PROVE DEL BIG BANG

 

1) EFFETTO DOPPLER

 Nel 1842 un fisico austriaco, JOHANN CHRISTIAN DOPPLER, annunciò la sua scoperta: studiando le onde sonore aveva capito che la loro frequenza diminuiva con l’aumentare della distanza della loro sorgente, sulla base di questo aveva fatto anche la previsione che lo stesso effetto si sarebbe verificato anche per le onde luminose.                                                     Nonostante DOPPLER sia partito dalle onde sonore per arrivare alle onde luminose, esistono sostanziali differenze tra questi due tipi di onde: la luce è di natura ondulatoria – parcellare, ovvero viene trasportata da una particella detta FOTONE e contemporaneamente all’onda ad esso associata, mentre il suono non ha una particella che lo trasporta; il suono è un’onda elastica ed ha bisogno di un mezzo in cui diffondersi, mentre la luce si diffonde anche nel vuoto.

Un’onda può essere misurata per  LUNGHEZZA, per FREQUENZA e per VELOCITA'  DI PROPAGAZIONE. La lunghezza d’onda (l) è lo spazio che intercorre tra una cresta e la sua successiva, e viene misurata in manometri (mn); la frequenza (n) è il numero di creste presente in un dato arco di tempo, e viene misurata in hertz (Hz). Tenendo conto che l’onda luminosa non necessita di un mezzo in cui propagarsi, non ha alcun senso parlare di sorgenti (o osservatore) in movimento rispetto al mezzo: si considera solamente la velocità relativa sorgente-osservatore. La velocità, secondo il S.I., è misurata in metri al secondo (m/sec).

Per un osservatore, la variazione di lunghezza d’onda e quindi di frequenza equivale alla variazione del colore della luce. Per capire meglio questo concetto bisogna prendere in considerazione  uno SPETTRO.

 Per spettro d’assorbimento si intende la totale scomposizione della luce nelle sue frequenze (colori): si noteranno quindi i sette colori dell’iride divisi, in certi casi, da marcate strisce nere. Osservando lo spettro di una sorgente luminosa si possono fare svariate deduzioni; tra le più importanti bisogna ricordare la composizione chimica della sorgente e la sua velocità relativa all’osservatore.

Per distinguere una sorgente in allontanamento da una in avvicinamento all’osservatore, si devono esaminare gli spettri della stessa sorgente in due fasi: lo spettro della sorgente in movimento che si osserva e lo spettro della stessa luce della sorgente in posizione statica. Per il secondo dei due esami si deve conoscere la lunghezza d’onda della luce della sorgente relativa ad un certo elemento chimico; quindi si riproduce in laboratorio la luce dello stesso elemento e se ne misura la lunghezza d’onda. A questo punto si osservano gli spettri: se le strisce nere (RIGHE DI FRAUNHOFER) si spostano verso sinistra, ovvero verso la tonalità del blu, la sorgente sarà in avvicinamento all’osservatore; si avrà il BLUE SHIFY. Se viceversa esse si spostano verso destra e quindi verso il rosso, significa che la sorgente è in allontanamento dell’osservatore: questo è il più comune RED SHIFT.

Osservando la galassie, si scoprì che tutte quante (tranne alcune eccezioni, tra cui la GALASSIA DI ANDROMEDA) presentavano uno spostamento verso il rosso delle righe di Fraunhofer, ovvero che tutte si stavano allontanando da noi. Subito dopo questa scoperta, si vide anche che il red shift  era proporzionale alla distanza della galassia, cioè più la galassia era distante dalla Terra più essa si allontanava velocemente.

 

2) LEGGE DI HUBBLE

Intorno agli anni ’20 di questo secolo, fu costruito il primo telescopio a grande diametro: il telescopio da un metro di monte PALOMAR.

Un astronomo di nome EDWIN HUBBLE, osservando e studiando gli spettri emessi dalle varie galassie vicino alla nostra (bisogna ricordare che Hubble fu il primo a scoprire che le galassie erano “ universi isola”), si accorse che gli spettri degli stessi elementi analizzati a terra erano molto più spostati verso il blu di quanto lo fossero quelli analizzati nello spazio interstellare.

Inoltre nel 1929 sempre Hubble stimò la distanza di 18 galassie sulla base della luminosità apparente delle loro STELLE CEFEIDI e confrontò queste distanze con le velocità rispettare delle galassie, determinate spettroscopicamente sulla base dei loro spostamenti Doppler.

Riassunto il tutto nella famosissima LEGGE DI HUBBLE, risulta che la velocità di recessione delle galassie è data dalla formula:

                                      V= H× d

Dove d è la distanza in MEGAPARSEC, V è la VELOCITA’  DI RECESSIONE ed H la COSTANTE DI HUBBLE.

L’osservazione dell’espansione attuale dell’universo suggerisce quindi una sua nascita da uno stato iniziale di enormi temperatura e densità. Spiegare il fenomeno della recessione delle galassia risulta a questo punto molto semplice: basta immaginare che le galassie siano ferme e che lo spazio che le divide ad espandersi. Questo le trasporta con sé, come granelli di sabbia su di un palloncino che si gonfia. Le galassie, praticamente, rimangono dove sono, ma loro distanza relativa aumenta con l’espandersi dello spazio. Questo fenomeno si verifica ovunque nell’Universo, quindi si può spiegare il perché le galassie più lontane ci sembrano allontanarsi  più velocemente: visto che siamo più lontani da esse, c’è più spazio in espansione e la loro velocità relativa sarà maggiore di galassie più vicine.

La LEGGE DI HUBBLE è estremamente significativa non soltanto perché descrive l’espansione  dell’Universo, ma ache perché permette di calcolarne l’età. Per la precisione, il tempo trascorso a partire dal BIG-BANG è funzione del valore attuale della costante di Hubble e della velocità con cui questa varia. Si è riusciti a calcolare il primo parametro con buona approssimazione (H=65 km/(sec Mp)), ma nessuno ha ancora potuto misurare il secondo in maniera precisa. La velocità di variazione della costante di Hubble deve dipendere dall’attrazione gravitazionale dell’Universo, a sua volta determinata dalla densità media. Se la densità fosse data soltanto dalla materia osservabile nelle galassie e intorno a esse, l’età dell’Universo sarebbe probabilmente compresa tra 12 e 20 miliardi di anni. Molti studiosi ritengono però che la densità dell’Universo sia maggiore di questo valore minimo; la massa in più sarebbe costituita della cosiddetta MATERIA OSCURA. Secondo un’argomentazione che alcuni sostengono con grande vigore, l’Universo ha proprio la densità sufficiente a far sì che in un futuro lontanissimo l’espansione rallenti fin quasi a fermarsi. In questa ipotesi la stima dell’età dell’Universo diminuisce fino a un valore compreso tra 7 e 13 miliardi di anni.

 

3) RADIAZIONE COSMICA DI FONDO

Nel 1965 due ricercatori della compagnia americana dei telefoni BELL, mentre stavano facendo degli impianti radiofonici, studiando le sorgenti dei rumori radio nel dominio delle microonde, scopriamo una radiazione di fondo costante che non dipendeva dal punto di osservazione. Stranamente, questo tipo di radiazione coincideva con la

“RADIAZIONE DI FONDO COSMICA A MICROONDE”. Questa è una radiazione termica, con una distribuzione dell’intensità  in funzione della lunghezza d’onda detta “DI CORPO NERO”.

Cosa era quella radiazione a 2,7 K che gli impiegati della Bell avevano riscontrato? Era la radiazione di fondo di un corpo nero di temperatura iniziale di 10  K. Che rilasciato la sua energia a grandi lunghezza d’onda circa 15-20 miliardi di anni fa: il globo primordiale da cui si generò il BIG - BANG. La presenza e l’esattezza di questa radiazione è esattamente quella che ci si aspetta secondo la teoria del Big – Bang      :                                                                      durante le fasi primordiali dell’evoluzione dell’Universo,la radiazione si è raffreddata fino ad arrivare alla temperatura di 2,73 K che si osserva oggi.

A partire da questi dati, noi sappiamo che la radiazione deve essere giunta fino a noi percorrendo la maggior parte dell’Universo osservabile e che, apparendoci essa uguale in direzioni diverse, anche l’Universo deve essere omogeneo, anche se solo a una scala molto grande.