Luigi
De Bellis

 


 HOME PAGE 
  
Opere riportate:

     
 

Il quinto evangelio

 
 

La compromissione

 
     
     
     

 





Mario Pomilio



LA COMPROMISSIONE: Romanzo


E' diviso in cinque capitoli numerati, a loro volta suddivisi in paragrafi anch'essi numerati. Attraverso le vicende di un uomo di provincia, l'autore traccia il quadro della politica italiana della fine degli anni Quaranta, quando, terminata l'avventura della Resistenza, che aveva unito tutti contro i fascisti, emergono dolorosamente le differenze.
Marco Berardi - narratore e protagonista - rievoca la parabola della propria vita: dall'impegno politico al disimpegno, lasciando emergere, in una riflessione continua, il profondo legame tra dimensione pubblica e privata. Professore di liceo a Teramo, e segretario di sezione del Psi, l'uomo mal si destreggia in una posizione ambigua, vissuta, però, con lucidità di analisi. È considerato un «borghese di sinistra», uno che sfugge alle definizioni, un «lusso», appunto, secondo le parole dell'amico comunista Giorgio, «da intellettuali di sinistra: dissociati, malsicuri, pieni di complessi». Proprio l'incapacità di accettare «una visione del mondo dove un uomo non è un uomo, ma solo una funzione del suo gruppo sociale» (che non riesce, perciò, a spiegare il suo «modo d'essere contraddittorio»), ha tenuto Marco fuori dal Psi e lo ha spinto verso il «compromesso» del Psi.

Innamorato di Amelia, la figlia dell'avvocato De Ritis, personaggio di spicco nel paese e rappresentante della borghesia benpensante cattolica, Marco teme di sembrare alla ricerca di un matrimonio d'interesse: ha «troppa paura», come lo apostrofa l'amico Arrigo, «di passare per conformista», «di dover rispondere della sua stessa vita intima al tribunale dei suoi principi politici». In quei mesi, insieme con la consapevolezza del cambiamento dei tempi, in Marco crescono il disagio e l'incapacità di accettare le dinamiche interne al partito e alla coalizione con il Psi: dopo un acceso litigio, il protagonista abbandona la carica e la politica. Sull'uscita dal Psi - per sua ammissione, «una decisione su cui ripicche e malumori pesarono assai più d'ogni ragione ideologica» - si chiude il capitolo secondo, che segna il passaggio alla parte del romanzo più direttamente dedicata alla sua vita privata.

Spinto da circostanze esterne a dichiararsi al padre di Amelia, Marco viene accolto in casa come fidanzato, potendo, così, sperimentare il piacere delle consuetudini e delle attenzioni familiari, «una nicchia calda fatta apposta per smussare le sue inquietudini». Pur continuando a sfoggiare «L'Unità» e l'«Avanti!» - come «un precauzionale scudo ideologico» nei confronti dell'ambiente, esaurendo con tanto poco il «quotidiano fabbisogno di coerenza» -, si lascia gradualmente suggestionare da quella casa, «dove ogni giorno si parlava di Dio», e in particolare dall'avvocato, la cui indubbia dirittura morale non manca di suscitare la sua stima. Ma l'atteggiamento condiscendente che assume lo allontana da Amelia, una donna forte e schietta, che proprio delle sue convinzioni e del suo impegno politico si era innamorata.

Incapace, ormai, di certezze, sempre sospeso tra sensazioni e pensieri contraddittori, l'uomo sembra quasi irritato «d'essere nato in un tempo capace di chiamarlo a fare delle scelte», e invidioso di quanti, stabilmente legati a un'ideale, come «al di qua d'una trincea», possono «detestare tranquillamente chi si trova dall'altra parte». Così, quando nella primavera del '49 l'attenzione pubblica italiana è calamitata dal Patto Atlantico, e la paura di una nuova guerra dà vita a comitati e dibattiti per la pace, egli legge i giornali «con una specie di disamore e l'incerta sazietà di chi non si sente parte in causa». Nonostante l'adesione formale a un nuovo incarico politico, non riesce a partecipare con convinzione alla causa e, osservando con sguardo distaccato e disilluso le iniziative della sinistra, si accorge di quanto siano anacronistici il suo linguaggio politico e i comizi, legati a qualcosa «di rigido e d'artefatto».
Perso ogni riferimento, si abbandona a un comportamento senza certezze e coerenza dettato dalle circostanze, ma lontano anche da un vero opportunismo. Così, per esempio, mosso da gratitudine nei confronti del suocero (il matrimonio in chiesa tra il protagonista e Amelia non è narrato, ma più volte citato polemicamente dagli ex compagni di partito di Marco), non sa resistere ai tentativi da lui escogitati per condurlo alla conversione. Una conversione vera non ci sarà, ma ve ne sarà l'apparenza: Marco accetta di confessarsi (anche se mente al confessore), prende ad accompagnare la moglie in chiesa e accetta di essere presentato al vescovo, in prospettiva di un possibile incarico politico nella Dc.

Il matrimonio tra due ex compagni, Lucio e Vera, incinta di tre mesi, è l'occasione per la definitiva presa di coscienza della realtà: quello che era stato un tempo «l'orgoglioso club dei cervelli» è ora un circolo di personaggi che sembrano dei «vecchi», «pateticamente umani, rassegnati come chiunque altro alle soluzioni più normali», «arresi» al loro ambiente, dimentichi delle loro «illusioni», presi a rinfacciarsi l'un l'altro il tradimento degli antichi ideali o l'incapacità di capire i cambiamenti della storia.
Rispettando l'usuale simmetria tra dimensione pubblica e privata, l'autore costruisce un "chiarimento" conclusivo anche per Marco e Amelia. Dopo il lungo periodo di silenzio in cui si era chiusa, spossata anche da una gravidanza difficile, la donna accusa apertamente il marito di incoerenza, gli rinfaccia l'«omuncolo» che ora è, rimpiangendo l'uomo del passato. Il libro si chiude al presente, quando i due, provati dal dolore per la perdita del figlio atteso, ma incapaci di condividerlo, si guardano a distanza, con pietà reciproca. Marco è costretto a riconoscere la propria «vita infedele»: dopo essersi tenuto «disponibile per mille verità», le ha rifiutate tutte, l'una dopo l'altra, «per tenersi disponibile» ancora.

La compromissione ottenne successo di pubblico e suscitò grande attenzione della critica, che interpretò il romanzo come analisi della crisi di una coscienza privata, oppure, in chiave etico-politica, come documento di una crisi generazionale. Carmine Di Biase, fra i tanti, lo definì il «romanzo della piena maturità, umana e stilistica, di Pomilio».

Il libro è stato tradotto in spagnolo da Consuelo Pastor Sanz. Ottenne il premio Campiello nel 1965.

 

HOME PAGE


Copyright ¿ 2002 Luigi De Bellis.
Webmaster: letteratura@tin.it