Diritti statale Esterno

330. Il diritto statuale esterno vien fuori dal rapporto di stati indipendenti; ciò che nel medesimo è in sé e per sé, riceve perciò la forma del dover essere, poiché, che esso sia reale, dipende da differenziate volontà sovrane.

331. Il popolo come stato è lo spirito nella sua razionalità sostanziale e realtà immediata, perciò la potenza assoluta sulla terra; conseguentemente uno stato è di fronte all'altro in indipendenza sovrana. Esser come tale per l'altro, cioè esser riconosciuto da lui, è il suo primo assoluto diritto. Ma questo diritto è in pari tempo soltanto formale, e l'esigenza di questo riconoscimento dello stato, meramente perché esso è tale, è astratta; se esso sia di fatto uno stato in tal mode essente in sé e per sé, dipende dal suo contenuto, costituzione, situazione, e il riconoscimento, siccome contenente un'identità di entrambi, riposa parimenti sulla veduta e sulla volontà dell'altro.


332. La realtà immediata nella quale gli stati sono l'uno verso l'altro, si particolarizza in rapporti molteplici, la cui determinazione proviene dall'arbitrio autonomo di ambo le parti, e quindi ha la natura formale dei contratti in genere. La materia di questi contratti è tuttavia di una molteplicità infinitamente minore che non nella società civile, nella quale i singoli stanno in reciproca dipendenza nei riguardi più multiformi, all'incontro gli stati autonomi sono precipuamente interi appagantisi entro di sé.

333. Il principio fondamentale del diritto internazionale, inteso come il diritto universale, che deve valere sé e per sé tra gli stati, a differenza del contenuto particolare dei trattati positivi, è che i trattati, come tali che su di essi si basano le obbligazioni degli stati l'uno verso l'altro, devono venir rispettati. Ma poiché il loro rapporto ha per principio la loro sovranità, ne deriva ch'essi sono in tal misura l'uno verso l'altro nella situazione dello status naturae, e i loro diritti hanno la loro realtà non in una volontà universale costituita a potere sopra di essi, bensì nella loro volontà particolare. Quella determinazione universale rimane perciò nel dover essere, e la situazione diviene un'alternanza del rapporto conforme ai trattati e della soppressione del medesimo. 

334. La controversia degli stati può quindi, in quanto le volontà particolari non trovano un accordo, venir decisa soltanto dalla guerra. Ma quali offese - delle quali, nel loro ambito largamente comprensivo e nelle relazioni multilaterali attraverso i loro sudditi, possono presentarsene facilmente e in quantità - siano da riguardare come infrazione determinata dei trattati o offesa del riconoscimento e dell'onore, rimane un che di indeterminabile in sé, poiché uno stato può porre la sua infinità e il suo onore in ciascuno dei suoi singoli aspetti, e tanto più è incline a questa irritabilità, quanto più una forte individualità viene spinta da lunga quiete interna a cercarsi e a crearsi una materia dell'attività verso l'esterno.

335. Oltre a ciò lo stato, come entità spirituale in genere, non può fermarsi a voler osservare meramente la realtà dell'offesa, bensì si aggiunge come causa di contese la rappresentazione di una tale offesa come pericolo minacciante da parte di un altro stato, con l'andar su e giù quanto a maggiori o minori probabilità, supposizioni delle intenzioni ecc.

336. Poiché gli stati nel loro rapporto di indipendenza sono uno di fronte all'altro come volontà particolari, e la validità dei trattati stessi si basa qui sopra, ma la volontà particolare dell'intero è secondo il suo contenuto il suo benessere in genere, ne segue che questo benessere è la legge suprema nel suo comportamento verso altri, tanto più in quanto l'idea dello stato è appunto questo, che in essa l'opposizione del diritto inteso come libertà astratta, e del contenuto particolare che la riempie, il benessere, sia tolta, e il primo riconoscimento degli stati (par. 331) va ad essi come interi concreti.

337. Il benessere sostanziale dello stato è il suo benessere come di uno stato particolare nel suo determinato interesse e situazione e nelle circostanze esterne parimenti peculiari insieme al particolare rapporto connesso ai trattati; il governo è quindi una sapienza particolare, non la provvidenza universale (cfr. 324 annotaz.) - così come il fine nel rapporto con altri stati e il principio per la giustizia delle guerre e dei trattati, non è un pensiero universale (filantropico), bensì il benessere realmente offeso o minacciato nella sua particolarità determinata.

338. Nel fatto che gli stati si riconoscono reciprocamente come tali, rimane anche nella guerra, nella situazione della mancanza di diritto, della violenza e accidentalità, un vincolo, nel quale essi valgono l'uno per l'altro essendo in sé e per sé, cosicché nella guerra stessa la guerra è determinata come un qualcosa che deve trascorrere. Essa contiene quindi la determinazione di diritto internazionale che in essa venga conservata la possibilità della pace, quindi per es. gli ambasciatori vengano rispettati, e in genere che essa non venga condotta contro le istituzioni interne e la pacifica vita familiare e privata, non contro le persone private.

339. Per il resto il comportamento reciproco nella guerra (per es. che vengano fatti prigionieri) e ciò che nella pace uno stato concede ai sudditi di un altro quanto a diritti per il traffico privato ecc., dipende precipuamente dai costumi delle nazioni, intesi come l'universalità interna della condotta, universalità conservantesi sotto tutti i rapporti.

340. Nel rapporto degli stati l'uno verso l'altro, poiché essi in ciò sono come particolari, rientra il gioco supremamente mosso della particolarità interna di passioni, interessi, fini, di talenti e virtù, della violenza, del torto e dei vizi, come dell'accidentalità esterna, nelle più grandi dimensioni del fenomeno, - un gioco, nel quale l'intero etico stesso, l'indipendenza dello stato, viene esposto all'accidentalità. I princìpi degli spiriti del popolo a cagione della loro particolarità, nella quale essi hanno la loro realtà oggettiva e la loro autocoscienza come individui esistenti, sono limitati in genere, e i loro destini e fatti nel loro rapporto dell'uno all'altro sono la dialettica apparente della finità di questi spiriti, dalla quale lo spirito universale, lo spirito del mondo, in tanto si produce come illimitato, in quanto è esso che esercita il suo diritto - e il suo diritto è tra tutti il supremo - su di essi nella storia del mondo, come in tribunale del mondo'.

(Hegel, Lineamenti del diritto astratto,§330/340)


Clicca qui per tornare al menu principale

Clicca qui per tornare alla concezione di guerra di Hegel

Clicca qui per tornare alla pagina principale di HEGEL

Clicca qui per tornare a "FILOSOFIA"