di Beppe Grillo
Ma cos'è un organismo transgenico, una cosa che si mangia? Siiiiì!
dicono alcuni. Fossi matto! dicono altri. Io faccio fatica a capire,
c'è confusione. Così ho chiesto a un mio amico professore come
stanno le cose. Mi ha detto che un transgenico è un organismo
ottenuto in laboratorio dagli ingegneri molecolari. Prendono una
cellula di canguro, di lumaca o di carciofo, tirano fuori
certi pezzi di
certe molecole e le sparano in una cellula di patata, di pettirosso
o di cinghiale. Poi cercano di farla crescere. Quasi sempre la
cellula muore, vorrei vedere voi se vi cangurassero il DNA, anche
solo un pochettino.... Però una su mille di queste cellule di
pettirosso carciofate sopravvive. Se è sfigata si sviluppa e diventa
un esserino. Il risultato è un organismo transgenico. La natura da
sola non lo farebbe nemmeno in miliardi di anni. Loro lo fanno in
tre mesi. Sono vere e proprie creazioni. Siamo passati dai creatori
di moda alla Armani alla moda della creazione alla Monsanto. A volte
gli ingegneri molecolari cercano di fare cose che sembrano sensate.
Sembrano. Per esempio un riso transgenico con vitamina A, quella che
normalmente sta nelle carote e nei pomodori. Ma non è più semplice
farsi un bel risotto con le carote o i pomodori, piuttosto che un
riso in bianco con la vitamina A incorporata dagli ingegneri? E non
ci avrà i suoi buoni motivi il riso per non avere la vitamina A? Il
buon motivo degli ingegneri è che mentre gli indonesiani il riso e
le carote naturali ce li hanno già, le sementi artificiali del riso
vitaminizzato dovrebbero comprarle ogni anno dagli ingegneri
statunitensi. Ma poi durerà? Hanno inventato eucalipti transgenici
con il legno fatto su misura per le cartiere. Peccato che sono così
smidollati che non stanno più in piedi da soli e sono così deboli
che se li pappano le formiche. Altro che le cartiere! Insomma se la
natura ottimizza un organismo in milioni di anni, siamo sicuri di
fare meglio noi in tre mesi? Gli ingegneri potrebbero anche
accontentarsi di poco. Dai, un trapiantino di due genietti da una
carota a una rapa... non si nega a nessuno. No, loro vogliono
strafare. Geni di antigelo di merluzzo nei pomodori, per coltivare i
Sanmarzano sull'Adamello. Geni di lucciola nel tabacco, per trovare
le sigarette anche al buio. Insomma si sono un po' montati la testa.
E se uno di questi scarraffoni gli scappa? Se è un cinghiale
cangurato è facile beccarlo. Boing, boing, boing.... Pum! Ma se è un
branzino viperato? Chi lo becca più? Chi fa più il bagno? Se è un
insettino, un microbino, un'amebuccia con qualche vizzietto nuovo,
chi li trova più? Gli ingegneri genetici statunitensi hanno creato
un pecora che produce seta. Hanno preso un gene di ragno e lo hanno
sparato in una cellula di pecora. Ci credereste? La cellula
pecoreccia è sopravvissuta a questo stupro aracnoide. Per sua sfiga
è diventata un vera "pecora". Anzi un pecoragno. Fa la lana e la
seta. Con una piccola modifica farà anche le uova. Ma la seta
pecoreccia non è dove la avrebbe messa un ingegnere figlio di
contadini. E' dove la metterebbe un ingegnere figlio di ingegneri:
si munge dalle mammelle del pecoragno. Serve all'esercito
statunitense per fare giubbotti antiproiettile più leggeri e
resistenti. Il filo di seta del ragno ha una resistenza superiore a
quella di qualunque filo di qualunque materiale prodotto dall'uomo.
Nessuno conosce ancora la resistenza biologica delle pecore
arragnate. Non ci sono limiti alla fantasia degli ingegneri. L'unico
limite è la sopravvivenza. Solo un esserino sperimentale su mille
gli sopravvive. Voi chiamereste ingegneri quelli che su mille case
gliene cadono 999? Praticoni, pasticcioni forse li chiamerste. O la
va o la spacca. Per questo è più giusto parlare di manipolazioni che
non di modificazioni genetiche. Anni fa gli uffici marketing delle
multinazionali transgeniche avevano escogitato questa storiella. Da
sempre l'uomo crea specie nuove: ha creato il mulo dall'asino e dal
cavallo; ha creato le specie dei cani; ha creato le rose; ha creato
gli ibridi del mais. Gli ingegneri genetici fanno la stessa cosa che
gli antichi agricoltori e gli antichi allevatori. Continuano quest'opera
di miglioramento della natura, aiutandola a creare nuove specie dove
lei non arriva da sola. Negli ultimi anni è stato anche questo
argomento pubblicitario, secondo cui un mulo e un pecoragno
sarebbero egualmente naturali o egualmente innaturali, a minare
talmente la credibilità delle multinazionali transgeniche che le
azioni di molte di loro sono crollate. La Deutsche Bank ha
consigliato la sua clientela di disinvestire dal transgenico,
rendendono il crollo ancora più pesante. La maggioranza degli
europei non ne vuole proprio sapere di cibi transgenici. Ormai a
queste aziende la gente non crede più nemmeno quando dicono la
verità. Se leggi un giornale britannico ti rendi conto che quei
giornalisti hanno spiegato bene ai loro lettori la differenza tra un
mulo e un pecoragno e la necessità di diffidare della propaganda
commerciale. In Italia invece è l'opposto. Molti dei maggiori
giornali conducono una campagna militante a favore dei cibi
transgenici. Usano però argomenti che gli stessi pubblicitari delle
multinazionali transgeniche hanno abbandonato perchè
controproducenti. Qualche tempo fa si poteva leggere su un giornale
italiano (i punti esclamativi sono miei): "I nostri alpini durante
la ritirata di Russia si nutrirono a malincuore dei carissimi muli,
caduti stremati. Era carne transgenica (!), ottenuta artificialmente
(!) accoppiando un asino a una cavalla. Il mulo è un animale il cui
DNA ibrido è identico (!) a quello che gli scienziati creano in
laboratorio tra tanta paura. Nessun alpino soffrì per il cibo
transgenico (!), molti ne ebbero salva la vita." (...) "... i cani e
i gatti che amiamo, le specie di ovini, bovini e suini che
proteggiamo con cura non sono "naturali" (!). Sono ibridi,
innestati, selezionati, da antichi ingegneri genetici (!) che si
chiamavano contadini e pastori." Ma perchè se compro un giornale
inglese mi chiariscono le idee ma se compro un giornale italiano me
le confondono? Quando il risultato di un articolo è di fare
confusione invece che chiarezza, siamo di fronte a una mutazione, a
un giornalismo transgenico. Definire "cibo transgenico" la carne di
mulo e "ingegneri genetici" gli antichi contadini e pastori è una
tale sciocchezza, che non salverebbe uno scolaro delle medie dalla
insufficienza in un compito in classe. Definire non naturali gli
ovini e suini ottenuti facendo copulare diverse varietà, non è solo
ostentazione di ignoranza. E' anche socialmente pericoloso. Secondo
la stessa logica anche il bambino mulatto di un piemontese e di una
nigeriana sarebbe non naturale. Capisco che un giornalista non
specialista possa avere le idee così confuse sulla biologia e le
aziende transgeniche. Ma non capisco chi lo obblighi a scriverci
sopra un editoriale. Il giornalista transgenico attribuisce la
diffidenza verso i cibi transgenici alla "paura" (tre volte), alla
"irrazionalità" (due volte) e alla "fobia". Forse non si rende conto
che è proprio la confusione il terreno più favorevole per la
irrazionalità. Definisce "innoqui" i cibi transgenici e assicura che
questi ridurranno l'uso dei pesticidi e sfameranno il mondo. Ma come
fa un giornalista a sapere cose che gli stessi scienziati e le
stesse multinazionali transgeniche ammmettono di non sapere? Lo
hanno scritto anche in internet: nessuno - nemmeno loro - può ancora
accertare se una pianta o un cibo transgenico siano innoqui oppure
no. Le due speranze "meno pesticidi" e "più cibi per gli affamati"
sono già state smontate da numerosi biologi e agronomi e anche dalla
lettera aperta scritta agli inglesi dal loro futuro re, il principe
di Galles, sul Daily Mail. Le stesse multinazionali sono ora più
prudenti con questi argomenti. Il giornalista transgenico però ha
una sicura attenuante che depone per la sua incorruttibilità: la sua
teoria della "carne di mulo transgenica". Questa per me è la prova
del nove. Se un propagandista delle multinazionali dell'ingegneria
genetica scrivesse ancora queste cose nei suoi comunicati stampa,
probabilmente verrebbe licenziato in tronco e citato per danni dal
suo ex-datore di lavoro. |