È stata presentata un'altra bozza ma, nel frattempo, continua l'iter parlamentare del testo unico della senatrice Bernasconi. Alla prima stesura verranno apportate alcune modifiche, frutto delle osservazioni e dei suggerimenti emersi dai continui contatti che la relatrice della bozza ha avuto con tutti gli esponenti delle diverse parti della categoria. Le abbiamo chiesto alcune anticipazioni. |
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A Chianciano si è più volte associato il suo nome
alla tanto temuta liberalizzazione e la bozza presentata dall'onorevole
Giannotti, esponente del suo stesso partito, rappresenterebbe l'alternativa a
tale "sventura". Qual è il suo parere a proposito?
Innanzitutto tengo a
precisare che di liberalizzazione delle sedi ho parlato soltanto in un primo
momento e che comunque non si è mai trattato di "deregulation", intesa come
mancanza di controllo e di qualità del servizio. Anche senza una pianta organica
rigida, erano infatti previsti regolamenti molto forti che impedivano una
diminuzione della qualità del servizio offerto dalle farmacie. Non si trattava,
insomma, di una liberalizzazione senza controllo. Nella bozza che è stata
presentata ufficialmente in Commissione igiene e sanità del Senato l'estate
scorsa, poi, non c'è mai stato nulla di "liberalizzante", al contrario di quanto
sostiene Federfarma. Quorum e programmazione territoriale non significano certo
liberalizzazione.
Per quel che riguarda l'onorevole Giannotti, c'è da dire
che, mentre io ho cercato l'incontro con tutti i farmacisti e mi sono
confrontata con le diverse parti della categoria, i suoi unici interlocutori
sono stati i titolari, di cui sono noti gli interessi specifici. È un fatto
molto grave che un politico scelga un interlocutore privilegiato, che peraltro,
in questo momento, è quello che beneficia di più delle vecchie leggi.
Cosa pensa del testo presentato a
Chianciano?
Anche i farmacisti titolari hanno, a mio parere, diritti
legittimi di fatturato e di profitto, ma il problema è quando questi diritti
diventano veri e propri benefici.
Due sono i punti importanti, che si devono
tenere presenti nell'elaborazione di un testo di riordino: la necessità di
assicurare una distribuzione del farmaco qualificata e la possibilità di
garantire a tutti i farmacisti di accedere alla professione, senza vincoli
monopolistici. Nell'impostazione di base della bozza Giannotti, invece, si parte
dal principio che le situazioni di privilegio, oggi esistenti, vadano comunque
salvaguardate.
Che cosa l'ha colpita di più?
Il numero
chiuso delle facoltà di farmacia: al Nord non c'è per niente disoccupazione e al
Sud c'è perché non si aprono le farmacie e non si fanno i concorsi. Si tutelano
meccanismi che non favoriscono l'occupazione e l'istituzione di nuove sedi e si
vorrebbe che diminuisse il numero dei farmacisti: è follia pura.
Federfarma ha però appoggiato Giannotti perché
nella bozza presentata da lei, oltre al quorum, ci sono altri punti che i
titolari non possono condividere, come, per esempio, l'eliminazione dei limiti
territoriali delle sedi e l'eccessivo potere attribuito ai
sindaci...
L'abolizione dei limiti territoriali delle sedi è stata
modificata. L'aleatorietà della prima stesura mi è stata più volte segnalata,
anche da Federfarma, e l'ho recepita con un emendamento, che io stessa ho
presentato. Nella programmazione territoriale, quindi, il numero di sedi
farmaceutiche da assegnare sarà legato a un'area di riferimento (circoscrizioni
e quartieri nelle città più grandi e, nei piccoli paesi, un'area precisa entro
cui la farmacia può essere spostata). Si è in pratica abolito l'ambito
territoriale rigido della farmacia, peraltro non rispettato dal cittadino, ma si
è comunque definita un'area di servizio all'interno della quale ci possono
essere spostamenti.
Per quel che riguarda i sindaci, non avranno un potere di
gestione autonoma delle farmacie; potranno segnalare se c'è davvero bisogno
dell'istituzione di una nuova sede e richiederla ma, secondo un altro
emendamento, questa richiesta dovrà essere documentata e motivata.
Molti però si aspettano che lei recepisca anche
altri emendamenti, sul quorum, per esempio, e sull'ereditarietà. Quali
possibilità ci sono che questo accada?
Io rimango convinta che un quorum
basso e un po' di concorrenza tra le farmacie non avrebbero stravolto così tanto
il sistema ma, dopo aver letto gli emendamenti dell'opposizione e della
maggioranza, credo che correggeremo quel 2.500: c'è disponibilità da parte mia a
rivedere questo punto, ma tutto dipende dal dibattito in Commissione sanità.
Alcuni parlamentari della maggioranza hanno proposto il limite di 3.500 con il
resto al 50 per cento, sul quale io pongo attenzione. Se il quorum venisse
modificato potrebbe anche esserci una revisione dei parametri demografici che
regolano l'apertura di sedi in base al criterio urbanistico. Queste nuove
farmacie saranno, inoltre, considerate in soprannumero, riassorbibili con la
revisione successiva della pianta organica.
C'è quindi la mia massima
disponibilità a ragionare su proposte concrete che non vadano a sminuire
l'impianto generale della bozza, secondo cui la farmacia deve essere un servizio
il più possibile vicino al cittadino.
Per quanto riguarda l'ereditarietà, ci
sono emendamenti presentati, anche dalla maggioranza, che tendono a incrementare
i due anni fino a cinque, se un figlio del titolare è già iscritto alla facoltà
di farmacia. Anche su questo punto c'è disponibilità.
E i dispensari?
Sto rivalutando questo
specifico aspetto e non escludo che in alcuni casi i dispensari possano essere
mantenuti e che vengano trasformati in farmacia soltanto quelli per cui
sussistono i criteri. Per gli altri, laddove indispensabili, potrebbero essere
fatte eccezioni, in zone particolarmente disagiate. Così capisco che, pur avendo
corretto il criterio delle farmacie stagionali, ci siano alcune realtà nelle
quali la stagionalità è un modo per garantire al farmacista un reddito annuo
dignitoso. Credo che anche queste situazioni possano essere valutate caso per
caso, trovando forti interlocutori nelle regioni e nei comuni interessati, in
linea con l'impostazione del mio disegno di legge che affida molto al
decentramento.
Quali altre modifiche potranno essere apportate,
secondo lei, al testo unico?
Le farmacie, parimenti alle Asl, potranno
acquistare i prodotti per l'assistenza domiciliare integrata al 50 per cento e
verrà riconosciuta loro una percentuale per il servizio prestato. Questo
permetterà di ricapillarizzare la distribuzione di prodotti che ora sono gestiti
soltanto dalle Asl e assicurerà un grande servizio ai cittadini.
C'è poi un
altro punto molto importante: stiamo pensando di rivedere le procedure
concorsuali e di assicurare un automatismo che impedisca ricorsi. L'accesso alla
graduatoria sarà possibile in base alla valutazione di titoli professionali (per
esempio, attestati di partecipazione a corsi di formazione a livello
universitario, voto di laurea) e dell'anzianità di servizio e non più per mezzo
di una prova d'esame.
Giacomo Leopardi ha dichiarato a Chianciano che
una soluzione potrebbe essere unire le due proposte, prendere il meglio di
ciascuna delle due bozze. Lei cosa ne pensa?
Se il presidente della Fofi
si riferisce all'indirizzo programmatico generale, non è, a mio parere,
possibile, perché le due bozze partono da una visione politica diversa e perché
io ho sentito tutti gli interlocutori, a differenza di Giannotti. Se invece si
riferisce a parti specifiche dei due testi io non ho nessun problema, perché non
tutto quello che ha scritto Giannotti è da rifiutare e un punto di incontro su
singoli articoli può certamente essere trovato.