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La fase sperimentale del videotape
d¹arte
Abbiamo detto che il videotape
si presta ad una molteplicità di modi d¹impiego in
arte, ognuno dei quali presenta delle proprie caratteristiche,
ma anche una propria possibile storia fatta di rapporti
e intrecci con gli avvenimenti culturali, artistici e socio-politici
ad esso contemporanei. Analizzeremo ora il rapporto e l¹approccio
degli artisti a quello che allora era considerato un "nuovo
mezzo" o "nuova tecnologia", e la possibilità,
intrinseca al medium video, di operare direttamente sull¹immagine
elettronica: quella che più tardi verrà definita
videografia133.
Intanto il video è
un mezzo tecnico che, come molte altre tecniche di produzione
di immagini, non è stato inventato dagli artisti
o per gli artisti in particolar modo, anche se essi lo hanno
utilizzato e spesso ne hanno sperimentano le potenzialità.
Diciamo che il video si presenta come una delle opportunità
di cui l¹artista può avvalersi per dare una forma
al suo personale messaggio. Ma vediamo quali sono le posizioni
degli artisti che hanno operato con il video in quegli anni.
Nam June Paik nel 1965 si
esprime così: "Come il collage ha liquidato
la pittura ad olio, così il video soppianterà
la tela", oppure "Un giorno gli artisti lavoreranno
con apparecchiature elettroniche, come oggi lavorano con
pennelli, violini e rifiuti"134.
Meno estrema e provocatoria
si rivela la dichiarazione di John Baldessari: "Come
ogni altro strumento, il video dovrebbe restare neutrale,
come una matita. Nell¹arsenale dell¹artista il video è
semplicemente uno strumento in più. Uno strumento
in più, come una matita, per esprimere le nostre
idee, visioni e desideri. Non dovremmo attribuire troppo
valore al mezzo: è meno importante dire "Io
lavoro a un videotape" che "Il modo migliore per
esprimere questo è un videotape""135.
In altri casi il rapporto
tra artista e video si gioca a livello della creazione di
strumenti e software per l¹elaborazione dell¹immagine videografica,
instaurando un dialogo e una complicità con la macchina
come nel caso di Woody e Steina Vasulka: "Per videoartisti
come Steina e Woody Vasulka, il processo creativo costituisce
un "dialogo con la macchina" nel quale non si
è tanto i padroni di uno strumento ma più
che altro gli interpreti delle sue facoltà. Woody
ha affermato: "Devo condividere il processo creativo
con la macchina. E¹ responsabile di fin troppi elementi
in questo lavoro"136.
Dunque le posizioni degli
artisti nei confronti del video risultano essere molteplici,
ma tutte caratterizzate dall¹esplorazione delle specificità
del mezzo. Inoltre va considerato che nei primi anni Settanta
in Europa l¹influenza delle ricerche e sperimentazioni in
campo artistico (ma non solo) portate avanti negli Usa in
qualche modo pesavano e non potevano essere ignorate da
chi si poneva al di fuori degli abituali processi artistico-operativi
(in particolar modo per quelle ricerche che utilizzavano
le nuove tecnologie, quali appunto il video).
In un articolo apparso su
"Domus" del 1974 Jole De Sanna scrive: "Il
lavoro degli artisti sul videotape e sulla TV come medium
è tuttora in piena fase di sperimentazione [Š] Anche
sotto l¹aspetto tecnico non può certo dirsi superato
lo stadio sperimentale. Il più grave dei problemi
da risolvere è ancora la qualità delle immagini
riprese con la telecamera mobile. Al livello della diffusione
vige inoltre tuttora la distinzione standard Usa / standard
europeo che ostacola enormemente lo scambio dei materiali"137.
In questo articolo De Sanna da uno spaccato della situazione
video (e dei problemi legati al suo utilizzo ancora esistenti
a metà degli anni Settanta): anche se non esaustivo
può rivelarsi un¹interessante punto di riferimento
da cui muovere le mie considerazioni sul rapporto tra artisti,
video e sperimentazione.
L¹aspetto della sperimentazione
è a mio avviso una delle componenti caratteristiche
dell¹utilizzo del video in arte, direi quasi una componente
genetica: essendo lo strumento video collegato alle dinamiche
di sviluppo tecnologico non è possibile separare
il metodo sperimentale tipico della ricerca scientifica
e tecnologica dalla sua trasposizione nella forma artistica138.
Va inoltre aggiunto che
prima della diffusione di massa delle apparecchiature video
le strumentazioni tecnologiche erano concepite solo in funzione
dei bisogni dell¹industria e delle grandi emittenti televisive
(l¹equipaggiamento oggi considerato di routine, come la
telecamera a colori e il videoregistratore, era negli anni
Œ60 introvabile o eccessivamente costoso, e ancora più
difficile era trovare le apparecchiature che consentissero
il trattamento delle immagini, quali sintetizzatori e colorizzatori).
Tale situazione ha portato alla nascita di una contro-cultura
dell¹industria elettronica fondata sulla sperimentazione
fatta in casa e sul genio individuale, come afferma Woody
Vasulka in un articolo comparso in Afterimage nell¹estate
del 1978: "Ho scoperto che negli Stati Uniti esiste
una cultura industriale alternativa che si fonda sul genio
individuale, più o meno come l¹arte. Queste persone,
inventori-progettisti di elettronica, sono riuscite a salvaguardare
la propria indipendenza all¹interno del sistema. Diventati
artisti a pieno titolo, usano gli strumenti elettronici
che loro stessi si sono costruitiŠ Noi abbiamo sempre mantenuto
una relazione strettissima, simbiotica, con i creatori esterni
all¹industria, che, nell¹inventare immagini e strumenti,
obbediscono allo stesso impulso disinteressato che associamo
normalmente all¹arte"139.
Spesso, dunque, gli artisti
operanti con il video sono anche gli inventori e sperimentatori
delle nuove tecnologie applicate all¹immagine audiovisiva,
come il proficuo dialogo tra lo strumento e l¹immagine nelle
ricerche di Steina e Woody Vasulka, oppure il caso esemplare
di Nam June Paik per l¹Abe-Paik synthetizer del 1970, uno
dei primi video-sintetizzatori a colori ad essere realizzato140.
Nello stesso periodo Vincenzo
Agnetti inventa il "Neg" (strumento per ottenere
il negativo del suono, permette cioè di percepire
o la nota fissa in sostituzione del silenzio o il silenzio
in sostituzione della voce nel corso di una registrazione
sonora) per realizzare con Gianni Colombo Vobulazione
e bieloquenza Neg, brano televisivo di nove minuti elaborato
elettronicamente, presentato al Telemuseo di Eurodomus 3
a Milano nel maggio 1970.
In questi casi l¹opera d¹arte
nasce dal processo di formazione, o modificazione, dell¹immagine
elettronica nella sua fase costitutiva, agendo quindi direttamente
sugli impulsi elettromagnetici che costituiscono il supporto
virtuale dell¹immagine.
Colombo si pone allora l¹obiettivo
di indagare tramite il video i "segnali" ottenibili
elettronicamente, rinunciando ad utilizzare il mezzo televisivo
come strumento di registrazione di oggetti ripresi dalla
realtà141.
In questa direzione si muovono
anche le realizzazioni dei già citati Steina e Woody
Vasulka, i quali provenendo dalla musica e dal cinema approdano
all¹immagine elettronica nel 1969 con il videotape Participation.
I Vasulka vivono appieno il clima di radicale ricerca e
sperimentazione degli anni sessanta-settanta operando attraverso
continue "reinvenzioni del medium" in uno spazio
"aperto", in sintonia con le proposte del cinema
d¹artista e di ricerca di quegli anni142.
La loro opera si sviluppa
dall¹analisi dei modi con cui l¹elettronico comprende un
codice visivo di rappresentazione del "reale",
al problema dell¹immagine come oggetto, fino alla ridefinizione
di uno spazio mediante la telecamera. E come scrive Marita
Sturken: "Ogni episodio si rivela come un viaggio nella
fenomenologia della rappresentazione elettronica, un¹esplorazione
dei fondamenti ontologici del video e dell¹immagine elettronica"143.
Con Steina e Woody Vasulka
si giunge ad un¹esplorazione sistematica del mezzo e delle
possibilità da questo offerte: "Il loro, per
molti versi, è un progetto modernista: definire il
linguaggio estetico di un particolare medium e distinguere
le proprietà che questo medium offre rispetto agli
altri sistemi di rappresentazione visiva"144.
Tale linea di ricerca dell¹arte
video è sottolineata anche dalla prima esposizione
video del Whitney Museum, che nel dicembre del 1971 presenta
quasi esclusivamente nastri di immagini trattate. Nelle
Note del programma per "A Special Video-tape Show"
il conservatore David Bienstock scrive: "Si decise,
sul posto, di limitare il programma a quei nastri che illustrano
la capacità del video di creare e generare un suo
specifico, intrinseco, modo di fare immagini, piuttosto
che la capacità di registrare la realtà. Questo
risultato si ottiene usando sintetizzatori e colorizzatori
video speciali, sfruttando le proprietà elettroniche
specifiche del medium"145.
Sono molti gli artisti che
nel corso degli anni Settanta esploreranno le potenzialità
dell¹immagine elettronica, in termini plastici e pittorici,
agendo direttamente sul segnale video o attraverso i primi
rudimentali computer, e tra questi Nam June Paik, Eric Siegel,
Stephen Beck, Bill Etra, Stan VanDerBeek, Ed Emshwiller,
Keith Sonnier, David Larcher, Martial Raysse, ma anche Peter
Campus, Bill Viola o Zbignew Rybczynski146.

Note
- 133. Come ho già accennato
questa sarà la via maggiormente seguita proprio dalle
istituzioni artistiche e dai finanziamenti pubblici e
privati, per ovvie ragioni politico-economiche e di mercato,
che quindi avranno un grosso peso sullo sviluppo della
pratica video e sulle sue modalità di impiego in arte.
- 134. Catalogo esposizione di Kassel,
1977, Documenta 6, vol. II, p. 292, citato in Metamorfosi
della visione, op. cit., 1988, p. 161.
- 135.Catalogo esposizione di Kassel, 1977,
Documenta 6, vol. II, p. 292, citato in Metamorfosi della
visione, op. cit., 1988, p. 161.
- 136.Marita Sturken, Esplorando la fenomenologia
dell'immagine elettronica, in Steina e Woody Vasulka.
Video, media e nuove immagini nell'arte contemporanea,
op. cit., 1995, p. 25.
- 137. Jole De Sanna, Artvideotape : funziona?
in "Domus", maggio 1974, p. 45.
- 138. A tal proposito vorrei richiamare
l'attenzione sulle ricerche italiane nel campo dell'Arte
programmata, come ad esempio quelle del Gruppo T o del
Gruppo MID che proprio sulla metodologia della ricerca
sperimentale di carattere scientifico fondavano la propria
operatività. Tratteremo più avanti l'importanza delle
ricerche dell'arte programmata per i futuri sviluppi della
ricerca videoartistica in Italia. Per un maggiore approfondimento
rimando a I. Mussa, Il gruppo enne. La situazione dei
gruppi in Europa negli anni 60, Bulzoni, Roma 1976; L.
Vergine, Arte programmata e cinetica, Mazzotta, Milano
1984; E. Crispolti, Ricerche dopo l'informale, Officina,
Roma 1968.
- 139.Citato in Metamorfosi della visione,
a cura di R. Albertini, S. Lischi, Ets, Pisa, 1988, p.
118.
- 140. Nam June Paik realizza il suo video-sintetizzatore
con la collaborazione dell'ingegnere Shuya Abe (esperto
di elettronica); quasi nello stesso periodo anche l'artista
californiano Stephen Beck realizza il proprio video-sintetizzatore,
ma con una elaborazione più sofisticata. Anche Eric Siegel
in quegli anni inventa uno strumento per il trattamento
delle immagini chiamato Color Syntesizer. Per Paik e il
suo rapporto con la tecnologia rimando a Il Novecento
di Nam June Paik, a cura di M. M. Gazzano e A. Zaru, Carte
Segrete, Roma 1992.
- 141. Gianni Colombo costituisce l'anello
di congiunzione tra le ricerche dell'arte cinetica e programmata
e le sperimentazioni video in Italia, per cui tratterò
più approfonditamente la sua opera nel prossimo capitolo.
- 142. I Vasulka fondano nel 1971 a New
York l'Electronic Kitchen, luogo molto importante per
lo sviluppo del video indipendente e della performance,
riconosciuto come "il più importante spazio di New York
per la nuova musica e la videoarte" (in New York Times,
giugno 1979), o come scrive lo stesso Woody: "The Kitchen
è un luogo nel quale la gente può entrare liberamente
e sperimentare le possibilità del suono e dell'immagine
elettronica oppure incontrare chi vi sta facendo video"
(in Steina e Woody Vasulka. Video, media e nuove immagini
nell'arte contemporanea, op. cit., 1995, p. 21).
- 143.Steina e Woody Vasulka. Video, media
e nuove immagini nell'arte contemporanea, op. cit., 1995,
p. 28.
- 144. Steina e Woody Vasulka. Video, media
e nuove immagini nell'arte contemporanea, op. cit., 1995,
p. 28.
- 145.D. Bienstock, Note del programma
per "A Special Video-tape Show", Whitney Museum, New York,
1971, in Metamorfosi della visione, op. cit., 1988, p.
113.
- 146. La distanza fra questo modo di lavorare
sull'immagine e quella che viene definita Computer Art
è molto breve e finirà per infrangersi definitivamente
in molte realizzazioni degli anni Ottanta e soprattutto
degli anni Novanta. Per un approfondimento sull'argomento
"immagini di sintesi" e Computer Art cfr. Arte e Computer,
a cura di R. Barilli, catalogo mostra, Rotonda della Besana,
Electa, Milano, 1987; il testo Immagini sintetiche animate
di Maria Grazia Mattei in "Comunicazioni Sociali", n.
2-3, apr.-sett. 1992; Ombre sintetiche di F. Colombo,
Liguori, Napoli, 1990; e L'art à l'âge électronique, di
F. Popper, Hazan, Paris, 1993.

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