L'imponente opera difensiva
della città di Oristano, resa necessaria a causa delle continue
e rovinose incursioni e saccheggi cui era stata oggetto fino agli inizi
del XIII secolo, si deve all'iniziativa del Giudice Pietro II il cui regno
durò dal 1221 al 1241. Le fortificazioni prevedevano una cinta
muraria continua lungo tutto il perimetro della città, interrotta,
solo nei due punti di accesso: Porta Ponti (chiamata così in quanto
conduceva al ponte sul fiume Tirso di epoca romana) e Porta Mari (che
prendeva il nome dalla dalla strada che conduceva vero il mare), a protezione
delle quali vi erano due imponenti torri: quella di San Cristoforo e quella
di San Filippo. L'ingresso posto a nord era stato inglobato da Mariano
II nella struttura della torre ed era relazionato allo storico asse di
comunicazione detto via a Tibula Sulcis che attraversava la Sardegna occidentale.
L'accesso meridionale della città e le rispettive strutture difensive, furono sciaguratamente demolite ai primi del Novecento per creare l'ampia piazza appunto detta Mannu. I resti di queste importanti architetture stanno tornando alla luce proprio in questi giorni, grazie a scavi archeologici tanto tardivi quanto doverosi. La superstite Torre di San Cristoforo, può essere datata con precisione al 1290 grazie alla consunta incisione posta sopra l'arco a sesto acuto della porta. Essa recita: IN NOMINE DOMINI NOSTRI IHESU CHRISTI AMEN HOC OPUS TURRIS HUIUS ET MURUM ET (PORTAM ?) CIVITATIS ARESTANI FECIT FIERI DOMINUS MARIANUS VICECOMES DE BASSO IUDEX ARBOREE QUI FELIX DIUVIVAT ET POST OBITUM IN CHRISTO QUESCAT ANNO MCCXC INDICIONE III ANNO XXV C(URRENTE ?). Con tutta probabilità il nome della torre proviene dalla presenza di un retablo intitolato a San Cristobal, custodito nella attigua chiesa di Santa Caterina (della quale rimangono solo alcune immagini datate) Le proporzioni del monumento, oggi falsate dal parziale interramento subito nel corso dei secoli, si presentano al visitatore comunque equilibrate. Esso è costituito da due corpi di fabbrica parallelepipedi a pianta quadrata sovrapposti. Il primo è alto 19 metri con un lato di circa 7,5 metri e si articola in pianta a formare una C aperta verso l'interno. Il suo volume è diviso in altezza in tre piani dei quali, il primo, permetteva l'accesso alle mura attraverso due aperture ancora ben riconoscibili, il secondo, ospitava gli argani che avevano la funzione di sollevare il grande portale a saracinesca le cui sedi di scorrimento sono ancora ben visibili nella parte interna dell'arco d'ingresso, il terzo, sul quale si innesta il secondo corpo di fabbrica, dava accesso ad una terrazza protetta da merlature Guelfe che, assieme alle feritoie poste nelle pareti dei due piani precedenti giocava un ruolo difensivo fondamentale. La torretta superiore alta 10 metri con lato di base di 6,70 metri, fu aggiunta in epoca marchionale; l'iscrizione della campana, ancora oggi installata, porta la data del 1430. I prospetti della torre sono caratterizzati da un basamento, alto circa 5,20 metri, a bugnato regolare che lascia il posto ad una superficie di blocchi perfettamente squadrati, che ci fa apprezzare la perizia degli scalpellini arborensi. Nel basamento del lato settentrionale della torre si apriva un grande fornice a tutto sesto, sottolineato anch'esso tramite l'uso di bugne regolari; alle sue spalle si apre un arco a sesto acuto dalla foggia molto simile a quella della Porta Mari. Il coronamento dei due volumi, vede il dinamico posizionamento di merlature guelfe, poste su piani diversi (cinque per lato nel primo e tre per lato nel secondo). La scanalatura interna delle merlature serviva ad appendere stendardi e drappi in occasione di ricorrenze festive. |
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