Caravaggio tratta il tema della morte in alcune delle sue opere più famose. I protagonisti delle sue morti sono sempre molto realistici, tanto che quando sono personaggi biblici, spesso appaiono indegni di una rappresentazione sacra. Alcune delle opere più drammatiche ed efficaci della produzione caravaggesca riguardanti la tematica della morte sono la “Morte della Vergine”, la “Decollazione del Battista” e il “David con la testa di Golia”.
“Morte della Vergine”, 1605-1606.
Olio su tela, 369x245 cm. Parigi, Louvre.
L’ambientazione del dipinto è cupa e spoglia. Sul cadavere di Maria, la cui bellezza non è stata ancora intaccata dalla morte, pende un pesante drappo rosso, simbolo sinistro di sangue e violenza. La luce proviene dal retro, forse da un’alta finestra e percorre la tela obliquamente, sottraendo solo in parte i personaggi alle tenebre. Essa rappresenta anche il simbolo della grazia divina. E’ per questo che indugia significativamente sulle teste, rendendo drammaticamente evidenti le espressioni dei volti, mentre scivola veloce sui corpi, relegandoli volontariamente alla penombra. Il risultato che ne consegue è di straordinaria spettacolarità come se la scena si svolgesse su un palcoscenico. Il palcoscenico di Caravaggio non è però quello fittizio del teatro, ma quello realistico della vita sul quale si consuma in silenzio il dramma quotidiano della sofferenza umana.
Olio su tela, 361x520, La Valletta, St. John Museum
E’ l’opera centrale del soggiorno maltese di Caravaggio. Si tratta di una delle sue più straordinarie creazioni e per molti costituisce, se per assurdo si dovesse operare una scelta in tal senso forse la numero uno di tutto il suo lavoro d’artista. E’ caratterizzata da un magico equilibrio di ogni componente e non è un caso che l’artista abbia reintrodotto un preciso riferimento ambientale posponendo ai personaggi la quinta del carcere, con la sua severa architettura cinquecentesca e la finestra dalla quale, vero colpo di genio, due personaggi assistono tacitamente alla scena: gli spettatori sono più risucchiati all’interno del quadro. Si tratta di un compendio finale della pittura caravaggesca. Ritornano figure note: la vecchia, la giovane, lo sguardo nudo, il personaggio nobilmente barbuto. I mezzi tecnici aderiscono alla voluta, pragmatica limitazione cui Caravaggio li adatta: ma fra questi toni smorzati, questa pittura oscura rimane un “ductus” grandioso del disegno cui l’artista non rinuncia, pur attraverso i tocchi luministici compendiari tipici delle opere tarde. Da questo equilibrio di assoluta classicità, che proietta l’avvenimento fuori di ogni contingenza, scaturisce una drammaticità asperrima, molto efficace. Caravaggio limita ogni manifestazione esteriormente eccessiva di sottolineatura sentimentale. Il pittore si è firmato nel sangue del Battista: “f (=fecit) michela...”: è il suggello impresso a quello che è forse il suo capolavoro assoluto.
“David con la testa di Golia”, 1610,
Olio su tela, 125x100 cm, Roma, Galleria Borghese