Romanzo di quarantatré capitoli, racconta la storia della figlia sordomuta di
una grande famiglia palermitana della prima metà del Settecento. Marianna
comunica per mezzo di bigliettini e ha sviluppato notevolmente gli altri sensi.
Tra lei e il padre, il duca Ucrìa di Fontanasalsa, sembra esserci una tenera
complicità, mentre con la madre il rapporto è improntato a una reciproca
diffidenza. Quando ha sette anni, la bambina viene portata dal padre ad
assistere all'esecuzione di un condannato a morte, nella speranza che una forte
emozione possa guarirla da quella menomazione causata, sembra, da un forte
spavento. I cinque fratelli le vivono accanto senza troppa confidenza.
Signoretto, il più grande, vuole somigliare al padre, di cui imita i modi.
Fiammetta, meno bella di Agata che è già promessa sposa, è destinata al
convento. Carlo e Gerardo, tanto simili da sembrare gemelli, entreranno uno in
convento, l'altro nella vita militare. A tredici anni Marianna, che tenta invano
di opporsi, va in sposa allo zio, Pietro Ucrìa di Campo Spagnolo, fratello della
madre. Dopo quattro anni di matrimonio, ha già tre figlie (Felice, Giuseppa e
Manina), ma il marito aspetta con trepidazione quel figlio maschio che, quando
finalmente arriverà, sarà chiamato Mariano. Marianna si ritira per sua volontà
nella villa di Bagheria, da cui non esce quasi mai, passando giornate intere a
leggere e a scrivere. Muore la madre e, poco dopo, anche il padre, le cui
disposizioni testamentarie suscitano un forte sdegno nei figli maschi perché la
maggior parte dei beni viene destinata alle figlie. Le nasce un quinto figlio,
che chiama Signoretto, come il nonno e il fratello più grande; ma il bambino
morirà presto, a soli quattro anni, colpito dal vaiolo. Questa morte segnerà
profondamente Marianna. L'unica compagnia vera, nella villa, è quella della
cuoca Innocenza, i cui pensieri Marianna sembra intuire e capire: la donna è una
delle poche persone a esserle davvero vicina, insieme con le ragazze che
lavorano nella casa. I rapporti sessuali con il marito diradano fino a
scomparire: egli ha un solo modo, violento, per piegarla ai suoi desideri. Dopo
la partenza di Grass, un amico inglese del figlio, appassionato di filosofia,
trova, nella biblioteca, un quadernetto dedicato a lei che il ragazzo vi aveva
nascosto. Grass ha trascritto per Marianna una serie di pensieri del filosofo
scozzese David Hume che esaltano la supremazia delle passioni sulla ragione e
invitano la donna ad abbandonarsi ad esse. Intanto, per Giuseppa si ripresenta
la stessa sorte che era toccata alla madre: la ragazza è promessa sposa a uno
zio, mentre lei vuole sposare Giulio Carbonelli, coetaneo, amico d'infanzia e
già fidanzato segreto da anni. Grazie all'intercessione dello zio Signoretto,
riesce a realizzare il suo sogno. Delle altre due figlie, Manina ha avuto molti
bambini, mentre Felice si è fatta monaca, ma passa la maggior parte del tempo in
cucina a preparare manicaretti.
Marianna trascorre le sue giornate in compagnia dei libri, ma non è felice. Dopo
aver sorpreso la serva Fila in intimità con il giovane Saro, nuove inquietudini
turbano la sua apparente tranquillità. Lo stesso ragazzo inizia con lei un gioco
di seduzione cui si sente attratta, divertita e impaurita. Morto il marito, la
donna, durante una passeggiata perla campagna, soccorre Saro che finge una
caduta da cavallo per poter ricevere un suo bacio. Successivamente, Marianna si
ammala di pleurite e, durante la convalescenza, comincia a interrogarsi
sull'inerzia della propria vita che l'ha portata a negarsi a un vero amore.
Durante un colloquio con il fratello Carlo (cui chiede una moglie da dare a
Saro), lo interroga sull'origine del proprio mutismo. La reticenza di Carlo le
fa affiorare il ricordo di quando, a cinque anni, lo zio - cui poi sarebbe stata
data in moglie - l'aveva violentata. In seguito a quell'evento era diventata
sordomuta, e la famiglia aveva taciuto per lungo tempo il fatto. Dal matrimonio
di Saro con Peppinedda nasce un figlio, ma Fila, in un impeto di gelosia, uccide
il bambino e ferisce i due sposi. Portata in Vicaria, a Palermo, Marianna tenta
di salvarla dalla forca e diventa amica di Don Giacomo Camalèo, pretore della
città, presso cui intercede per la ragazza che verrà rinchiusa in manicomio.
Assistendo Saro, che sta lentamente guarendo dalle ferite, fa l'amore con lui e,
per la prima volta, si abbandona a un rapporto dolce e coinvolgente. Tuttavia,
al ritorno della moglie di Saro, ormai anche lei guarita, Marianna tronca la
relazione. Parte per Napoli, recando con sé Fila che è riuscita a fare uscire
dal manicomio. I familiari cominciano a rimproverarle i presunti "scandali" che
la vedono coinvolta: per esempio, quello di vedersi spesso con Camalèo, uomo
ricco e influente ma, per loro, di dubbia reputazione. Le rimproverano inoltre
di avere smesso il lutto soltanto un anno dopo la morte del marito e,
soprattutto, di circondarsi di persone non del suo ceto. Nel viaggio verso
Napoli, il brigantino su cui le due donne sono imbarcate rischia il naufragio.
Da Napoli esse si dirigeranno a Roma e, dopo, a Firenze. Fila, infine, grazie
anche alla dote procuratale da Marianna, sposa il padrone di una locanda. Il
libro termina con una lettera di Camalèo a Marianna: le racconta alcune novità e
le confessa il suo amore, chiedendole di sposarlo.
Il tema dell'emancipazione femminile è affidato a una trama che,
intenzionalmente, riprende situazioni e convenzioni del romanzo storico e
d'appendice: la riscattano la complessa originalità del personaggio di Marianna,
la finezza dell'analisi psicologica, la sobria eleganza della lingua.
L'opera vinse il Supercampiello 1990. Nel 1997 Roberto Faenza ne ha tratto un
film intitolato Marianna Ucrìa; sceneggiatura dello stesso Faenza e di Sandro
Petraglia; interpreti principali Eva Grieco, Emmanuelle Laborit, Roberto
Herhtzka, Philippe Noiret.
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