dopo anni
di attesa, la moglie era finalmente incinta. Ma la figlia che nacque non poté
conoscere il padre.
3) Fiori Giuseppe di Magliano. Era un civile
di 40 anni. Fu prelevato dai partigiani, condotto sul Monte Tondo e ucciso lo
stesso giorno 7.10.44 in località Boscaccio.
4) Pellegrinetti Settimo di Minucciano. Era
Segretario di Fascio. Già combattente nella guerra 1915/18 con gli arditi, in A.O.I.
col Btg. CC.NN. “Intrepido”, in Grecia, era impiegato comunale e aveva 45 anni.
Fu prelevato in casa, condotto nelle selve di Ugliancaldo e qui ucciso con un
colpo alla nuca il 10.10.44 insieme al suo cane.
5) Bartolomei Marcello di Sillicagnana. Era
un civile di 28 anni. Fu prelevato dai partigiani emiliani, condotto a Civago e
qui ucciso il 13.10.44.
6) Santarini Silvio di Camporgiano. Era un
civile di 61 anni. Era Ufficiale di Posta. Fu catturato nella casa di Casatico,
dove era sfollato con la famiglia (moglie e quattro figli), casa che fu
totalmente depredata, alla presenza dei figli terrorizzati. Fu condotto nei
pressi di Casciana, in loc. Gualcola e
qui ucciso il 14.10.44.
7) Del
Taglia Alfredo, Segretario di Fascio di Gorfigliano, aveva 52 anni. Fu
prelevato dai partigiani e condotto a Foce di Careggine dove fu ucciso il
15.10.44.
8) Casotti Marino di Gorfigliano. Era un
civile di 20 anni. Era stato arruolato nella X° MAS. Fu prelevato dai partigiani
il 13, condotto a Roggio e qui ucciso il 16.10.44.
9) Paladini Orlando (Albano) di Gorfigliano.
Civile di 19 anni che, pure, aveva militato nella R.S.I. Prelevato il 13 dai
partigiani col Casotti, fu condotto a Roggio e qui ucciso il 16.10.44 alle ore
19,30. Pare che questi due giovani siano stati uccisi perché accusati,
ingiustamente, di aver compiuto un attentato nel quale rimase ferito il
partigiano Pancetti.
10) Bartolomasi
Marino, Segretario di Fascio di Camporgiano. Era un uomo di 42 anni, mite,
claudicante per un lieve handicap. Prelevato a Roccalberti dove era sfollato,
fu condotto presso Casciana in loc.Vetricia e qui ucciso il 17.10.44.
11) Davini Primo,
Segretario di Fascio di Metra, di anni 49. Fu chiamato a Regnano presso il
comando partigiano una prima volta e rilasciato perché senza colpe. Chiamato
una seconda volta, egli ingenuamente andò di nuovo, fidando nella sua
innocenza. Ma questa volta i partigiani di Marini (comandante della 3° Brigata)
lo condussero in un vallone presso Regnano e lo uccisero il 17.10.44.
12) Coltelli
Domenico, Segretario di Fascio di Vagli Sotto, di anni 55. Fu prelevato dai
partigiani, condotto a Foce di
Careggine e qui ucciso il 22.10.44.
13) Grandini Saulle
di Poggio, anni 55. Aveva fatto parte di un osservatorio antiaereo della GNR.
Si recò spontaneamente a Foce di Careggine al comando partigiano, per ottenere
il promessogli pagamento di una vitella prelevatagli dagli stessi partigiani.
Ma, qui giunto, fu catturato e ucciso il 7.11.44.
14) Bianchi
Dr.Fedele. Capitano medico in congedo, era il medico condotto di Careggine e
aveva 41 anni. Il 2 o 3 novembre fu prelevato in casa dai partigiani , che lo
invitarono a seguirli per curare un ferito. Condotto a Foce di Careggine, fu
arrestato e chiuso in un porcile col Grandini ed altri. Il 7.11.44 fu ucciso.
15) Contadini
Aristide, Segretario di Fascio di Careggine, fu prelevato, condotto a Foce di
Careggine e qui ucciso il 7.11.44 alle ore 15 circa.
16) Diamantini
Francesco, Segretario di Fascio di Giuncugnano, di 41 anni. Preoccupato per le
feroci uccisioni avvenute nel suo comune, si trasferì a Cascianella dove
lavorava da falegname. Qui un partigiano lo invitò a Roggio ove avrebbe
conferito col Maggiore Oldham. Egli vi si recò spontaneamente per chiarire la
sua posizione. Pare che Oldham avesse deciso di non ucciderlo, ma furono i
partigiani di Magliano, suoi compaesani, che chiesero la sua morte. E così a
Roggio fu ucciso il 12.11.44.
17) Pierotti Oscar Ugo
Silla vulgo Francesco, civile di Castelnuovo di 38 anni. Fu prelevato dai
partigiani, condotto nei pressi di Cerretoli e qui ucciso il 15 novembre 1944.
18) Vincenti
Ferdinando, maestro, ex ufficiale della M.V.S.N. e della G.N.R., aveva 29 anni
ed era di Canigiano. Pare che i partigiani emiliani di Civago (comandante "Bixio") gli avessero
già estorto parecchio denaro, cosicché quando fu di nuovo chiamato a Civago, vi
si recò pensando che gli sarebbe stato richiesto altro denaro. Invece questa
volta, pare fosse nel mese di novembre 1944 (nell'atto di morte redatto dopo la
guerra, al ritrovamento del cadavere, si parla di una data imprecisata
dell'anno 1944), fu ucciso.
A questi morti possiamo aggiungere il nome di
un altro garfagnino, Biagioni Luigi di 22 anni, sergente della contraerea
(FLAC), caduto a Bassano del Grappa il 7 ottobre. (12) Ed anche quello di Gori
Alessandro, guardia forestale nato a Bibbiena ma coniugato a Sillano, sua
residenza abituale, che il 21 ottobre fu prelevato nella caserma di Magnago
(UD) dove prestava servizio da partigiani del luogo e ucciso nei pressi.
Se a questi si aggiungono quelli uccisi prima
e quelli che verranno uccisi dopo, si raggiunge la cifra di 52 uccisi. E',
questo, il tributo pagato alla guerra civile da quei garfagnini che si erano
schierati con la Repubblica Sociale Italiana. O, almeno, quelli che abbiamo
potuto accertare.
Come si vede non furono uccise donne.(Ne
verrà uccisa una a guerra finita. Vedi Cap.XV) Alle donne fasciste o presunte
tali perché fidanzate o sorelle di militari della R.S.I. venne riservato un
trattamento meno feroce. Esse furono “tosate”, furono, cioè, tagliati loro i
capelli. Queste “missioni” partigiane, che non richiedevano certo molto
coraggio, furono duramente stigmatizzate dalla gente.
Le difficoltà della povera gente
E la gente ? Come viveva in una situazione
che si faceva sempre più difficile da tutti i punti di vista ? Certamente con
grandi difficoltà. Chiusa la naturale via di collegamento con Lucca, da cui
normalmente giungevano gli approvvigionamenti, ci si deve rivolgere a nord, ove
una disagevole strada sterrata collega la Garfagnana alla Lunigiana e ad Aulla,
ovvero alla ancor più problematica strada delle Radici che collega con la
provincia di Modena, pericolosa perché vicina al fronte e sulla quale
frequentemente si verificano imboscate partigiane. E gli approvvigionamenti si
fanno sempre più problematici. E, come abbiamo visto, alla già grave penuria di
generi alimentari, si aggiungevano i prelievi forzosi delle bande partigiane
che venivano anche dal di là delle Apuane e dalla Lunigiana a rifornirsi in
Garfagnana. Fra l'altro, nei paesi più prossimi al fronte veniva impedita anche
la raccolta delle castagne, che era l'unico raccolto abbondante ottenibile in
questi luoghi. In data 7 ottobre, ad esempio, il Commissario Prefettizio di
Vergemoli, Iacopetti, d'accordo col comando militare ne vieta la raccolta per
ragioni di sicurezza. Uomini che si aggirassero nelle selve, infatti,
potrebbero essere scambiati per partigiani o, comunque, per nemici e uccisi.
Non è certo, ma due donne uccise dai tedeschi a Monteperpoli il 14 ottobre,
tali Rossi Concetta e Vigilante Natalina, erano, probabilmente, due donne che,
sfidando i divieti, cercavano di raccogliere qualcosa nei boschi. A meno che
non tentassero di passare il fronte, ma è improbabile che lo tentassero in quel
luogo e due donne sole.
Ma le preoccupazioni più gravi le dava,
ormai, la guerra così vicina. Agli attacchi aerei, infatti, ormai si
aggiungevano le cannonate americane, che piovevano senza risparmio sui poveri
paesi.
Già l'8 ottobre Don Pinagli registra le prime
cannonate che piovono a Fiattone, Palleroso, Perpoli, paesi sulla linea del
fronte, ma anche su Castelnuovo e su altri paesi più arretrati.
A Eglio, altro paese vicinissimo al fronte,
verso fine mese, quando arrivano gli alpini, viene dato l'ordine di
sfollamento. Potrà rimanere soltanto chi è disposto a collaborare coi soldati
per trasporto di feriti, munizioni, materiali vari. Don Turriani, parroco del
luogo, dice che rimarranno quasi tutti.
E’, infine, necessario parlare dell'arrivo
delle truppe italiane che daranno il cambio alle truppe degli alleati tedeschi.
Arrivano gli italiani della “Monterosa” e della “San
Marco”
Il giorno 19 inizia il trasferimento dalla
Liguria della Divisione Alpina "Monterosa". Il Gen.Carloni avrebbe
voluto tutta la divisione ma una parte fu destinata ad altri compiti.
Partirono, secondo il Cornia : Il comando di divisione, il comando del 1ª Rgt
Alpini, i Btg Intra e Brescia cui fu aggregata la 1ª Cmp del Btg Aosta, il
comando reggimentale di artiglieria, i gruppi Mantova e Bergamo, il gruppo
esploratori "Cadelo"(13), il Btg pionieri, il Btg collegamenti,
l'intendenza, la sanità, la compagnia controcarro divisionale.
Avrebbe dovuto esserci anche il Btg Vestone
che, però, si dissolse in Piemonte nel settembre. Si aggiunse, subito dopo, il
II Btg (comandato dal Magg.Uccelli) del 6ª Rgt della Divisione "San
Marco". Si uniranno, più tardi, 2 Btg del 285ª Rgt della 148ª Divisione
Tedesca.
Il 23 gli alpini sono in Filicaia ove
porranno un comando.
Fra il 26 e il 28 ottobre le nuove truppe
prendono posizione. Sulla sinistra del Serchio, dal fiume fino a Treppignana,
si posiziona la 1ª Compagnia del Battaglione "Aosta" (Monterosa).
Piu` in alto, fin sugli Appennini, la difesa è affidata a due Btg del 236º Rgt
tedesco, che, poi, saranno sostituiti da due Btg del 285ª Rgt tedesco sopra
detto.
Questi sono in contatto con la 232ª Divisione
che si estende fino a Sestola.
Sulla destra del Serchio la difesa è affidata
tutta agli italiani.
Dal fiume fino a
Campo (con comando a Palleroso) c'è il Btg "Brescia" della
"Monterosa", da Campo a Grottorotondo c'è il Btg della San Marco, da
qui fino al M. Altissimo, sulle Apuane, ci sono gli Alpini del Btg Intra. In
collegamento con l'Intra e fino al mare regge il fronte la 148ª Divisione
tedesca.
Ed ecco che subito il giorno 28 una pattuglia
brasiliana cattura alcuni alpini nella zona di Treppignana (14) e i brasiliani
hanno l'impressione di avere davanti soldati senza esperienza di combattimento,
nuovi dell'ambiente e alquanto disorientati. Così il Gen. Zenobio della 1ª
Divisione chiede al Gen. Crittemberg l'autorizzazione a tentare un attacco.
Quest'ultimo chiede al Gen. Mascarenhas
il quale, dopo molte esitazioni e senza entusiasmo, la concede. In realtà i
brasiliani erano alla ricerca di un successo che tonificasse il morale delle
truppe e desse soddisfazione ai comandanti.
L’attacco brasiliano
Così, all'alba del 29, scatta l'attacco. E’
il Btg. del maggiore Gross che conduce l'attacco. Piove. Il 1ª plotone della 1ª
Compagnia dell'Aosta, schierato dal fiume a Treppignana regge bene, ma alla sua
sinistra il 2ª plotone, il cui comandante è morto poco prima su una mina, cede.
Ancora più a sinistra, poi, il 3ª plotone, che è incompleto, viene aggirato e
si arrende. Sul costone ci sono i mitraglieri rimasti senza ordini, che non
sanno che fare. Accorre il Ten. Glauco Frenguelli con la squadra comando
(cucinieri compresi) e, afferrata una mitraglia, fa fuoco disperatamente contro
i brasiliani che sono vicinissimi. Ma una granata lo coglie in pieno e muore
eroicamente abbracciato alla sua arma. Il 1ª plotone continua a resistere, come
i due Btg. del 232ª tedesco, più in alto, ma nella breccia aperta i brasiliani
si incuneano e marciano verso Fosciandora.
Cadono Le Lame e Pian del Rio presso
Treppignana.
Accorre il comandante del Brescia con un
plotone e, balzando qua e là contiene alla meglio l'avanzata del nemico (rimase
tre giorni senza dormire). A questo punto il Col. Shirowski (che comanda tutto
il settore in attesa che Carloni ne assuma il comando) richiama il Btg della
42ª Divisione appena sostituito e che, fortunatamente, si trova ancora a
Castelnuovo, e l'avanzata dei brasiliani viene fermata. Nel pomeriggio, poi, il
Gen. Carloni, il Gen. Jost e il Col. Shirowski preparano il contrattacco. Il
Brescia e un Btg del 232ª attaccheranno alla base del saliente mentre il Btg
della 42ª appena richiamato e gli alpini della compagnia dell'Aosta attaccano
frontalmente. Il 30 parte il contrattacco che ha pieno successo e riporta le
nostre truppe sulle posizioni di prima. Il Gen. Clark parla di "duri
colpi" assestati ai brasiliani (che pochi giorni dopo, come vedremo, verranno
sostituiti).
In effetti ebbero 13 morti (fra cui il Ten.
Jose` Maria Pinto Duarte), 87 feriti e 7 dispersi.(15) Ma la compagnia dell'Aosta, fra morti,
feriti e prigionieri perse una ottantina di uomini.
Il giorno dopo, 31 ottobre, i brasiliani
tentarono un nuovo attacco che, però, fu immediatamente bloccato dalle
mitragliatrici.
Il giorno 1 novembre gli alpini che vengono
avvicendati lasciano mezzo quintale di pasta al Collegio di Migliano, fra il
tripudio dei frati e dei ragazzi affamati.(16)
NOTE:
(1) Il fronte
americano sulla sinistra del Serchio va dalla località Arsenale, lungo il
torrente Corsonna, a Rivillese, a Sommocolonia.
Castelvecchio Pascoli, Caprona,
Albiano...sono terra di nessuno. (Mons. Lombardi "Barga sulla linea
Gotica" Ed.Gasperetti Barga).
Sulla riva destra gli americani sono a Gallicano, Vergemoli, Trassilico,Calomini.
2) Si veda in 1943-45 LA LIBERAZIONE IN
TOSCANA - la storia, la memoria a cura della Federaz.Toscana dell'AICCRE -
Giampiero Pagnini Editore Firenze, pagina dedicata al Comune di San Romano.
(3) Don
Pierami in La guerra in Garfagnana dalla relazione dei parroci, cit.,
pag 174
(4) Gli autori
Angelo Ricci e Lorenzo Angelini, nel loro IL CLERO DELLA LINEA GOTICA
OCCIDENTALE – Massa 1966, pagg. 65,66 , riferiscono così questa storia:
“Giuseppe Pierami di Piazza al Serchio. La tragica sorte di questo Seminarista
si intreccia ad un episodio doloroso e commovente di amore figliale, fraterno e
paterno. Il 2 ottobre 1944 il padre suo, Pierami Antonio, decorato di guerra,
viene messo al muro da un gruppo di tedeschi inferociti perché da lui impediti
di compiere un furto. Beppino (così era chiamato il nostro chierico) e il
fratello minore Benedetto corrono ad abbracciare il padre, gridando, piangendo,
implorando e facendogli scudo dei loro corpi innocenti. I tedeschi si
inteneriscono, sospendono l’esecuzione, catturano i tre e li trasportano al
Comando. Qui avvengono vicende alterne ed ignote. Il giorno dopo vengono fatti
partire per Aulla. Pare che quivi o nei pressi avvenisse l’inverso della scena.
Il Comando avrebbe cioè deciso di fucilare i ragazzi e rimandare libero il
padre perché decorato di guerra. Naturalmente questa volta sarebbe stato il
padre a fare da scudo ai figliuoli e a implorarne la liberazione. Dopo altre
vicende riescono a passare le linee e a portarsi in Versilia, dove vengono
uccisi tutti e tre da Italiani, i quali, poi, forse vergognandosi della indegna
ed orrenda azione, hanno occultato i cadaveri, che attendono ancora, dopo 21
anni, una cristiana sepoltura. Pare che l’eccidio sia avvenuto il 2 novembre
1944, dopo un mese dalla loro cattura.” Non si dice chi fossero questi
“Italiani”. Erano, probabilmente, quelli che facevano passare il fronte a
pagamento e, poi, non sazi, derubavano e uccidevano i loro clienti. Vedi quanto
è detto nel Cap.XIII – MARZO 1945 a proposito delle “guide ferocissime”.
(5) Don Santini in LA
GUERRA IN GARFAGNANA DALLE RELAZIONI DEI PARROCI, CIT., pag. 92
(6) (Carteggio
personale del Gen. Carloni in Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA, cit.,
pag 105 e segg.
(7) Ibid.
(8) Carteggio Bernardi in Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA, CIT., pag.104)
(9) Testimonianza
resa all'autore dall'ex partigiano di Castelnuovo Lazzeri, presente ai
fatti.
(10) La versione
che ne fornisce, sia pur sinteticamente, il Gen.Carloni nel suo carteggio
(Oscar Guidi, DOCUMENTI DI GUERRA, CIT., pag.106) è leggermente
diversa. Egli dice che i partigiani, dall’apparenza di contadini, aprono
improvvisamente il fuoco dal castagneto sovrastante sui marò intenti a caricare
sui muli le munizioni per i reparti in linea. E conclude :”L’attacco, malgrado
la sorpresa, è respinto; ma il reparto ha avuto… morti, tra cui il tenente
Infante, comandante della base, e vari feriti.”
(11) Oscar Guidi DOCUMENTI
DI GUERRA, cit., pag.108)
(12) Quasi tutte le
notizie relative agli uccisi sono state fornite all’autore dai familiari delle
vittime.
(13) Il gruppo
esploratori “Cadelo”, dipendente direttamente dal comando di divisione, era composto
da bersaglieri che portavano il fez rosso e avevano in dotazione la bicicletta.
Esso constava di un reparto comando e di tre squadroni. Il none “Cadelo” gli
derivava dal nome del suo comandante, caduto in Liguria, a Brizzolara di
Borzonasca il 27 settembre in un agguato partigiano. Dal novembre 1944 resse il
fronte nella zona Sassi-Eglio-Grottorotondo-Rocchette, collocandosi fra il Btg
“Uccelli” della San Marco e il Btg “Intra”. Dal dicembre ’44 all’aprile ’45 fu
comandato dal Te.Col.Emanuele Andolfato.
(14) Si tratta,
probabilmente, del S.Ten. Capovilla e del maresciallo Zamolo, della 13ª Cpg.
del Btg INTRA, inviati di rinforzo alla 1ª Compagnia del Btg. Aosta. Capovilla
riuscirà a fuggire ma Zamolo sarà catturato (D.Del Giudice-Il battaglione alpini
INTRA nelle Alpi Apuane-Ed.Centro Grafico Stampa Seriate (BG)
(15) Padre D’Amato
in Oscar Guidi DOCUMENTI DI GUERRA, cit., pag.137-138 parla di una
trentina di morti e 16 brasiliani prigionieri.
(16) Oscar Guidi DOCUMENTI
DI GUERRA, cit., pag. 139