Vecchi e nuovi giornalisti
Lavorare in un'azienda internet oggi non significa fare solo il giornalista: si tratta di riinventare nuove figure professionali quali il project manager ad esempio.
Si tratta di individui esperti di HTML, programmatori e operatori di commercio elettronico.
Stiamo assistendo ad un totale rimescolamento delle competenze, delle autorevolezze e delle gerarchie. Nel giornalismo, come in moltissimi altri settori, le nuove tecnologie hanno creato uno scompiglio e nuovi strumenti del mestiere.
Cerchiamo di capire cosa ci vuole per fare il giornalista in rete?
Ci vogliono in primo luogo le stesse capacità di un giornalista tradizionale. Poi conoscenza del mezzo tecnico e del suo spirito, insomma un nuovo atteggiamento mentale.
Fra i "vecchi" giornalisti vige un pò la paura di perdere i proprio privilegi. Le critiche sono piovute da diversi settori: sia istituzionali che non.
Per altri giornalisti invece il web è stata una sfida. In primis il caso dell'Unità. Nel momento di crisi il quotidiano si è rifugiato nel web e tutti i giornalisti allora disoccupati si sono uniti accettando la sfida del mondo on-line.
"Escludendo pochi casi limite" secondo Vittorio Zambardino (giornalista, direttore delle strategie di kataweb) "i giornalisti non hanno creduto fino in fondo alle opportunità della rete. Nel momento in cui è esploso il nuovo mezzo la categoria di coloro che avevano la delega in Italia di occuparsi dell'informazione non erano presenti. Non sono stati in grado di gestire la trasformazione. Hanno saltato uno stadio fondamentale nel passaggio verso la globalizzazione. Lo scenario che si delinea è questo: altri diffonderanno prodotti d'informazione. I giornalisti potrebbero essere i grandi esclusi da questo nuovo flusso.Questo è il rischio, questa è la grande perdita per il giornalismo".
Continuando a citare Zambardino: "L'intera categoria cerca di recuperare la sfida sul piano delle rivendicazioni sindacali. Ed è questo un grave errore; è un terreno succedaneo, significa spostare il problema dal piano della capacità di progettare a quello contrattuale.
Il sindacato non può risolvere i problemi, ma solo la consapevolezza.
Non è importante avere l'aumento di cento o duecentomila lire è importante che noi tutti si produca per il web. La vera rivoluzione non è la redazione on-line ma che tutti i giornalisti lavorino con quella mentalità".
Altro esperto della rete (ma guai a definirlo tale!) è Ginafranco Livraghi che commenta così la situazione dei giornalisti italiani.
"Credo che i proprietari dei mezzi tradizionali temano che ci sia informazione fuori dal loro controllo e che il loro potere si indebolisca. Si é scoperto anche che temono (assurdamente) di perdere denaro per la "concorrenza" della rete. Alcuni di loro stanno cercando di entrare nella rete e di ottenere posizioni di egemonia. Molti altri sanno che non riusciranno a farlo. I primi, se avessero una visione lucida, dovrebbero essere schierati dalla parte della libertà; ma anche a loro costa poco "accontentare" gli spaventati permettendo "lacci e lacciuoli" che poco nuocerebbero ai grandi operatori ma ingabbierebbero i piccoli.
Moltissimi "intellettuali", temono di perdere i loro privilegi come "emanatori" di informazione e di cultura. Provate a ascoltare le cose che dicono personaggi "autorevoli" di ogni specie, che si erigono a esperti mentre se li si ascolta ci si accorge che non conoscono la differenza fra l'e-mail e un cd-rom.
I giornalisti... alcuni, e' vero, conoscono bene la rete, non la temono e ne parlano in modo intelligente.
Ma sono una piccola minoranza.
Ricordo di aver partecipato a un convegno di giornalisti, al Circolo della Stampa a Milano.
Il terrore diffuso era palpabile.
Come sopravvivere in un mondo in cui i miei lettori possono controllare le mie fonti? Perderò' il mio privilegio di "mediatore" dell'informazione? Dovrò ri-imparare daccapo il mio mestiere? Spero di svegliarmi domattina e scoprire che era solo un incubo."
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