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Fluxus: l¹espansione della pratica artistica

La seguente operazione di lettura e utilizzo storico del fenomeno Fluxus porta con sé i limiti inevitabili della interpretazione a posteriori: recupero, ricostruzione, distacco emotivo.

Ritengo necessario fissare ciò come un presupposto fondamentale per un atteggiamento, quale quello del Fluxus, che rifuggiva la storia per realizzarsi e verificarsi di volta in volta nell¹hic et nunc del vivere quotidiano. Voglio dire che la mia operazione non ha la pretesa di trasmettere o rendere il senso profondo di tale atteggiamento (che comunque non è mai una Œlettura¹, ma semmai un Œmetodo¹), e quindi questa resta un¹operazione alla seconda che non può spiegare, ma semplicemente dare una vaga idea del pensiero poliforme e vivo dell¹organismo Fluxus.

Per cominciare utilizzerei le parole di Nam June Paik che, a proposito dell¹espansione della pratica artistica Fluxus, afferma: "è un modo di vita, non un concetto artistico"21.

Il gruppo Fluxus aggrega agli inizi degli anni Sessanta una vasta area di artisti interessati alle linee di ricerca non oggettuale e alle pratiche performative, spesso coinvolti con il movimento degli happening22 e con le proposizioni neodadaiste, che in quel periodo stavano attraversando lo scenario artistico contemporaneo.

La parola "Fluxus" viene pronunciata per la prima volta nella primavera del 1961 da George Maciunas nella sua galleria di New York, la A. G. Gallery, che in occasione di una serie di performances chiede un contributo di 3 dollari in sostegno della rivista "Fluxus". Sempre nello stesso anno Maciunas, con l¹aiuto di La Monte Young e Jackson Mac Low, prepara il libro "An Antology" che verrà pubblicato solo nel 196323.

Il primo Fluxus Festival viene proposto nel settembre del 1962 a Wiesbaden con il titolo Fluxus Internazionale Festspiele Neuester Musik e presenta una serie di azioni esemplari realizzate da George Maciunas, Dick Higgins, Emmett Williams, Ay-O, Robert Filliou, Nam June Paik, Daniel Spoerri, Wolf Vostell, Giuseppe Chiari, Gianni Emilio Simonetti e altri.

Per via della "bizzarria" e della carica distruttiva di alcune performances, quali la frantumazione di strumenti musicali, gli esercizi di rasatura o il tuffo in una vasca da bagno piena d¹acqua, i media diedero a questo evento molto spazio, che ne facilitò la diffusione secondo la "strategia del contagio sociale", ma non gli impedì di essere osteggiato ed emarginato24.

Nel complesso, comunque, "l¹evento fece capire la differenza tra ciò che più tardi Maciunas avrebbe definito "flux-evento neo-haiku monomorfico" e lo "happening neo-barocco mixed-media", vale a dire che sebbene le performances di Fluxus fossero intermediali ¯ nel senso che mettevano in collegamento varie discipline come la musica e le arti visive ¯ ogni "composizione" si concentrava su un singolo evento isolato da qualunque altra azione, ed era presentato come un iconoclastico scrutare nella stessa natura della "realtà""25. Quindi nelle operazioni fluxus l¹accento cadeva sulla semplicità strutturale, collocabile nella tradizione dell¹"evento naturale", degli scherzi e delle gags di origine Dada, e nell¹esempio di Marcel Duchamp. Le partiture su cui si basavano le performances erano spesso brevi, anche se la durata dell¹esecuzione era indefinita, e la semplicità di tali partiture poteva consentire a chiunque di eseguire opere fluxus senza bisogno di esperienza, competenza o preparazione26.

Prima di sondare le radici storiche di Fluxus diamo un¹occhiata veloce alle differenze esistenti tra l¹evento Fluxus e lo Happening, seppure all¹interno di modalità di operatività artistica essenzialmente comuni.

In entrambi i casi la scelta dell¹evento, dell¹azione effimera, vuole proprio spostare il concetto di operazione artistica dal suo essere produzione di oggetti a quello di produzione di esperienza, che si sviluppa simultaneamente tra i due poli costituiti dall¹artista e dal pubblico. Tale scelta di coinvolgimento e partecipazione del pubblico, di uscita dal suo ruolo passivo impostogli da anni di contemplazione dell¹opera d¹arte, è presente anche nell¹Happening, ma tra questo e l¹evento Fluxus esiste una qualche differenza.

Come scrive Achille Bonito Oliva: "L¹happening è un accumulo quantitativo di oggetti e gesti che trova attraverso la loro dissociazione, il loro essere messi in relazione inedita, la sua qualità estetica. Solo da questa dissociazione nasce l¹aspetto artistico", mentre "L¹evento fluxus parte dalla coscienza situazionistica che la realtà è già spettacolo. Ogni oggetto o gesto quotidiano ha in questo la sua qualità, la sua non necessità di essere relazionato in maniera inedita. Nell¹evento fluxus ogni oggetto o gesto è esibito in sé, nella sua grammatica elementare", e dunque "L¹happening tende sempre a un¹espressività della messa in opera del gesto, tende cioè a sottolineare il passaggio dell¹oggetto o dell¹azione dal suo uso estetico al suo uso artistico. L¹evento fluxus, invece, tende solo a sottolineare il passaggio dell¹oggetto e del gesto da un grado di esistenza all¹altro"27.

Anche se nato in America e approdato rapidamente in Europa e in particolar modo in Germania, dove Maciunas entra in contatto con Wolf Vostell, Nam June Paik, Ben Patterson e Joseph Beuys, Fluxus si caratterizza per un atteggiamento di rottura delle divisioni e delle distanze geografiche e culturali, sia nel sistema dell¹arte che in quello sociale più in generale28.

Come scrive sempre Bonito Oliva: "L¹arte agisce all¹interno di un sistema, dove le separazioni geografiche e le diverse matrici culturali spesso determinano una frantumazione della comunità artistica, anzi una comunità concentrata che si contrappone al resto della società quanto a scelte ideologiche e a comportamento individuale. Prima di Fluxus esistevano una serie di comunità artistiche divise per poetiche [Š] Fluxus è il primo movimento che supera tali steccati [Š] Rinunciando a considerare la poetica come comune denominatore, Fluxus ha chiamato a raccolta artisti di diversa estrazione culturale e provenienti da poetiche diverse"29. Dunque il principio fondante era la creazione di un¹unica comunità in cui tutti gli artisti potessero entrare ed uscire liberamente, comunità la cui base comune non fosse di natura estetica ma etica, e cioè dare all¹arte un contenuto rinnovato attraverso il quale ritrovare un rapporto, non eccezionale, con la vita.

Così per l¹artista Fluxus l¹arte diviene un luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa, sia come proposta diretta di se stesso, della propria fisicità, che di quella degli oggetti impiegati nel rapporto comunicativo con gli spettatori. Impossibile non richiamare l¹attenzione sulle radici di Fluxus rintracciabili nel Futurismo, nel Dadaismo, ma in particolare modo in Duchamp.

Le proposte di "sintesi radiofoniche" di Marinetti o le ipotesi di espansione dei limiti (spaziali e temporali) del quadro30 non erano certo estranee ad alcuni membri del gruppo Fluxus, quali Cage e Kaprow31. Anzi il critico Maurizio Calvesi ritiene determinanti certe intuizioni del Futurismo per la nascita dei nuovi processi di creazione artistica legati all¹Happening e a Fluxus32.

Anche Nam June Paik riconosce l¹importanza del Futurismo (in particolare modo per la storia del video) e osserva: "Il Futurismo l¹ho conosciuto nel 1958, non prima. E¹ interessante perché fu il primo movimento artistico che esprimeva la componente "tempo", e il video è Immagine più Tempo. Così il Futurismo è stato importante anche teoricamente. Il tempo influenza l'arte; così nella storia del video occorre ricordare il contributo del Futurismo"; e sempre Nam June Paik, riguardo le proprie influenze artistiche, scrive: "La più grande influenza su di me l¹ha avuta John Cage. Lui mi disse che si considerava una combinazione di Dada e di filosofia Zen della "vacuità". Per lui il Dadaismo fu importante. Così per me lo furono il Dadaismo e Duchamp"33.

L¹esempio di Duchamp, difatti, conta non solo per i procedimenti aleatori da questi utilizzati in alcune opere, quali Stoppages-Etalon (1913/14), ma soprattutto per l¹elezione ad opera d¹arte dell¹oggetto quotidiano praticata nel ready-made. Rispetto all¹impostazione duchampiana, incentrata su modalità radicalmente arbitrarie di ri-contestualizzazione dell¹oggetto comune nel circuito artistico, Fluxus attua però uno spostamento significativo, sostituendo all¹intenzionalità forte ed ironica delle operazioni di Duchamp, un atteggiamento fondamentalmente estatico (anche se mai trascendentale) nella quale possono tornare in primo piano anche talune qualità intrinseche dell¹oggetto34.

La caratterizzazione zen delle operazioni degli artisti Fluxus - da cui deriva anche la nozione di tempo come un susseguirsi incessante di attimi che qualificano non solo gli accadimenti straordinari ma anche quelli più anonimi e quotidiani, e che determina nell¹evento Fluxus una temporalità in grado di raccordare l¹elemento arte a quello della vita ¯ e l¹applicazione del principio di indeterminazione alla sfera immateriale dell¹evento35, distanziano in qualche modo queste esperienze anche dalla poetica "merz" di recupero dell¹oggetto elaborata da Schwitters in area Dada, e la cui influenza appare evidente in molti ambiti di ricerca artistica degli anni ¹60 vicini a Fluxus (ad esempio New Dada in America o Nouveau Réalisme in Europa). Voglio dire che anche se si riconosce l¹importanza del recupero dell¹oggetto quotidiano di ascendenza dalla poetica "merz", questo non è mai sublimato, e l¹azione stessa, per il suo statuto di forma d¹espressione effimera che si esaurisce nell¹atto dell¹esecuzione, non è finalizzata alla produzione di un¹opera-oggetto, ma sottolinea la centralità dell¹esperienza percettiva in sé stessa, oltre l¹oggetto e la sua sedimentazione36.

Il gruppo Fluxus, quindi, si è mosso alla ricerca di una strategia globale che spingeva alla riscrittura, anche a livello antropologico, dell¹esperienza artistica, collocandosi in quella che Bonito Oliva definisce "la linea sintetica dell¹arte", che nasce dal dadaismo e si connota come opera di irruzione nel presente quotidiano, al di fuori di qualsiasi struttura di organizzazione del lavoro artistico.

L¹"arte sintetica" oppone alla conoscenza specialistica e settoriale una coscienza, appunto, globale e profonda che rompendo le specificità del linguaggio artistico approda nel luogo totale della creatività37. Quindi arte come spazio non compartimentato in cui le varie discipline (dalla musica al teatro, dalla pittura alla danza, dal cinema alla poesia) smarriscono ogni rigidità categoriale, assumendo una configurazione "non-ostruttiva", incline anzi ad una reciproca interpenetrazione.

Così La Monte Young scrive: "La parola Fluxus significa flusso, movimento inarrestabile verso un impegno più etico che estetico. Fluxus, sviluppatosi in America e in Europa, sotto lo stimolo dell¹opera di Cage, non ha puntato sull¹idea di avanguardia, come rinnovamento linguistico, ma su un uso diverso dei canali ufficiali dell¹arte e sullo scardinamento di ogni linguaggio specifico. Ha puntato cioè sulla interdisciplinarietà e sull¹adozione di mezzi e materiali provenienti da differenti campi. Il linguaggio non è il fine, ma il mezzo per una nozione rinnovata di arte, come "arte totale""38.

Fluxus, così, partendo da una piattaforma teorica in cui i rituali dell¹arte e le sue istituzione vengono sistematicamente sottoposti a un¹azione di derisione e demistificazione, giunge a una ridefinizione del concetto stesso di opera d¹arte39. La struttura dell¹opera d¹arte cambia totalmente in direzione di un nuovo, ricercato rapporto con il pubblico nel segno del coinvolgimento e della partecipazione atte a liberare, in chi la vive, un "flusso di energie contro i vecchi schemi di comportamento, in un clima ludico, libertario"40.

L¹attenzione è posta non più sull¹oggetto e sul mercato che esso autorizza, ma sull¹avvenimento che prende la forma dello spettacolo-manifestazione multimediale, dal carattere ludico e indeterminato come potrebbe esserlo la stessa vita quotidiana. Una tale espansione dell¹opera d¹arte, accompagnata dalla critica al ruolo dell¹artista, del quale se ne nega il professionismo, porta al delinearsi di una sorta di consapevolezza dell¹arbitrarietà del "fare artistico" (di ricordo, ancora una volta, duchampiano) in cui qualunque cosa può sostituirsi all¹arte e chiunque all¹artista41.

Musica, arti plastiche, cinema, danza, poesia e nuovi media diventano quindi strettamente legati dall¹apertura ad ogni possibile esperienza nel rapporto arte-vita e dall¹uso di tutte le tecniche e di tutti i materiali (con particolare attenzione ai materiali del mondo contemporaneo). Come scrive Joseph Beuys, uno dei grandi protagonisti della stagione Fluxus e della sperimentazione video: "Tutto poteva venire accettato, dall¹atto di strappare un pezzo di carta alla formulazione di idee tendenti a trasformare la società"42.

Nell¹organizzare i materiali della realtà per ridefinire l¹arte, fra gli sconfinamenti sperimentati con frenetica attività vitalistica, Fluxus ingloba anche il cinema e la dimensione televisiva.

Viene realizzata, nel 1966, una Antologia dei Fluxfilm a cui partecipano numerosi artisti tra cui Eric Andersen, Chicko Shiomi, John Cavannaugh, George Brecht, John Cale, Albert Fine, Robert Watts, Pieter Vanderbeck, Wolf Vostell, George Landow, Yoko Ono e George Maciunas, che a New York era entrato in contatto con Jonas Mekas e il cinema indipendente43, e che spingeva gli artisti Fluxus a utilizzare il mezzo cinematografico sia come memoria che come sperimentazione della dimensione visiva.

Il programma di film Fluxus si caratterizzava per una straordinaria violenza delle immagini, banali ed eccessive, che si ponevano l¹obbiettivo di stravolgere le abitudini della comunicazione quotidiana, di ostacolare, o deviare il "flusso immobilizzante della visione convenzionale"44.

La pratica cinematografica diviene quindi familiare e congeniale agli artisti Fluxus che la utilizzano come un supporto mobile su cui segnare spontaneamente il flusso di idee, gag, azioni, improvvisazioni e provocazioni. Così nell¹Antologia dei Fluxfilm del 1966: "Chieko Chiomi gira Fluxfilm N.4 e Disappearing Music for Face, ripresa di un viso che passa da un¹espressione a un¹altra a passo accelerato. Yoko Ono realizza sedici film, ironiche analisi del comportamento quotidiano o attacchi alla cultura ufficiale come in Fluxfilm 14: One, Emmett Williams e Robert Filliou realizzano Double Happening, sequenza di gag provocatorie, e una serie di cortissimi film, One Minute Movies, raggruppati anche sotto il titolo di Omage à Méliès, prochainement sur votre écran; Lemaitre lavora su film della durata di pochi secondi, Sei film infinitesimali; Filliou ironizza sul cinema porno con Do It Yourself-Erotic Movie; Paul Sharits riprende pagine di cataloghi (come i surrealisti), in Sears Catalogue 1-3, o filma la parola "cinema" con diverse inquadrature in Word Movie; Joe Jones filma a doppia velocità il fumo di sigaretta in Smoke"45.

Per Lorenzo Taiuti il cinema di Fluxus si connota come uno strumento di "liberazione" della realtà, completamente slegato dalle ipoteche estetiche della pittura46. Per Fagone, invece, i Fluxfilm operano sulla esaltazione delle caratteristiche percettive dell¹immagine cinematografica, e sulla strutturazione in criteri di ordinamento non soggetti al codice narrativo: "I procedimenti che il cinema sperimentale impiega in questa prospettiva sono di due tipi: raccoglie immagini quotidiane sviluppate per sequenze non obbligate a uno svolgimento narrativo e le distorce nel tempo accelerando o rallentando, sino a sfidare le soglie della percezione del movimento, ogni dinamismo. Le immagini distorte e violentemente accelerate, raccolte dentro una temporalità artificiale, inducono una visione nuova che colpisce chi guarda. [Š]Dentro il cinema sperimentale sono ancora gli artisti a sollecitare analisi e scansioni della possibilità di costituire e strutturare immagini. La nascita delle prime esperienze video tiene conto della realtà del cinema sperimentale alla metà degli anni sessanta e, nella diversità dei linguaggi propria ai due mezzi, cinema e video si confrontano acutamente"47.

Determinanti, quindi, risulteranno le esperienze del già maturo cinema sperimentale europeo e americano per la definizione di una estetica video48, e oltre alle già citate proposte del cinema Fluxus vanno menzionate anche le parallele, e per certi aspetti opposte, ricerche di altri grandi artisti, quali Andy Warhol o Michael Snow, che esploreranno molte delle possibilità (ma anche dei limiti) offerte dall¹immagine cinematografica49.

E¹ in questo contesto di esplorazione dell¹universo mediatico da parte degli artisti che trovano posto le prime realizzazioni utilizzanti il medium video, sia nella forma della produzione-destrutturazione dell¹immagine televisiva che in quella della riproduzione e decontestualizzazione di immagini in movimento, ma anche come oggetto-contenitore nella costituzione di ambienti e spettacoli-manifestazioni multimediali o su cui agire simbolicamente nel segno della denuncia, attraverso la decostruzione del linguaggio televisivo esterno, del suo messaggio.

Nam June Paik, Wolf Vostell e più tardi Joseph Beuys si muoveranno per primi in questa direzione integrando il video alle loro performances e realizzando le prime videoinstallazioni50.

 

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Note

  • 21. Citato nel testo di Anne-Marie Duguet, Dispositivi, in Video imago, "Il Nuovo Spettatore", n. 15, a cura di A. Amaducci e P. Gobetti, Franco Angeli, Milano, 1993, p. 187.
  • 22. Il termine designa l'opera che non punta più sull'oggetto, ma sull'evento. L'artista parte da un progetto di azione, nella quale coinvolge attivamente lo spettatore, che viene sottratto all'abituale ruolo di passivo fruitore dell'opera, per essere immesso in un rapporto attivo con l'evento artistico. L'Happening può essere considerato un gesto d'irruzione nello spazio quotidiano, organizzato in tempi e luoghi non necessariamente deputati alla produzione artistica. L'azione avviene, solitamente, in uno spazio ed in tempi definiti in cui il risultato è costituito dall'esperienza collettiva e i segni che ne restano (le fotografie, i video, i films) sono i documenti-residui di un tempo e di una durata vissuti nel contingente. Per un maggiore approfondimento rimando a Michael Kirby, Happenings, New York, 1968; Adrian Henri, Environments and Happenings, Thames e Hudson, Londra, 1974.
  • 23.Oltre a questo testo, come riferimento bibliografico fondamentale rimando a Harry Mahé, Fluxus: the most radical and experimental art movement of the sixties, Ed. A, Amsterdam, 1979; Achille Bonito Oliva (a cura di), Ubi fluxus, ibi motus, Mazzotta, Milano, 1990.
  • 24. Vittorio Fagone ritiene che Fluxus negli Stati Uniti sia stata considerata una intellettualistica manifestazione tardodadaista, incline a pericolose utopie anarco-comuniste e per questo motivo emarginato e osteggiato dagli ambienti artistici ufficiali. Anche Nam June Paik a proposito del rapporto di Fluxus con l'Europa scrive: "Rimasi molto colpito dall'importanza che veniva data al nostro lavoro. Qui negli Stati Uniti invece non fu mai accettato in questi termini" (in Il novecento di Nam June Paik, op. cit., 1992, p. 29).
  • 25. Stewart Home, Assalto alla cultura, AAA Edizioni, Venezia, 1996, p. 70.
  • 26.Ad esempio, in 'In Memoriam To Adriano Olivetti' di Maciunas : "Ogni performer sceglie un numero da un rotolo usato di carta da calcolatrice. Il performer si esibisce ogni volta che il suo numero compare in una riga. Ogni riga indica un battito di metronomo. Possibili azioni da fare ad ogni apparizione del numero: 1) togliersi o mettersi la bombetta. 2) fare suoni con bocca, labbra, lingua. 3) aprire e chiudere ombrelli etc.". Quasi tutte le documentazioni delle performances sono state raccolte da Maciunas in Fluxus. An Anthology, a cura di La Monte Young, New York, 1963.
  • 27.A. B. Oliva, ubi Fluxus ibi motus, in Catalogo della XLIV Biennale di Venezia, a cura di Marie-George Gervasoni, La Biennale di Venezia, Venezia, 1990, p. 94.
  • 28.Nonostante che Fluxus si sia mosso come un "fronte mobile di persone" va riconosciuta, comunque, una diversa caratterizzazione nella pratica artistica e politica del gruppo americano rispetto a quello europeo; ciò è dovuto alle diverse radici e ai diversi, ma paralleli, sviluppi della ricerca artistica e culturale degli degli svolgimenti europei rispetto a quelli propri dello scenario newyorkese in cui matura Fluxus. Sarebbe interessante approfondire questo particolare aspetto dell'organismo Fluxus, questa sua capacità di arricchirsi attraverso la differenza anziché isolarsi in una "poetica", senza comunque rinunciare ai tratti essenziali della propria multi-identità, ma per ciò rimando ai pochi accenni in Fluxus o del principio di indeterminazione, catalogo della mostra, Ed. Studio Leonardi / Caterina Gualco, Unimedia, Genova, 1988; mentre per quanto concerne il diverso atteggiamento politico e sociale di Fluxus in America rispetto al suo gemello europeo (che affonda le sue radici in gruppi del genere di CoBrA e dell'Internazionale Situazionista) rimando a Assalto alla cultura, op. cit., 1996, cap. 1-10.
  • 29.Catalogo della XLIV Biennale di Venezia, op. cit., 1990, p. 92.
  • 30. "Nel film futurista entreranno come mezzi di espressione gli elementi più svariati: dal brano di vita reale alla chiazza di colore, dalla linea alle parole in libertà, dalla musica cromatica e plastica alla musica di oggetti. Esso sarà insomma pittura, architettura, scultura, parole in libertà, musica di colori, linee e forme, accozzo di oggetti e realtà caotizzata. Offriremo nuove ispirazioni alle ricerche dei pittori i quali tendono a sforzare i limiti del quadro" (Manifesto della cinematografia futurista, firmato da F. T. Marinetti, B. Corra, E. Settimelli, A. Ginna, G. Balla, R. Chiti, 11 sett. 1916, in Ricostruzione futurista dell'universo, a cura di E. Crispolti, Torino, 1980, p. 199).
  • 31. In una recente dichiarazione di George Segal si può leggere: "Nel 1958-1959, Kaprow ed io restavamo alzati fino alle due o alle tre del mattino a discutere di estetica. Kaprow era brillante nel trasmettere idee d'avanguardia del Dadaismo, del Surrealismo e del Futurismo, specialmente del futurismo. Ad esempio, le composizioni radiofoniche di Marinetti erano per noi di grande interesse. La combinazione di parole e suoni e rumori prodotti da oggetti qualsiasi, fu chiaramente una ricca fonte per John Cage. [Š]La loro estetica collegata alla vita nelle città moderne, io credo che sia ancora oggi degna di essere esplorata" (AA.VV., George Segal, Lorenzelli Arte, Milano, 1994, cit. in La coscienza luccicante, op. cit., 1998, p. 56).
  • 32.Cfr. Documenti di un percorso di Maurizio Calvesi, in La coscienza luccicante, op. cit., 1998, p. 55.
  • 33.Il Novecento di Nam June Paik, op. cit., 1992, p. 29.
  • 34. E' nell'attenzione alla dimensione comunicativa dell'oggetto (o dell'azione) che si realizza il recupero delle qualità intrinseche dell'oggetto stesso, comunque ripulito dell'aura di unicità ed assunto nel flusso del quotidiano.
  • 35. Il principio di indeterminazione di Heisenberg viene formulato nel 1927 in questa forma: "una particella può avere posizione o può avere velocità, ma non può in nessun senso preciso avere l'una e l'altra", e cioè all'aumentare della determinazione di una variabile corrisponde il progressivo allontanarsi dell'altra. Tale principio, posto come 'categoria' e chiave di lettura della Seconda Avanguardia nella mostra Luoghi della Seconda Avanguardia 1958-1970, a cura di Chiara Guidi, Massa Carrara, 1987 (Cfr. il catalogo), è alla base delle "ricerche sulla configurazione imprevedibile dell'assemblaggio suono-immagine" e del concetto di indeterminato di John Cage, che a sua volta influiranno su buona parte delle ricerche del gruppo Fluxus e sulla nascita di un'estetica video: "Paik ha più di una volta dichiarato che senza Cage, la ricerca video non avrebbe potuto realizzarsi. [Š]Cage ha sicuramente dimostrato la possibilità di un diverso atteggiamento nei confronti di elementi disomogenei che possono tuttavia essere orientati verso una particolare congruenza e organizzazione linguistica. [Š]Certa è anche l'influenza delle sonorità concrete, e alla lettera 'attive' di Cage, che poi la ricerca video ha utilizzato in un crossing altamente ridefinitorio tra immagini e azioni performative. Il valore della sezione sonora dell'audiovisuale elettronico è il risultato esaltato da questa precisa consapevolezza" (Il Novecento di Nam June Paik, op. cit., p. 23).
  • 36.Cfr. G. Zanchetti, Appunti di storia Fluxus, in AA.VV., Milano-poesia, Nuova Intrapresa, Milano, 1989, p. 153.
  • 37.Cfr. Ubi fluxus, ibi motus, a cura di Achille Bonito Oliva, Mazzotta, Milano, 1990.
  • 38.Anthology of, 1963, in http://www.sapienza.it/magam/glossario/fluxus.html.
  • 39.Fluxus, recita un manifesto, "nega la distinzione fra arte e non-arte, nega l'indispensabilità, l'esclusività, l'individualità e l'ambizione dell'artista, nega ogni aspirazione di significato, varietà, ispirazione, perizia tecnica, complessità, profondità, grandezza, ogni valore istituzionale e di mercato" (citato in Per complicare l'intreccio, di Sandro Ricaldone, http://www.geocities.com/Paris/Rue/4853/fluxus.html).
  • 40.Silvia Bordini, Videoarte e arte. Tracce per una storia, Lithos, Roma, 1995, p. 32.
  • 41. "L'artista Fluxus, scrive Maciunas (Fluxus Manifesto 1965 e 1966), deve essere "non professionale, non parassita, non elitario, [Š] deve dimostrare che ogni cosa può sostituire l'arte e che ognuno la può fare"" (in Silvia Bordini, Videoarte e arte. Tracce per una storia, op. cit., 1995, p. 32).
  • 42.Citato in Dispositivi di Anne-Marie Duguet, in Video imago, a cura di A. Amaducci e P. Gobetti, op. cit., 1993, p. 188.
  • 43.Cfr. A. Aprà (a cura di), New American Cinema. Il cinema indipendente americano degli anni Sessanta, Ubulibri, Milano, 1986.
  • 44.Cfr. L'immagine video, op. cit., 1990, p. 28.
  • 45. Lorenzo Taiuti, Arte e media, Costa & Nolan, Milano, 1997, p. 93.
  • 46.Lorenzo Taiuti, Arte e media, op. cit., 1997, p. 92.
  • 47. L'immagine video, op. cit., 1990, p. 29.
  • 48. Cfr. Ventiquattro fotogrammi al secondo + uno, di Bruno di Marino, in Videoarte e arte. Tracce per una storia, op. cit., 1995, pp. 95-107; o il capitolo Dal cinema sperimentale all'arte video, in L'immagine video, op. cit., 1990, pp. 50-53.
  • 49.Tratterò con maggiore attenzione il "cinema degli artisti", e le differenze di quest'ultimo con il cinema sperimentale, nel capitolo seguente dato l'alto numero di artisti italiani cimentatisi in questa pratica e l'importanza che avrà per la nascita della videoarte in Italia. Per il momento mi limito a sottolineare l'importanza del cinema di Warhol per l'arte video, e in particolare per la produzione videografica, infatti come scrive Gianfranco Mantegna nel testo Il gergo e la funzione del video: "Se il movimento di Arte e Tecnologia sta alla base del video, Warhol, non solo con le sue idee, ma anche col suo specifico tipo di immagine pittorica, effimera, artificiale e disastrosa, si deve considerare il padre putativo del video" (in Cinema off e videoarte a New York, a cura di Ester De Miro, Bonini, Genova, 1981, p. 174), ma anche l'opposta concezione di artista e di prodotto artistico rispetto all'ambiente Fluxus.
  • 50.Va comunque ricordato che parallelamente alle ricerche di questi pionieri del video, anche alcuni artisti pop americani, quali Robert Rauschenberg, Tom Wesselman e Jasper Johns, riconoscono il valore di massa del televisore e lo inseriscono come oggetto nelle proprie opere o "pitture combinate".

 

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