Quattro racconti presenti nel libro (Il grande mare, Rete in acqua, Altri
equipaggi, Destino, poi nell'edizione definitiva con il titolo Relazione di
mare) erano apparsi in prima stesura nel volume Morte per acqua, pubblicato
nella «Biblioteca di "Paragone"» dall'editore Sansoni di Firenze, nel 1952.
Rielaborati e uniti ad altri tre racconti, nel 1967 sono usciti nel volume Il
gabbiano azzurro della collana «Supercoralli» di Einaudi.
Il volume contiene sette racconti autonomi, di diversa lunghezza e composizione
(Il raggio verde, Relazione di mare, Sempre, Altri equipaggi, Meta casuale, Rete
in acqua, Il grande mare), strutturati come altrettanti capitoli di un unico
corpo narrativo. Collegate fra loro per analogie, risonanze tematiche, echi
strutturali, piccoli dettagli, scene già svolte e raccontate da una diversa
angolazione, le prose si presentano come "parti" di un grande romanzo marino. Il
mare, infatti, è l'elemento che condiziona e determina il destino degli esseri
che circonda, in una compresenza di vita e di morte: «ll mare era ancora la
stagione del caso: vi si producevano misteriosamente attimi benigni o funesti,
morte e vita». Il mare è il drammatico campo di lotta per la sopravvivenza di
chi in esso trovi le proprie ragioni vitali: uomini animali, le navi stesse, che
affrontano un medesimo destino di consunzione e di oblio: «Così accadono fatti
sotto il mare anche se c'è calma; e in superficie, se pure è calma, varie
fortune fanno morire o vivere creature di passaggio». La massa disomogenea del
mare non «ha verso da seguire, geometria, condizione alcuna», è il freddo luogo
infinito dove si consumano le situazioni più disparate, grovigli di avvenimenti,
movimenti di rotte e di naufragi, una trama incessante di storie, senza una
conclusione definitiva: « Il mare è numeroso di onde; contiene casi che
intervengono in altri casi, provvisori, imbrogliati, non mai risolti del tutto».
Il raggio verde racconta il drammatico tentativo di un delfino, rimasto
invischiato in una macchia di petrolio, di raggiungere il mare aperto, seguendo
la scia dei battelli.
Nel secondo racconto, Relazione di mare, è la furia del mare, connessa ai
repentini cambiamenti atmosferici, a complicare la vicenda dell'evasione di una
detenuta dal penitenziario dell'isola. Una turista, imbarcata su un battello a
vela, viene ritrovata morta dopo una furiosa burrasca e, scambiata per la
detenuta, sepolta nel cimitero del carcere. Soltanto più tardi, una barca di
pescatori di frodo riporta a terra l'evasa in stato di confusione mentale,
accrescendo in tal modo il mistero della donna sepolta: «la nuova scoperta si
prospettava come un altro dei tanti casi del mare e complicava ancora di più le
parole gli ordini e le idee». Un senso di precarietà che si riscontra anche nel
successivo bozzetto lirico, Sempre, che racconta di un idillio amoroso che si
smarrisce nel sentimento di impotenza e di mestizia di fronte all'immensità del
mare.
Di ampia misura narrativa, quasi un romanzo breve, Altri equipaggi occupa la
parte centrale del libro. L'intreccio prende l'avvio dallo scontro all'ultimo
sangue ingaggiato dai due guardiani di un faro. Questa lotta omicida è il
cardine di tutto il racconto, inframmezzato dalla cronaca simultanea delle tre
vicende del battello, del piroscafo carbonaio e del transatlantico da crociera.
Su ciascuna delle tre imbarcazioni si vive un dramma irripetibile: l'equipaggio
del battello è alle prese con una falla, che lo sta facendo lentamente
affondare, e senza l'aiuto del faro non potrà riprendere la rotta. Sul
piroscafo, il comandante sta eseguendo una tracheotomia di fortuna, per salvare
dall'asfissia un marinaio, ed è guidato via radio, nelle fasi dell'operazione,
da un medico che si trova a bordo del transatlantico. Le due navi, nel comune
intento di salvare la vita del marinaio, si danno appuntamento al faro, ma
quando dovrebbero scorgerne la luce, non riescono a vederla. L'indugio finale
del guardiano superstite nell'accendere il fascio luminoso porterà alla
catastrofe.
Nel racconto successivo, Meta casuale, il gioco inconsapevole di due ragazzi,
tuffatisi nelle acque del fondale alla ricerca di tesori nascosti, finisce in
tragedia. Nell'atto di estrarre dalla sabbia quello che nella loro giovanile
incoscienza immaginano come un forziere, essi vengono dilaniati da una mina.
Il racconto che segue, Rete in acqua, svolge il tema della riflessione sul
destino degli animali marini, uniti in una comune "storia di morte", raccontata
per voce delle stesse vittime in una successione di monologhi.
L'ultima prosa, Il grande mare, mette in scena lo strano connubio tra morte e
vita, rappresentato da un cadavere fluttuante in mare, accompagnato dal volo
incessante e interessato di un gabbiano, che si nutre dei pesci richiamati dalla
presenza del corpo in decomposizione. Situazione inusitata che è il compendio
simbolico dell'intera opera, segnata da una forte presenza del tema della
meditazione sulla morte: «Così essi vagavano in due, uno morto e uno vivo, presi
nel nodo della morte con la vita e fatali in uno spazio indiviso, in un tempo
sospeso dal principio, vicino o lontano, alla fine, prossima o remota».
Nati dall'intersecarsi di voci multiple e di differenti piani narrativi, i
racconti presentano un insieme organico di motivi, un'unità di linguaggio e di
stile, da ricercarsi soprattutto nel composito equilibrio fra «il tecnicismo
marinaresco e il realismo cronachistico» (Enrico Falqui). Nell'impianto
lirico-descrittivo si inseriscono annotazioni nautiche, dati dei registri
barometrici e atmosferici, trascrizioni dell'alfabeto Morse. Gli stessi
personaggi, appena tratteggiati non appaiono mai con il loro nome, non
costruiscono trame, ma sono come il riflesso interiorizzato del paesaggio
marino.
Il gabbiano azzurro è il libro che segna il ritorno dell'autore ai temi cari
alle sue prime prove narrative, alla contemplazione lirica e alla costruzione di
una personale mitografia marina. Il grande apporto viene da alcune prose
giovanili, poi rielaborate, che avevano già incontrato il favore della critica:
i due racconti Il grande mare Altri equipaggi avevano vinto il premio Taranto,
rispettivamente nel 1948 e nel 1951, per giudizio di una commissione presieduta
entrambe le volte da Giuseppe Ungaretti; mentre un altro racconto, Rete in
acqua, vinse nel 1949 il premio Chioggia, assegnatogli da una giuria presieduta
da Massimo Bontempelli. La stesura definitiva dell'opera vinse il premio
Viareggio in quello stesso anno.
|