Il paese
Orotelli, arroccato su un rocciaio granitico è uno dei paesi più centrali della sardegna, a 20 km da Nuoro, a un altezza dal livello del mare di 406 metri.
Il clima è mite d'inverno e caldo d'estate; esistono diverse etimologie sullla parola Orotelli: Dal fenicio, significa sito protetto, riservato; dal greco, significa monte, altura, posto in altura; dal latino auri tellus, significa terra d'oro, gradualmente modificatosi in Oritellus, poi Oritelli e infine Orotelli.Il territorio Orotellese fu abitato in era preistorica, come testimoniano i nuraghi e le tombe disseminati in giro; i nuraghi più importanti sono: Calone, Aeddos, Sarcanai, Athentu, Passarinu, Corcove; le tombe dei giganti quelle di Sa Turre e Su Campanile e Forolo. Nel medio evo esistettero numerosi centri abitati nelle vicinanze del paese: Forolo, Oddini, Idili, Milae, Arai e Santu Chiricu. Le Chiese principali sono la pisana S.Giovanni (a sinistra) e Spirito Santo, e quelle rurali di S.Pietro, S.Salvatore e della Madonna di Sinne. La popolazione attuale è di circa 2.300 abitanti, la sua economia è prevalentemente agropastorale. E' conosciuto per le tipiche e famose maschere carnevalesche SOS THURPOS (gli orbi), i loro volti sono resi neri ed irriconoscibili per mezzo di sughero bruciato si muovono a viso scoperto, avvolti in pesanti cappotti di orbace nero (su gabbanu), il cappuccio calato sugli occhi, e campanacci legati lungo la vita. Escono in gruppo: alcuni appaiati come un giogo di buoi e tenuti assieme da una fune legata alla vita il cui capo è tenuto da un thurpu-contadino, che cerca di governarli armato di pungolo; altri trainano un aratro e dietro di essi dei "seminatori" spargono crusca per la strada; altri ancora, thurpos-maniscalchi, si impegnano a ferrare un thurpu-bue. La tradizione de sos thurpos fu ripresa, dopo anni di silenzio, la sera del 25 febbraio del 1979. Quello de sos thurpos è un "mimo agrario e bovino" che non sembra nascondere particolari allusioni e simbologie. E' un gioco teatrale, una rappresentazione ludica incentrata sul rapporto uomo-animale. E' la mimesi schietta (anche un po' ironica e burlesca) del lavoro nei campi e del rinnovarsi quotidiano del lavoro offerto all'uomo dall'animale.