Il romanzo, dedicato a Valentino Bompiani e suddiviso in sedici capitoli, si
apre con la visita medica cui l'anonimo io narrante si sottopone per una
presunta sordità o ipoacusia. Nella conversazione con l'amico medico si
preannuncia il tema attorno al quale ruota il testo: la fine del «mondo umano» e
la trasformazione degli uomini in «larve» e «simulacri», sorpresi «dall'avvento
delle stelle fredde». Poco dopo, nel giardino della clinica, il protagonista
sembra trovare una conferma alle proprie convinzioni nell'incontro con una
strana bambina, persuasa di essere l'unica al mondo a muoversi, che gli dice di
considerarlo morto. Senza fornire alcuna spiegazione, egli - abbandonato da una
donna di nome Ida a causa del suo «silenzio» e della sua «freddezza» - lascia
all'improvviso il proprio lavoro di direttore della pubblicità presso una grande
compagnia di aviolinee e si trasferisce definitivamente nella sua casa di
campagna. La villa, ereditata dal nonno - che in tal modo ha voluto evitare che
il padre la vendesse -, è abitata dal padre stesso, al quale il protagonista
appare legato da sentimenti contraddittori. Al suo arrivo, egli ritrova con
piacere «la cosa vivente» più amata in casa sua, cioè un vecchio ciliegio, in
grado di comunicare una grande energia e «un immenso vocabolario». Il padre,
uomo vitale e positivo, ma disordinato nella condotta dei propri affari, gli
presenta la sua nuova compagna e lo avverte che il marito di Ida ha minacciato
di ucciderlo. Passando in rassegna la villa, scompare definitivamente e per un
certo periodo il protagonista viene aiutato, nel suo progetto di catalogazione,
da un bambino. Il romanzo si conclude un anno dopo il ritorno a casa del
narratore, ormai consapevole che «il mondo esiste solo per essere catalogato» e
che il suo lavoro ne imita la memoria, per sprofondarvi dentro.
Le stelle fredde aspira evidentemente alla forma del romanzo-saggio: in esso
convergono infatti molte delle problematiche più tipiche della narrativa di
Piovene, dall'alienazione all'assenza di pietà tra gli uomini, che qui figurano
come corollari della centrale riflessione sulla morte, intesa anche, in senso
strettamente narrativo, come fine del personaggio-uomo. «Romanzo
dell'impossibile soggettività» (Fernando Bandini), il testo denuncia qualche
limite soprattutto laddove appare più netta la sproporzione tra l'impegnativo
disegno allegorico e l'effettiva resa sul piano della scrittura.
Il libro ha conosciuto un discreto successo di pubblico e di critica,
documentato sia dall'assegnazione del premio Strega nel 1970, sia dalle
traduzioni in spagnolo, giapponese e rumeno.
|