Luigi
De Bellis

 


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Raffaello Brignetti



IL GABBIANO AZZURRO: Racconti


Quattro racconti presenti nel libro (Il grande mare, Rete in acqua, Altri equipaggi, Destino, poi nell'edizione definitiva con il titolo Relazione di mare) erano apparsi in prima stesura nel volume Morte per acqua, pubblicato nella «Biblioteca di "Paragone"» dall'editore Sansoni di Firenze, nel 1952. Rielaborati e uniti ad altri tre racconti, nel 1967 sono usciti nel volume Il gabbiano azzurro della collana «Supercoralli» di Einaudi.

Il volume contiene sette racconti autonomi, di diversa lunghezza e composizione (Il raggio verde, Relazione di mare, Sempre, Altri equipaggi, Meta casuale, Rete in acqua, Il grande mare), strutturati come altrettanti capitoli di un unico corpo narrativo. Collegate fra loro per analogie, risonanze tematiche, echi strutturali, piccoli dettagli, scene già svolte e raccontate da una diversa angolazione, le prose si presentano come "parti" di un grande romanzo marino. Il mare, infatti, è l'elemento che condiziona e determina il destino degli esseri che circonda, in una compresenza di vita e di morte: «ll mare era ancora la stagione del caso: vi si producevano misteriosamente attimi benigni o funesti, morte e vita». Il mare è il drammatico campo di lotta per la sopravvivenza di chi in esso trovi le proprie ragioni vitali: uomini animali, le navi stesse, che affrontano un medesimo destino di consunzione e di oblio: «Così accadono fatti sotto il mare anche se c'è calma; e in superficie, se pure è calma, varie fortune fanno morire o vivere creature di passaggio». La massa disomogenea del mare non «ha verso da seguire, geometria, condizione alcuna», è il freddo luogo infinito dove si consumano le situazioni più disparate, grovigli di avvenimenti, movimenti di rotte e di naufragi, una trama incessante di storie, senza una conclusione definitiva: « Il mare è numeroso di onde; contiene casi che intervengono in altri casi, provvisori, imbrogliati, non mai risolti del tutto».

Il raggio verde racconta il drammatico tentativo di un delfino, rimasto invischiato in una macchia di petrolio, di raggiungere il mare aperto, seguendo la scia dei battelli.

Nel secondo racconto, Relazione di mare, è la furia del mare, connessa ai repentini cambiamenti atmosferici, a complicare la vicenda dell'evasione di una detenuta dal penitenziario dell'isola. Una turista, imbarcata su un battello a vela, viene ritrovata morta dopo una furiosa burrasca e, scambiata per la detenuta, sepolta nel cimitero del carcere. Soltanto più tardi, una barca di pescatori di frodo riporta a terra l'evasa in stato di confusione mentale, accrescendo in tal modo il mistero della donna sepolta: «la nuova scoperta si prospettava come un altro dei tanti casi del mare e complicava ancora di più le parole gli ordini e le idee». Un senso di precarietà che si riscontra anche nel successivo bozzetto lirico, Sempre, che racconta di un idillio amoroso che si smarrisce nel sentimento di impotenza e di mestizia di fronte all'immensità del mare.

Di ampia misura narrativa, quasi un romanzo breve, Altri equipaggi occupa la parte centrale del libro. L'intreccio prende l'avvio dallo scontro all'ultimo sangue ingaggiato dai due guardiani di un faro. Questa lotta omicida è il cardine di tutto il racconto, inframmezzato dalla cronaca simultanea delle tre vicende del battello, del piroscafo carbonaio e del transatlantico da crociera. Su ciascuna delle tre imbarcazioni si vive un dramma irripetibile: l'equipaggio del battello è alle prese con una falla, che lo sta facendo lentamente affondare, e senza l'aiuto del faro non potrà riprendere la rotta. Sul piroscafo, il comandante sta eseguendo una tracheotomia di fortuna, per salvare dall'asfissia un marinaio, ed è guidato via radio, nelle fasi dell'operazione, da un medico che si trova a bordo del transatlantico. Le due navi, nel comune intento di salvare la vita del marinaio, si danno appuntamento al faro, ma quando dovrebbero scorgerne la luce, non riescono a vederla. L'indugio finale del guardiano superstite nell'accendere il fascio luminoso porterà alla catastrofe.

Nel racconto successivo, Meta casuale, il gioco inconsapevole di due ragazzi, tuffatisi nelle acque del fondale alla ricerca di tesori nascosti, finisce in tragedia. Nell'atto di estrarre dalla sabbia quello che nella loro giovanile incoscienza immaginano come un forziere, essi vengono dilaniati da una mina.

Il racconto che segue, Rete in acqua, svolge il tema della riflessione sul destino degli animali marini, uniti in una comune "storia di morte", raccontata per voce delle stesse vittime in una successione di monologhi.

L'ultima prosa, Il grande mare, mette in scena lo strano connubio tra morte e vita, rappresentato da un cadavere fluttuante in mare, accompagnato dal volo incessante e interessato di un gabbiano, che si nutre dei pesci richiamati dalla presenza del corpo in decomposizione. Situazione inusitata che è il compendio simbolico dell'intera opera, segnata da una forte presenza del tema della meditazione sulla morte: «Così essi vagavano in due, uno morto e uno vivo, presi nel nodo della morte con la vita e fatali in uno spazio indiviso, in un tempo sospeso dal principio, vicino o lontano, alla fine, prossima o remota».

Nati dall'intersecarsi di voci multiple e di differenti piani narrativi, i racconti presentano un insieme organico di motivi, un'unità di linguaggio e di stile, da ricercarsi soprattutto nel composito equilibrio fra «il tecnicismo marinaresco e il realismo cronachistico» (Enrico Falqui). Nell'impianto lirico-descrittivo si inseriscono annotazioni nautiche, dati dei registri barometrici e atmosferici, trascrizioni dell'alfabeto Morse. Gli stessi personaggi, appena tratteggiati non appaiono mai con il loro nome, non costruiscono trame, ma sono come il riflesso interiorizzato del paesaggio marino.

Il gabbiano azzurro è il libro che segna il ritorno dell'autore ai temi cari alle sue prime prove narrative, alla contemplazione lirica e alla costruzione di una personale mitografia marina. Il grande apporto viene da alcune prose giovanili, poi rielaborate, che avevano già incontrato il favore della critica: i due racconti Il grande mare Altri equipaggi avevano vinto il premio Taranto, rispettivamente nel 1948 e nel 1951, per giudizio di una commissione presieduta entrambe le volte da Giuseppe Ungaretti; mentre un altro racconto, Rete in acqua, vinse nel 1949 il premio Chioggia, assegnatogli da una giuria presieduta da Massimo Bontempelli. La stesura definitiva dell'opera vinse il premio Viareggio in quello stesso anno.

 

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