CRITICA LETTERARIA: IL CINQUECENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
 

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L'ideale eroico del Rinascimento
di G. WEISE



Gli uomini del Rinascimento non concepiscono i personaggi dell'antichità come modelli imposti da subire passivamente, , ma come stimolo all'imitazione e al confronto nell'ambito della virtù, della magnanimità, del gesto sublime, anche della perfezione fisica e della dignità del portamento.

L'impiego del termine «eroico», che all'epoca del Rinascimento acquistò crescente favore, non significò solo accettazione più o meno esteriore di un elemento linguistico di richiamo classico. A ragione rileva il De Lollis: «non si comprenderà mai a pieno la Rinascenza se a quella ammirazione passiva per gli antichi stereotipata nell'opinione corrente non si sostituisca un pretensioso spirito di gara con un'umanità superiore ingigantita dalla contemplazione a distanza, e del quale l'ultima conseguenza sarà il secentismo ». Quale fatto di più vasta risonanza si profila, dietro la predilezione per il lessico latino, il nuovo mondo spirituale creato dagli umanisti, al quale l'aspirazione alla solennità ed alla magnificenza, di sapore anticheggiante, conferiva il carattere distintivo. In antitesi con l'umiltà ascetica e la preziosità cavalleresca, tipiche del tardo Medioevo, l'ideale dell'epoca nuova divenne la sublimazione dell'aspetto fisico e delle facoltà spirituali ad un vigore ed una perfezione fuori del comune: quell'ideale di maestosità, di magnanimità e di magnificenza, che l'età stessa designava col termine «eroico», atteggiandolo secondo la visione di grandezza e dignità umana offerta dai resti scultorei e dalla letteratura classica. L'accettazione del principio aristotelico della virtù eroica, constatata nel limitato campo della teologia, fu un fattore decisivo per la totalità della vita e della cultura, dando il concetto basilare all'era nuova inauguratasi col trapasso al Cinquecento. La nozione dell'Eroico, dell'elevazione dell'uomo al tipo dei semidei, del suo innalzamento a grandezza, maestà e dignità sovrumane, che deriva i caratteri distintivi dal patrimonio linguistico e figurativo dell'antichità classica, offre la veste esteriore per una stilizzazione artistica e morale, destinata a prevalere per due o tre secoli avvenire. Per le arti come per tutta l'intonazione della vita fu di importanza decisiva il momento in cui divennero patrimonio comune gli ideali elaborati dall'Umanesimo, ma limitati in un primo tempo alla cerchia più ristretta dei dotti. Fino al tramonto dell'età barocca deve esser estesa l'unità artistica e spirituale, basata sul predominio della visione eroica di stampo anticheggiante. L'architettura, forse, ci dà il paradigma più tipico dell'andamento generale. Alle forme di origine classica, dotate, col progredire verso il Barocco, di corposità sempre più voluminosa e imponente, corrisponde nella pittura e nella scultura il nuovo tipo ideale dell'uomo, saldo e sicuro, che con la sua prestanza fisica, la dignità del gesto e la maestosità dei paludamenti ha soppiantato la snellezza, l'angolosità e l'aspirazione all'indíviduale tipiche del realismo quattrocentesco. Dal nuovo canone figurativo, elaborato intorno al 1500, vale a dire nella fase classica del Rinascimento, la nostra trattazione deve risalire all'ideale eroico, che ne costituì il sostrato spirituale. Rileveremo come esso fu preparato, sin dai suoi esordì, dall'Umanesimo, ricevendo il suo carattere specifico dall'antichità classica vista sotto l'aspetto di perfezione semi-divina.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it