Al convegno nazionale di Federfarma, in Toscana, è stata presentata una nuova proposta di riordino del servizio farmaceutico, da contrapporre al testo attualmente in discussione al Senato. La federazione dei titolari assicura che da Chianciano non si torna indietro, ma nel frattempo è la bozza Bernasconi, opportunamente modificata, ad andare avanti nell'iter parlamentare. | Vetrine
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E' trasversale, questa nuova proposta di legge sul riordino del servizio farmaceutico, un po' di tutti i colori, quindi, perché firmata da esponenti dei partiti di maggioranza, ma anche del Polo. Ed è la risposta di Federfarma al tanto famoso testo presentato l'estate scorsa dalla senatrice Bernasconi, definito "troppo liberalizzante" e pieno di "troppe deroghe" a un criterio demografico basato su un quorum "troppo basso" (una farmacia ogni 2.500 abitanti). Anche il nuovo testo però, per ammissione del suo stesso primo firmatario, Vasco Giannotti, deputato dei Ds (lo stesso partito della senatrice Bernasconi), può essere migliorato: «Vorrei che mi pervenissero dai farmacisti indicazioni precise, stimoli, critiche. Questa proposta di legge è un'ipotesi alternativa alla liberalizzazione, una grande sfida che Parlamento, Governo e mondo della farmacia devono giocare insieme». La grande sfida è far diventare le farmacie un presidio del Ssn e questo è stato ribadito sia dal ministro Rosy Bindi, presente al convegno, sia dal presidente di Federfarma, Giorgio Siri, che ha sottolineato: «Questa bozza ha alcuni grandi pregi e qualche difetto e lavoreremo su ipotesi di emendamenti da sottoporre ai politici. La valutazione globale è però positiva, perché questo testo propone una farmacia integrata nel Ssn: a noi interessa soprattutto l'indirizzo programmatico complessivo, poi negli organi competenti avremo tutto il tempo per discutere questa proposta, punto per punto, e per suggerire alcune modifiche».
Vetrine più... "serie"
Entriamo nel
dettaglio della nuova bozza: nel primo articolo si enuncia che la dispensazione
dei medicinali viene riservata al farmacista, non alla farmacia. È sottolineata
la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, anche se qualche punto
può destare preoccupazione: "Nelle forme di deospedalizzazione assistita, quali
day hospital, hospice, ospedale di comunità, la dispensazione dei farmaci è
assicurata dalle farmacie ospedaliere con oneri imputati alla spesa
ospedaliera".
Nelle forme di assistenza domiciliare dei pazienti non
deambulanti e di assistenza domiciliare integrata, la dispensazione dei farmaci
in regime di Ssn è garantita dalle farmacie pubbliche e private, senza oneri
aggiuntivi rispetto ai normali prezzi di rimborso da parte del Ssn. Inoltre, nel
comma 5 viene riservata allo Stato, in collaborazione con la categoria, la
definizione della qualità e dell'estensione dell'offerta commerciale delle
farmacie. E questo argomento è particolarmente caro sia al presidente di
Federfarma, che ha sottolineato l'importanza di vetrine istituzionali e di
un'attenta selezione dei prodotti da vendere in farmacia sia al ministro della
sanità. Rosy Bindi, infatti, ribadendo l'assoluta opposizione a ogni forma di
liberalizzazione in sanità, che porterebbe a seri rischi di smantellamento del
servizio, ha aggiunto: «Mi ritrovo in questa proposta di legge, piuttosto che in
altre, perché inserisce bene la farmacia nel Ssn, ne sottolinea la funzione ed
evidenzia la professionalità del farmacista. Qualche sforzo in più è però
necessario, da parte della categoria, per correggere quello che diventa un
privilegio commerciale in nome dell'esercizio di una professione
sanitaria».
La farmacia, privata e pubblica, è infatti definita (art. 2)
presidio sanitario dell'Asl, integrato nell'ambito funzionale del distretto
sociosanitario di base dove esso ha sede. Sono quindi elencati (art. 3) i
servizi che essa deve e può assicurare al cittadino, come, tra gli altri,
educazione sanitaria, acquisizione di dati ed elementi necessari alla
rilevazione statistica sul consumo dei farmaci, erogazione del farmaco al
domicilio del paziente in determinate situazioni di disagio del cittadino,
particolarmente di notte, educazione sanitaria presso servizi pubblici del
territorio, scuole e luoghi di lavoro, collaborazione a iniziative di educazione
alimentare e a programmi di informazione ed educazione relativi all'uso e abuso
di alcol, tabacco e droghe.
Alcuni dubbi sorgono a questo proposito: perché
elencare in un articolo di legge tutti questi compiti, con l'obbligo, quindi, di
ritornare in Parlamento se si volessero modificare, per adeguarli ai tempi o a
nuove esigenze? E chi finanzia tutti questi servizi? Come è possibile che essi
siano garantiti, per esempio, dalle piccole farmacie rurali?
Quanti
dispensari
La pianta organica,
nella bozza Giannotti, viene mantenuta: il quorum è fissato a 3.800 abitanti
(art. 6) e ai fini dell'apertura di un'altra farmacia la popolazione eccedente è
computata se è superiore ai due terzi del parametro stesso; la distanza del
nuovo esercizio da altre farmacie o presidi non può essere inferiore a 400
metri. Ironico, sul quorum fissato, Renzo Mori, farmacista in Amandola: «A
Chianciano è stato ripetuto più volte che attualmente il quorum in Italia è
uguale a 3600. Se Giannotti lo vuole portare a 3800, come si fa? Bisogna
chiudere alcune farmacie?»
La pianta organica per ciascun comune è sottoposta
a revisione ogni due anni (art.7); non vengono però precisate eventuali
sanzioni, se questa revisione non avviene realmente.
In ogni comune con più
di 1.000 abitanti deve esserci almeno una farmacia o, in alternativa, un
dispensario (quando la popolazione è inferiore a 1.000
abitanti).
Nell'articolo 8 si enuncia poi il criterio topografico, in base al
quale in ogni comune c'è la possibilità di aperture in deroga, in relazione alle
particolari esigenze del territorio. Allorché vi siano farmacie in soprannumero,
l'applicazione del criterio topografico è subordinata alla possibilità di
trasferimento dei titolari di quel comune. Nell'art. 11, infatti, si disciplina
la procedura della diversa dislocazione delle farmacie all'interno del
territorio comunale, quando non vi sia aumento della popolazione: in pratica le
nuove sedi farmaceutiche vengono assegnate mediante selezione tra tutti i
titolari delle farmacie comprese nell'ambito territoriale in cui si sono avuti
mutamenti nella distribuzione della popolazione. Questa procedura di
decentramento viene attivata prima di applicare il criterio topografico e, se i
titolari non si trasferiscono, le nuove sedi vengono assegnate mediante
graduatoria.
Le farmacie aperte in base al criterio topografico devono essere
situate ad almeno 3.000 metri da quelle esistenti, anche se ubicate in comuni
diversi, e devono essere poste al servizio di una frazione con popolazione di
almeno 1.000 abitanti. Non è precisato però se gli abitanti della frazione in
cui può essere istituita la nuova farmacia vengono computati per l'applicazione
del criterio demografico.
Nei comuni fino a 10.000 abitanti il criterio
topografico può essere applicato una volta sola, ma può comunque essere aperto,
invece di una farmacia, un dispensario.
Una novità della bozza Giannotti è
rappresentata dalla possibilità di istituire nei capoluoghi di provincia con più
di 100.000 abitanti, ad almeno 400 metri dalle altre farmacie, presidi
farmaceutici nella stazione marittima, nell'aeroporto civile e nella stazione
ferroviaria principale, dove non esistono già farmacie.
Graduatoria regionale
Come nel testo
Bernasconi viene prevista anche nella bozza Giannotti una graduatoria regionale,
stabilita in base a un concorso regionale per titoli ed esami e rivedibile ogni
quattro anni (ogni sei mesi si provvede a formare l'elenco delle sedi
farmaceutiche e dei presidi disponibili).
In via straordinaria le sedi
vacanti sono assegnate secondo graduatoria per soli titoli, alla quale sono
ammessi i titolari di farmacia rurale sussidiata e i non titolari di età
inferiore a 60 anni (a parità di punteggio è titolo di preferenza la minore
età).
In base all'articolo 14 tutte le succursali stagionali vengono
soppresse e nelle stazioni di soggiorno, sciistiche, di cura e di turismo,
nonché nelle altre località climatiche, balneari e termali tutte le farmacie che
devono essere aperte vengono assegnate in base alla graduatoria regionale. Non
c'è alcun riferimento ai criteri demografico, urbanistico e topografico, cui si
faceva riferimento nel testo Bernasconi e che andrebbero sempre valutati su base
annua.
In base all'articolo 15 tutti i dispensari farmaceutici sono
trasformati in farmacie da assegnare secondo la graduatoria: se ne istituiscono,
inoltre, altri nei comuni, nelle frazioni o nei centri abitati con popolazione
non superiore ai 1.000 abitanti, anche temporaneamente e per periodi limitati
dell'anno, ma sono assegnati con procedure concorsuali. Quando il criterio
topografico non può essere applicato per più di una volta (comma 2 articolo 8),
perché il comune ha meno di 10.000 abitanti, si può aprire un dispensario, la
cui gestione è assegnata tramite concorso.
Tutti i dispensari che non sono
trasformati in farmacie stagionali o in sedi farmaceutiche da assegnare in base
a graduatoria sono automaticamente soppressi.
La bozza presenta alcune novità
per quel che riguarda la titolarità e la gestione della farmacia (art. 17):
quando si cede l'attività si può concorrere dopo soli cinque anni (ora sono
dieci) e lo stesso numero di anni è il tempo massimo, in caso di successione,
per potersi intestare l'azienda di famiglia, che, decorsi questi termini, viene
assegnata secondo graduatoria. Non è chiaro però, a questo proposito, il comma
15: "la partecipazione di cui al comma 14 deve essere intesa esclusivamente di
carattere economico, non comportando l'assunzione della qualità di socio". Si
può continuare a svolgere un'altra professione, quindi, nel periodo di gestione
ereditaria della farmacia, non essendone soci?
Nella parte che riguarda la
prelazione delle farmacie pubbliche nella stessa proposta di legge si annuncia
che si "evita di affrontare alla radice il problema".
Altre novità sono, poi,
l'impossibilità per i laureati in Ctf di esercitare la professione nelle
farmacie aperte al pubblico, la programmazione dell'accesso ai corsi di laurea,
l'aggiornamento professionale obbligatorio, l'abolizione della pratica
professionale. Questo punto non è condiviso dai giovani farmacisti: «ll
tirocinio post laurea, di sei mesi o un anno - ha dichiarato Alfredo Procaccini,
presidente di Fenagifar - obbligatorio prima dell'esame di stato, potrebbe
essere un mezzo per favorire l'occupazione. Non siamo neppure d'accordo sul
concorso per soli titoli per assegnare le sedi oggi vacanti: in questo modo,
senza esami, non si favoriscono certo i giovani».
Poveri rurali
Qualche lacrima, la bozza
Giannotti la fa versare ai farmacisti rurali, che, oltre a vedersi tolti i
piccoli dispensari, trasformati in farmacie da assegnare secondo graduatoria,
devono subire anche l'articolo 21: "Per le farmacie rurali che godono
dell'indennità di residenza le percentuali di sconto (ndr: ci si riferisce, in
base all'art.1 comma 40 legge 662/96, alle percentuali progressive e non all'1,5
per cento della legge 549/95) sono ridotte in misura pari al 60 per cento..." e,
al comma 4, "alle farmacie con un fatturato complessivo annuo non superiore a
lire 750 milioni, al netto dell'IVA, il Ssn, nel procedere alla corresponsione
delle loro competenze, trattiene una quota pari all'1,5 per cento dell'importo
al lordo del ticket".
In pratica si favoriscono solo le farmacie a fatturato
inferiore ai 750 milioni (il limite di fatturato viene comunque adeguato in
misura proporzionale all'andamento della spesa farmaceutica a carico del Ssn
nell'ultimo triennio) e si penalizzano le rurali sussidiate, il cui sconto
passerebbe dall'attuale 1,5 per cento a circa il 2,5 per cento. Inoltre, non
sono classificate rurali le farmacie poste nei quartieri periferici delle città,
collegati al centro urbano senza discontinuità di abitanti, né le farmacie
stagionali. Che la bozza non riservi un bel trattamento ai rurali è stato
rilevato dal presidente di Federfarma, da Vasco Giannotti e anche dal presidente
della Fofi, Giacomo Leopardi, che a Chianciano ha dichiarato: «C'è qualche cosa
da rivedere in questa proposta di legge che si vuole contrapporre alla bozza
Bernasconi: danneggia i rurali, abolisce la pratica professionale, penalizza
seriamente i laureati in Ctf. Probabilmente la soluzione sarebbe prendere il
meglio delle due bozze, unire le due proposte». Nel frattempo però, l'articolato
della senatrice Bernasconi è già in discussione al Senato e la Camera non può
cominciare a occuparsi di un testo che riguarda lo stesso argomento. A questo
proposito le opinioni su quello che succederà sono alquanto contrastanti. «Il
testo Bernasconi ormai è stato ampiamente superato dalla bozza Giannotti» ha
dichiarato Franco Caprino, segretario di Federfarma, durante Europharmex, a
Milano. «A Chianciano è stata presentata una proposta di legge sostenuta da
forze politiche diverse e questa è la sua forza. È indubbio che ci daremo da
fare per apportare al testo le necessarie modifiche, come è stato già annunciato
dal presidente Siri».
Modifiche però, nel frattempo, vengono apportate anche
al testo Bernasconi (vedi articolo seguente), già in discussione in Commissione
igiene e sanità del Senato. Bozza contro bozza, quindi, anche se, quando quel
testo approderà alla Camera, non è escluso che si possano trovare punti di
incontro. Naturalmente, se questo accadrà prima della fine della legislatura.
intervista alla Sen. Bernasconi