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INTERVISTA A FABIANA REDIVO

Prima parte

A cura di Fabio Truppi

 FABIANA REDIVO CON IL FIGLIO ANDRIJFabiana Redivo in Sardegna con il figlio Andrij

1) Più volte hai voluto definirti "scrittrice per caso", in riferimento al modo in cui sei riuscita ad avere la soddisfazione di vederti pubblicata dalla nota Casa Editrice Nord. Ci (ri)spiegheresti brevemente come è andata?

- Certo. Sette anni fa, mio marito e io ci trovavamo in vacanza in Sardegna. Una delle ultime sere, cenammo in un locale a base di piatti tipici. Cibo ottimo, niente da dire, ma che porzioni! Così quella notte ebbi degli incubi causati da una digestione veramente difficile, tanto che mi svegliai di soprassalto. Solitamente i miei sogni sono abbastanza fantasiosi, ma quello era davvero singolare. I protagonisti erano mio marito e alcuni miei amici nei panni di maghi, cavalieri e regine; rammentavo anche nomi strani, mai uditi prima.

Rientrata a Trieste, provai l’esigenza di raccontare il sogno ai miei amici, scrivendo la loro avventura. Prima d’allora non avevo mai fatto nulla del genere e con ciò intendo dire che non avevo “precedenti letterari” di sorta. Ecco perché mi definisco “scrittrice per caso”.

La stesura del primo libro comportò cinque anni di lavoro. A volte scrivevo per una settimana di fila, poi mi interrompevo per qualche mese, fino a quando uno dei protagonisti non mi rimproverava chiedendo il seguito. Nel 1999 il primo libro era terminato. Non feci in tempo a progettare il secondo, che a mio marito balenò l’idea di convincermi a pubblicare. Idea affascinante, ma a mio parere assolutamente irrealizzabile, così l’accantonai.

Nel 2000 cominciai a mettere mano seriamente a quello che chiamavo molto semplicemente “secondo libro”. Avevo anche preparato un “canovaccio” completo della trama, dividendola complessivamente in sei libri. A dire il vero la trovavo un po’ lunga, ma in fondo che problema c’era? I miei amici erano entusiasti e io mi divertivo troppo a sorprenderli con le mie trovate. Ma Claudio (mio marito) oramai s’era ficcato in testa che il parto della mia fantasia doveva essere pubblicato e non intendeva mollare. Non vi dico le discussioni! Infine, nel maggio del 2000, cedetti alle sue insistenze e inviai il manoscritto alla Nord con una lettera piuttosto semplice, nella quale chiedevo cortesemente di restituirmi il manoscritto qualora non fosse piaciuto.

Quando in giugno Gianfranco Viviani mi telefonò per dirmi che intendeva pubblicarlo, gli chiesi se per caso non si stesse confondendo con qualcun altro. Ancora oggi stento a credere che sia accaduto davvero.

 

2) Come mai hai scelto la Fantasy come genere letterario in cui esprimere la tua creatività narrativa?

- Non è stata una scelta consapevole, in fondo ho cominciato a scrivere per caso. Ho fatto un sogno fantasy, perché in quel periodo stavo leggendo romanzi di quel genere. Provavo l’esigenza di “staccare” dalla realtà, dai suoi luoghi comuni e da tutti i piccoli grandi compromessi che condizionano il nostro agire quotidiano. Mi rendo conto che questa frase può dare la sensazione che si trattasse di una fuga, ma non è così. Tutti abbiamo bisogno di favole per mantenere vivo il bambino che è in noi, trovo che sia una condizione indispensabile per affrontare meglio la vita. I bambini hanno una visione molto più semplice della realtà e quindi più chiara.

 

3) Come nasce la tua passione per l'universo Fantasy e cosa ti attrae maggiormente di esso?

- Il mio primo approccio fu, naturalmente, “Il signore degli anelli”. All’epoca avevo vent’anni e, nonostante i miei gusti letterari all’epoca guardassero in tutt’altra direzione, lo lessi d’un fiato. Mi avvicinai seriamente alla lettura fantastica appena nel ’90. Ho sempre posseduto una fantasia piuttosto fervida e questo è sostanzialmente il motivo per cui il genere mi appassiona.

 

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