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De Bellis

 


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Il museo africano

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
     

 





Giorgio Montefoschi



IL MUSEO AFRICANO: Romanzo


Condotto in prima persona, il testo è diviso in tre parti. Il protagonista narra di un viaggio in America accompagnato dagli amici Kuncewitz, Antonello e Gloria, donna di Antonello. La prima parte, «Primo addio: il Museo Africano», scandita in capitoli piuttosto brevi, segue il piccolo gruppo nel viaggio attraverso una regione imprecisata degli Stati Uniti. L'esordio suona emblematico, come a immettere subito il lettore in una condizione sospesa e rarefatta, priva di punti di riferimento sicuri, cosicché tutto ciò che sarà narrato non potrà sottrarsi a un'ambiguità di fondo che investe tutti i personaggi, i loro pensieri, le loro affermazioni, comprese le lettere che si scambieranno: «Viaggiamo in una regione alla quale non so dare confini, fra l'Arizona e la California meridionale, da pochissimo tempo, ma non ci siamo fermati quasi mai, altro che per dormire o per consumare dei rapidi pasti, e così l'idea è che giriamo almeno da qualche settimana».
La condizione di spaesamento, di provvisorietà e di estraneità all'ambiente che li circonda accomuna i quattro personaggi e li accompagna per tutto il viaggio, al punto che essi non riescono a mettere radici in alcun luogo. Il viaggio, pertanto, rappresenta l'immagine più chiara dell'inquietudine da cui sono potentemente dominati.
Kuncewitz si abbandona ripetutamente alle proprie malinconie e racconta agli amici che lo ascoltano distrattamente i propri «sogni»: i parchi gelati delle città del Nord Europa, il porto di Lubecca, Monaco di Baviera, la steppa. Accanto a luoghi che disegnano un paesaggio immobile e ghiacciato, viene però evocata anche Roma, la Roma del Giardino zoologico e del Museo Africano, descritta nei dettagli.

Nella seconda parte, «Secondo addio: Phoenix», il viaggio prosegue e tocca varie città che sono però semplicemente nominate. L'attenzione del narratore, costantemente interessata allo svolgimento delle conversazioni tra i personaggi e dei pensieri del protagonista, rifugge da ogni descrizione d'ambiente. In queste pagine si fa cenno all'interesse dello stesso protagonista per Gloria.

La terza parte «Ober», prende il nome dal paese austriaco nel quale Kuncewitz è andato a vivere e dal quale mantiene una corrispondenza epistolare con il protagonista, che a sua volta è rientrato a Roma. Le lettere di Kuncewitz descrivono analiticamente Ober, in particolare la neve che perennemente la copre e il paesaggio immobile osservato dalla finestra; ma egli racconta all'amico, con ricchezza di particolari, anche la storia d'amore che lo lega a Margherita. Tra i due corrispondenti le lettere si incrociano ma ciascuno sembra svolgere un proprio discorso, separatamente dall'altro. Rievocando il viaggio, Kuncewitz si domanda: «Anche a me tante cose sembrano improbabili, incredibili, lontane, anche io, molte volte, mi faccio queste domande: come è potuto succedere? Chi eravamo?».

Dalle lettere finali il lettore viene gradualmente a ricostruire le vicende che hanno legato il protagonista a Gloria e intuisce come il loro amore abbia dato origine a conseguenze irreparabili (di Antonello si sa che è sparito senza dare più notizie di sé). II viaggio ha trasformato tutti i componenti del gruppo, li ha allontanati e dispersi, ha segnato indelebilmente le loro vite, mettendo a nudo la fragilità dei loro rapporti e la rete di convenzionalità e di menzogne che li avevano accompagnati. Alla fine del romanzo anche Kuncewitz ammette il suo fallimento e le sue bugie: la sua donna lo ha abbandonato e lui ne aspetta senza speranza il ritorno. Le emozioni e i sentimenti più veri e intimi sembrano sfuggire inesorabilmente alla scrittura e scorrere su un piano ben distinto, inaccessibile anche a colui che li vive e che riesce a coglierne solo frammenti incomprensibili.

Come il romanzo d'esordio, Il museo africano «rivela un'evidente prossimità con la narrativa d'avanguardia e con la lezione del nouveau roman [...], che si manifesta nel primato assegnato alla descrizione, cui viene ricondotto ogni atteggiamento psicologico e ogni momento narrativo». (Patrizia Girolami).

 

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