Il tema del mese La proposta di legge "antiBernasconi"

Una bozza di tutti i colori

Laura Benfenati - farmacista (redazione)

Al convegno nazionale di Federfarma, in Toscana, è stata presentata una nuova proposta di riordino del servizio farmaceutico, da contrapporre al testo attualmente in discussione al Senato. La federazione dei titolari assicura che da Chianciano non si torna indietro, ma nel frattempo è la bozza Bernasconi, opportunamente modificata, ad andare avanti nell'iter parlamentare.

E' trasversale, questa nuova proposta di legge sul riordino del servizio farmaceutico, un po' di tutti i colori, quindi, perché firmata da esponenti dei partiti di maggioranza, ma anche del Polo. Ed è la risposta di Federfarma al tanto famoso testo presentato l'estate scorsa dalla senatrice Bernasconi, definito "troppo liberalizzante" e pieno di "troppe deroghe" a un criterio demografico basato su un quorum "troppo basso" (una farmacia ogni 2.500 abitanti). Anche il nuovo testo però, per ammissione del suo stesso primo firmatario, Vasco Giannotti, deputato dei Ds (lo stesso partito della senatrice Bernasconi), può essere migliorato: «Vorrei che mi pervenissero dai farmacisti indicazioni precise, stimoli, critiche. Questa proposta di legge è un'ipotesi alternativa alla liberalizzazione, una grande sfida che Parlamento, Governo e mondo della farmacia devono giocare insieme». La grande sfida è far diventare le farmacie un presidio del Ssn e questo è stato ribadito sia dal ministro Rosy Bindi, presente al convegno, sia dal presidente di Federfarma, Giorgio Siri, che ha sottolineato: «Questa bozza ha alcuni grandi pregi e qualche difetto e lavoreremo su ipotesi di emendamenti da sottoporre ai politici. La valutazione globale è però positiva, perché questo testo propone una farmacia integrata nel Ssn: a noi interessa soprattutto l'indirizzo programmatico complessivo, poi negli organi competenti avremo tutto il tempo per discutere questa proposta, punto per punto, e per suggerire alcune modifiche».

Vetrine più... "serie"
Entriamo nel dettaglio della nuova bozza: nel primo articolo si enuncia che la dispensazione dei medicinali viene riservata al farmacista, non alla farmacia. È sottolineata la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, anche se qualche punto può destare preoccupazione: "Nelle forme di deospedalizzazione assistita, quali day hospital, hospice, ospedale di comunità, la dispensazione dei farmaci è assicurata dalle farmacie ospedaliere con oneri imputati alla spesa ospedaliera".
Nelle forme di assistenza domiciliare dei pazienti non deambulanti e di assistenza domiciliare integrata, la dispensazione dei farmaci in regime di Ssn è garantita dalle farmacie pubbliche e private, senza oneri aggiuntivi rispetto ai normali prezzi di rimborso da parte del Ssn. Inoltre, nel comma 5 viene riservata allo Stato, in collaborazione con la categoria, la definizione della qualità e dell'estensione dell'offerta commerciale delle farmacie. E questo argomento è particolarmente caro sia al presidente di Federfarma, che ha sottolineato l'importanza di vetrine istituzionali e di un'attenta selezione dei prodotti da vendere in farmacia sia al ministro della sanità. Rosy Bindi, infatti, ribadendo l'assoluta opposizione a ogni forma di liberalizzazione in sanità, che porterebbe a seri rischi di smantellamento del servizio, ha aggiunto: «Mi ritrovo in questa proposta di legge, piuttosto che in altre, perché inserisce bene la farmacia nel Ssn, ne sottolinea la funzione ed evidenzia la professionalità del farmacista. Qualche sforzo in più è però necessario, da parte della categoria, per correggere quello che diventa un privilegio commerciale in nome dell'esercizio di una professione sanitaria».
La farmacia, privata e pubblica, è infatti definita (art. 2) presidio sanitario dell'Asl, integrato nell'ambito funzionale del distretto sociosanitario di base dove esso ha sede. Sono quindi elencati (art. 3) i servizi che essa deve e può assicurare al cittadino, come, tra gli altri, educazione sanitaria, acquisizione di dati ed elementi necessari alla rilevazione statistica sul consumo dei farmaci, erogazione del farmaco al domicilio del paziente in determinate situazioni di disagio del cittadino, particolarmente di notte, educazione sanitaria presso servizi pubblici del territorio, scuole e luoghi di lavoro, collaborazione a iniziative di educazione alimentare e a programmi di informazione ed educazione relativi all'uso e abuso di alcol, tabacco e droghe.
Alcuni dubbi sorgono a questo proposito: perché elencare in un articolo di legge tutti questi compiti, con l'obbligo, quindi, di ritornare in Parlamento se si volessero modificare, per adeguarli ai tempi o a nuove esigenze? E chi finanzia tutti questi servizi? Come è possibile che essi siano garantiti, per esempio, dalle piccole farmacie rurali?

Quanti dispensari
La pianta organica, nella bozza Giannotti, viene mantenuta: il quorum è fissato a 3.800 abitanti (art. 6) e ai fini dell'apertura di un'altra farmacia la popolazione eccedente è computata se è superiore ai due terzi del parametro stesso; la distanza del nuovo esercizio da altre farmacie o presidi non può essere inferiore a 400 metri. Ironico, sul quorum fissato, Renzo Mori, farmacista in Amandola: «A Chianciano è stato ripetuto più volte che attualmente il quorum in Italia è uguale a 3600. Se Giannotti lo vuole portare a 3800, come si fa? Bisogna chiudere alcune farmacie?»
La pianta organica per ciascun comune è sottoposta a revisione ogni due anni (art.7); non vengono però precisate eventuali sanzioni, se questa revisione non avviene realmente.
In ogni comune con più di 1.000 abitanti deve esserci almeno una farmacia o, in alternativa, un dispensario (quando la popolazione è inferiore a 1.000 abitanti).
Nell'articolo 8 si enuncia poi il criterio topografico, in base al quale in ogni comune c'è la possibilità di aperture in deroga, in relazione alle particolari esigenze del territorio. Allorché vi siano farmacie in soprannumero, l'applicazione del criterio topografico è subordinata alla possibilità di trasferimento dei titolari di quel comune. Nell'art. 11, infatti, si disciplina la procedura della diversa dislocazione delle farmacie all'interno del territorio comunale, quando non vi sia aumento della popolazione: in pratica le nuove sedi farmaceutiche vengono assegnate mediante selezione tra tutti i titolari delle farmacie comprese nell'ambito territoriale in cui si sono avuti mutamenti nella distribuzione della popolazione. Questa procedura di decentramento viene attivata prima di applicare il criterio topografico e, se i titolari non si trasferiscono, le nuove sedi vengono assegnate mediante graduatoria.
Le farmacie aperte in base al criterio topografico devono essere situate ad almeno 3.000 metri da quelle esistenti, anche se ubicate in comuni diversi, e devono essere poste al servizio di una frazione con popolazione di almeno 1.000 abitanti. Non è precisato però se gli abitanti della frazione in cui può essere istituita la nuova farmacia vengono computati per l'applicazione del criterio demografico.
Nei comuni fino a 10.000 abitanti il criterio topografico può essere applicato una volta sola, ma può comunque essere aperto, invece di una farmacia, un dispensario.
Una novità della bozza Giannotti è rappresentata dalla possibilità di istituire nei capoluoghi di provincia con più di 100.000 abitanti, ad almeno 400 metri dalle altre farmacie, presidi farmaceutici nella stazione marittima, nell'aeroporto civile e nella stazione ferroviaria principale, dove non esistono già farmacie.

Graduatoria regionale
Come nel testo Bernasconi viene prevista anche nella bozza Giannotti una graduatoria regionale, stabilita in base a un concorso regionale per titoli ed esami e rivedibile ogni quattro anni (ogni sei mesi si provvede a formare l'elenco delle sedi farmaceutiche e dei presidi disponibili).
In via straordinaria le sedi vacanti sono assegnate secondo graduatoria per soli titoli, alla quale sono ammessi i titolari di farmacia rurale sussidiata e i non titolari di età inferiore a 60 anni (a parità di punteggio è titolo di preferenza la minore età).
In base all'articolo 14 tutte le succursali stagionali vengono soppresse e nelle stazioni di soggiorno, sciistiche, di cura e di turismo, nonché nelle altre località climatiche, balneari e termali tutte le farmacie che devono essere aperte vengono assegnate in base alla graduatoria regionale. Non c'è alcun riferimento ai criteri demografico, urbanistico e topografico, cui si faceva riferimento nel testo Bernasconi e che andrebbero sempre valutati su base annua.
In base all'articolo 15 tutti i dispensari farmaceutici sono trasformati in farmacie da assegnare secondo la graduatoria: se ne istituiscono, inoltre, altri nei comuni, nelle frazioni o nei centri abitati con popolazione non superiore ai 1.000 abitanti, anche temporaneamente e per periodi limitati dell'anno, ma sono assegnati con procedure concorsuali. Quando il criterio topografico non può essere applicato per più di una volta (comma 2 articolo 8), perché il comune ha meno di 10.000 abitanti, si può aprire un dispensario, la cui gestione è assegnata tramite concorso.
Tutti i dispensari che non sono trasformati in farmacie stagionali o in sedi farmaceutiche da assegnare in base a graduatoria sono automaticamente soppressi.
La bozza presenta alcune novità per quel che riguarda la titolarità e la gestione della farmacia (art. 17): quando si cede l'attività si può concorrere dopo soli cinque anni (ora sono dieci) e lo stesso numero di anni è il tempo massimo, in caso di successione, per potersi intestare l'azienda di famiglia, che, decorsi questi termini, viene assegnata secondo graduatoria. Non è chiaro però, a questo proposito, il comma 15: "la partecipazione di cui al comma 14 deve essere intesa esclusivamente di carattere economico, non comportando l'assunzione della qualità di socio". Si può continuare a svolgere un'altra professione, quindi, nel periodo di gestione ereditaria della farmacia, non essendone soci?
Nella parte che riguarda la prelazione delle farmacie pubbliche nella stessa proposta di legge si annuncia che si "evita di affrontare alla radice il problema".
Altre novità sono, poi, l'impossibilità per i laureati in Ctf di esercitare la professione nelle farmacie aperte al pubblico, la programmazione dell'accesso ai corsi di laurea, l'aggiornamento professionale obbligatorio, l'abolizione della pratica professionale. Questo punto non è condiviso dai giovani farmacisti: «ll tirocinio post laurea, di sei mesi o un anno - ha dichiarato Alfredo Procaccini, presidente di Fenagifar - obbligatorio prima dell'esame di stato, potrebbe essere un mezzo per favorire l'occupazione. Non siamo neppure d'accordo sul concorso per soli titoli per assegnare le sedi oggi vacanti: in questo modo, senza esami, non si favoriscono certo i giovani».

Poveri rurali
Qualche lacrima, la bozza Giannotti la fa versare ai farmacisti rurali, che, oltre a vedersi tolti i piccoli dispensari, trasformati in farmacie da assegnare secondo graduatoria, devono subire anche l'articolo 21: "Per le farmacie rurali che godono dell'indennità di residenza le percentuali di sconto (ndr: ci si riferisce, in base all'art.1 comma 40 legge 662/96, alle percentuali progressive e non all'1,5 per cento della legge 549/95) sono ridotte in misura pari al 60 per cento..." e, al comma 4, "alle farmacie con un fatturato complessivo annuo non superiore a lire 750 milioni, al netto dell'IVA, il Ssn, nel procedere alla corresponsione delle loro competenze, trattiene una quota pari all'1,5 per cento dell'importo al lordo del ticket".
In pratica si favoriscono solo le farmacie a fatturato inferiore ai 750 milioni (il limite di fatturato viene comunque adeguato in misura proporzionale all'andamento della spesa farmaceutica a carico del Ssn nell'ultimo triennio) e si penalizzano le rurali sussidiate, il cui sconto passerebbe dall'attuale 1,5 per cento a circa il 2,5 per cento. Inoltre, non sono classificate rurali le farmacie poste nei quartieri periferici delle città, collegati al centro urbano senza discontinuità di abitanti, né le farmacie stagionali. Che la bozza non riservi un bel trattamento ai rurali è stato rilevato dal presidente di Federfarma, da Vasco Giannotti e anche dal presidente della Fofi, Giacomo Leopardi, che a Chianciano ha dichiarato: «C'è qualche cosa da rivedere in questa proposta di legge che si vuole contrapporre alla bozza Bernasconi: danneggia i rurali, abolisce la pratica professionale, penalizza seriamente i laureati in Ctf. Probabilmente la soluzione sarebbe prendere il meglio delle due bozze, unire le due proposte». Nel frattempo però, l'articolato della senatrice Bernasconi è già in discussione al Senato e la Camera non può cominciare a occuparsi di un testo che riguarda lo stesso argomento. A questo proposito le opinioni su quello che succederà sono alquanto contrastanti. «Il testo Bernasconi ormai è stato ampiamente superato dalla bozza Giannotti» ha dichiarato Franco Caprino, segretario di Federfarma, durante Europharmex, a Milano. «A Chianciano è stata presentata una proposta di legge sostenuta da forze politiche diverse e questa è la sua forza. È indubbio che ci daremo da fare per apportare al testo le necessarie modifiche, come è stato già annunciato dal presidente Siri».
Modifiche però, nel frattempo, vengono apportate anche al testo Bernasconi (vedi articolo seguente), già in discussione in Commissione igiene e sanità del Senato. Bozza contro bozza, quindi, anche se, quando quel testo approderà alla Camera, non è escluso che si possano trovare punti di incontro. Naturalmente, se questo accadrà prima della fine della legislatura.

 Back

intervista alla Sen. Bernasconi 



© 2000 – Tema Farmacia